NEWS - Auditel, guerra d'ascolti senza fine e senza frontiere
Dopo la pubblicazione dei dati d'ascolto dei canali satellitari, dal 1 aprile 2007, la guerra d'ascolti e dell'Auditel s'incendia, senza frontiere tra reti terrestri e satelliatri. Pubblichiamo l'articolo di Luca Piana su "L'Espresso" in edicola. All'Auditel il Workshop del V "Telefilm Festival" dedicherà una sezione giovedì 10 maggio all'Apollo SpazioCinema di Milano. Sarà presente tra l'altro Walter Pancini, Direttore Generale di Auditel.
"Maledetto riscaldamento globale. Nelle riunioni a porte chiuse trai manager del duopolio televisivo Rai-Mediaset e i grandi investitori pubblicitari, i lamenti contro il bel tempo si sprecano. L'inverno tiepido e la primavera bollente sono spesso chiamati in causa per spiegare un dato che ha del clamoroso. Da inizio gennaio a domenica 22 aprile, dicono i numeri ufficiali, gli ascolti complessivi della tivù italiana sono diminuiti in media del 4,6 per cento rispetto a un anno prima, vivendo il primo vero scivolone degli anni recenti. Colpa del caldo che spinge il pubblico più giovane o più dinamico a uscire di casa, è una delle giustificazioni: motivazione forse in parte vera ma, certo, inadeguata per spiegare la rivoluzione in atto nel ricco business televisivo. Le vittime più recenti del cambiamento sono stati il programma su RaiUno "Colpo di genio", chiuso dopo appena due settimane, o il reality show "Uno, due, tre... stalla!" di Canale 5, afflitto da ascolti anemici. Ma la disaffezione ormai non fa quasi notizia: nel 2000, stando alle ricerche di mercato, il "Grande Fratello" prima edizione catturava in media 8.5 milioni di spettatori, ora è sceso a cinque: il Festival di Sanremo viaggiava a 14.6 milioni ed è precipitato a meno di otto; nello stesso periodo il Festivalbar ha dimezzato gli ascolti, scendendo a 1,9 milioni di spettatori. Si tratta di numeri che, assieme al peso crescente dei canali a pagamento, mostrano la difficoltà delle reti tradizionali, sclerotizzate da anni di successo garantito, nell'intercettare i gusti del pubblico. E che, probabilmente, hanno contribuito a inasprire l'ultima guerra dell'Auditel, come si chiama il sistema per quantificare gli ascolti televisivi. Tutto ha inizio il primo aprile scorso. Da quel giorno l'Auditel diffonde non soltanto gli indici di ascolto della Rai, di Mediaset e delle reti più piccole, ma anche quelli dei singoli canali diffusi via satellite, a cominciare da Sky. la televisione in abbonamento del magnate Rupert Murdoch. Si tratta di una novità per nulla scontata. All'accordo per dare piena trasparenza a cifre che prima venivano custodite gelosamente, si è giunti dopo un lungo muro contro muro che ha visto schierati da una parte Rai e Mediaset, azionisti di maggioranza di Auditel. Dall'altra Sky, spalleggiata nell'occasione dall'Authoriry delle comunicazioni. L'oggetto della discussione era non tanto il sistema di rilevazione, che resta affidato allo speciale apparecchio piazzato nelle case di 5.150 famiglie. Il litigio verteva soprattutto sul metodo di selezione del campione. Prima le famiglie abbonate a Sky vi rientravano per semplice casualità statistica, ora il loro peso è tenuto costantemente sotto controllo per rendere conto del numero crescente degli abbonamenti (ma anche del frequente ricambio. Visto che il 9 per cento del totale, vale a dire quasi 400 mila ogni anno, non viene rinnovato). Il nuovo sistema di rilevazione è stato approvato da Sky che ha espresso apprezzamento per il lavoro tecnico affidato alla società specializzata AGB Nielsen. Sembrava dunque che, dopo tante fatiche, l'armistizio potesse funzionare, quando lo scorso 19 aprile Tom Mockridge, il manager che guida Sky in Italia, ha riaperto la partita. Durante un incontro a Roma con i grandi acquirenti di pubblicità, ha affermato che Sky non entrerà nel consiglio di amministrazione dell'Auditel, dove alla tivù di Murdoch era stata riservata una poltrona e dove, come ulteriore garanzia, avrebbero dovuto fare il loro ingresso anche due rappresentanti dell'Authority (che non ha ancora reso pubbliche le nomine). Secondo quanto appreso da "L'espresso", Mockridge ha messo nel mirino in particolare i conflitti d'interessi nella guida dell'Auditel. Rai. Mediaset, Sky e La 7, ha detto, dovrebbero limitare la loro presenza nel consiglio di amministrazione a «non più di un terzo dei posti» (al momento ne hanno 11 su 19). «Tutte le televisioni devono fare un passo indietro», ha continuato Mockridge, tuonando contro il diritto di veto dei concorrenti maggiori. Lo scontro dell'Auditel nasconde gli interessi in gioco nel business televisivo, una partita che si sta facendo sempre più difficile. Appena i nuovi dati di ascolto sono stati diffusi, i mezzi di comunicazione del gruppo Berlusconi hanno iniziato a sparare a zero. Sottolineando che, a dispetto di tanto rumore sui successi del calcio e dei telefilm americani come "Lost", "Grey's Anatomy", "Desperate Housewives" e "Csi" che le tivù vecchio stile sono state costrette a inseguire, l'insieme degli spettatori di Sky valgono meno di una Retequattro o una RaiTre. La questione, tuttavia, va considerata da due diversi punti di vista: gli ascolti e la pubblicità. Per quel che riguarda questo secondo aspetto, in valore assoluto i numeri di Sky non possono impensierire granché Mediaset, che controlla oltre il 60 per cento di un mercato da 5 miliardi di euro. Il gruppo Murdoch vive di abbonamenti e non può infarcire troppo i propri programmi di spot: Sky Pubblicità ha venduto spot per un valore di 187milioni nell'anno chiuso a giugno 2006 (con i Mondiali di calcio) e punta quest'anno a circa 215 milioni. Tuttavia il fatto che il pubblico dei vari canali sia ben identificato dai diversi contenuti, commercialmente parlando, sembra piacere alle aziende: tutti i principali 600 investitori pubblicitari italiani sono clienti di Sky. E forse l'erosione subita da Rai e Mediaset, in un momento di difficoltà, si fa sentire. Stando alle ultime rilevazioni effettuate dalla Nielsen. In gennaio e febbraio gli investimenti netti sulle reti Rai sono diminuiti del 6,8 per cento rispetto all'anno scorso, quelli su Mediaset del 6,2. Non le risorse sono state dirottate su Sky (che però nello stesso periodo, stando a fonti di mercato, è cresciuta del 26 per cento). Anche la televisione sembra soffrire - al pari dei giornali - di altri fattori, come l'interesse delle multinazionali per Internet e del suo crescente peso nell'intrattenimento giovanile. Qui si inserisce la questione delle caratteristiche del pubblico che segue le varie reti. Anche se il seguito del satellite è sottile, è fatto in gran pane dal pubblico benestante, quello che piace ai pubblicitari e che Mediaset in passato aveva sottratto alla Rai. Oggi, stando a un'analisi effettuata da MindShare, uno dei principali centri media, le trasmissioni sul satellite riescono ad accaparrarsi il pubblico con reddito più elevato. Accade ad esempio per quattro spettatori su cinque dei notiziari di Sky Tg24 e per tre su quattro di quelli che si sintonizzano su uno dei canali di maggior successo, Fox Crime (la Fox ha appena lanciato la fiction "Boris'" con Caterina Guizzanti, la prima prodotta in Italia e sta vagliando altri tre progetti per il 2008). Al contrario, le tivù generaliste soffrono una fuga degli spettatori più giovani, i clienti di domani: «I numeri mostrano che gli ascolti da parte di chi ha più di quaranf anni non soffrono, né in termini di numero di spettatori né di minuti visti al giorno», spiega Giulio Malegori, presidente di MindShare. I record di ascolto del passato delle reti maggiori, anche se rappresentano un patrimonio da cui ripartire, non danno dunque eccessive certezze per il futuro. Il calo attuale di Mediaset e Rai segue un 2006 nel quale, dicono i consulenti dello Studio Frasi, la quota di mercato delle reti berlusconiane era diminuita del 4 per cento circa, mentre la tivù pubblica aveva tenuto botta (più 0,78) anche grazie ai Mondiali. Inoltre, se in Italia la tivù a pagamento è appena agli inizi, altrove ha mostrato di poter fare passi da gigante. In Gran Bretagna, ad esempio, le reti generaliste (Bbc compresa) si prendono solo il 59 per cento del pubblico. Non è detto che il crollo avvenga anche in Italia, ma non dimentichiamo che agli occhi degli inglesi è la Bskyb di Murdoch a fare la figura del dinosauro, mentre l'arrembante sfidante veste i panni della Virgin Media di Richard Branson, che offre tivù, Web e telefonia e che ha tentato di sfilare al concorrente la Premier League di calcio. Si spiega così, forse, l'interesse di Berlusconi per Telecom Italia, ultima mossa di un abbozzo di strategia di diversificazione che ha portato Mediaset a presentare un'offerta per l'olandese Endemol, la società di produzione divenuta famosa con i reality show (in gara c'è anche la De Agostini). E che. dicono alcuni, potrebbe spingere il gruppo all'annuncio a sorpresa di nuovi sviluppi tecnologici, nel tentativo di diversificare il prodotto. Forse perché, sostiene Marco Tinelli di Fullsix, agenzia specializzata in pubblicità alternativa. «indietro sarà difficile tornare: le nuove generazioni sopportano sempre meno i palinsesti decisi da altri e cercano un intrattenimento su misura»".