NEWS - La Bonelli sarà la Marvel italiana e produrrà le serie tv dei propri fumetti: "Dylan Dog", "Martin Mystère" e "Nathan Never" in carne ed ossa...
La Sergio Bonelli Editore ha annunciato la creazione di Bonelli Entertainment, "braccio produttivo" della casa editrice nato con lo scopo di sviluppare progetti cinematografici e televisivi basati sui propri personaggi e sulle proprie storie originali. Alla stregua dell'americana Marvel, editrice degli albi dei supereroi più famosi del mondo, anche la più importante casa editrice di fumetti italiana ha deciso di creare una sua sezione di produzione cinematografica e tv. La nuova unità sta attualmente sviluppando una serie tv horror live-action di dieci episodi basata su Dylan Dog, l'indagatore dell'incubo, e sono allo studio progetti per cinema e tv che coinvolgeranno "Martin Mystère", "Mister No", "Dampyr", "Dragonero", "II Confine" e l'universo legato a "Nathan Never". Dylan Dog, creato da Tiziano Sclavi, è uno dei nomi di maggior successo nella storia della Sergio Bonelli Editore; fu lanciato nel 1986 e da allora sono stati pubblicati oltre 500 differenti episodi a fumetti. II fumetto è stato distribuito in trenta Paesi e attualmente è venduto in undici nazioni.
sabato 4 agosto 2018
giovedì 2 agosto 2018
mercoledì 1 agosto 2018
L'EDICOLA DI LOU . Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL GIORNALE
"Good Girls", AAA cercasi modelli femminili migliori
"Sono tre brave ragazze perché nonostante rapinino un supermercato, il che non sarebbe comunque legale, avrebbero le loro giuste motivazioni, dunque se non assolverle almeno ce le prendiamo in simpatia. Good Girls, da alcuni giorni su Netflix, è la prima stagione di una nuova serie in otto episodi più un pilot, che riprende lo stereotipo della donna costretta a ribellarsi per il peso e l'ingiustizia della società. Un tema piuttosto battuto dalla tv americana, non a caso l'ideatrice Jenna Bans aveva lavorato alla sceneggiatura di Desperate Housewives. Beth (Christina Hendricks) è una bella quarantenne con quattro figli e un marito scemo, che oltre a tradirla con un'aspirante attrice di spot commerciali, ha sbagliato tutti gli investimenti e sta affogando in un mare di debiti. Sua sorella Ruby (Retta) combatte una strenua battaglia per l'affidamento della figlia, il cui tipo fisico è modellato su Shiloh, rampolla no gender di Brad Pitt - Angelina Jolie. Fa la commessa e ha un tatuaggio sul fondoschiena, ma i tatuaggi sono vivamente sconsigliati ai rapinatori. Annie (Mae Whitman) è una tonda signora di colore, sposa felice non fosse per la malattia della piccola figlia in attesa di un trapianto di rene. Non ci sono abbastanza soldi per operarla secondo il cinico sistema assistenziale americano. Se i denari non ci sono, vanno recuperati in ogni modo. La sit-com comica e sarcastica, che ironizza sul sesso e sulla famiglia, prende di mira i modelli consunti e falsi della famiglia felice, si sfoga contro il sistema maschilista arrivando persino a citare Thelma e Louise, trasformandosi, di episodio in episodio, in commedia nera con risvolti thriller. Un prodotto di genere neppure così male, anche se fortemente ancorato su quegli stereotipi americani così trash che noi europei stentiamo a capire fino in fondo. Good Girls strappa sorrisi e si fa seguire, ma c'è un ma: l'immagine della donna ne esce, se non devastata, almeno compromessa. Brave ragazze che per resistere sono costrette a inseguire il maschio nel territorio dove è padrone assoluto: la stupidità. E quando tre donne vogliono essere peggio dei colleghi uomini non c'è partita, vincono loro. Non un discorso degno di essere seguito, non uno scambio di battute che si elevi dalla più inutile medietà. Argomenti: le corna, la depilazione vaginale, la triste realtà della coppia, ex mariti bastardi e nulla più. Non un libro, un film, neppure una ricetta che ne riveli un qualche tratto distintivo particolare. Non ci saremmo aspettati personaggi con caratteri alla Gertrude Stein, Virginia Woolf, ci saremmo persino accontentati di una copia di Michelle Obama e invece nulla. Le tre Good Girls sono talmente vuote e superficiali da giustificarne gli abbandoni, a parte la Madre Coraggio che, per convenzione politicamene corretta, non può non essere nera. Cercasi modelli femminili migliori. Speriamo ne escano da qualche parte, nella mente di uno sceneggiatore illuminato e coraggioso". (Luca Beatrice)
IL GIORNALE
"Good Girls", AAA cercasi modelli femminili migliori
"Sono tre brave ragazze perché nonostante rapinino un supermercato, il che non sarebbe comunque legale, avrebbero le loro giuste motivazioni, dunque se non assolverle almeno ce le prendiamo in simpatia. Good Girls, da alcuni giorni su Netflix, è la prima stagione di una nuova serie in otto episodi più un pilot, che riprende lo stereotipo della donna costretta a ribellarsi per il peso e l'ingiustizia della società. Un tema piuttosto battuto dalla tv americana, non a caso l'ideatrice Jenna Bans aveva lavorato alla sceneggiatura di Desperate Housewives. Beth (Christina Hendricks) è una bella quarantenne con quattro figli e un marito scemo, che oltre a tradirla con un'aspirante attrice di spot commerciali, ha sbagliato tutti gli investimenti e sta affogando in un mare di debiti. Sua sorella Ruby (Retta) combatte una strenua battaglia per l'affidamento della figlia, il cui tipo fisico è modellato su Shiloh, rampolla no gender di Brad Pitt - Angelina Jolie. Fa la commessa e ha un tatuaggio sul fondoschiena, ma i tatuaggi sono vivamente sconsigliati ai rapinatori. Annie (Mae Whitman) è una tonda signora di colore, sposa felice non fosse per la malattia della piccola figlia in attesa di un trapianto di rene. Non ci sono abbastanza soldi per operarla secondo il cinico sistema assistenziale americano. Se i denari non ci sono, vanno recuperati in ogni modo. La sit-com comica e sarcastica, che ironizza sul sesso e sulla famiglia, prende di mira i modelli consunti e falsi della famiglia felice, si sfoga contro il sistema maschilista arrivando persino a citare Thelma e Louise, trasformandosi, di episodio in episodio, in commedia nera con risvolti thriller. Un prodotto di genere neppure così male, anche se fortemente ancorato su quegli stereotipi americani così trash che noi europei stentiamo a capire fino in fondo. Good Girls strappa sorrisi e si fa seguire, ma c'è un ma: l'immagine della donna ne esce, se non devastata, almeno compromessa. Brave ragazze che per resistere sono costrette a inseguire il maschio nel territorio dove è padrone assoluto: la stupidità. E quando tre donne vogliono essere peggio dei colleghi uomini non c'è partita, vincono loro. Non un discorso degno di essere seguito, non uno scambio di battute che si elevi dalla più inutile medietà. Argomenti: le corna, la depilazione vaginale, la triste realtà della coppia, ex mariti bastardi e nulla più. Non un libro, un film, neppure una ricetta che ne riveli un qualche tratto distintivo particolare. Non ci saremmo aspettati personaggi con caratteri alla Gertrude Stein, Virginia Woolf, ci saremmo persino accontentati di una copia di Michelle Obama e invece nulla. Le tre Good Girls sono talmente vuote e superficiali da giustificarne gli abbandoni, a parte la Madre Coraggio che, per convenzione politicamene corretta, non può non essere nera. Cercasi modelli femminili migliori. Speriamo ne escano da qualche parte, nella mente di uno sceneggiatore illuminato e coraggioso". (Luca Beatrice)
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martedì 31 luglio 2018
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
LA STAMPA
"Killing Eve", partita a scacchi tra le ossessioni femminili
"Killing Eve è una storia di ossessioni. Da una parte c'è Eve Polastri, agente dell'MIS, esperta di assassine; e all'altra c'è Villanelle, incontrollabile (per gli altri), sociopatica, sopra le righe. Una è interpretata da Sandra Oh (l'ex Cristina Yang di Grey's Anatomy), così brava da ricevere una nomination come miglior attrice in una serie drammatica agli Emmy Awards 2018, la prima volta in assoluto per un'asiatica. L'altra è Jodie Comer, venticinquenne inglese. Killing Eve è scritta da Phoebe Waller-Bridge, già autrice e protagonista di Fleabag, ed è basata sulla serie di romanzi Codename Villanelle di Luke Jennings. La notizia è che prossimamente, in autunno, arriverà anche qui in Italia, disponibile sulla piattaforma TimVision, che ha distribuito anche un altro successo e super favorito degli Emmy Awards, The Handmaid's Tale (di cui da poco s'è conclusa la seconda stagione). Killing Eve non è una semplice spy story, o un banalissimo thriller televisivo dai risvolti gialli. In questa serie, c'è tutta la complicatezza di due personaggi straordinari, appassionati e costruiti con attenzione e profondità. Mai banali ma rappresentati in un'intrigante spy story di ossessioni al femminile scrittura e dalle due attrici - nel migliore dei modi. Eve e Villanelle sviluppano una relazione morbosa, fatta di continui tira-e-molla. Una dipende dall'altra e viceversa. Si cercano, si inseguono e si desiderano. Finiscono per conoscersi, prima da lontano, poi sempre più vicino, e per rispettarsi. E un gioco rischioso, senza scrupoli, cerebrale. L'agente che cerca l'assassino, che si lascia incuriosire, che si appassiona e che alla fine, contro tutto e tutti, decide di andarlo a cercare e di confessarsi. Eve e Villanelle cambiano: ognuna a modo suo si trasforma dopo aver conosciuto l'altra, matura; vede qualcosa di cui, fino a poco prima, non sapeva niente. In otto episodi le due attraversano le mille sfumature del loro carattere e tutte le loro convinzioni; si abbandonano alle loro ossessioni e ne diventano quasi schiave. Paradossalmente, sono l'una la salvezza dell'altra". (Gianmaria Tammaro)
LA STAMPA
"Killing Eve", partita a scacchi tra le ossessioni femminili
"Killing Eve è una storia di ossessioni. Da una parte c'è Eve Polastri, agente dell'MIS, esperta di assassine; e all'altra c'è Villanelle, incontrollabile (per gli altri), sociopatica, sopra le righe. Una è interpretata da Sandra Oh (l'ex Cristina Yang di Grey's Anatomy), così brava da ricevere una nomination come miglior attrice in una serie drammatica agli Emmy Awards 2018, la prima volta in assoluto per un'asiatica. L'altra è Jodie Comer, venticinquenne inglese. Killing Eve è scritta da Phoebe Waller-Bridge, già autrice e protagonista di Fleabag, ed è basata sulla serie di romanzi Codename Villanelle di Luke Jennings. La notizia è che prossimamente, in autunno, arriverà anche qui in Italia, disponibile sulla piattaforma TimVision, che ha distribuito anche un altro successo e super favorito degli Emmy Awards, The Handmaid's Tale (di cui da poco s'è conclusa la seconda stagione). Killing Eve non è una semplice spy story, o un banalissimo thriller televisivo dai risvolti gialli. In questa serie, c'è tutta la complicatezza di due personaggi straordinari, appassionati e costruiti con attenzione e profondità. Mai banali ma rappresentati in un'intrigante spy story di ossessioni al femminile scrittura e dalle due attrici - nel migliore dei modi. Eve e Villanelle sviluppano una relazione morbosa, fatta di continui tira-e-molla. Una dipende dall'altra e viceversa. Si cercano, si inseguono e si desiderano. Finiscono per conoscersi, prima da lontano, poi sempre più vicino, e per rispettarsi. E un gioco rischioso, senza scrupoli, cerebrale. L'agente che cerca l'assassino, che si lascia incuriosire, che si appassiona e che alla fine, contro tutto e tutti, decide di andarlo a cercare e di confessarsi. Eve e Villanelle cambiano: ognuna a modo suo si trasforma dopo aver conosciuto l'altra, matura; vede qualcosa di cui, fino a poco prima, non sapeva niente. In otto episodi le due attraversano le mille sfumature del loro carattere e tutte le loro convinzioni; si abbandonano alle loro ossessioni e ne diventano quasi schiave. Paradossalmente, sono l'una la salvezza dell'altra". (Gianmaria Tammaro)
lunedì 30 luglio 2018
NEWS - HBO, attacco a Netflix! Nel 2019 contenuti on line per raggiungere il 40% del mercato
Atet vuole far grande Hbo. Il servizio streaming di Warner Media è destinato a espandersi secondo i piani di John Stankey, un manager di lungo corso di Atet che ora supervisiona Hbo, dopo l'acquisizione di Time Warner da parte del gigante delle telecomunicazioni. Secondo il New York Times, Stankey ha avvertito i dipendenti che quello a venire sarà un anno difficile perché c'è molto da lavorare sul servizio. La volontà di Atet sarebbe di portare Hbo a competere con Netflix e per questo serviranno molti contenuti rispetto all'approccio attuale, quello più di una boutique che di un grande mall. Hbo è comunque una macchina da soldi: a fronte di 2 miliardi di dollari di spesa nella programmazione (pari a 1,7 miliardi di euro), ha generato negli ultimi tre anni circa 6 miliardi di dollari di utili (pari a 5,1 miliardi di euro). Hbo dovrebbe raggiungere una penetrazione che va dal 35 al 40% delle case. Oggi ha 40 milioni di utenti negli Stati Uniti e 142 milioni nel mondo.
Atet vuole far grande Hbo. Il servizio streaming di Warner Media è destinato a espandersi secondo i piani di John Stankey, un manager di lungo corso di Atet che ora supervisiona Hbo, dopo l'acquisizione di Time Warner da parte del gigante delle telecomunicazioni. Secondo il New York Times, Stankey ha avvertito i dipendenti che quello a venire sarà un anno difficile perché c'è molto da lavorare sul servizio. La volontà di Atet sarebbe di portare Hbo a competere con Netflix e per questo serviranno molti contenuti rispetto all'approccio attuale, quello più di una boutique che di un grande mall. Hbo è comunque una macchina da soldi: a fronte di 2 miliardi di dollari di spesa nella programmazione (pari a 1,7 miliardi di euro), ha generato negli ultimi tre anni circa 6 miliardi di dollari di utili (pari a 5,1 miliardi di euro). Hbo dovrebbe raggiungere una penetrazione che va dal 35 al 40% delle case. Oggi ha 40 milioni di utenti negli Stati Uniti e 142 milioni nel mondo.
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