News: Kevin Spacey Created 'Toxic' #HouseOfCards Environment Through Sexual Assault/Harassment, Staffers Allege. https://t.co/kIYuqNotrF via @TVLine
— AccademiaTelefilm (@AcademyTelefilm) 3 novembre 2017
sabato 4 novembre 2017
venerdì 3 novembre 2017
News: #TwilightZone Reboot in the Works at @CBS All Access.https://t.co/Nl1LEl9vvD
— AccademiaTelefilm (@AcademyTelefilm) 3 novembre 2017
giovedì 2 novembre 2017
NEWS - Clamoroso al Cibali! "24" tornerà sui tacchi a spillo (tacco 12+12)! Al via progetto per una protagonista femminile procuratrice al centro di una cospirazione
News tratta da Deadline
Fox is developing a potential new incarnation of its Emmy-winning drama series that would have a female lead and take the real-time format of the terrorism-themed original and apply it to a different arena, criminal justice. The project, which has received a script commitment, hails from 24 franchise executive producers Howard Gordon and Imagine’s Brian Grazer, as well as former The Killing writer-producer Jeremy Doner and the franchise’s production companies, 20th Century Fox TV and Imagine TV. Doner will write the script with Gordon, who ran the original series. Details about the premise are sketchy, but I hear that the potential new 24 series centers on a female prosecutor who uncovers a legal conspiracy and has to work against the clock to save a death row inmate facing imminent execution whom she had helped prosecute but may be innocent. I hear this is part of an anthological take on 24 that would tackle a new world with new characters each season. The idea is in line with the plans for the 24 franchise outlined by Fox bosses during the summer TCA in August. ”We are really exploring what the future, the next version of 24 might be, maybe in more anthological storytelling,” Fox chairman Dana Walden said then, with sources at the time indicating the network may develop multiple ideas before deciding which one to proceed with. I hear that still may be the case. “The same kind of ticking-clock format but apply it to something else,” then-Fox Entertainment president David Madden said at TCA. “It will have the same urgency but may not be set in the CTU, it will have same style and urgency but in a different venue.” Imagine has been spearheading the efforts to reimagine the 24 franchise after the end of 24: Legacy. I hear the company brought Doner onto the project and introduced him to Gordon. This would make the latest reinvention of 24. Four years after the acclaimed original series, created by Joel Surnow and Robert Cochran, ended its eight-season run on Fox, the network aired follow-up event series 24: Live Another Day, featuring the same lead character, CTU agent Jack Bauer, fighting terrorism threats. Fox, Gordon and Imagine then teamed for 24: Legacy, a new installment in the franchise that again was set at CTU but revolved around a new cast of characters, led by Corey Hawkings.
News tratta da Deadline
Fox is developing a potential new incarnation of its Emmy-winning drama series that would have a female lead and take the real-time format of the terrorism-themed original and apply it to a different arena, criminal justice. The project, which has received a script commitment, hails from 24 franchise executive producers Howard Gordon and Imagine’s Brian Grazer, as well as former The Killing writer-producer Jeremy Doner and the franchise’s production companies, 20th Century Fox TV and Imagine TV. Doner will write the script with Gordon, who ran the original series. Details about the premise are sketchy, but I hear that the potential new 24 series centers on a female prosecutor who uncovers a legal conspiracy and has to work against the clock to save a death row inmate facing imminent execution whom she had helped prosecute but may be innocent. I hear this is part of an anthological take on 24 that would tackle a new world with new characters each season. The idea is in line with the plans for the 24 franchise outlined by Fox bosses during the summer TCA in August. ”We are really exploring what the future, the next version of 24 might be, maybe in more anthological storytelling,” Fox chairman Dana Walden said then, with sources at the time indicating the network may develop multiple ideas before deciding which one to proceed with. I hear that still may be the case. “The same kind of ticking-clock format but apply it to something else,” then-Fox Entertainment president David Madden said at TCA. “It will have the same urgency but may not be set in the CTU, it will have same style and urgency but in a different venue.” Imagine has been spearheading the efforts to reimagine the 24 franchise after the end of 24: Legacy. I hear the company brought Doner onto the project and introduced him to Gordon. This would make the latest reinvention of 24. Four years after the acclaimed original series, created by Joel Surnow and Robert Cochran, ended its eight-season run on Fox, the network aired follow-up event series 24: Live Another Day, featuring the same lead character, CTU agent Jack Bauer, fighting terrorism threats. Fox, Gordon and Imagine then teamed for 24: Legacy, a new installment in the franchise that again was set at CTU but revolved around a new cast of characters, led by Corey Hawkings.
mercoledì 1 novembre 2017
News: #HouseOfCards, Production On @Netflix Series Suspended Indefinitely Following Kevin Spacey Allegations. https://t.co/SsjNvJD2TF
— AccademiaTelefilm (@AcademyTelefilm) 31 ottobre 2017
martedì 31 ottobre 2017
GOSSIP - Senti che Rapp! L'attore di "Star Trek Discovery" accusa Kevin Spacey, fresco di coming out, di averlo molestato a 14 anni. L'interprete di Underwood si scusa. Lo showrunner di "House of Cards"chiosa senza mezzi termini: "molto preoccupante"
(Ansa) - Nuove rivelazioni a sfondo sessuale dalle star di Holliwood. A finire in prima pagina oggi è Kevin Spacey che ha fatto coming out. La star di House of Cards lo ha rivelato con un post, dopo essere stato accusato qualche ora prima da Anthony Rapp - l'attore che dà il volto a Paul Stamets in Star Trek Discovery - di averlo molestato sessualmente nel 1986. All'epoca Rapp aveva 14 anni, Spacey 26. Attraverso un lungo tweet, ha prima chiesto scusa a Rapp per la sua condotta riprovevole e ha poi deciso di fare chiarezza sul suo orientamento sessuale. "Ho molto rispetto e ammirazione per Anthony Rapp come attore. Mi ha fatto orrore sentire la sua storia. Sinceramente non ricordo quell'episodio che risale a più di 30 anni fa e che è frutto di un comportamento inappropriato legato ai fumi dell'alcol. Ma se mi sono comportato come lui dice, gli faccio le mie più sincere scuse (…) Questa storia mi stimola a raccontare di più sulla mia persona. Nella mia vita ho avuto relazioni sia con donne sia con uomini. Ho amato e avuto incontri romantici con diversi uomini nel corso della mia vita e ora ho deciso di vivere da uomo gay. Voglio affrontare la cosa onestamente e apertamente".
(Ansa) - Nuove rivelazioni a sfondo sessuale dalle star di Holliwood. A finire in prima pagina oggi è Kevin Spacey che ha fatto coming out. La star di House of Cards lo ha rivelato con un post, dopo essere stato accusato qualche ora prima da Anthony Rapp - l'attore che dà il volto a Paul Stamets in Star Trek Discovery - di averlo molestato sessualmente nel 1986. All'epoca Rapp aveva 14 anni, Spacey 26. Attraverso un lungo tweet, ha prima chiesto scusa a Rapp per la sua condotta riprovevole e ha poi deciso di fare chiarezza sul suo orientamento sessuale. "Ho molto rispetto e ammirazione per Anthony Rapp come attore. Mi ha fatto orrore sentire la sua storia. Sinceramente non ricordo quell'episodio che risale a più di 30 anni fa e che è frutto di un comportamento inappropriato legato ai fumi dell'alcol. Ma se mi sono comportato come lui dice, gli faccio le mie più sincere scuse (…) Questa storia mi stimola a raccontare di più sulla mia persona. Nella mia vita ho avuto relazioni sia con donne sia con uomini. Ho amato e avuto incontri romantici con diversi uomini nel corso della mia vita e ora ho deciso di vivere da uomo gay. Voglio affrontare la cosa onestamente e apertamente".
News: #HouseOfCards Showrunner Beau Willimon Calls Kevin Spacey Allegations ‘Deeply Troubling’. https://t.co/kRO8l6Eop1 via @variety— AccademiaTelefilm (@AcademyTelefilm) 30 ottobre 2017
lunedì 30 ottobre 2017
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL FOGLIO
Ecco perché in Italia non riusciremo (mai?) a produrre cult come "House of Cards"
"Riflettere oggi sull'industria culturale, specialmente sui settori dell'audiovisivo, significa in primo luogo partire da una costatazione: non è mai esistito nella storia dell'uomo un periodo così ricco d'immagini. Ogni giorno milioni di persone si scambiano foto tramite WhatsApp, mandano mail, caricano immagini o video sui social network, guardano un film o una serie televisiva su un numero crescente di schermi, fissi e mobili. Tutte queste pratiche, ormai assolutamente ordinarie, hanno favorito la rinnovata capacità delle industrie dell'audiovideo, specialmente quelle anglosassoni, di raccontare con intelligenza la nostra epoca senza rinunciare a incassi strabilianti. Se si cerca una prova di quanto rilevato, basta collegarsi a youtube. Prima della visione di un qualsiasi contenuto caricato su questo social media è possibile imbattersi nel trailer del film L'ora più buia. La scena si apre con Winston Churchill - interpretato dall'ottimo Gary Oldman, già eccellente vampiro nel Dracula di Coppola - nell'atto di accendersi il famoso sigaro. Ne segue un breve video dal ritmo serrato, in cui l'esaltazione dell'eroica e narcisa figura di Churchill, abbraccia senza forzature il pathos crescente delle prime fasi della Seconda Guerra mondiale. Il tutto culmina nel celebre discorso alla camera dei comuni del buon Winston, prima di sfumare nella fatidica scritta "prossimamente al cinema". Risultato: probabilmente un ottimo film, che racconta con un registro spettacolare una delle pagine più significative della storia europea, esalta il divo di turno e permette, già con il trailer fruito in rete, di creare un'esperienza piacevole e arricchente per il pubblico. In poche parole, il Cinema. Pensando, non senza sadismo, alle vicende nostrane, la visione di questo trailer, o di una qualsiasi stagione di Homeland o House of Cards, non può che far sorgere alcuni interrogativi: saremo mai in grado in Italia di raggiungere, se non quello standard produttivo, almeno quel livello autoriale? Perché qui si è faticato, e si fatica, nel realizzare un prodotto audiovisivo capace di raccontare il vissuto collettivo di questo paese con intelligenza e senso dello spettacolo? Senza sbagliare di molto, i puri di spirito risponderebbero a questa domanda con un laconico "Andreotti non fumava il sigaro e Renzi non va a mangiare costolette di maiale in qualche bettola di periferia come il buon Frank Underwood". In realtà le ragioni di questa impasse sono imputabili a due tendenze che storicamente hanno caratterizzato il comparto italiano dell'audiovisivo: l'eccessiva importanza assegnata agli autori, e la capacità del sistema stesso di nutrirsi di tutti gli ambienti culturali, da quelli alti a quelli bassi, da quelli governativi sino a quelli avanguardisti, senza mai trasformarsi definitivamente e modernamente in una vera industria. Il primo elemento ha fatto sì che lo sguardo sulla storia collettiva di un luogo, materia costitutiva di qualsiasi prodotto culturale generalista, coincidesse con gli occhi di un singolo uomo, con la sua soggettività, subendo fatalmente la parzialità di quell'unico punto di vista. La seconda tendenza ha contestualmente permesso agli autori di non essere mai realmente incalzati dalla dura lex della produzione industriale che, in ultima istanza, pone i desideri e le abitudini dei pubblici come fattore determinante. La somma delle due tendenze, pur considerando gli indubbi e talvolta eccellenti livelli raggiunti dalle produzioni cinematografiche e televisive italiane, ha impedito a questo settore culturale di essere con costanza un luogo di elaborazione dei conflitti del presente. E cib per l'Italia non è un problema di second'ordine. Già sul finire degli anni Cinquanta Edgar Morin notava come l'uomo immaginario intrattenesse ovunque un rapporto d'identificazione e proiezione con le immagini. Da molte decadi l'audiovisivo è dunque un elemento basilare per la vita quotidiana della persona, proprio perché crea attraverso le immagini un piano entro cui questa si proietta per elaborare la propria identità, i propri conflitti, i propri desideri e in generale il proprio vissuto. Quello che sinora, tranne qualche fortunato caso, ha impedito la realizzazione di prodotti audiovisivi all'altezza di questo compito è stata proprio la mancata comprensione del significato profondo del rapporto tra rappresentazione audiovisiva ed esperienza dei pubblici. Questo rapporto, come accennato, è completo se il contenuto audiovisivo permette ai pubblici di "soggiornare" nella storia fruita. Con ciò s'intende la concreta capacità dell'audiovideo di stabilire una reale dialettica tra la storia raccontata e il quotidiano dei pubblici. Solo se per lo spettatore l'esperienza della visione diviene materia viva con cui costruire il vissuto che precede e segue alla visione stessa, il prodotto audiovisivo riesce realmente a svolgere la sua funzione culturale". (Federico Tarquini)
IL FOGLIO
Ecco perché in Italia non riusciremo (mai?) a produrre cult come "House of Cards"
"Riflettere oggi sull'industria culturale, specialmente sui settori dell'audiovisivo, significa in primo luogo partire da una costatazione: non è mai esistito nella storia dell'uomo un periodo così ricco d'immagini. Ogni giorno milioni di persone si scambiano foto tramite WhatsApp, mandano mail, caricano immagini o video sui social network, guardano un film o una serie televisiva su un numero crescente di schermi, fissi e mobili. Tutte queste pratiche, ormai assolutamente ordinarie, hanno favorito la rinnovata capacità delle industrie dell'audiovideo, specialmente quelle anglosassoni, di raccontare con intelligenza la nostra epoca senza rinunciare a incassi strabilianti. Se si cerca una prova di quanto rilevato, basta collegarsi a youtube. Prima della visione di un qualsiasi contenuto caricato su questo social media è possibile imbattersi nel trailer del film L'ora più buia. La scena si apre con Winston Churchill - interpretato dall'ottimo Gary Oldman, già eccellente vampiro nel Dracula di Coppola - nell'atto di accendersi il famoso sigaro. Ne segue un breve video dal ritmo serrato, in cui l'esaltazione dell'eroica e narcisa figura di Churchill, abbraccia senza forzature il pathos crescente delle prime fasi della Seconda Guerra mondiale. Il tutto culmina nel celebre discorso alla camera dei comuni del buon Winston, prima di sfumare nella fatidica scritta "prossimamente al cinema". Risultato: probabilmente un ottimo film, che racconta con un registro spettacolare una delle pagine più significative della storia europea, esalta il divo di turno e permette, già con il trailer fruito in rete, di creare un'esperienza piacevole e arricchente per il pubblico. In poche parole, il Cinema. Pensando, non senza sadismo, alle vicende nostrane, la visione di questo trailer, o di una qualsiasi stagione di Homeland o House of Cards, non può che far sorgere alcuni interrogativi: saremo mai in grado in Italia di raggiungere, se non quello standard produttivo, almeno quel livello autoriale? Perché qui si è faticato, e si fatica, nel realizzare un prodotto audiovisivo capace di raccontare il vissuto collettivo di questo paese con intelligenza e senso dello spettacolo? Senza sbagliare di molto, i puri di spirito risponderebbero a questa domanda con un laconico "Andreotti non fumava il sigaro e Renzi non va a mangiare costolette di maiale in qualche bettola di periferia come il buon Frank Underwood". In realtà le ragioni di questa impasse sono imputabili a due tendenze che storicamente hanno caratterizzato il comparto italiano dell'audiovisivo: l'eccessiva importanza assegnata agli autori, e la capacità del sistema stesso di nutrirsi di tutti gli ambienti culturali, da quelli alti a quelli bassi, da quelli governativi sino a quelli avanguardisti, senza mai trasformarsi definitivamente e modernamente in una vera industria. Il primo elemento ha fatto sì che lo sguardo sulla storia collettiva di un luogo, materia costitutiva di qualsiasi prodotto culturale generalista, coincidesse con gli occhi di un singolo uomo, con la sua soggettività, subendo fatalmente la parzialità di quell'unico punto di vista. La seconda tendenza ha contestualmente permesso agli autori di non essere mai realmente incalzati dalla dura lex della produzione industriale che, in ultima istanza, pone i desideri e le abitudini dei pubblici come fattore determinante. La somma delle due tendenze, pur considerando gli indubbi e talvolta eccellenti livelli raggiunti dalle produzioni cinematografiche e televisive italiane, ha impedito a questo settore culturale di essere con costanza un luogo di elaborazione dei conflitti del presente. E cib per l'Italia non è un problema di second'ordine. Già sul finire degli anni Cinquanta Edgar Morin notava come l'uomo immaginario intrattenesse ovunque un rapporto d'identificazione e proiezione con le immagini. Da molte decadi l'audiovisivo è dunque un elemento basilare per la vita quotidiana della persona, proprio perché crea attraverso le immagini un piano entro cui questa si proietta per elaborare la propria identità, i propri conflitti, i propri desideri e in generale il proprio vissuto. Quello che sinora, tranne qualche fortunato caso, ha impedito la realizzazione di prodotti audiovisivi all'altezza di questo compito è stata proprio la mancata comprensione del significato profondo del rapporto tra rappresentazione audiovisiva ed esperienza dei pubblici. Questo rapporto, come accennato, è completo se il contenuto audiovisivo permette ai pubblici di "soggiornare" nella storia fruita. Con ciò s'intende la concreta capacità dell'audiovideo di stabilire una reale dialettica tra la storia raccontata e il quotidiano dei pubblici. Solo se per lo spettatore l'esperienza della visione diviene materia viva con cui costruire il vissuto che precede e segue alla visione stessa, il prodotto audiovisivo riesce realmente a svolgere la sua funzione culturale". (Federico Tarquini)
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