Le novità, a parer mio, meritano sempre una chance, soprattutto quando si tratta di serie con un ottimo potenziale, come nel caso dello Stracult di questa settimana, The Firm – Il Socio, il sequel televisivo dell’omonimo successo cinematografico del 1993, tratto dal best seller di John Grisham, diretto da un maestro come Sidney Pollack. Creata da Lukas Reiter (The Practice, Boston Legal), la serie riparte dieci anni dopo gli avvenimenti narrati nella pellicola cinematografica e vede Mitch McDeere (Josh Lucas) che, dopo essere uscito finalmente dal programma protezione testimoni, si ritrova ad affrontare nuovi ostacoli e nuove sfide per proteggere la sua famiglia e i suoi clienti, facendo inevitabilmente i conti con il passato e con la mafia in cerca di vendetta nei suoi confronti. The Firm si sviluppa su due diversi piani temporali sin dal pilot che vede prima Mitch in fuga dai malviventi che gli danno la caccia, e dopo lo stesso ma sei settimane prima che tutto cominciasse. La trama si snoda con una storyline orizzontale piuttosto intrigante, inframmezzata dai casi settimanali con cui l’avvocato e i suoi dovranno confrontarsi di volta in volta. Strizzando l’occhio a The Good Wife e Damages, la serie di Reiter parte svantaggiata su un network, come la Nbc, che già nella precedente midseson esordì con i pessimi ascolti di The Cape, e che anche stavolta sembra trovare purtroppo conferma nel deludente riscontro di pubblico nel corso della doppia season première, che ha registrato solo 6,3 milioni di spettatori con un rating del 1,4 nella fascia 18-49 (ancora peggio il terzo episodio, 4,3 milioni, rating 1,0). A dispetto degli ascolti però, il giudizio per questo legal drama per ora è positivo, nonostante sia partito in sordina: l’idea c’è, la sostanza anche e il cast è di tutto di rispetto.
E anche stavolta, pollice in giù per un altro teen drama sul viale del tramonto, 90210 che proprio come gli altri due show in onda sulla CW Gossip Girl e One Tree Hill, già fortemente criticati nei giorni scorsi, sembra aver imboccato ormai una strada senza ritorno. Carente sotto tutti i punti di vista, il sequel della serie madre di Aaron Spelling, Beverly Hills 90210, caposaldo del genere sin dagli anni Novanta, in realtà non mi aveva mai convinta del tutto. Sin dagli albori la serie si era rivelata piuttosto banale e prevedibile, ma la speranza che azzeccasse il binario giusto col passare del tempo era stata alimentata da piccole avvisaglie qua e là, quando nel corso di alcuni episodi, le scelte autoriali erano sembrate convincenti. Niente da fare invece, la bella AnnaLynne McCord e tutta la sua compagnia, alla fine dei conti, sembrano aver davvero poco da raccontare e da trasmettere al pubblico, e aldilà di fisici scolpiti, outfit all’ultima moda e un’incantevole spiaggia dorata a far da cornice, resta ben poco. Un teen drama davvero scarso, la cui debolezza è corroborata da uno script fiacco e ripetitivo, un cast bello ma senz’anima e una pochezza di contenuti senza precedenti.