TELEFILM ART - Si avvicina la data del sequel di "Twin Peaks" e i fanart(ist) si moltiplicano...
sabato 8 aprile 2017
giovedì 6 aprile 2017
SGUARDO FETISH - Knock on Wood! La protagonista di "Westworld" si traveste da Bowie (80s-style) su "Elle" Canada
Evan Rachel Wood of Westworld shows her glam-rock side on the cover of Elle Canada‘s May issue, on stands April 10th.
Evan Rachel Wood of Westworld shows her glam-rock side on the cover of Elle Canada‘s May issue, on stands April 10th.
Here’s what the 29-year-old actress and singer had to share with the mag:
On her three-year-old son with ex Jamie Bell: “Bless him. He’s a gypsy by proxy because his parents are. He’s only three now, but he’s starting to understand. He hears one of my songs and he knows that that’s me, and he has seen me on TV and he’s starting to put the pieces together. His parents are very different. My ex-husband is lovely and very British and straightedge, and then he’s got this glam-rock weirdo for a mom.”
On her move to Nashville: “L.A. is wonderful, and it has given me so many amazing things, but I’ve also got a lot of demons here. I was ready to break it up a little bit. I wanted to give my kid some grass to run around on. Again, he’s got two actor parents. I was like, ‘You don’t need to live in L.A. full-time. Let’s go somewhere a little “normal” for a bit.’”
On her band Rebel and a Basketcase: “We’re a baby band. My first love was singing and music, and it still kind of is. I love acting, and it’s a deep, deep love. But music is like my religion. If I didn’t have music, I would die.”
On writing uplifting music: “It’s easier to focus on the bad stuff, you know, than to pull yourself up and sing about something nice. Our new single is called ‘Today,’ and it’s just a big battle cry about not letting the dark forces ruin your day. You make today and you make the changes, and as long as you’re here and you’re fighting, you’re going to be okay. I’m excited for people to hear that song. I think it’s a really good time for it.”
mercoledì 5 aprile 2017
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
"Tredici", il teen drama più conturbante della tv
"Ciao a tutti. Spero per voi che siate pronti, perché sto per raccontarvi la storia della mia vita. O meglio, come mai è finita. E se state ascoltando queste cassette è perché voi siete una delle ragioni. Non vi dirò quale nastro vi chiamerà in causa. Ma non preoccupatevi, se avete ricevuto questo bel pacco regalo, prima o poi il vostro nome salterà fuori...». La voce è di Hannah Baker (Katherine Langford), una ragazza del liceo che si è suicidata, vittima del bullismo di alcuni compagni. Clay Jensen (Dylan Minnette) ascolta il primo dei nastri che qualcuno ha lasciato davanti alla sua porta. I nastri sono incisi su vecchie musicassette, in pieno contrasto tecnologico con i social, è stanno per sconvolgere più di un'esistenza. Prodotto da Netflix, creato da Brian Yorkey e basato sul romanzo omonimo di Jay Asher, «Tredici» («13 Reasons Why») è il teen drama più conturbante della serialità americana: 13 puntate, 13 persone coinvolte, 13 storie che si intrecciano, 13 motivi di una morte cui tutti, a vario titolo, hanno contribuito. II libro è stato pubblicato nel 2007 e ora Mondadori lo ripropone in una nuova grafica ispirata alla serie. Guidato dalla voce della ragazza (un interessante utilizzo della voice over), il solitario Clay, in apparenza il più innocente di tutti, ripercorre i momenti trascorsi con Hannah, di cui era innamorato. C'è un doppio registro narrativo (giocato su piani temporali diversi) che rende la serie coinvolgente. Da una parte il tema del bullismo, della superficialità e della spietatezza di certi rapporti, del clima di complicità che le istituzioni spesso riescono a creare. Dall'altra (ed è l'aspetto più innovativo) il contrasto tra vecchi e nuovi media, tra la lentezza vin-tage di un mondo che non conosce ancora Google Maps e la velocità dei social. In mezzo l'«effetto farfalla», teorizzato da Hannah: da un lontano battito d'ali ecco l'uragano di una tragedia inattesa". (Aldo Grasso)
CORRIERE DELLA SERA
"Tredici", il teen drama più conturbante della tv
"Ciao a tutti. Spero per voi che siate pronti, perché sto per raccontarvi la storia della mia vita. O meglio, come mai è finita. E se state ascoltando queste cassette è perché voi siete una delle ragioni. Non vi dirò quale nastro vi chiamerà in causa. Ma non preoccupatevi, se avete ricevuto questo bel pacco regalo, prima o poi il vostro nome salterà fuori...». La voce è di Hannah Baker (Katherine Langford), una ragazza del liceo che si è suicidata, vittima del bullismo di alcuni compagni. Clay Jensen (Dylan Minnette) ascolta il primo dei nastri che qualcuno ha lasciato davanti alla sua porta. I nastri sono incisi su vecchie musicassette, in pieno contrasto tecnologico con i social, è stanno per sconvolgere più di un'esistenza. Prodotto da Netflix, creato da Brian Yorkey e basato sul romanzo omonimo di Jay Asher, «Tredici» («13 Reasons Why») è il teen drama più conturbante della serialità americana: 13 puntate, 13 persone coinvolte, 13 storie che si intrecciano, 13 motivi di una morte cui tutti, a vario titolo, hanno contribuito. II libro è stato pubblicato nel 2007 e ora Mondadori lo ripropone in una nuova grafica ispirata alla serie. Guidato dalla voce della ragazza (un interessante utilizzo della voice over), il solitario Clay, in apparenza il più innocente di tutti, ripercorre i momenti trascorsi con Hannah, di cui era innamorato. C'è un doppio registro narrativo (giocato su piani temporali diversi) che rende la serie coinvolgente. Da una parte il tema del bullismo, della superficialità e della spietatezza di certi rapporti, del clima di complicità che le istituzioni spesso riescono a creare. Dall'altra (ed è l'aspetto più innovativo) il contrasto tra vecchi e nuovi media, tra la lentezza vin-tage di un mondo che non conosce ancora Google Maps e la velocità dei social. In mezzo l'«effetto farfalla», teorizzato da Hannah: da un lontano battito d'ali ecco l'uragano di una tragedia inattesa". (Aldo Grasso)
martedì 4 aprile 2017
lunedì 3 aprile 2017
PICCOLO GRANDE SCHERMO - Scanzi for President! "I remake di serie tv cult al cinema, tipo CHIPs, sono un sacrilegio. Se fallisce pure Lynch con Twin Peaks chiudete il sarcofago!"
Articolo di Andrea Scanzi su "Il Fatto Quotidiano"
A detta di uno dei diretti interessati, o forse per meglio dire delle vittime: "Sembra una versione soft porn di Scemo e Più Scemo". Parola di Larry Wilcox. Parlava di CHIPs, di cui è stato uno dei due protagonisti ("quello biondo") dal 1977 al 1983. Solo che Wilcox aveva interpretato la serie televisiva, mica il film. Che, evidentemente, gli ha fatto parecchio schifo. Prima di aggiustare un po' il tiro, concedendo alla nuova pellicola una parvenza di decenza, Wilcox ha pure aggiunto: "Ben fatto, Warner Bros! Hai giusto rovinato il brand di CHIPs e di Calif Highway Patrol. Bella mossa!".
Articolo di Andrea Scanzi su "Il Fatto Quotidiano"
A detta di uno dei diretti interessati, o forse per meglio dire delle vittime: "Sembra una versione soft porn di Scemo e Più Scemo". Parola di Larry Wilcox. Parlava di CHIPs, di cui è stato uno dei due protagonisti ("quello biondo") dal 1977 al 1983. Solo che Wilcox aveva interpretato la serie televisiva, mica il film. Che, evidentemente, gli ha fatto parecchio schifo. Prima di aggiustare un po' il tiro, concedendo alla nuova pellicola una parvenza di decenza, Wilcox ha pure aggiunto: "Ben fatto, Warner Bros! Hai giusto rovinato il brand di CHIPs e di Calif Highway Patrol. Bella mossa!".
Il film CHIPs, girato 34 anni dopo l'ultima puntata della serie, uscirà nelle sale italiane il 20 luglio. L'altro protagonista storico, Erik Estrada cioè Francis Poncharello detto "Ponch", è stato meno duro. Alla prima americana era presente e fa pure un piccolo cameo nel film. Estrada, che l'anno scorso è diventato davvero poliziotto (a 66 anni) per il Dipartimento di Polizia di St. Anthony in California, si è dimostrato assai conciliante. A lui l'idea del reboot cinematografico è piaciuta proprio: "Non stanno insultando nessuno: stanno solo proponendo la loro versione".
Nell'attesa (non esattamente spasmodica) di vedere l'opera e con ciò capire se ha ragione il biondo o il moro, un fatto è certo: c'è una gran voglia di rimpiangere -e addirittura reinterpretare, che è poi in questo caso un riesumare - quel buco nero spesso tremendo che sono stati gli Anni Ottanta. Per carità, è stato un decennio con fiammate qua e là autentiche: nella musica, nel cinema, nella tivù. Solo che quasi sta esagerando. In primo luogo, quando ti riduci a fare il film su CHIPs quarant'anni dopo la prima puntata, certifichi implicitamente che la mancanza di idee nuove del cinema è pressoché accecante. L'esatto opposto delle serie tivù, che rispetto ai tempi di CHIPs hanno fatto passi da gigante. I passi di Lost, di Breaking Bad, di Sons of Anarchy, di True Detective. Eccetera. In seconda istanza, la proliferazione di operazioni-riesumazione legate agli Ottanta non coincide quasi mai con rese qualitative esaltanti. Dodici anni fa è uscito Hazzard. Ve lo ricordate? No? Beati voi. Il film era ispirato alla serie omonima più o meno coeva di CHIPs. Il risultato, per usare un eufemismo, non si rivelò esattamente esaltante. E difficilmente lo sarà il sequel di Magnum PI, altra serie mitica (va be') degli Ottanta. Ci stanno lavorando, uscirà a vent'anni dopo l'ultima puntata e la protagonista sarà la figlia di Thomas Sullivan Magnum IV (o se preferite "Magnum", interpretato da Tom Selleck).
Perché ci mancano così tanto quegli anni? Forse perché eravamo giovani e forse belli, forse perché voltarsi indietro è un gesto che prima o poi viene voglia di fare. Anche solo per vedere l'effetto che fa. Un gesto umanissimo, ma artisticamente - e non solo artisticamente - scivolosissimo. C'è sempre il rischio di rovinare il ricordo, di scoprire quanto nel frattempo tutto sia cambiato: di quanto, per non farla cadere troppo dall'alto, il tempo abbia travolto ogni cosa. Pochi giorni fa si sono commossi in tanti nel vedere la foto di "Starsky" Paul Micheal Glaser che spingeva "Hutch" David Soul sulla sedia a rotelle. Anche gli "eroi" invecchiano, come ci aveva dimostrato inequivocabilmente pure Harrison Ford mostrandoci un Han Solo che, tutto sommato, nell'ultimo Guerre stellari non vedeva l'ora di farsi ammazzare (con quel figlio coglione, oltretutto). Più che rimpiangerli a casaccio, verrebbe solo voglia di lasciare gli Anni Ottanta dove stavano, in quel limbo posticcio tra consumismo frainteso e folgorazione disattesa. Quel poco di bello che c'è stato non può essere ripetuto.
Se n'è accorto perfino Michael Mann, che pure è un genio, quando ha provato a portare al cinema la serie televisiva Miami Vice (di cui era produttore esecutivo): il film, nonostante cast ed effetti speciali, fu una delusione. Meglio poi non parlare dell'obbrobrio che è stato il remake di Point Break, gioiello di inizio Novanta con un Patrick Swayze leggendario: perché replicare un'epifania non replicabile? Non ha senso, non è giusto. Per certi versi è persino sacrilego.
In questa mania tracimante di revival è rimasto invischiato addirittura David Lynch. Ha deciso di riprendere Twin Peaks, quella sì una serie straordinaria, ventisette anni dopo. Ci sono ancora molti attori "originali": di fatto, più che un sequel, ¡proprio la terza stagione che in tanti avrebbero voluto vedere. Solo che nel frattempo è passato un quarto di secolo. Un rischio, un azzardo, una follia. Soltanto Lynch può riuscirci: se fallisce pure lui, per favore, chiudete per sempre il sarcofago di quegli anni.
Nell'attesa (non esattamente spasmodica) di vedere l'opera e con ciò capire se ha ragione il biondo o il moro, un fatto è certo: c'è una gran voglia di rimpiangere -e addirittura reinterpretare, che è poi in questo caso un riesumare - quel buco nero spesso tremendo che sono stati gli Anni Ottanta. Per carità, è stato un decennio con fiammate qua e là autentiche: nella musica, nel cinema, nella tivù. Solo che quasi sta esagerando. In primo luogo, quando ti riduci a fare il film su CHIPs quarant'anni dopo la prima puntata, certifichi implicitamente che la mancanza di idee nuove del cinema è pressoché accecante. L'esatto opposto delle serie tivù, che rispetto ai tempi di CHIPs hanno fatto passi da gigante. I passi di Lost, di Breaking Bad, di Sons of Anarchy, di True Detective. Eccetera. In seconda istanza, la proliferazione di operazioni-riesumazione legate agli Ottanta non coincide quasi mai con rese qualitative esaltanti. Dodici anni fa è uscito Hazzard. Ve lo ricordate? No? Beati voi. Il film era ispirato alla serie omonima più o meno coeva di CHIPs. Il risultato, per usare un eufemismo, non si rivelò esattamente esaltante. E difficilmente lo sarà il sequel di Magnum PI, altra serie mitica (va be') degli Ottanta. Ci stanno lavorando, uscirà a vent'anni dopo l'ultima puntata e la protagonista sarà la figlia di Thomas Sullivan Magnum IV (o se preferite "Magnum", interpretato da Tom Selleck).
Perché ci mancano così tanto quegli anni? Forse perché eravamo giovani e forse belli, forse perché voltarsi indietro è un gesto che prima o poi viene voglia di fare. Anche solo per vedere l'effetto che fa. Un gesto umanissimo, ma artisticamente - e non solo artisticamente - scivolosissimo. C'è sempre il rischio di rovinare il ricordo, di scoprire quanto nel frattempo tutto sia cambiato: di quanto, per non farla cadere troppo dall'alto, il tempo abbia travolto ogni cosa. Pochi giorni fa si sono commossi in tanti nel vedere la foto di "Starsky" Paul Micheal Glaser che spingeva "Hutch" David Soul sulla sedia a rotelle. Anche gli "eroi" invecchiano, come ci aveva dimostrato inequivocabilmente pure Harrison Ford mostrandoci un Han Solo che, tutto sommato, nell'ultimo Guerre stellari non vedeva l'ora di farsi ammazzare (con quel figlio coglione, oltretutto). Più che rimpiangerli a casaccio, verrebbe solo voglia di lasciare gli Anni Ottanta dove stavano, in quel limbo posticcio tra consumismo frainteso e folgorazione disattesa. Quel poco di bello che c'è stato non può essere ripetuto.
Se n'è accorto perfino Michael Mann, che pure è un genio, quando ha provato a portare al cinema la serie televisiva Miami Vice (di cui era produttore esecutivo): il film, nonostante cast ed effetti speciali, fu una delusione. Meglio poi non parlare dell'obbrobrio che è stato il remake di Point Break, gioiello di inizio Novanta con un Patrick Swayze leggendario: perché replicare un'epifania non replicabile? Non ha senso, non è giusto. Per certi versi è persino sacrilego.
In questa mania tracimante di revival è rimasto invischiato addirittura David Lynch. Ha deciso di riprendere Twin Peaks, quella sì una serie straordinaria, ventisette anni dopo. Ci sono ancora molti attori "originali": di fatto, più che un sequel, ¡proprio la terza stagione che in tanti avrebbero voluto vedere. Solo che nel frattempo è passato un quarto di secolo. Un rischio, un azzardo, una follia. Soltanto Lynch può riuscirci: se fallisce pure lui, per favore, chiudete per sempre il sarcofago di quegli anni.
Etichette:
Andrea Scanzi,
Chips,
David Lynch,
Erik Estrada,
L'EDICOLA DI LOU,
Larry Wilcox,
Magnum PI,
Miami Vice,
Michael Mann,
PICCOLO GRANDE SCHERMO,
Starsky e Hutch,
Tom Selleck,
Twin Peaks
domenica 2 aprile 2017
GOSSIP - Chopra-zzemolina anche su "Marie Claire" (aspettando "Baywatch")
We're sitting in Chopra's Upper East Side living room in New York City, where she's currently shooting the second season of Quantico—a fastpaced spy confection in which she stars as sexy, unstoppable CIA agent Alex Parrish. It's a miserable January afternoon outside, but Chez Chopra is a cozy, serene oasis of cream and pale-blue silk in the midst of which sits Chopra herself, all dark hair and liquid eyes and ripped Levi's, with her tiny new puppy, Diana, dozing on her lap.
On her love life: "I'm not someone who looks for love. I don't believe in making it happen. My life has been shaped by so many serendipitous moments so far, I feel like, Why screw with a good thing?"
On her upcoming project, Baywatch: "I loved Baywatch so much growing up. It was the quintessential American Dream. All those beautiful people in bathing suits, running slo-mo on the beach in Malibu—amazing!"
On her start in Bollywood—without any previous acting experience: "Coming from academics, like an idiot, I was like, Oh, it's just pretty people. You've got to wear lovely outfits and say a few lines. How hard can this be?" Boy, was I surprised. I just kind of went on set and fell and dusted myself off, and learned, and then fell again and figured it out."
We're sitting in Chopra's Upper East Side living room in New York City, where she's currently shooting the second season of Quantico—a fastpaced spy confection in which she stars as sexy, unstoppable CIA agent Alex Parrish. It's a miserable January afternoon outside, but Chez Chopra is a cozy, serene oasis of cream and pale-blue silk in the midst of which sits Chopra herself, all dark hair and liquid eyes and ripped Levi's, with her tiny new puppy, Diana, dozing on her lap.
On her love life: "I'm not someone who looks for love. I don't believe in making it happen. My life has been shaped by so many serendipitous moments so far, I feel like, Why screw with a good thing?"
On her upcoming project, Baywatch: "I loved Baywatch so much growing up. It was the quintessential American Dream. All those beautiful people in bathing suits, running slo-mo on the beach in Malibu—amazing!"
On her start in Bollywood—without any previous acting experience: "Coming from academics, like an idiot, I was like, Oh, it's just pretty people. You've got to wear lovely outfits and say a few lines. How hard can this be?" Boy, was I surprised. I just kind of went on set and fell and dusted myself off, and learned, and then fell again and figured it out."
Iscriviti a:
Post (Atom)