CORRIERE DELLA SERA
Crisi dei telefilm: colpa della qualità o dei programmatori?
“Colpa del telefilm (ovvero del prodotto) o colpa del poco coraggio delle reti (ovvero di chi il prodotto deve promuovere e «vendere» in Italia)? Una cosa è senz'altro chiara: quella strepitosa «golden age» della serialità televisiva americana, che ha sfornato titoli eccezionali quali «House», «Lost», «24», «Grey' s Anatomy», «Csi», «Desperate Housewives» sembra essersi conclusa. L'atteso finale del cult «Lost», fra due settimane, sembra sancirlo simbolicamente. Nelle ultime stagioni il telefilm pare subire una battuta d'arresto. Lo ha mostrato, nel corso dell' ultimo Telefilm Festival di Milano concluso domenica, una ricerca realizzata dal Ce.R.T.A. dell'Università Cattolica (curata, in collaborazione con Geca Italia, da Massimo Scaglioni e Luca Barra). In poche stagioni il quadro della programmazione della serialità è molto mutato. Per quanto riguarda l' offerta, ancora nel 2007/08 i generi messi in onda in Italia erano piuttosto vari, e il «procedural» (il poliziesco) occupava poco più del 40% dello spazio del prime time. Oggi sembra resistere solo il «crime»: oltre il 66% dei titoli in onda in prima serata sono «procedural», e degli altri generi restano poche cose (i «medical» più forti e i «family drama» come «Desperate Housewives», però in crisi d' ascolti). In generale resistono i classici, titoli ideati prima dello sciopero. Dunque: prodotto meno buono o scarso coraggio delle reti? In parte entrambe le cose. Sul primo fronte, è vero che titoli davvero forti sono usciti solo sul versante dei polizieschi («Ncis Los Angeles»), oppure sono troppo «stretti», ovvero poco adatti al prime time generalista (si pensi al cult «Glee», in onda su Fox). Ma il calo degli ascolti della serialità nel prime time generalista (quantificabile nell'1,3% di share) si deve anche a qualche mossa maldestra dei nostri programmatori.”.
(Aldo Grasso, 11.05.2010)
THE OBSERVER MAGAZINE
Delle copertine me ne faccio un…Buffy!
“Partecipando a ‘Buffy’ ho imparato a non prendermela. Alyson Hannigan e Sarah Michelle Gellar parlavano sempre di copertine e io pensavo: quando una con me? Erano molto competitive, ma alla fine ho pensato che era un gioco che non portava da nessuna parte…era meglio lavorare che pensarci”.
(Anthony Head, 07.03.2010)
VARIETY
Alla larga dalla romantica Milano
“L’allure che accompagna Alyssa Milano viene smorzata dal gioco a quattro al centro di ‘Romantically Challenged’, una litania di due coppie fissate con i giochetti e i doppi sensi di sesso. Fin fall’inizio c’è confusione sui rapporti tra il quartetto, con poche gags efficaci e la necessità di dover dare ai quattro lo stesso spazio. Alyssa Milano è terrificante nel dar vita a una mamma single che agli inizi spara a zero contro gli incontri di una notte sola…Roba da far rimpiangere ‘Cougar Town’…”.
(Brian Lowry, 25.04.2010)
DAVIDE MAGGIO.IT
Il salame sugli occhi (e nelle orecchie)
“Al Telefilm Festival ospiti di ”nessun grido”, l’imbarazzo della scelta non era su quale telefilm vedere ma in quale negozio di Corso Vittorio Emanuele rifuggiarsi...n.d.r.: ecco bravo, “rifuggiati” in una profumeria del Corso a pittarti le unghie, che le grida per Zachary Levi e Morena Baccarin ancora riecheggiano all’Apollo, vah!)”.
(Mattia Buonocore, 11.05.2010)
IL GIORNALE
Per capire la politica, guarda i telefilm
“Oggi a raccontare i tempi ci sono i telefilm. La dicono lunga sul pasticcio della modernità, svelano i tic, insistono sulle debolezze, riprendono i vizi, mettono a copione le sconfitte. Ma raccontano anche come mai, o grazie a cosa, ogni tanto si vince. In ‘CSI’, chi deve, trionfa sempre. E’ l’America di Bush prima di Bush. L’America del controllo, la minaccia-garanzia ‘qualsiasi cosa farai, ovunque sarai, io ti troverò’. La scienza che tiene la società sotto controllo. ‘Grey’s Anatomy’ è l’America di Obama prima di Obama: cattiva, determinata, nasconde i suoi pregi ma alla fine è solidale e sentimentale. ‘Desperate Housewives’ è l’America di Clinton, quella dell’ipocrisia cortese. L’età vittoriana cent’anni dopo e mentre l’Impero sta andando a pezzi. ‘Dr. House’ sembra di sinistra ma in realtà è di destra. In realtà House è proprio Berlusconi. Ogni tanto aggira le regole per pragmatismo, convinto com’è di aver trovato la soluzione che gli altri stanno ancora cercando. Frega il traguardo e tutti lo perdonano perché è House. Sembra Obama ma è Berlusconi. ‘Lie to me’ è Veltroni (il povero Bersani non capirà mai chi mente a un better di ciglia e non verrà mai chiamato dalla CIA a risolvere nulla). Veltroni, sì, è l’amico di tutti, l’eroe da telefilm che viene chiamato a vendicare i buoni e i giusti. E’ convinto che il bene trionfi se si è buoni e che tutti siano lì ad aspettare di far passare avanti i giusti. ‘Shark’ è l’avvocato delle Libertà. Il professionista dell’individualismo e del senso dello Stato, il perfetto pidiellino. A volte adatta un po’ le regole ma gli obiettivi sono lodevoli. ‘Boston Legal’ è certa destra. Quelli che fanno i cattivi nel nome del bene. Ma poi cattivi non sono. Yuppie efficientissimi, borghesi stressati. ‘Lost’ è una comune degli anni Settanta. Gli anni del ‘famose’ per paura del futuro, gli anni del ‘disonora il padre’, gli anni del ‘non è mio il passato da cui vengo’. Sporchi, arruffati anche nell’anima, riottosi nei confronti delle regole, in lotta per la sopravvivenza. Con l’ignoto che ha l’unico vantaggio di rendere tutto relativo”.
(Valeria Braghieri, 10.05.2010)
TUTTOMILANO/LA REPUBBLICA
Il pazzo popolo dei telefilm
“Sono pazzi, quelli dei telefilm. Se fanno un sondaggio sulla serie preferita diciamo che vince ‘Lost’, poi arrivano ‘House’ e ‘Grey’s Anatomy’. E poi basta. Nel senso che a seguire non trovi uno a cui piaccia la stessa serie di un altro. Sono decine quelle belle, e non ci si raccapezza. Tu sei un impallinato tale da scaricarti quelle appena in onda in America e trovi uno al bar che ti magnifica quella poliziesca su Raidue la sera prima, che a occhio è passata sul satellite 5 anni fa e te ne sei scordato. Ma ha ragione lui, così come hanno ragione quelli che guardano solo i vampiri o ‘Gossip Girl’, quelli che hanno sentito il barista dell’autogrill che parlava della ‘Teenager americana’, o quelli che ritengono che ‘Huff’ (qualcuno conosce?) sia stato superiore a qualunque film di livello degli ultimi 10 anni. Per quelli che ‘Lost’ è un capolavoro e lo capiscono tutto (mentono, ovvio. Sulla seconda parte).Poi quelli che se l’ospite del Telefilm Festival è Morena Baccarin si presentano comunque anche se sono fermi a ‘I Ragazzi di Padre Tobia’ sperando di essere rapiti e che sia cattiva davvero. Poi quelli che sono d’accordo con certi grandi studiosi quando dicono ‘i telefilm migliori di oggi valgono Balzac’. Quelli che sanno benissimo dove andare a cercare su internet dove c’è tutto ma proprio tutto e prossimamente si guarderanno ‘Californication3’ sull’iPad mentre corrono sul tapis roulant. E poi i migliori nonché i più fortunati: quelli che se ti appassioni alle serie Usa, ci aggiungi un minimo di qualche tua passione (tipo il calcio), tutto, ma proprio tutto il resto della tv puoi saltarlo di netto e abbandonarlo al suo triste destino”.
(Antonio Dipollina, 06.05.2010)
Crisi dei telefilm: colpa della qualità o dei programmatori?
“Colpa del telefilm (ovvero del prodotto) o colpa del poco coraggio delle reti (ovvero di chi il prodotto deve promuovere e «vendere» in Italia)? Una cosa è senz'altro chiara: quella strepitosa «golden age» della serialità televisiva americana, che ha sfornato titoli eccezionali quali «House», «Lost», «24», «Grey' s Anatomy», «Csi», «Desperate Housewives» sembra essersi conclusa. L'atteso finale del cult «Lost», fra due settimane, sembra sancirlo simbolicamente. Nelle ultime stagioni il telefilm pare subire una battuta d'arresto. Lo ha mostrato, nel corso dell' ultimo Telefilm Festival di Milano concluso domenica, una ricerca realizzata dal Ce.R.T.A. dell'Università Cattolica (curata, in collaborazione con Geca Italia, da Massimo Scaglioni e Luca Barra). In poche stagioni il quadro della programmazione della serialità è molto mutato. Per quanto riguarda l' offerta, ancora nel 2007/08 i generi messi in onda in Italia erano piuttosto vari, e il «procedural» (il poliziesco) occupava poco più del 40% dello spazio del prime time. Oggi sembra resistere solo il «crime»: oltre il 66% dei titoli in onda in prima serata sono «procedural», e degli altri generi restano poche cose (i «medical» più forti e i «family drama» come «Desperate Housewives», però in crisi d' ascolti). In generale resistono i classici, titoli ideati prima dello sciopero. Dunque: prodotto meno buono o scarso coraggio delle reti? In parte entrambe le cose. Sul primo fronte, è vero che titoli davvero forti sono usciti solo sul versante dei polizieschi («Ncis Los Angeles»), oppure sono troppo «stretti», ovvero poco adatti al prime time generalista (si pensi al cult «Glee», in onda su Fox). Ma il calo degli ascolti della serialità nel prime time generalista (quantificabile nell'1,3% di share) si deve anche a qualche mossa maldestra dei nostri programmatori.”.
(Aldo Grasso, 11.05.2010)
THE OBSERVER MAGAZINE
Delle copertine me ne faccio un…Buffy!
“Partecipando a ‘Buffy’ ho imparato a non prendermela. Alyson Hannigan e Sarah Michelle Gellar parlavano sempre di copertine e io pensavo: quando una con me? Erano molto competitive, ma alla fine ho pensato che era un gioco che non portava da nessuna parte…era meglio lavorare che pensarci”.
(Anthony Head, 07.03.2010)
VARIETY
Alla larga dalla romantica Milano
“L’allure che accompagna Alyssa Milano viene smorzata dal gioco a quattro al centro di ‘Romantically Challenged’, una litania di due coppie fissate con i giochetti e i doppi sensi di sesso. Fin fall’inizio c’è confusione sui rapporti tra il quartetto, con poche gags efficaci e la necessità di dover dare ai quattro lo stesso spazio. Alyssa Milano è terrificante nel dar vita a una mamma single che agli inizi spara a zero contro gli incontri di una notte sola…Roba da far rimpiangere ‘Cougar Town’…”.
(Brian Lowry, 25.04.2010)
DAVIDE MAGGIO.IT
Il salame sugli occhi (e nelle orecchie)
“Al Telefilm Festival ospiti di ”nessun grido”, l’imbarazzo della scelta non era su quale telefilm vedere ma in quale negozio di Corso Vittorio Emanuele rifuggiarsi...n.d.r.: ecco bravo, “rifuggiati” in una profumeria del Corso a pittarti le unghie, che le grida per Zachary Levi e Morena Baccarin ancora riecheggiano all’Apollo, vah!)”.
(Mattia Buonocore, 11.05.2010)
IL GIORNALE
Per capire la politica, guarda i telefilm
“Oggi a raccontare i tempi ci sono i telefilm. La dicono lunga sul pasticcio della modernità, svelano i tic, insistono sulle debolezze, riprendono i vizi, mettono a copione le sconfitte. Ma raccontano anche come mai, o grazie a cosa, ogni tanto si vince. In ‘CSI’, chi deve, trionfa sempre. E’ l’America di Bush prima di Bush. L’America del controllo, la minaccia-garanzia ‘qualsiasi cosa farai, ovunque sarai, io ti troverò’. La scienza che tiene la società sotto controllo. ‘Grey’s Anatomy’ è l’America di Obama prima di Obama: cattiva, determinata, nasconde i suoi pregi ma alla fine è solidale e sentimentale. ‘Desperate Housewives’ è l’America di Clinton, quella dell’ipocrisia cortese. L’età vittoriana cent’anni dopo e mentre l’Impero sta andando a pezzi. ‘Dr. House’ sembra di sinistra ma in realtà è di destra. In realtà House è proprio Berlusconi. Ogni tanto aggira le regole per pragmatismo, convinto com’è di aver trovato la soluzione che gli altri stanno ancora cercando. Frega il traguardo e tutti lo perdonano perché è House. Sembra Obama ma è Berlusconi. ‘Lie to me’ è Veltroni (il povero Bersani non capirà mai chi mente a un better di ciglia e non verrà mai chiamato dalla CIA a risolvere nulla). Veltroni, sì, è l’amico di tutti, l’eroe da telefilm che viene chiamato a vendicare i buoni e i giusti. E’ convinto che il bene trionfi se si è buoni e che tutti siano lì ad aspettare di far passare avanti i giusti. ‘Shark’ è l’avvocato delle Libertà. Il professionista dell’individualismo e del senso dello Stato, il perfetto pidiellino. A volte adatta un po’ le regole ma gli obiettivi sono lodevoli. ‘Boston Legal’ è certa destra. Quelli che fanno i cattivi nel nome del bene. Ma poi cattivi non sono. Yuppie efficientissimi, borghesi stressati. ‘Lost’ è una comune degli anni Settanta. Gli anni del ‘famose’ per paura del futuro, gli anni del ‘disonora il padre’, gli anni del ‘non è mio il passato da cui vengo’. Sporchi, arruffati anche nell’anima, riottosi nei confronti delle regole, in lotta per la sopravvivenza. Con l’ignoto che ha l’unico vantaggio di rendere tutto relativo”.
(Valeria Braghieri, 10.05.2010)
TUTTOMILANO/LA REPUBBLICA
Il pazzo popolo dei telefilm
“Sono pazzi, quelli dei telefilm. Se fanno un sondaggio sulla serie preferita diciamo che vince ‘Lost’, poi arrivano ‘House’ e ‘Grey’s Anatomy’. E poi basta. Nel senso che a seguire non trovi uno a cui piaccia la stessa serie di un altro. Sono decine quelle belle, e non ci si raccapezza. Tu sei un impallinato tale da scaricarti quelle appena in onda in America e trovi uno al bar che ti magnifica quella poliziesca su Raidue la sera prima, che a occhio è passata sul satellite 5 anni fa e te ne sei scordato. Ma ha ragione lui, così come hanno ragione quelli che guardano solo i vampiri o ‘Gossip Girl’, quelli che hanno sentito il barista dell’autogrill che parlava della ‘Teenager americana’, o quelli che ritengono che ‘Huff’ (qualcuno conosce?) sia stato superiore a qualunque film di livello degli ultimi 10 anni. Per quelli che ‘Lost’ è un capolavoro e lo capiscono tutto (mentono, ovvio. Sulla seconda parte).Poi quelli che se l’ospite del Telefilm Festival è Morena Baccarin si presentano comunque anche se sono fermi a ‘I Ragazzi di Padre Tobia’ sperando di essere rapiti e che sia cattiva davvero. Poi quelli che sono d’accordo con certi grandi studiosi quando dicono ‘i telefilm migliori di oggi valgono Balzac’. Quelli che sanno benissimo dove andare a cercare su internet dove c’è tutto ma proprio tutto e prossimamente si guarderanno ‘Californication3’ sull’iPad mentre corrono sul tapis roulant. E poi i migliori nonché i più fortunati: quelli che se ti appassioni alle serie Usa, ci aggiungi un minimo di qualche tua passione (tipo il calcio), tutto, ma proprio tutto il resto della tv puoi saltarlo di netto e abbandonarlo al suo triste destino”.
(Antonio Dipollina, 06.05.2010)