SONDAGGIO "QUAL E' LA MIGLIORE RETE/PIATTAFORMA DI SERIE TV DEL 2017"? - GIRONE 5
— AccademiaTelefilm (@AcademyTelefilm) 12 dicembre 2017
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sabato 16 dicembre 2017
venerdì 15 dicembre 2017
NEWS - Topolino è diventato Topolone. Disney si pappa Sky (compresa quella italiana) e rischia di far diventare Nonna Papera Netflix schierando le serie tv dei canali Fox, Hulu, FX, Marvel e chi più ne ha più ne metta...
Articolo tratto dal "Corriere della Sera"
Se fosse andato in porto il tentativo fatto anni fa da Murdoch di acquistare Time-Warner o se, più di recente, il governo Usa non avesse posto il veto all'acquisizione della stessa Time-Warner da parte di ATeT, avremmo assistito a operazioni di integrazione orizzontale o verticale enormi ma, comunque, tradizionali. II passaggio della Fox alla Disney ufficializzato ieri ha, invece, le stimmate di un'operazione diversa: fuori dagli schemi, se non, addirittura, rivoluzionaria. La notizia: la multinazionale californiana di Topolino e delle tv compra per 52 miliardi di dollari la 21st Century Fox con le sue attività cinematografiche e molti canali televisivi negli Usa (da FX a National Geographic), in Asia (l'indiana Star TV) e in Europa dove rileva il 39 per cento di Sky Europe di Murdoch: una società televisiva forte soprattutto in Gran Bretagna, Italia e Germania. Disney avrà anche il 3o per cento di Hulu: diventa, così, padrona di questo gigante dello streaming che controllerà con una quota del 6o per cento. Alla famiglia Murdoch, oltre alla società che fa capo alla NewsCorp nella quale sono confluiti i giornali (dal Wall Street Journal al Times di Londra, alle testate australiane), rimangono le reti Fox americane che trasmettono notizie e sport (Fox News, Fox Business, Fox Broadcasting) che confluiscono in una nuova società. Una soluzione che soddisfa il desiderio del vecchio Rupert di continuare a coltivare la passione della sua vita: l'informazione giornalistica, con l'influenza politica che ne deriva. E che serve anche ad evitare un'eccessiva concentrazioni di diritti sportivi (quelli di Fox più quelli di ESPN che è della Disney) sotto un'unica proprietà: si rischiava un veto dell'Antitrust. Messa così sembra una cessione: il vecchio guerriero stanco che, padrone di un gruppo potente ma che perde colpi davanti ai nuovi giganti digitali che lo surclassano per dimensioni degli investimenti cinematografici e gli tolgono fette del mercato tv con lo streaming, vende lasciando una ricca dote ai figli. Solo che questa, più che una cessione, è una fusione. La famiglia Murdoch non riceve denaro ma azioni Disney, diventando primo azionista industriale della multinazionale californiana. Alla fine dell'operazione dovrebbe arrivare a possedere una quota non molto inferiore al 5,9% detenuto dal fondo Vanguard, primo azionista Disney. E qui il romanzo dei destini personali — James Murdoch che, dopo qualche disaccordo gestionale col padre e col fratello Lachlan lascia il gruppo di famiglia per seguire i destini della 21st Centiry Fox, il 66enne Bob Iger, già quasi in pensione, richiamato per gestire questa complicata integrazione fino al 2021 — si mescola con la «rivoluzione permanente» del mondo dell entertainment che fa da sfondo a una fusione che ha, a sua volta, l'aspetto di un work in progress destinato a durare anni. L'accordo annunciato ieri diventerà operativo a metà del 2018 se supererà l'esame del governo Usa, ma poi ci saranno problemi regolatori anche negli altri continenti, mentre a Londra andrà avanti il takeover a suo tempo lanciato da Murdoch sul rimanente 61% del capitale di Sky: ma la nuova società dovrà forse ripartire da zero nel tentativo di scalata. Insomma, una «fusione dinamica» per curare le debo- lezze dei due gruppi che darà loro più forza nello streaming mentre Disney sarà più presente in Asia e in Europa, con un contatto con gli utenti diretto: non più mediato attraverso le piattaforme di terzi. Ma anche un'operazione di cui oggi nessuno può prevedere con esattezza lo sbocco finale, tra possibili interventi dei regolatori e rapida evoluzione delle tecnologie e del business.
Articolo tratto dal "Corriere della Sera"
Se fosse andato in porto il tentativo fatto anni fa da Murdoch di acquistare Time-Warner o se, più di recente, il governo Usa non avesse posto il veto all'acquisizione della stessa Time-Warner da parte di ATeT, avremmo assistito a operazioni di integrazione orizzontale o verticale enormi ma, comunque, tradizionali. II passaggio della Fox alla Disney ufficializzato ieri ha, invece, le stimmate di un'operazione diversa: fuori dagli schemi, se non, addirittura, rivoluzionaria. La notizia: la multinazionale californiana di Topolino e delle tv compra per 52 miliardi di dollari la 21st Century Fox con le sue attività cinematografiche e molti canali televisivi negli Usa (da FX a National Geographic), in Asia (l'indiana Star TV) e in Europa dove rileva il 39 per cento di Sky Europe di Murdoch: una società televisiva forte soprattutto in Gran Bretagna, Italia e Germania. Disney avrà anche il 3o per cento di Hulu: diventa, così, padrona di questo gigante dello streaming che controllerà con una quota del 6o per cento. Alla famiglia Murdoch, oltre alla società che fa capo alla NewsCorp nella quale sono confluiti i giornali (dal Wall Street Journal al Times di Londra, alle testate australiane), rimangono le reti Fox americane che trasmettono notizie e sport (Fox News, Fox Business, Fox Broadcasting) che confluiscono in una nuova società. Una soluzione che soddisfa il desiderio del vecchio Rupert di continuare a coltivare la passione della sua vita: l'informazione giornalistica, con l'influenza politica che ne deriva. E che serve anche ad evitare un'eccessiva concentrazioni di diritti sportivi (quelli di Fox più quelli di ESPN che è della Disney) sotto un'unica proprietà: si rischiava un veto dell'Antitrust. Messa così sembra una cessione: il vecchio guerriero stanco che, padrone di un gruppo potente ma che perde colpi davanti ai nuovi giganti digitali che lo surclassano per dimensioni degli investimenti cinematografici e gli tolgono fette del mercato tv con lo streaming, vende lasciando una ricca dote ai figli. Solo che questa, più che una cessione, è una fusione. La famiglia Murdoch non riceve denaro ma azioni Disney, diventando primo azionista industriale della multinazionale californiana. Alla fine dell'operazione dovrebbe arrivare a possedere una quota non molto inferiore al 5,9% detenuto dal fondo Vanguard, primo azionista Disney. E qui il romanzo dei destini personali — James Murdoch che, dopo qualche disaccordo gestionale col padre e col fratello Lachlan lascia il gruppo di famiglia per seguire i destini della 21st Centiry Fox, il 66enne Bob Iger, già quasi in pensione, richiamato per gestire questa complicata integrazione fino al 2021 — si mescola con la «rivoluzione permanente» del mondo dell entertainment che fa da sfondo a una fusione che ha, a sua volta, l'aspetto di un work in progress destinato a durare anni. L'accordo annunciato ieri diventerà operativo a metà del 2018 se supererà l'esame del governo Usa, ma poi ci saranno problemi regolatori anche negli altri continenti, mentre a Londra andrà avanti il takeover a suo tempo lanciato da Murdoch sul rimanente 61% del capitale di Sky: ma la nuova società dovrà forse ripartire da zero nel tentativo di scalata. Insomma, una «fusione dinamica» per curare le debo- lezze dei due gruppi che darà loro più forza nello streaming mentre Disney sarà più presente in Asia e in Europa, con un contatto con gli utenti diretto: non più mediato attraverso le piattaforme di terzi. Ma anche un'operazione di cui oggi nessuno può prevedere con esattezza lo sbocco finale, tra possibili interventi dei regolatori e rapida evoluzione delle tecnologie e del business.
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giovedì 14 dicembre 2017
mercoledì 13 dicembre 2017
NEWS - Fermi tutti! "Gomorra" è un atto di denuncia realistico (e quindi a rischio emulazione) o fantasy privo di fondamento (e quindi inattaccabile dalle censure e dalle critiche)? Il dibattito è aperto
Articolo di Giovanni Belardelli sul "Corriere della Sera"
"Con l'arrivo in tv della terza serie di Gomorra sono tornate le polemiche. La fiction — si è detto — fornisce una rappresentazione indulgente se non addirittura positiva della camorra, con il rischio di indurre i giovani all'emulazione. A questa o altre critiche si è risposto evocando il pericolo della censura (un po' a sproposito, direi, perché criticare e censurare sono cose diversissime), secondo uno schema di discussione a ruoli fissi già sperimentato in passato. Eppure il successo internazionale di Gomorra dovrebbe indurre a porre la questione in modo meno superficiale. Anzitutto, sgombriamo il campo da un falso problema, la mancata presenza di protagonisti positivi, che non si può pretendere da una fiction come Gomorra, che si fonda sul presupposto di una rappresentazione crudamente realistica del male. Ma il problema è proprio questo: siamo sicuri che la rappresentazione della camorra fornita dalla serie tv (per il libro di Saviano o il film di Garrone il discorso sarebbe diverso) sia realistica? O non è vero piuttosto che la vita concreta del camorrista è più squallida di quanto non appaia dalle puntate di Gomorra? Quella del camorrista è la vita di uno che non può neppure andarsi a prendere un gelato o portare i figli a fare un bagno al mare, è un'esistenza disgraziata, ha osservato Salvatore Striano, aspirante camorrista da ragazzino e poi diventato attore e scrittore di successo. La rappresentazione fornita dalla fiction, invece, è quella di vite «fino all'ultimo respiro», veloci e violente come un videogioco; è una rappresentazione che rischia di far diventare Ciro l'Immortale e Genny Savastano, oltretutto impersonati da due attori bravissimi, dei modelli per tanti ragazzini napoletani e non solo. La rappresentazione della realtà fornita da Gomorra è inverosimile anche per un altro aspetto: la completa assenza di qualunque figura o istituzione riconducibile allo Stato. A un cittadino qualunque può capitare d'essere fermato per un controllo o anche soltanto di vedere un poliziotto camminare per strada. Nel mondo di Gomorra no: si può andare più volte in auto da Roma a Napoli con la assoluta certezza di non fare incontri del genere; si può trasportare qualche chilo di droga o un cadavere nell'auto sapendo che nessuno ci fermerà mai. La geografia urbana di Gomorra è abitata infatti solo da camorristi. In una delle puntate della nuova serie si vede — fatto quasi incredibile — un'aula di tribunale. Ma è impossibile ricordare qualunque particolare sulla corte: la scena serviva solo a mostrare per qualche secondo una testimone che ritrattava, indotta da minacce e denaro, l'accusa di omicidio formulata contro la camorrista Scianel. Lo Stato qui compare per un attimo, il minimo indispensabile ai fini del meccanismo narrativo di una vicenda che si svolge — proprio a causa di questa totale assenza — non nel mondo reale, sia pure reinventato come avviene in ogni fiction, ma in un mondo largamente immaginario. Un mondo dominato soltanto dal crimine e dalla guerra, con alleanze tra gruppi camorristici che continuamente si disfano e si formano; senza che nessuna autorità non dico intervenga a contrastare questa situazione, ma neppure tenga aperta, con la sua esistenza, questa possibilità. Una simile condizione di totale assenza dello Stato configurerebbe un mondo fantasy più che la realtà; non fosse che questo mondo, invece che essere collocato in qualche Terra di Mezzo o in qualche staterello immaginario come per le operette di un tempo, assume poi la concretissima ambientazione di Napoli o di Secondigliano. Ma dunque, se le cose stanno così, se Gomorra non fornisce una rappresentazione effettiva, per quanto crudele, della realtà, viene meno anche ciò che i suoi ideatori e realizzatori continuamente rivendicano: cioè il fatto che la serie rappresenti un «fortissimo atto di denuncia», come ha dichiarato Marco D'Amore/Ciro l'Immortale a questo giornale. Peraltro sarebbe anche legittimo qualche dubbio sul fatto che rappresentare crudamente e senza un qualche distacco critico la realtà possa mai costituire un atto di denuncia. In che senso potrebbe essere considerata una denuncia della pedofilia una serie tv che raccontasse, dall'interno e senza alcun personaggio positivo, le vicende di un gruppo di «turisti sessuali» in Thailandia? Dopodiché, certo, Gomorra è un successo internazionale. Ma che in tanti Paesi ritengano che questa sia una rappresentazione realistica dell'Italia o di una sua parte è qualcosa che forse dovrebbe farci riflettere.
Articolo di Giovanni Belardelli sul "Corriere della Sera"
"Con l'arrivo in tv della terza serie di Gomorra sono tornate le polemiche. La fiction — si è detto — fornisce una rappresentazione indulgente se non addirittura positiva della camorra, con il rischio di indurre i giovani all'emulazione. A questa o altre critiche si è risposto evocando il pericolo della censura (un po' a sproposito, direi, perché criticare e censurare sono cose diversissime), secondo uno schema di discussione a ruoli fissi già sperimentato in passato. Eppure il successo internazionale di Gomorra dovrebbe indurre a porre la questione in modo meno superficiale. Anzitutto, sgombriamo il campo da un falso problema, la mancata presenza di protagonisti positivi, che non si può pretendere da una fiction come Gomorra, che si fonda sul presupposto di una rappresentazione crudamente realistica del male. Ma il problema è proprio questo: siamo sicuri che la rappresentazione della camorra fornita dalla serie tv (per il libro di Saviano o il film di Garrone il discorso sarebbe diverso) sia realistica? O non è vero piuttosto che la vita concreta del camorrista è più squallida di quanto non appaia dalle puntate di Gomorra? Quella del camorrista è la vita di uno che non può neppure andarsi a prendere un gelato o portare i figli a fare un bagno al mare, è un'esistenza disgraziata, ha osservato Salvatore Striano, aspirante camorrista da ragazzino e poi diventato attore e scrittore di successo. La rappresentazione fornita dalla fiction, invece, è quella di vite «fino all'ultimo respiro», veloci e violente come un videogioco; è una rappresentazione che rischia di far diventare Ciro l'Immortale e Genny Savastano, oltretutto impersonati da due attori bravissimi, dei modelli per tanti ragazzini napoletani e non solo. La rappresentazione della realtà fornita da Gomorra è inverosimile anche per un altro aspetto: la completa assenza di qualunque figura o istituzione riconducibile allo Stato. A un cittadino qualunque può capitare d'essere fermato per un controllo o anche soltanto di vedere un poliziotto camminare per strada. Nel mondo di Gomorra no: si può andare più volte in auto da Roma a Napoli con la assoluta certezza di non fare incontri del genere; si può trasportare qualche chilo di droga o un cadavere nell'auto sapendo che nessuno ci fermerà mai. La geografia urbana di Gomorra è abitata infatti solo da camorristi. In una delle puntate della nuova serie si vede — fatto quasi incredibile — un'aula di tribunale. Ma è impossibile ricordare qualunque particolare sulla corte: la scena serviva solo a mostrare per qualche secondo una testimone che ritrattava, indotta da minacce e denaro, l'accusa di omicidio formulata contro la camorrista Scianel. Lo Stato qui compare per un attimo, il minimo indispensabile ai fini del meccanismo narrativo di una vicenda che si svolge — proprio a causa di questa totale assenza — non nel mondo reale, sia pure reinventato come avviene in ogni fiction, ma in un mondo largamente immaginario. Un mondo dominato soltanto dal crimine e dalla guerra, con alleanze tra gruppi camorristici che continuamente si disfano e si formano; senza che nessuna autorità non dico intervenga a contrastare questa situazione, ma neppure tenga aperta, con la sua esistenza, questa possibilità. Una simile condizione di totale assenza dello Stato configurerebbe un mondo fantasy più che la realtà; non fosse che questo mondo, invece che essere collocato in qualche Terra di Mezzo o in qualche staterello immaginario come per le operette di un tempo, assume poi la concretissima ambientazione di Napoli o di Secondigliano. Ma dunque, se le cose stanno così, se Gomorra non fornisce una rappresentazione effettiva, per quanto crudele, della realtà, viene meno anche ciò che i suoi ideatori e realizzatori continuamente rivendicano: cioè il fatto che la serie rappresenti un «fortissimo atto di denuncia», come ha dichiarato Marco D'Amore/Ciro l'Immortale a questo giornale. Peraltro sarebbe anche legittimo qualche dubbio sul fatto che rappresentare crudamente e senza un qualche distacco critico la realtà possa mai costituire un atto di denuncia. In che senso potrebbe essere considerata una denuncia della pedofilia una serie tv che raccontasse, dall'interno e senza alcun personaggio positivo, le vicende di un gruppo di «turisti sessuali» in Thailandia? Dopodiché, certo, Gomorra è un successo internazionale. Ma che in tanti Paesi ritengano che questa sia una rappresentazione realistica dell'Italia o di una sua parte è qualcosa che forse dovrebbe farci riflettere.
martedì 12 dicembre 2017
NEWS - Golden Globes 2018, le nomination e le scelte di Telefilm Cult (in verde)
Miglior serie tv drammatica
The Crown
Game of Thrones
The Handmaid’s Tale
Stranger Things
This is Us
The Crown
Game of Thrones
The Handmaid’s Tale
Stranger Things
This is Us
Miglior serie tv di genere comedy
Black-ish
The Marvelous Mrs. Maisel
Master of None
SMILF
Will & Grace
Black-ish
The Marvelous Mrs. Maisel
Master of None
SMILF
Will & Grace
Miglior miniserie o film per la tv
Big Little Lies
Fargo
Feud: Bette and Joan
The Sinner
Top of the Lake: China Girl
Big Little Lies
Fargo
Feud: Bette and Joan
The Sinner
Top of the Lake: China Girl
Miglior attore in una serie tv drammatica
Sterling K. Brown, This is Us
Freddie Highmore, The Good Doctor
Bob Odenkirk, Better Call Saul
Liev Schreiber, Ray Donovan
Jason Bateman, Ozark
Sterling K. Brown, This is Us
Freddie Highmore, The Good Doctor
Bob Odenkirk, Better Call Saul
Liev Schreiber, Ray Donovan
Jason Bateman, Ozark
Miglior attrice in una serie tv drammatica
Caitriona Balfe, Outlander
Claire Foy, The Crown
Maggie Gyllenhaal, The Deuce
Katherine Langford, Tredici
Elisabeth Moss, The Handmaid’s Tale
Caitriona Balfe, Outlander
Claire Foy, The Crown
Maggie Gyllenhaal, The Deuce
Katherine Langford, Tredici
Elisabeth Moss, The Handmaid’s Tale
Miglior attore in una serie tv comedy o musical
Anthony Anderson, Black-ish
Aziz Ansari Master of None
Kevin Bacon, I Love Dick
William H. Macy, Shameless
Eric McCormack, Will & Grace
Anthony Anderson, Black-ish
Aziz Ansari Master of None
Kevin Bacon, I Love Dick
William H. Macy, Shameless
Eric McCormack, Will & Grace
Miglior attrice in una serie tv comedy o musical
Pamela Adlon, Better Things
Alison Brie, Glow
Issa Rae, Insecure
Rachel Brosnahan, The Marvelous Mrs. Maisel
Frankie Shaw, SMILF
Pamela Adlon, Better Things
Alison Brie, Glow
Issa Rae, Insecure
Rachel Brosnahan, The Marvelous Mrs. Maisel
Frankie Shaw, SMILF
Miglior attore in una miniserie o in un film per la tv
Robert De Niro, The Wizard of Lies
Jude Law, The Young Pope
Kyle MacLachlan, Twin Peaks
Ewan McGregor, Fargo
Geoffrey Rush, Genius
Robert De Niro, The Wizard of Lies
Jude Law, The Young Pope
Kyle MacLachlan, Twin Peaks
Ewan McGregor, Fargo
Geoffrey Rush, Genius
Miglior attrice in una miniserie o in un film per la tv
Jessica Biel, The Sinner
Nicole Kidman, Big Little Lies
Jessica Lange, Feud: Bette and Joan
Susan Sarandon, Feud: Bette and Joan
Reese Witherspoon, Big Little Lies
Jessica Biel, The Sinner
Nicole Kidman, Big Little Lies
Jessica Lange, Feud: Bette and Joan
Susan Sarandon, Feud: Bette and Joan
Reese Witherspoon, Big Little Lies
Miglior attore non protagonista in una serie o film per la tv
Alfred Molina, Feud
Alexander Skarsgard, Big Little Lies
David Thewlis, Fargo
David Harbour, Stranger Things
Christian Slater, Mr. Robot
Alfred Molina, Feud
Alexander Skarsgard, Big Little Lies
David Thewlis, Fargo
David Harbour, Stranger Things
Christian Slater, Mr. Robot
Miglior attrice non protagonista per una serie o film per la tv
Laura Dern, Big Little Lies
Ann Dowd, The Handmaid’s Tale
Chrissy Metz, This is Us
Michelle Pfeiffer, The Wizard of Lies
Shailene Woodley, Big Little Lies
Laura Dern, Big Little Lies
Ann Dowd, The Handmaid’s Tale
Chrissy Metz, This is Us
Michelle Pfeiffer, The Wizard of Lies
Shailene Woodley, Big Little Lies
lunedì 11 dicembre 2017
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