GOSSIP - Ultimo tango per la fradicia! La gostrippata Taylor Momsen fa uscire di sen(n)o le sue fans anche in Argentina
Continua il tour astro-mondiale di Taylor Momsen in giro per il mondo con i suoi Pretty Reckless e anche nella terra di Maradona le fans sono impazzite salendo sul palco lanciando reggiseni come fionde di Robin Hood. La gostrippata sembra in sollucchero quando le fans dimostrano il loro calore ai quattro venti gettando alle ortiche ogni pudore preferendo, per la rima, il sudore. Another one bites the lust.
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"The Newsroom ", dilemma amletico sul giornalismo
Premetto: non dirò che The Newsroom (stando alle prime tre puntate che sono andate in onda) è un capolavoro. Perché non lo è. E' una serie ben fatta (e già i motivi uno e due costituiscono solide basi per dirlo) ma qualche pecca ce l'ha. Aaron Sorkin (quel gran genio di The West Wing - un capolavoro da recuperare, appena potete) è bravissimo nello scegliere il tema da trattare (colmando anche dei gap televisivi), nella tecnica narrativa (il walk and talk che ha fatto il successo di The West Wing si trova anche qui), nel toccare le giuste corde. Solo che è dannatamente idealista. Già nella serie TV sull'operato dell'Ala Ovest della Casa Bianca questo aspetto era più che palesato: ma forse la politica (che non vivo di prima persona) mi piace vederla così. Immaginarla migliore di quello che è.
Beh, tutta quella idealizzazione che investe il mondo del giornalismo mi spiazza. E un po' mi lascia interdetta. Mi spiego meglio: a me The Newsroom sta piacendo. Moltissimo. Mi sono venuti i brividi ascoltando il monologo iniziale del protagonista, l'anchorman Will McAvoy, che durante un talk show, vomita in TV tutta la sua rabbia per un Paese, il suo, che si aggrappa alla convinzione di essere la nazione più grande del mondo.
Nessun giornale (nella realtà) si sarebbe fatta scappare la gaffe di Sarah Palin (e nessuno l'ha fatto) ma nel tg ideale ipotizzato dalla nuova produttrice esecutiva di News Night questo è possibile. Un programma dove gli ascolti non influiscono, la pubblicità nemmeno, e dove le idee del giornalista sono palesate (in barba al modello della fairness e della credibility tanto osannato dal primo quotidiano inglese, il Daily Courant, precursore di un genere). Il giornalismo a cui si appiglia The Newsroom è quello di denuncia, giudizio, condanna e assoluzione, sulla scia del giornalismo francese nato con la Rivoluzione del 1789 basato sulla convinzione che tutto ciò che i giornalisti scrivono contribuisce a formare le sorti (politiche e sociali) di un Paese. Certo, Sorkin come ha più volte ribadito non ha nessuno scopo documentaristico: "i miei obblighi non sono verso la verità - aveva detto a proposito di The West Wing - il mio obbligo sta nel catturare la vostra attenzione". Tuttavia dietro all'esaltazione per un ideale in cui ho creduto, che ho sostenuto e che mi ha deluso (i titololi solo per acchiappare lettori, le notizie urlate: quale giornale si salva da tutto questo?), non posso fare a meno di sentirmi un po' amareggiata. Ecco questo è l'effetto di The Newsroom su di me: mi esalta e mi commuove, ma al tempo stesso mi fa riscoprire disillusa"
(Alessia Barbiero)
Premetto: non dirò che The Newsroom (stando alle prime tre puntate che sono andate in onda) è un capolavoro. Perché non lo è. E' una serie ben fatta (e già i motivi uno e due costituiscono solide basi per dirlo) ma qualche pecca ce l'ha. Aaron Sorkin (quel gran genio di The West Wing - un capolavoro da recuperare, appena potete) è bravissimo nello scegliere il tema da trattare (colmando anche dei gap televisivi), nella tecnica narrativa (il walk and talk che ha fatto il successo di The West Wing si trova anche qui), nel toccare le giuste corde. Solo che è dannatamente idealista. Già nella serie TV sull'operato dell'Ala Ovest della Casa Bianca questo aspetto era più che palesato: ma forse la politica (che non vivo di prima persona) mi piace vederla così. Immaginarla migliore di quello che è.
Beh, tutta quella idealizzazione che investe il mondo del giornalismo mi spiazza. E un po' mi lascia interdetta. Mi spiego meglio: a me The Newsroom sta piacendo. Moltissimo. Mi sono venuti i brividi ascoltando il monologo iniziale del protagonista, l'anchorman Will McAvoy, che durante un talk show, vomita in TV tutta la sua rabbia per un Paese, il suo, che si aggrappa alla convinzione di essere la nazione più grande del mondo.
Siamo settimi al mondo per alfabetizzazione, 29esimi in matematica, 22esimi nelle scienze, 49esimi per aspettativa di vita, 178esimi per mortalità infantile, terzi per reddito familiare medio, quarti per forza lavoro ed esportazioni. Siamo i primi al mondo soltanto in tre settori: numero di cittadini in carcere pro capite, numero di adulti che credono negli angeli e spese per la Difesa, settore in cui spendiamo più di 26 nazioni insieme, 25 delle quali sono nostre alleate. Se va così non è certo colpa di una studentessa ventenne, ma non c'è' dubbio che tu faccia parte della generazione peggiore di tutta la storia delle generazioni. E quando mi chiedi perché siamo il più grande paese del mondo, non capisco nemmeno di che cazzo stai parlando. Del parco Yosemite?Da qui il punto di rottura e la decisione di trasformare il suo programma in un nuovo prodotto che abbracci quell'ideale aulico di giornalismo, dove non si asseconda, ma si tirano fuori i cosiddetti e si offre al pubblico un servizio come si deve. Cosa non va? Assolutamente nulla. E allora cosa mi lascia interdetta? Il punto è che chiunque decide di fare giornalismo, prima o poi, affronta questa fase in cui dall'idealismo si è costretti a fare i conti con la realtà. La visione utopica che avevo quando ho iniziato a studiare giornalismo all'Università si è scontrata con il vero lavoro in redazione, che per quanto eccitante e bellissimo, è un lavoro fatto di compromessi e che spesso predilige quell'infotainment che va tanto di moda ai fatti e alle notizie intelligenti.
Nessun giornale (nella realtà) si sarebbe fatta scappare la gaffe di Sarah Palin (e nessuno l'ha fatto) ma nel tg ideale ipotizzato dalla nuova produttrice esecutiva di News Night questo è possibile. Un programma dove gli ascolti non influiscono, la pubblicità nemmeno, e dove le idee del giornalista sono palesate (in barba al modello della fairness e della credibility tanto osannato dal primo quotidiano inglese, il Daily Courant, precursore di un genere). Il giornalismo a cui si appiglia The Newsroom è quello di denuncia, giudizio, condanna e assoluzione, sulla scia del giornalismo francese nato con la Rivoluzione del 1789 basato sulla convinzione che tutto ciò che i giornalisti scrivono contribuisce a formare le sorti (politiche e sociali) di un Paese. Certo, Sorkin come ha più volte ribadito non ha nessuno scopo documentaristico: "i miei obblighi non sono verso la verità - aveva detto a proposito di The West Wing - il mio obbligo sta nel catturare la vostra attenzione". Tuttavia dietro all'esaltazione per un ideale in cui ho creduto, che ho sostenuto e che mi ha deluso (i titololi solo per acchiappare lettori, le notizie urlate: quale giornale si salva da tutto questo?), non posso fare a meno di sentirmi un po' amareggiata. Ecco questo è l'effetto di The Newsroom su di me: mi esalta e mi commuove, ma al tempo stesso mi fa riscoprire disillusa"
(Alessia Barbiero)