L'EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm dai giornali italiani e stranieriCORRIERE DELLA SERA
“Lost”, una serie a tela di ragno
“Riassunto delle stagioni precedenti: «Un aereo cade su un' isola all'apparenza deserta e i sopravvissuti scoprono che non è abbandonata come sembra, ma che un tempo era il centro di un progetto scientifico denominato Dharma. Gli scienziati legati a questa iniziativa sono stati uccisi dai nativi che si sono impossessati dei loro centri di ricerca. A causa di una misteriosa forza elettromagnetica l'isola si può muovere nel tempo e nello spazio: è stato proprio questo campo magnetico a causare lo schianto dell' aereo. Alcuni tra i sopravvissuti riescono a lasciare l'isola...». Forse è meglio smetterla qui con il riassunto, perché - questo il principio fondamentale di «Lost» - è impossibile riassumere. La sesta stagione della serie più temeraria della storia della tv ripropone i suoi capisaldi teorici sotto forma di sistema narrativo. «Lost» sembra infatti fondarsi su una scrittura circolare, a tela di ragno («Il tempo stesso sembra essere un circolo», Aristotele): le situazioni si ripropongono, i protagonisti ripetono più volte il viaggio, le storie si offrono non solo a più livelli di riscrittura, ma come se fossero riflesse in uno specchio. «Lost» sembra contraddire la linearità del tempo, il pensiero sequenziale basato sul rapporto causa ed effetto. Com'è possibile che una figura misteriosa (Titus Welliver) abbia potuto assumere le sembianze di Locke (Terry O' Quinn), defunto, per convincere così Ben (Micheal Emerson) a uccidere Jacob (Mark Pellegrino)? E perché scopriamo solo ora che Jack (Matthew Fox) ha perso la bara del padre sul famoso volo Oceanic 815? E le figure del flashback e del flashforward sono semplici strumenti della retorica o della redenzione? Il naufragio è un episodio occasionale o è la nostra vera condizione di vita? «Lost» non spiega nulla, complica tutto, in hd”.
(Aldo Grasso, 12.02.2010)
PIG MAGAZINE
“Gossip Girl”, molto rumore per nulla
“La questione certo è spinosa: non sono cose da prendere alla leggera. Ci ho riflettuto lungamente, mi sono consultata con degli specialisti e ho analizzato ogni singola sfaccettatura di quest’insidioso argomento. Le componenti sono molte ed è facile farsi confondere dal potpourri di cose accettabili e turpitudini immonde…i disgustosi cerchietti di Blair o le sue Louboutin; le prodigiose espressioni alla Chuck Bass, i suoi inquietanti pulloverini a rombi e la mitica sciarpetta della prima serie andata a ruba in tutti gli States (e questo miei cari è significativo); gli irritanti outfit sciattoni-bohemienne-sienna-ma-vorrei-kate-che-palle-sparati-con-quella-cravatta-molle-al-collo-sei-una-sfigata della Serena prima serie che nella seconda si trasforma in bomba del sesso tutta strizzata in tubini Herve Leger; la verosimiglianza delle mise impeccabili da Upper East Side di Lily Bass, con tanto di Kelly e collane Van Cleef; quella monnezza di Vanessa; l’insopportabile piccola Jenny conciata fuori e dentro il set come un’handicappata – qual è – col peggior taglio di capelli d’America e quel look cheapettone rock che una non dovrebbe mai sfoggiare (nemmeno a 16 anni e nemmeno per fiction); il gioco delle coppie fuori e dentro il set; le limousine; le fregnacce; il culone di Hillary Duff (Hillary Duff!!??); e il costumista, che credo si faccia di speed ma a cui va di sicuro riconosciuto il merito di aver incollato allo schermo milioni di persone con le sue scelte più o meno discutibili (ma sicuramente interessanti da un punto di vista prettamente scientifico). Fuori dal set…una noia. Molto rumore per nulla direi, ma se Terry Richardson ha fotografato il cast al completo per il servizio di copertina di ‘Rolling Stones’ USA e ‘Arena Homme’ ha messo Ed Westwick in copertina forse un motivo ci sarà (probabilmente solo che Ed Westwick è bono…)”.
(Ilaria Norsa, Gennaio 2010)
IL MESSAGGERO
I telefilm “evaporati” del pomeriggio
“In Italia si registra la lenta e progressiva eliminazione dei telefilm che per anni hanno riempito la programmazione pomeridiana delle reti generaliste: ora sono rimasti appannaggio solo di Italia 1 e di Raitre…”.
(Maurizio Costanzo, 09.02.2010)
CHIAMBRETTI NIGHT
Italians do it better
“Sono single e adoro l’uomo italiano. Ti fa sentire veramente donna!”.
(Sofia Milos, 22.01.2010)
TV OGGI
Italians cook it better
“Dell’Italia penso tutto il bene possibile, la porto nel cuore, ci vengo spessissimo. E devo far attenzione alla linea: si mangia troppo bene. Mia madre è italiana. Mio padre, purtroppo scomparso, era irlandese. Il mio sangue è tutto europeo. Amo Roma: in particolare la Fontana di Trevi, la trovo elegante, fantastica. E poi ho ricordi bellissimi di Raoul Bova, con il quale ho girato ‘Sotto il sole della Toscana’…”.
(Kate Walsh, 17.02.2010)
GRAZIA
La stranezza di “Warehouse 13”
“’Warehouse 13’ rispetta le regole del telefilm investigativo e ci aggiunge un pizzico di stranezza in più. Vorrebbe sembrare ‘X-Files’ ma finisce per assomigliare a ‘Alla ricerca dell’arca perduta’, cosa che in fondo gli giova parecchio”.
(Marta De Cinti, 15.02.2010)
VARIETY
“Spartacus” e i “300” cloni
“Probabilmente il titolo di ‘Spartacus’ è stato scelto dopo aver vagliato, legalmente, che chiamarlo ‘300’ o ‘Il Gladiatore’ non sarebbe stato intelligente. Tuttavia il richiamo è evidente e il taglio e la visuale dark è quella di ‘300’, anche se – a parte lo spargimento diffuso di sangue – il paragone risulta nocivo. Alla fine, sembra che l’unico sopravvissuto si erga e urli con tutto l’orgoglio che ha in gola: ‘Non sono Spartacus! Vi prego, non confondetemi con Spartacus!’”.
(Brian Lowry, 27.01.2010)
IL GIORNALE
Tra House e Cameron, da chi vi fareste curare?
Vorreste essere curati dal Dr. House? Cioè da un genio a tutti gli effetti, il quale però teorizza l’inutilità di incontrarvi, tanto basta il metodo analitico supportato da un numero consistente di test, e quando decide di incontrarvi è solo per smascherare le vostre eventuali menzogne? O preferite la dottoressa Cameron, ex apprendista del Dr. House, che ha scelto il pronto soccorso e la pratica clinica, privilegiando il contatto col paziente? Meglio un approccio tutto scientifico o umanistico alla medicina? Giorgio Israel, docente di Storia della Matematica presso l’Università ‘La Sapienza’ di Roma, non ha dubbi e infatti ha scritto ‘Per una medicina umanistica. Apologia di una medicina che curi i malati come persone’ (Lindau). Scelta di campo chiarissima, anche se l’autore non rifiuta in toto l’approccio di House…”.
(Alessandro Gnocchi, 12.02.2010)