venerdì 8 aprile 2016

NEWS - Risiko Tv! Bollorè sbarca in Italia col matrimonio Vivendi+Mediaset Premium pensando a mini-serie tv europee ad hoc per smartphone e tablet (obiettivo: riavvicinare la gioventù perduta del piccolo schermo e sfidare Netflix)

Articolo tratto da "Italia Oggi"
La casa di produzione paneuropea anti-Netflix che Vincent Bolloré vuole creare sta già nascendo. Arriverà presto in Italia, forse dal prossimo autunno. Nei giorni scorsi, infatti, Canal Plus ha esteso la sua rete di partecipazioni sul Vecchio continente e, mentre l'attenzione pubblica è concentrata sulla convocazione  dei cda di Mediaset della famiglia Berlusconi e di Vivendi per il matrimonio tra le pay tv Mediaset Premium e Canal Plus, il finanziere bretone ne ha approfittato per entrare nel capitale dello studio spagnolo Bambu Producciones. In contemporanea, ha acquisito in Gran Bretagna quote di Urban Myth e Sunny march tv. Oltre che sul fronte della produzione di contenuti originali, poi, Bolloré (in Italia al 24,9% di Telecom Italia guidata dal nuovo a.d. Flavio Cattaneo) si è mosso anche sul fronte della distribuzione di titoli con il lancio di Studio+, applicazione per portare serie televisive su smartphone e tablet in sei lingue diverse, italiano in testa. Collegando quindi case di produzione, pay tv e operatori delle tic, si capisce meglio la portata delle parole di Didier Lupfer, presidente di Studiocanal, a Cannes durante la fiera-mercato dei contenuti tv Mip: «siamo completamente aperti a un allargamento del nostro network. Italia compresa, se questo sarà possibile». Non è un caso se Bolloré ha acquistato il 33% di Bambu Producciones (con la possibilità di salire a una quota di maggioranza), visto che la casa di produzione è già partner della Netflix di Reed Hastings e ha lavorato con la Bbc. A proposito di Gran Bretagna, invece, Urban Myth ha firmato serie come Misfits e Vivendi ne ha comprato il 20%, come nel caso di Sunny march tv che ha prodotto titoli tra cui il lungometraggio Imitation game e la serie Sherlock. Secondo la stessa Studiocanal a Cannes, la società genera il 60% del suo business nel cinema e il 15% nella tv. Ma l'intenzione è portare il piccolo schermo a quota 25%. La casa di produzione possiede già lo studio britannico Red, il tedesco Tandem, ha inaugurato nell'Europa del Nord Sam, realtà creata con gli autori della serie Borgen. Insomma, Canal ha già disposto propri centri di produzione ai quattro punti cardinali della Ue. Del gruppo Vivendi fa parte ed è infatti stata chiamata in causa Universal music mentre Studiocanal sta coinvolgendo i principali operatori delle telecomunicazioni per promuovere le sue serie tv, pensate ognuna in dieci episodi di dieci minuti l'uno. Obiettivo (all'estero come in Italia dove opera Telecom): fidelizzare i giovani, la generazione mobile con cellulari sempre alla mano, grazie a puntate che si possono iniziare a vedere aspettando l'autobus e durano giusto il tempo di un breve spostamento coi mezzi pubblici. In rampa di lancio ci sono 25 produzioni che spaziano dal genere horror a quello più di azione. Il costo medio di una fiction è di circa un milione di euro, meno di quanto richiede una serie per il piccolo schermo. Il telespettatore potrà scegliere se pagare «qualche euro» a puntata, ha spiegato alla Mip di Cannes Dominique Delport, presidente di Vivendi Content, oppure se scegliere «un'offerta telefonica che comprenda le nostre serie». Europa e Italia ma non solo, sempre secondo Delport, i nuovi contenuti Vivendi raggiungeranno anche i mercati russo, dell'America latina e del Brasile. Senza dimenticare l'Africa perché, ha concluso Delport citando Bolloré, «un miliardo di persone stanno per uscire dalla povertà e avranno bisogno di cultura e intrattenimento».

giovedì 7 aprile 2016

NEWS - Clamoroso al Cibali! Neanche gli attori di "TWD" sanno chi ci sarà e non ci sarà la prossima stagione!

News tratta da "TMZ"
Even the stars of "The Walking Dead" don't know who got offed in Sunday's season finale.
Steven Ogg -- who plays the main Saviour on the show -- swears ignorance. The question ... do you believe him?  We know bad guy and Saviour leader Negan killed off one of the main characters, but the scene cuts to black before revealing the victim. The Internet's leading theory ... nobody knows who died because showrunners haven't decided. If true, they would have shot multiple endings.
If you think you know Ogg from somewhere else -- he's the voice of Trevor in Grand Theft Auto V.

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

mercoledì 6 aprile 2016

GOSSIP - "Scandal" in copertina! La Washington furiosa per i ritocchi di "Adweek" sulla cover che la rendono irriconoscibile: "ormai siamo una società di ritoccatori di foto!"
Kerry Washington is speaking out after she was photoshopped on the cover of Adweek‘s latest issue to a point where she was unrecognizable.
“So…You know me. I’m not one to be quiet about a magazine cover. I always celebrate it when a respected publication invites me to grace their pages. It’s an honor. And a privilege. And ADWEEK is no exception,” the 39-year-old Scandal actress wrote on Instagram. “I love ADWEEK. It’s a publication I appreciate. And learn from. I’ve long followed them on Twitter. And when they invited me to do a cover, I was excited and thrilled. And the truth is, I’m still excited.”
“I’m proud of the article. And I like some of the inside images a great deal. But, I have to be honest…I was taken aback by the cover,” Kerry added. “Look, I’m no stranger to Photoshopping. It happens a lot. In a way, we have become a society of picture adjusters – who doesn’t love a filter?!? And I don’t always take these adjustments to task but I have had the opportunity to address the impact of my altered image in the past and I think it’s a valuable conversation.”
“Yesterday, however, I just felt weary. It felt strange to look at a picture of myself that is so different from what I look like when I look in the mirror. It’s an unfortunate feeling,” she continued.
“That being said. You all have been very kind and supportive. Also, as I’ve said, I’m very proud of the article.”
“There are a few things we discussed in the interview that were left out. Things that are important to me (like: the importance of strong professional support and my awesome professional team) and I’ve been thinking about how to discuss those things with anyone who is interested, in an alternate forum. But until then… Grab this week’s ADWEEK. Read it. I hope you enjoy it. And thank you for being patient with me while I figured out how to post this in a way that felt both celebratory and honest. XOXOXOX.”
James Cooper, the editorial director of Adweek, released a statement saying: “Kerry Washington is a class act . We are honored to have her grace our pages. To clarify, we made minimal adjustments, solely for the cover’s design needs. We meant no disrespect, quite the opposite. We are glad she is enthusiastic about the piece and appreciate her honest comments.”

martedì 5 aprile 2016

NEWS - Le serie tv sempre più on demand anche in Italia (il 36% degli italiani), al 41% dei contenuti preferiti Vod. Il 67% predilige questa modalità per il binge-watching

Articolo tratto da "Affari&Finanza"
Sta cambiando il modo di vedere i programmi televisivi - si sta parlando soprattutto a li-veno globale - e le persone ricorrono sempre più al "video on demand - Vod" per decidere cosa guardare e quando farlo. Secondo l'indagine Video on demand, condotta da Nielsen coinvolgendo 30mila intervistati in 61 paesi, tra cui l'Italia, esiste una fetta ormai consistente di popolazione che si rivolge a servizi base offerti da player alternativi (per esempio, Netflix) o a servizi a valore aggiunto proposti da quelli tradizionali già attivi nel campo della pay tv su digitale terrestre o satellite. Il 36% degli italiani attivi in Internet fruisce di questo genere di servizi a pagamento, un fenomeno ancora contenuto se messo a confronto con la penetrazione a livello europeo o globale (tra il 50 e il 65 per cento). La modalità un demand (in pratica in streaming) sta diventando per molti un'abitudine, tant'è che oltre il 50% di chi ne fruisce accede ai servizi almeno tre volte alla settimana. Il dato è allineato a quello del vecchio continente, ma molto più contenuto rispetto al valore registrato a livello mondiale (85%). Le ragioni principali che spingono alla scelta dei servizi Vod sono abbastanza scontate, ovvero la possibilità di godere dei contenuti nei momenti della giornata più "comodi" (69%) e per il 67 per cento quella di fruire in sequenza di tutti gli episodi di una serie. Inoltre il 54% degli intervistati considera i servizi on demand, alternativi alla pay tv tradizionale, come meno costosi. E per quanto riguarda i device? Mediamente se ne usano dai due ai tre e il mobile svolge un ruolo importante. In fatti il 48% accede da smartphone, mentre il 38 per cento utilizza il tablet, anche se più della metà degli intervistati concorda nell'affermare che l'esperienza di visione dei contenuti non è cosi buona e ugualmente coinvolgente come quella che si avrebbe su uno schermo dimensioni più grandi. L'utilizzo dei servizi Vod è legato anche alla diversità degli interessi e dei gusti all'interno del nucleo familiare: ognuno può vedere contemporaneamente, su device differenti, ciò che preferisce (46% degli intervistati italiani contro il 66% di quelli a livello mondiale). I contenuti ritenuti più "interessanti" sono film (75%), serie tv (41%) e documentari (33%). La loro fruizione non coincide necessariamente con un'esperienza di isolamento. Il 39 per cento, infatti, afferma che ama utilizzare i social media (49% a livello europeo). La discussione avviene, quindi, con gruppi di interesse con i quali spesso si condivide una conoscenza approfondita e la passione per un determinato programma o per una particolare serie televisiva. Attualmente in Italia solo il 5% utilizza player alternativi per accedere a contenuti on demand, mentre a livello europeo e globale tale quota raggiunge rispettivamente 1'11 e il 26 per cento. Gli utenti di servizi video on demand ritengono l'advertising uno strumento in grado di supportarli nella soddisfazione dei loro bisogni: il 53% dichiara di essere disposto a vedere spot su prodotti di loro interesse, mentre il 39% riconosce alla comunicazione commerciale la capacità di suggerire prodotti che si è potenzialmente interessati a provare. Tuttavia il 62% è d'accordo nell'affermare che, oggi, la maggior parte della pubblicità riguarda prodotti che non sono di loro interesse.

lunedì 4 aprile 2016

NEWS - Non è tutto "Empire" quel che luccica. La serie ha successo solo in America: "altrove il cast tutto di colore può essere un problema..."

Articolo tratto da Mic.com
Empire is killing it at home. Even with a small season two ratings slump, it's still a pop cultural phenomenon of the highest order within the U.S. Elsewhere, though, it's another story: According to the Hollywood Reporter, diverse casts don't tend to play well with international audiences, which in turn helps to explain why they're not as aggressively funded in Hollywood. "These shows are a reflection of our society, but [they are] not a reflection of all societies," Marion Edwards, president of international TV at Fox told THR of shows like Empire, which have expanded the range of stories that get told on television.
"Having a diverse cast creates another hurdle for U.S. series trying to break through; it would be foolish not to recognize that," she continued. "We are telling our units that they need to be aware that by creating too much diversity in the leads in their show means ... problems having their shows translating to the international market."
According to THR, Empire pulled in an underwhelming 717,000 viewers when its first season aired on the U.K.'s E4 network, its second season attracting an audience of only 595,000. In Australia, 181,000 people tuned in for season one, that number dwindling to 77,000 for season two. 
In Canada and Germany, audience numbers were similarly low, a viewer turnout that's especially disappointing when compared with the show's consistent weekly audience growth in the U.S. Some 16.7 million viewers watched Empire's season one finale live. Despite an audience dip in the show's second season, its fall finale still drew 11.2 million people.
The disparity is an unfortunate one for an industry that's increasingly come under fire for its lack of inclusivity. The arenas of television and film prioritize projects for white audiences — artists who push for stories that speak to black audiences, for example, are often fighting an uphill battle. When Nate Parker pitched his Sundance hit, The Birth of a Nation, he was repeatedly told that a movie about a slave revolt wouldn't sit well with white audiences, that it couldn't gain traction overseas without a white star. The film later sold for a record $17.5 million to Fox Searchlight.
It took Parker years to get the green light on his movie; many others aren't so lucky. The reminder that efforts at upping inclusivity backfire with international audiences is a frustrating one, because it indicates that industry-wide change — tied as it is to financial concerns — will only come very slowly.
On that note, though, it's worth noting that audiences abroad don't seem to have a fundamental aversion to watching people of other races on screen. THR noted the huge popularity of crime dramas NCIS and CSI amongst international viewers, and explained that both the Cosby Show and the Fresh Prince of Bel-Air attained huge popularity wherever they aired. They might, however, have an aversion to shows that tell "specifically black stories." 
"If it's too black, it might be too unwatchable for certain people," as Vulture put it. 
Part of the problem, too, is the long-form TV show coming out of the U.S. these days, according to THR. While our television increasingly resembles the miniseries, with hour-long installments and plot that builds on itself over the course of a season, international viewers tend toward easily digestible episodes that are shorter in nature and perhaps not designed for binging. Bite-sized television snacks, if you will. Ideally with a white — or, not not white — bent, it seems.
GOSSIP - Congratulazioni e figli arcieri! Colton Haynes è incinto! 
Colton Haynes cradles his baby bump while appearing pregnant in a new picture from his photo shoot with Tyler Shields. The 27-year-old Arrow actor shared the photo on Instagram to celebrate hitting 4 million followers on the social media app.
“So happy to make more art with @thetylershields. Today I hit 4 Million followers on Instagram. I want to take a moment to express my gratitude & love to all of you who’ve continued to support me,” Colton captioned the picture.
“I know I can be odd & come off a bit weird sometimes but honestly…my career and life didn’t actually start flourishing until the day I decided to listen to my own instincts and do what I want to do/be myself and not mask that,” Colton added. “I’m not going to conform to what people think is normal…and neither should any of you. That’s so freakin boring haha. Be weird. Be yourself cause at the end of the day…that’s honestly all that matters. Let people see the real, imperfect, flawed, quirky, weird, beautiful, & magical person that you are. Sending love to all of you :)”.

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