LA VITA E' UNA COSA SERIAL - Andy e Amy, sia fatta loro giustizia stampa!
La tragica scomparsa di
Andy Whitfield di "
Spartacus" induce ad una triplice riflessione a freddo. Innanzitutto: perchè ha destato tanto clamore la scomparsa di questo semisconosciuto attore gallese? Per tre motivi, appunto. Primo: è stata
una morte prematura, non aveva neanche quarant'anni. Secondo: è stato colpito da
una malattia all'improvviso, mentre girava una serie tv (se fosse rimasto vittima di un incidente stradale - ammettiamolo anche cinicamente - non avrebbe riscosso la stessa commozione popolare). Terzo: in "
Spartacus" interpretava un gladiatore pressochè imbattibile, il suo interprete è rimasto invece
inerme "nell'arena della vita". Insomma c'erano tutti gli elementi per un grande romanzo popolare, per decifrare il commiato e le migliaia di twitter sul web in suo onore, per leggere in controluce la notizia di cui si parlava al bar verso la metà di settembre. Eppure...Prendiamo il "
Corriere della Sera", ad esempio. La news della morte di Whitfield è stata "sparata" in prima pagina, ma la sezione degli Spettacoli veniva aperta, a tutta pagina, da un'intervista a
Jovanotti (non ditelo a Fonzie!), in cui Cherubini confessa nel titolo che "Fabri Fibra è più forte di me". L'ex gladiatore - che al contrario di Jovanotti conquistava la prima pagina - era nella pagina seguente (quindi meno in risalto): un pezzo necessario di cronaca in cui si descrivevano i trascorsi d'attore, cos'era "
Spartacus", l'insorgere della malattia, l'orgoglio di combatterla, le reazioni alla sua morte; più sotto un collage di colleghi e celebrità che esprimevano il loro dolore su
Twitter. Basta. Nessun fondo a trarre le fila, nessun commento sul destino cinico e baro, sui casting della vita che sono così diversi da quelli delle fiction, sui Twitter delle persone comuni - più che dei soliti noti - polso di quanto una scomparsa anomala (in tutti i sensi) abbia così colpito l'immaginario. Segno anche di come i giornali, sempre più, si discostino dal sentire comune, dove
basta un taglia&incolla di agenzie stampa per andare in rotativa. In ritardo rispetto ai siti on line, senza l'approfondimento che un quotidiano del giorno dopo potrebbe (dovrebbe?) garantire rispetto alle news che su Internet vengono cotte e mangiate. Mi viene in mente anche un'altra scomparsa clamorosa e assai sentita di recente, quella di
Amy Winehouse. Tutti a scrivere che "probabilmente era morta per overdose", che si trattava della "maledizione del club dei 27 (anni)", salvo poi scoprire dai primi esami autoptici che non c'erano tracce di sostanze stupefacenti nel sangue. In Italia, per non smentire le indiscrezioni (fallaci, almeno fino adesso, in attesa della finale chiarificazione delle cause della morte), i giornali italiani - la maggior parte - non hanno riportato la notizia (l'auto-smentita, alias figura di cacca - in gergo giornalistico si dice appunto "
pestare una merda" - non è consentita, ancor più nella stampa italiana). Tanto per dire, il popolare e pettegolo "
The Sun" - che non è certo il "Times" - ha strillato la retro-marcia in prima pagina, quasi a voler chiedere scusa. Nel frattempo su Internet (
Facebook e
YouTube in primis), era montato il fronte ingiurioso che, alla luce della presunta dipartita per cause di droga, commentava: "se lo è meritato, quella troia bagascia che ha buttato via il suo talento...".
Il vento delle notizie è cambiato da anni, con l'avvento di Internet, dei blog e dei social network, e sembra che la banderuola non sia più saldamente in mano ai giornali neanche quando sono chiamati a far luce e raccontare la realtà, se non in diretta, almeno in corsivo. RIP, è la morte della stampa, bellezza.
(Articolo di
Leo Damerini pubblicato su "
Telefilm Magazine" di Novembre)