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mercoledì 11 novembre 2020


L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

Occhio e mani negli slip con "Love&Anarchy", la prima serie di Netflix che prende in giro Netflix

IL FOGLIO

"Non si capisce da quale impiccio dell'algoritmo Netflix sia uscito l'accoppiamento. I surrealisti (ben prima di Franco Battiato e Manlio Sgalambro) avevano celebrato "l'incontro casuale di un ombrello e di una macchina da cucire sul tavolo operatorio". Avendo peraltro a loro volta rubacchiato la frase. Nei libri funziona così ma non provateci a casa, per rimpolpare il manoscritto rimasto a metà e ora ritirato fuori: a seconda ondata, secondo capitolo. Qui siamo oltre. Moriamo dalla voglia di sapere quale incrocio di categorie non ancora battuto, o quale insoddisfatto e capriccioso abbonato, abbiano spinto Netflix a produrre la serie "Love e Anarchy". Svedese, creata da Lisa Langseth che l'ha diretta assieme a Alex Haridi. Da una parte una bella bionda, specializzata nel rinnovamento di aziende decotte, che ogni momento avvia un porno sullo smartphone, e si sbottona i pantaloni, neanche fosse la versione 2.0 di Alexander Portnoy (scusa, Philiph Roth, era per capirci). Dall'altra una piccola casa editrice che tiene ancora i contratti in polverosi classificatori, guai a mandarli per email. Dacci dentro oggi e dacci dentro domani, Sofia la consulente aziendale si fa beccare con le mani nelle mutande in ufficio, e prontamente il tecnico informatico registra l'accaduto. Lei si era lamentata per il rumore del trapano, ora lui ha l'occasione per rendere la pariglia. Vendicarsi, ricattare, chiedere prestazioni sessuali? No, siamo in Svezia, e del sesso facile devono averne abbastanza (lui peraltro non si risparmia, facendogli occhi dolci a tutte le fanciulle che incontra, e prontamente lo seguono nello sgabuzzino, nel sottoscala, nel primo angolo buio). Vuole un invito al ristorante, e promette che cancellerà il video. Gli sviluppi non vanno svelati, sappiate però che le otto puntate hanno uno deciso piglio femminista (con un marito e due figli a casa) e un debole per i film di Ruben Östlund: il regista di "The Square", Palma d'oro a Cannes qualche anno fa. Era una satira non sull'arte contemporanea, ma sul nostro atteggiamento davanti all'arte contemporanea: se c'è un ricattino, volentieri cediamo. Aveva diretto anche "Forza maggiore", un maschio che alla vista di una valanga afferra il cellulare e abbandona moglie e figli sulla terrazza al sole. E qui siamo già più in tema, il marito pubblicitario ha il fascino di una saponetta. L'altra metà — casa editrice che vuole stare al passo con i tempi -è molto più divertente e crudele (resta sempre il mistero sull'unico spettatore interessato a entrambi gli elementi della storia). Nei corridoi, arriva il Venerato Maestro che spedisce autoscatti osceni alla giovane scrittrice femminista (e chissà chi, subito dopo, risponde facendo circolare uno scatto che somiglia a "L'origine del mondo"). L'attrice Lena Endre — quella vera, l'abbiamo vista in "Millennium" — scrive un libro su Ingmar Bergman, e non lo vogliono pubblicare in mancanza di particolari piccanti (niente è peggio dei raffinati editori d'arte e cultura che all'improvviso decidono di buttarsi sul commerciale). Sempre per salvare i bilanci, cedono i diritti cinematografici del gioiello di famiglia — un serissimo romanzo sulla Seconda Guerra Mondiale intitolato "Il treno" — a una piattaforma streaming che si chiama Stream Us. E che ne ricaverà un film d'azione, con esplosione finale. Bisogna dirlo alla scrittrice prima dell'anteprima, è vecchia e lo choc potrebbe ucciderla. "Love e Anarchy" — il titolo del romanzo tentato in gioventù dalla bionda consulente, si parla di editori e subito spuntano i mano- scritti — ha almeno un record. E' la prima serie Netflix che prende in giro Netflix". (Mariarosa Mancuso)

giovedì 29 ottobre 2020

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

DAGOSPIA

Scacco matto alla qualità! Non perdetevi "La regina degli scacchi" su Netflix


"Non perdetevi per nulla al mondo “La regina degli scacchi”, bellissima miniserie in dieci puntate appena uscita su Netflix, scritta e diretta da Scott Frank, sceneggiatore di “Logan”, ”Wolverine”, “Minority Report”, regista di “Godless”, tratta da un bellissimo romanzo del 1983 di Walter Tevis, quello de “Lo Spaccone”, interpretato da una incredibile ragazzina dai capelli rossi e gli occhi spalancati, Anya Taylor-Joy, oltre che da Thomas Brodie Sangster, Marielle Heller, Bill Camp. 
La storia è quella di Beth Harmon, orfanella che ha visto la madre, mal sposata e genio matematico, uccidersi di fronte ai suoi occhi in auto, e che poi, finita in un istituto, si è consolata con gli scacchi e con dosi massicce di tranquillanti che hanno affinato le sue già incredibili capacità di gioco. Finita adottata da una sfigatissima coppia del Kentucky, col marito che se ne va a Denvers mollando tutti e la moglie che affoga la tristezza nell’alcool e nelle pillole, trova una via d’uscita diventando giovanissima una campionessa di scacchi e recuperando così proprio la matrigna come sua manager. Ossessionata dagli scacchi e dalle partite e chiusa dentro quel mondo di mosse e contromosse, Beth ha con il mondo maschile un rapporto complesso, diviso tra curiosità e rivalsa rispetto a come ha visto i mariti del tempo, siamo negli anni ’60, trattare le mogli. E capisce che il legame tra le donne, l’alcool e le droghe nasce proprio dalla loro disperata condizione di sottomissione. Il tutto è raccontato mentre Beth sta giocando la partita della sua vita a Parigi nel 1967. Scott Frank e la sua giovane protagonista, Anya Taylor-Joy, costruiscono il personaggio della campionessa di scacchi non solo come un piccolo fenomeno chiuso in se stesso e nei processi matematici della sua ossessione, ma ne fanno una specie di ribelle femminista che trova nel gioco la sua via d’uscita all’orrore quotidiano. Ma, come nel celebre “Lo spaccone”, il romanzo pù famoso di Walter Tevis, alla fine le partite, lì di biliardo qui di scacchi, se riuscite a capirle, e i vari campioni sono la polpa del racconto. Lo trovate su Netflix". (Marco Giusti)

martedì 22 settembre 2020

NEWS - HBO regina dei PandEmmys, Netflix resta a guardare in streaming

Articolo di Mariarosa Mancuso su "Il Foglio"

Hbo batte Netflix. Agli Emmy lo streaming perde colpi a vantaggio della tv via cavo. Vedere alla voce "Euphoria" o "Watchmen". Niente red carpet. Poltrone vuote, al massimo qualche sagoma cartonata ("Per non sembrare un raduno di sostenitori di Donald Trump", ha spiegato il maestro di cerimonie Jimmy Kimmel, in prestito dallo show "Jimmy Kimmel Live!"). Attori, attrici, registi, produttori collegati via Zoom dal salotto di casa, per i ringraziamenti (non tutti presentabili, intendiamo i salotti). Signore e signori, ecco a voi i PandEmmys! - sono sempre parole del bravo presentatore: la prima importante cerimonia di premiazione virtuale, distanziata e disinfettata, fino alle schede con i nomi dei premiati. Gli Oscar della tv, si usa dire. Anche se la tv non è più quella di una volta, con le piattaforme streaming che ci hanno salvati quando eravamo chiusi in casa. Netflix, per esempio, aveva 160 nomination, tra artistiche e tecniche. Ha portato a casa solo due statuette importanti: Dulia Garner attrice non protagonista per "Ozark" e Maria Schrader per la regia di "Unorthodox". Non è andata meglio alle altre piattaforme, che negli anni scorsi avevano trionfato con "La fantastica signora Maisel" (Amazon) e "Handmaid's Tale" (Hulu). Ha fatto man bassa di premi Hbo, la tv via cavo che inventò lo slogan "It's not tv, it's Hbo". Forse per tradizione, o forse per barriere d'entrata più rigide rispetto alla concorrenza streaming, è ancora la sigla che produce le serie o miniserie migliori. "Euphoria", per esempio: molto liberamente ispirata a una serie israeliana con lo stesso titolo, ha fatto vincere alla protagonista Zendaya l'Emmy come migliore attrice drammatica. La più giovane nella storia del premio, battendo Jennifer Aniston, Olivia Colman, Laura Linney. Ha ringraziato circondata da uno stuolo di sostenitori.

Regina King - diventata regista con "Una notte a Miami", presentato pochi giorni fa alla Mostra di Venezia - ha vinto per la miniserie "Watchmen" di Damon Lindelof, tratta con qualche libertà dai fumetti di Alan Moore e Dave Gibbons (per gli spettatori italiani, su Sky Atlantic e Sky on demand). Altro record: è il primo Emmy a premiare una storia disegnata, che dopo il film girato da Zack Snyder nel 2009, è stata adattata ai tempi anticipando il movimento Black lives matters. Regina King - ovvero Sister Night, che a Tusla combatte i razzisti - indossava una maglietta con il volto di Breonna Taylor, uccisa a Louisville dai poliziotti che perquisivano casa sua. Targata Hbo anche "Succession" (sempre Sky Atlantic e Sky on demand). La strepitosa serie scritta da Jesse Armstrong con un occhio a Shakespeare e al suo "Re Lear". Un miliardario a capo di un impero mediatico, padre di tre figli, sceglie il suo erede tra crudeltà, tradimenti, giochi doppi e tripli, mentre i giornali, le televisioni, perfino i parchi divertimenti cambiano. Sono tutti bravissimi, speriamo che i 7 Emmy siano propizi all'arrivo della terza stagione. "Schitt's Creek" ha vinto tutti i premi importanti nella categoria "serie comica": attrice protagonista e non protagonista, attore protagonista e non protagonista, regia sceneggiatura. Schitt's cosa? E' una serie di produzione canadese, già alla sesta stagione, rilanciata da Netflix. Non in Italia però, restiamo alla periferia dell'impero. Gli showrunner si chiamano Eugene Levy e Daniel Levy, padre e figlio (Eugene era il genitore con i sopracciglioni neri in "American Pie", scena pecoreccia con la torta di mele appena sfornata). La serie preferita dalla comunità Lgbt d'America, per la tranquillità con cui racconta una romantica relazione tra due giovanotti.

mercoledì 2 settembre 2020

NEWS - Queen Elisabeth! Sarà la Debicki a interpretare Lady D nelle ultime due stagioni di "The Crown"
Sarà l'attrice australiana Elizabeth Debicki a interpretare il ruolo di Lady Diana nelle ultime due stagioni (la quinta e la sesta) della serie Netfiix The Crown. Lo ha annunciato la produzione della fortunata serie British sulla famiglia reale, secondo quanto riferisce il sito della Bbc, spiegando che la star australiana prenderà il posto di Emma Corrin. Debicki si unisce a Jonathan Pryce e Imelda Staunton a completare il cast per le ultime due stagioni della serie. «Lo spirito della principessa Diana, le sue parole e le sue azioni vivono nel cuore di tanti - ha detto l'elegante attrice - E un vero privilegio e un onore per me entrare a far parte di questa serie magistrale, che mi ha assolutamente affascinato fin dal primo episodio». Le ultime due stagioni della serie Netfiix sulla Corona britannica racconteranno la rottura del matrimonio della principessa Diana e del principe Carlo e la tragica morte di Lady D nel 1997, un momento che mise in crisi la famiglia reale.

mercoledì 27 maggio 2020

NEWS - Tutta Netflix anche su TIMVision dopo la partnership con Disney!
Le surreali e folli rapine del Professore dell'amatissima serie spagnola La Casa di Carta. Ma anche l'italianissima teen-soap fresca di stagione Summertime, ambientata nell'agognato (dopo mesi di clausura) mare della riviera adriatica. 0 la complessa vita della regina Elisabetta di The Crown. Ma anche i film di grande richiamo come The Irishman di Scorsese. 0 le prime visioni di cinema come Il giorno più bello del mondo e L'immortale e le serie esclusive come The Handmaid's Tale e Killing Eve. Insomma le migliori produzioni di Netflix insieme a quelle di TIMvision. La più grande tv di streaming rafforza la partnership con la tv del gestore telefonico per offrire contenuti premium aggregati in un'unica piattaforma. L'annuncio di ieri fa seguito all'accordo già siglato a novembre e sarà operativo dal 27 maggio. Si chiama «Mondo Netffix» e offre i cataloghi completi di TIMvision Plus e Netflix (piano standard per la visione in HD su due schermi in contemporanea) ad un prezzo di lancio di 12,99 euro al mese (anziché 19,99) senza vincoli di durata. E compreso anche il decoder TIMvision Box che permette l'accesso dalla tv di casa con un'interfaccia unica. E sarà fruibile anche in mobilità su tutti i device della famiglia, accedendo dalle rispettive applicazioni. Andrea Fabiano, responsabile multimedia di TIM, spiega l'operazione: «Questa nuova partnership conferma la strategia di TIMvision come principale aggregatore televisivo del mercato italiano grazie a una semplice ed innovativa esperienza di visione. Queste iniziative rispondono alla nostra mission di abbinare connettività fissa-mobile e contenuti, sviluppando una convergenza virtuosa: ai consumatori suggeriamo il meglio dell'intrattenimento su scala globale e a partner di eccellenza di estendere potenzialmente il bacino degli spettatori». Roberto Porras, Business Development Director per Italia e Spagna di Netflix, dà la lettura dalle parte del colosso americano: «Grazie a questa partnership, accedere all'esperienza Netflix completa sarà ancora più facile e, grazie all'interfaccia del TIMvision Box, scoprire la varietà delle nostre produzioni originali e dei nostri contenuti esclusivi - serie, film, documentari, programmi per bambini, stand up comedies e molto altro - sarà ancora più immediato». La partnership con Netflix si affianca a quella già siglata con Disney che ha già registrato un consistente numero di attivazioni in coincidenza con il lancio dell'offerta.

martedì 7 aprile 2020

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

CORRIERE DELLA SERA
"La Casa di carta" è crollata! Ha poco da aggiungere, crepe nella sceneggiatura
"A pochi mesi di distanza dall' ultima stagione, «La casa di carta» si rinnova rendendo disponibile su Netflix gli otto episodi del quarto atto. Anche questa rapidità nell' aggiornare l' evoluzione del racconto è indicatore di come la serie spagnola firmata da Alex Pina rappresenti uno dei titoli di punta del catalogo, quello di cui tutti parlano. Però, la frenesia si accompagna spesso all' improvvisazione, e così questa stagione mostra crepe che si aprono in più di un' occasione. Non basta aver ormai familiarizzato con i personaggi (l'inattesa fragilità del Professore, la vulcanica Nairobi, l' instabile Tokyo, il violento Denver) per nascondere i difetti di un impianto narrativo che tende a esagerare e a ripetersi. Il Professore (Álvaro Morte) è convinto che l' amata Lisbona-ex ispettore Murillo (Itziar Ituno) sia stata uccisa, ingannato dal rumore di uno sparo sul finire della terza stagione. Stretto tra «amore e morte che si erano uniti nel suo cuore», è deciso a conoscere la verità e tornare al Banco di Spagna dove si trovano asserragliati gli uomini e le donne della banda. L' impressione è che «La casa di carta» non abbia poi molto da aggiungere; si trascina come una soap, abbandonando l' azione per una scelta di introspezione psicologica dei personaggi e delle loro relazioni, senza però avere l' attitudine per questo genere di affondi. Peraltro, il personaggio migliore e più adatto in questo senso (Berlino, interpretato da Pedro Alonso) è morto due stagioni fa e costringe a un ricorso continuo al flashback. Eppure, la serie resta un classico esempio di guilty pleasure, di quel piacere un po' perverso che ci tiene incollati a una storia anche se ne riconosciamo i limiti. Nella serie anche un' inconsueta e un po' stiracchiata strizzatina d' occhio alla cultura popolare italiana: un gruppo di frati intona «Ti amo» di Umberto Tozzi e «Centro di gravità permanente» di Battiato". (Aldo Grasso)

domenica 8 marzo 2020

NEWS - CoronaVirus, allarme sul serial! Le produzioni fermano le registrazioni, pericolo di ritardi e cancellazioni

Articolo tratto da "Il Sole 24 ore"
Il Coronavirus colpisce anche il piccolo schermo. E la Tv al tempo del Covid-19 rischia di uscire molto impoverita da questo contagio, con contraccolpi per gli spettatori, che possono trovarsi senza molti degli appuntamenti di intrattenimento live che scandiscono i palinsesti, ma anche per le società di produzione, quelle che rappresentano l'impalcatura della tv italiana e che lanciano l'allarme: «Entro pochi giorni oltre la metà delle produzioni di intrattenimento sarà colpita dall'emergenza sanitaria. E anche sulla serlailtà gli effetti non tarderanno ad arrivare». Giancarlo Leone, presidente di Apa, l'associazione che raggruppa le società grandi e piccole di produttori audiovisivi indipendenti - Endemol, Magnolia, Banijay, Fremantle, Lux, Cattleya, Palomar, solo per citarne alcune - mette in guardia da un contraccolpo «già visibile» agli aficionados di quel simulacro familiare che, pur se uscito dai confini del televisore allargandosi a tablet, smartphone e vari device, rimane pur sempre un punto centrale nella vita degli italiani godendo in questi giorni, fra scuole chiuse e smart working, di ascolti in crescita. Un esempio? "La Corrida", il varietà condotto da Carlo Conti su Rai1, è la prima vittima: slittata a data da destinarsi. L'elenco è però lungo fra programmi che rischiano di saltare, altri che andranno in onda senza pubblico, e altri ancora conproduzioni che stanno ritardando in attesa di capire meglio l'evoluzione. Il problema è anche sulla serialità. «In questo caso - dice Leone - gli effetti si vedranno più in là, visto che le serie trasmesse sono state prodotte e consegnate fino a maggio. Ma quelle in partenza e in via di completamento rischiano». È evidente che le società di produzione sono in allarme. Studi vuoti e palinsesti in bilico che i broadcaster potrebbero trovarsi a rattoppare qua e là con film, serie e intrattenimento d'archivio, vogliono dire anche, lato produzione, un contraccolpo «che rischia di essere fortissimo». Per dare un'idea, il comparto del cinema e dell'audiovisivo ha unvalore della produzione che, stando agli ultimi report, si aggira sul miliardo di euro, dando lavoro a ioomila addetti: 250 milioni per il cinema; 370 milioni per la serialità; Sao perl'intrattenimento; 6o dadocumentari e animazione. In questo quadro, un episodio di coronavirus su un set o in un albergo che ospita le troupe può mandare all'ariaillavoro. E per leprotluzioni seriali che in generale oscillano f ra i 4 ai la milioni di euro di investimento, tutto questo rappresenta un sostanziale disincentivo a partire. Dal mondo della produzione tv arriva così un allarme rosso, che potrebbe sostanziarsi nella perdita di commesse anche dall'estero visto che colossi come Netflix o Amazon hanno scommesso su produzioni locali. «In questa situazione - aggiunge Leone - riteniamo che si debbatenere inmassima considerazione l'allarme che stiamo lanciando». In tal senso, pur nella consapevolezza che il problema è esogeno, «qualcosa per affrontarlo si potrebbe fare. Penso ad esempio alla possibilità di derogare alla disciplina dello split payment cui sono sottoposti committenti come la Rai o Tim con la sua Timvision». L'ideaè quella dí permettere aqueste sodetàdiversarel'Iva ai fornitori (le società di produzione) invece che direttamente all'Erario. In questo modo le società di produzione avrebbero risorse in più per affrontare il momento critico. «Penso perb anche a interventi assicurativi a garanzia dei blocchi di produzione. Un soggetto pubblico come Sace o Simestpotrebbe supplire in una fase in cui questi tipi di copertura assicurativa da parte deiprivati non sono offerti». Essenziale sarà non perdere tempo. «L'emergenza va presa di petto. È l'unico modo e noi non possiamo che muoverci in stretta collaborazione con il Mibact che è il luogo ideale, con collaboratori e competenze necessarie per affrontare questa fase».

lunedì 3 febbraio 2020

NEWS - Clamoroso al Cibali! Sky in trattativa per portare Disney+ sulla propria piattaforma: dopo l'accordo con Netflix, meglio aggregare che perire nella concorrenza...

News tratta dal "Corriere Economia"
Il mercato delle piattaforme streaming attacca e le pay reagiscono. Sky, in particolare. Che a fronte del rischio di perdere abbonamenti ha deciso di cambiare pelle. 0 meglio, di aggiungere alla sua natura di produttore e distributore, quella di aggregatore. E così, dopo aver messo Netflix a disposizione dei propri clienti, su Sky Q il gruppo sarebbe in trattativa con Disney per aggiungere anche la piattaforma streaming Disney+ alla propria offerta. L'operazione, ancora in fase di negoziazione, dovrebbe riguardare per il momento il Regno Unito per poi coinvolgere tutti i Paesi in cui Sky e presente, Italia compresa. Come per Netflix, anche per Disney+ (che arriverà sul nostro mercato il prossimo 24 marzo, indipendentemente dall'accordo con Sky) l'obiettivo è quello di presentare agli utenti i contenuti nell'interfaccia iniziale senza distinzioni grafiche tra Sky, Netflix e Disney e di valorizzare i singoli contenuti senza «concorrenza». Il vantaggio per Sky è evidente: diventerebbe un contenitore di eccellenza in grado di offrire una serie di contenuti a sconto. Oltre ai propri, avrebbe tutta la library di Netflix e l'immenso archivio di Disney (che significa Star Wars, Marvel e Pixar), intercettando una buona fetta di pubblico non disposto a pagare più di un abbonamento al mese. Ma anche Disney ne guadagnerebbe: con la decisione di creare la propria piattaforma streaming, il gruppo guidato da Bob Iger ha tolto i propri canali dalle pay tv (senza escludere comunque la possibilità di accordi di licenza con le stesse pay), disintermediando la catena distributiva dei propri contenuti. L'accordo con Sky le permetterebbe di ampliare la propria base clienti. In particolare in Italia gli abbonamenti delle pay sono circa 4,5 milioni (concentrati in Sky), quelli degli Ott (Netflix, Amazon Prime, Apple tv, Infinity, Tim Vision, Dazn) sono circa 6. Di questi 10,5 milioni, circa 8 sono le famiglie e 2 milioni sono quelle che oltre a un abbonamento Sky, hanno sottoscritto l'abbonamento a una Ott. Disney insomma rischia di trovare un mercato se non saturo, quanto meno già strutturato. «Allearsi» con Sky significa pescare anche in questo bacino. Senza pestarsi i piedi a vicenda. I modelli possono convivere tra loro: sia il modello Netflix che fa da produttore e distributore e che, anzi, si è prepotentemente inserito nella produzione di contenuti propri, come confermato dalla partecipazione massiva ai Golden Globes e agli Oscar. Sia il modello Disney che prova a monetizzare fino in fondo la propria enorme produzione e library. Sia il modello aggregatore di Sky. «È in corso una fase di proliferazione degli Ott sotto la spinta dei grandi produttori di contenuti — afferma Claudio Campanini, amministratore delegato di Kearney Italia —. Attaccati da Netflix, hanno deciso di raggiungere direttamente il consumatore facendo leva su marchi molto presenti nella mente del consumatore come Disney. Questo cambierà la modalità di ricerca e fruizione dei contenuti e creerà nuove esigenze nei consumatori».

giovedì 23 gennaio 2020

NEWS - Netflix, frena la crescita in Usa per la concorrenza ma centra gli obiettivi nel resto del mondo: fatturato +31%, 167 milioni di abbonati totali. Più produzioni originali nel 2020 per contrastare Disney&Co.

Articolo tratto da "Italia Oggi"
Netflix archivia l'ultimo trimestre dell'anno con quasi 8,8 milioni di nuovi abbonati nel mondo, superando ancora una volta le attese del mercato, proprio quelle stime che invece prevedevano fino a pochi giorni fa un calo nelle sottoscrizioni. In realtà, la piattaforma di video streaming on demand non ha raggiunto gli obiettivi degli analisti nel mercato domestico americano (423 mila utenti contro gli attesi 600 mila) ma li ha più che centrati negli altri paesi (8,3 milioni contro 7 min). In tutto, il pubblico del colosso guidato dall'a.d. Reed Hastings tocca adesso quota 167 milioni, di cui più di 60 min negli Usa. Quindi, al momento, gli affari procedono e lo confermano anche i risultati degli ultimi tre mesi ma Netflix inizia a sentire la pressione della concorrenza e per l'inizio di quest'anno non solo rimane più cauta nelle previsioni ma, soprattutto, ha deciso di spingere ulteriormente sui contenuti originali, diversificandoli di più per genere, formato e anche device su cui seguirli.
A conferma, il fatturato è cresciuto del 31% sui 5,5 miliardi di dollari (5 mld di euro) rispetto allo stesso periodo del 2018, il margine operativo a 459 milioni di dollari (414 min di euro) dai precedenti 216 min e l'utile netto fino alla soglia dei 587 milioni (529,4 min di euro) da 134 min. Però, per il primo trimestre del 2020, la piattaforma video si aspetta di coinvolgere in primis un numero più ristretto di spettatori: 7 milioni. Anche sul fronte dei ricavi, di conseguenza, si attende che la crescita sia intorno al 26,8%, dato tra i più bassi dei periodi precedenti. Al momento, comunque, hanno precisato dalla società californiana, continuano a crescere i ricavi per singolo utente (+12% al netto delle variabili valutarie) e si potrà ancora aumentare la spesa in produzioni originali, dai 19 miliardi di dollari (17 mld di euro) nel 2019 verso i 35 miliardi (31,6 mld di euro) entro il 2025, sempre facendo ricorso al mercato, ha chiarito Hasting, e sempre senza inserire inserzioni pubblicitarie in palinsesto. Semmai, siccome il mercato domestico Usa non esaurisce il business aziendale, la piattaforma punta su paesi emergenti come Malaysia e Indonesia, attraverso offerte esclusivamente mobile come già successo in India. I risultati positivi, a giudizio di Netflix, ci sono stati sia dal punto di vista dei nuovi abbonati sia da quello della loro fidelizzazione. Invece, in Europa come negli Stati Uniti, dove la concorrenza è maggiore, si arricchisce il catalogo con nuove produzioni (come Messiah, Killer Inside), seconde stagioni di titoli di successo (da Sex Education a Narcos ed Elite) e persino diversificando tra serie con pochi episodi, documentari e film molti lunghi.
Ce la farà Netflix ad arginare i colpi di Disney+ (costo: 6,99 curo al mese), Hbo Max (in arrivo a maggio) e Peacock di Nbc (peraltro gratis, seppur on air inizialmente solo negli Usa)? Hasting continua a ripetere che non teme la concorrenza ma è verosimile che il suo prezzo medio (10 euro al mese) e il suo recente aumento incideranno nella decisione di acquisto di una famiglia che, magari, è abituata ad abbonarsi a più di una piattaforma. Senza trascurare il paventato divieto di condividere gli abbonamenti tra utenti o famiglie diverse.

lunedì 13 gennaio 2020

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

LIBERO
"Messiah", l'avvincente avvento del profeta di Netflix
"Di 'sti tempi i profeti - o pseudo tali- che frequentano il Medioriente sono diventati una moda. Prendete questo tale, Al Massih, un piccoletto segaligno e logorroico un po' Fabio Rovazzi con i capelli lunghi, un po' Gesù di Zeffirelli e un po' Prince con la sacca dei pani e dei pesci a tracolla al posto della chitarra elettrica. Al è un signore che si erge dalle sabbie e dalla guerra siriane; invoca il Dio della Bibbia come fosse una rockstar; sparisce dalle prigioni israeliane per poi riapparire in Messico e, successivamente, in una chiesa miracolosamente salvata da un tomado in Texas; poi, di prigione in prigione, di seguace in seguace, di predica in predica, trascina centinaia di profughi ai confini delle terra promessa e resuscita ragazzini crivellati da proiettili davanti al tempio di Gerusalemme. Il giovane è il protagonista di Messiah (Netflix) ossia di una serie che narra le avventure di un "misterioso e carismatico uomo che è riuscito a radunare attorno a sé una folta schiera di seguaci", e senza aver promesso il taglio delle aliquote o aver partecipato al Grande Fratello. Al-Massih, naturalmente, come tutti i profeti che si rispettino, ha i suoi avversari. Come Eva Geller un'analista della C.I.A., malata e funestata dal lutto del marito, che vede in lui non un messia, ma un potenziale nuovo Bin Laden; o Aviram, un funzionario del Mossad talmente incarognito da non riuscire ad interrogare un passante palestinese senza spezzargli un braccio; o vari agenti dell'Fbi che non hanno la minima idea di chi sia il nostro ma siccome «è un arabo di merda» sempre meglio arrestarlo, si sa mai. Svettano tra i comprimari un predicatore che voleva incendiare la propria chiesa per ottenere il premio dell'assicurazione, una direttrice della Cia, un presidente Usa distratto, un giudice conservatore dall'improvvida onestà intellettuale.Mandato in onda in Francia, il serial viene accusato di "propaganda malefica e anti islamica" e diventa oggetto di boicottaggio; da noi, conquista una silenziosa platea. In realtà Messiah è un prodottino abbastanza avvincente: per le prime cinque puntate ti viene da chiederti se il Messiah sia o no un impostore. Nelle seconde cinque successive ti viene da chiedere perché non sia stato ancora eletto presidente degli Stati Uniti...". (Francesco Specchia)

giovedì 12 dicembre 2019

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

IL FOGLIO
"La mitomane", su Netflix le bugie francesi d'autore 
"Il cinema è la morte al lavoro", sosteneva Jean Cocteau (a lui dobbiamo un magnifico "La bella e la bestia" del 1946, con le manicandelabro che sbucano dalla parete). Facevano tesoro della leggiadra citazione un paio di vecchie conoscenze che odiavano i film del passato, trovando insopportabile il fatto che attori e comparse fossero nel frattempo tutti defunti (così recita la versione gentile e cortese; più probabilmente era una scusa per stare lontani dai film muti e in bianco e nero). Parlando di serie tv, corteggia volentieri la morte il regista e sceneggiatore francese Fabrice Gobert, lanciato nel 2012 da "Les revenants" (aveva cominciato a scrivere la serie con Emmanuel Carrère, che ancora si pente - lo racconta all'inizio di "Il regno" - per aver abbandonato: mal sopportava il lavoro di gruppo). Due stagioni, per un totale di 16 episodi, raccontavano i ritorno dei morti in una cittadina di montagna, vicino a una diga. I trapassati - ragazzini e ragazzine, un suicida, un killer - si ripresentavano come se nulla fosse successo. Come se da allora non fosse trascorso neanche un giorno: ai vivi, il compito di riadattare le proprie vite. L'ultima fatica di Fabrice Gobert, stavolta in coppia con Anne Berest, è intitolata "Mytho", su Netflix con il titolo italiano "La mitomane", che subito svela chi racconterà un mucchio di bugie (sbagliato anche il registro: "mytho" si usa chiacchierando, anche per dire "ma sei fuori", bastava dire "bugie" per rendere l'idea). Scavalcato il primo ostacolo, facciamo conoscenza con la casalinga disperata Marina Hands - è una notizia che le serie francesi rubino volti al cinema d'autore, l'attrice fu Lady Chatterley nel (pochissimo visto) film di Pascale Ferran tratto da D. H. Lawrence. A poche case di distanza, una casalinga più disperata di lei ha appena avvelenato la famiglia. La protagonista mezza italiana della serie si chiama Elvira Giannini (guest actor Andrea Roncato nella parte del genitore, pizzaiolo-artista che non consente aggiunte ai capolavori appena sfornati, anche se lavora dentro un furgone). Tra i piedi, in ordine sparso ma tutti bisognosi di cucina e lavanderia, ha un compagno aspirante fotografo che la tradisce con la farmacista; una figlia piccola disperata perché sta leggendo il "Diario di Anna Frank", un figlio che si veste da ragazza e si trucca gli occhi, una figlia grande in piena crisi adolescenziale. La crisi di nervi sta per arrivare, il lavoro nell'ufficio che sbriga pratiche assicurative non aiuta. Da qui la bugia, tutt'altro che lieve. Elvira si finge malata, cancro al seno. E tutti cambiano atteggiamento, a cominciare dal cognato che da mesi le promette una Jacuzzi in giardino, senza mai prendere la pala e scavare. Arriva finalmente la proposta di matrimonio - al supermercato, tra gli scaffali affollati, rubando il microfono alla dimostratrice di prodotti per pulire il forno. Siccome il paese è piccolo, la farmacista amante sente tutto (per un attimo ha la faccia della vendicativa Glenn Close in "Attrazione fatale"). Sei episodi per la prima stagione, trasmessa in Francia su Arté (Netflix l'ha comprata fatta, come "Chiami il mio agente!"). E una seconda in arrivo, troppi erano i fili della trama rimasti in sospeso. Ovvio che la bugia diventa sempre più impegnativa da reggere, e man mano che passa il tempo dire "non era vero niente" espone a pesanti controffensive. Il capufficio, bravo a sventare le truffe assicurative, regala un consiglio prezioso: "Attenzione ai vicini di casa impiccioni". (Mariarosa Mancuso)

mercoledì 27 novembre 2019

PICCOLO GRANDE SCHERMO - Anche Harrison Ford fa sul serial! Sarà protagonista di "The Staircase", serie tratta da una storia vera di omicidio (già adattata da Netflix)

News tratta da "The Hollywood Reporter"
Harrison Ford is headed to TV for the first time in more than 25 years. The Star Wars, Indiana Jones and Blade Runner star is attached to a scripted adaptation of The Staircase from Annapurna TV. The potential series is a retelling of the 2004 true-crime docuseries about the murder of Kathleen Peterson and the prime suspect, her husband, novelist Michael Peterson. Ford will also be an executive producer on the project, which Annapurna is shopping to networks and streaming services. Annapurna and Ford's reps declined to comment. The docuseries, directed by Jean-Xavier de Lestrade, followed the case after Michael was indicted in Kathleen's 2001 death. He claimed his wife fell down a staircase in her home, but police and prosecutors suspected he bludgeoned her and staged the scene to look like an accident. The Staircase originally aired on Sundance in the U.S. Lestrade updated the series with a two-hour sequel in 2013 and revisited the case again in 2018 with three new episodes. Netflix released all 13 episodes as one series in June 2018. Antonio Campos (The Sinner, Afterschool) will write and executive produce the adaptation with Ford. The actor's last appearance on a scripted series came in 1993, when he played the adult version of the title character on The Young Indiana Jones Chronicles. Ford made a number of TV appearances early in his career on shows including The Virginian, Mod Squad and GunsmokeHis recent credits include Blade Runner 2049 and Star Wars: The Force Awakens, and he stars in an adaptation of The Call of the Wild, which is set for release in February. Ford is repped by UTA and Ziffren Brittenham.

martedì 12 novembre 2019

NEWS - Clamoroso al Cibali! Disney+ supererà Netflix nel 2025 con oltre 100 milioni di nuovi utenti

News tratta Deadline.com
Five global platforms led by Disney+ will dominate the streaming wars by 2025, according to a new SVOD study. Digital TV Research reports that the anticipated Disney service that launches Tuesday will amass 101 million subscriptions in the next six years as it will combine with NetflixAmazon Prime Video, Apple TV+ and HBO Max for 529 million subscriptions by mid-decade. Behind the Disney service as far as new subscribers by 2025 is Netflix, with 70 million, the study found. While that shows that the most established platform still has room for growth, Digital TV Research noted that Netflix is expected to add only 6 million U.S. subscribers in the next six years. The study forecasts 235.6 million subs for Netflix by 2025, 135 million for Prime Video, 30.1 million for WarnerMedia’s HBO Max and 27.2 million for AppleTV+. The study (read it here) also makes subscriber and revenue forecasts for every year in 138 countries through 2025. It contains profiles for the five biggest global players along with NBCUniversal’s nascent service Peacock, which goes live in April, and the unnamed Viacom CBS platformThe streaming sector’s battle for supremacy kicks off in earnest this month with the November 1 launch of AppleTV+ and Tuesday’s arrival of Disney+. HBO Max joins the battle in May. Here’s a look at how the Digital TV Research study sees the streaming wars playing out by 20205:

lunedì 28 ottobre 2019

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

IL FOGLIO
Con "The Politician" Ryan Murphy passa a Netflix con le sue ossessioni
"La vita da liceali americani può essere un inferno (lo sappiamo da innumerevoli film, in mancanza di esperienza diretta). Le campagne elettorali per la presidenza degli Stati Uniti lo sono altrettanto (oltre al cinema, innumerevoli cronache illustrano giochi sporchi e colpi bassi). A mischiarle, esce un film come "Election" di Alexander Payne: Reese Witherspoon vuole diventare a tutti i costi capo del consiglio scolastico, il professor Matthew Broderick inventa un candidato da opporle: non è educativo vincere senza avversari. Oppure esce una serie Netflix come "The Politician", firmata Ryan Murphy con Brad Falchuk e Ian Brennan. Da quando aveva sette anni, Payton Hobart vuole diventare presidente degli Stati Uniti. Non si può a rigore chiamare sogno: è sicuro che la Casa Bianca toccherà a lui, intanto studia le biografie dei presidenti passati cercando di trarne utili lezioni. Qualcuno veniva da famiglia ricca, altri si sono fatti da sé. Il giovanotto ha il perfetto equilibrio: gli Hobart che lo hanno adottato sono miliardari, ma la madre era cameriera. Prima tappa Harvard, e prima ancora le elezioni scolastiche - purtroppo nei dibattiti suda come Richard Nixon nel duello tv contro J. F. Kennedy. Payton è anche bruttino, a confronto con il suo primo avversario e ai fratelloni acquisiti, freddo e privo di empatia. Ma c'è rimedio. Per "ammorbidire l'immagine" serve un vice che attiri le simpatie dei votanti e rispetti le sempre più assurde casistiche della correttezza politica. Basterà una ragazza nera sovrappeso? Diciamo ragazza per far presto, lei preferisce definirsi "Gender Nonconforming": non rientra né nell'una né nell'altra delle rigide categorie. 0 è meglio una studentessa malata di cancro, pallida e con la bandana in testa? All'avversario - atletico, insegnate di cinese, ahimè suicida al secondo tentativo - si sostituisce la di lui fidanzata. Parlando di emozioni, la mossa equivale per Payton allo scacco matto. Dopo "Nip/Tuck", la serie sui chirurghi plastici, Ethan Coen non guarda (o finge di non guardare) la televisione, sennò l'avrebbe messa nella sua conversazione alla Festa di Roma, intitolata "Surgery!" con l'esclamativo finale, come nelle riviste pulp - Ryan Murphy ha inventato "American Horror Story", la serie antologica "Feud", "American Crime Story" che pesca nel genere "true crime": la seconda stagione, molto premiata, era dedicata all'assassinio di Gianni Versace. E molto altro inventerà. Ha sul tavolo una quindicina di progetti, per inclinazione personale (divide la giornata in quarti d'ora, mezz'ora al massimo, non conosce sabati né domeniche) e perché ha firmato con Netflix un contratto da 300 milioni di dollari. Mamma Gwyneth Paltrow si dà al giardinaggio nella magnifica villa losangelina, con uno strepitoso abito lungo rosso, cappello e guanti, roba da film hollywoodiano degli anni 50. Del resto, come fanno notare a Payton i suoi tre addetti all'immagine: "Hai tre Picasso nella stanza della governante, e le foto di Natale in casa vostra le scattava Annie Leibowitz". Arriva un'altra guest diva: Jessica Lange malvestita e maltruccata, che sfrutta la malattia della figlia per concedersi qualche piccolo lusso (al cinema, avevamo visto la famiglia di Jake Gyllenhaal in "Stronger" di David Gordon Green). Molte saranno le sorprese, tutte sul tema del vero, del falso, della sopravvalutata autenticità. Ryan Murphy è passato a Netflix con le sue ossessioni e il suo gusto per il camp. L'algoritmo che tutto spiana finora non è riuscito a levarglieli". (Mariarosa Mancuso)

lunedì 21 ottobre 2019

NEWS - Netflix, prima dello sbarco di Apple e Disney utili ok

Articolo tratto da "Il Sole 24 ore"
L'ingresso dei colossi Disney e Apple nell'arena dei servizi streaming è prossima. Ma Netflix, nella sua ultima trimestrale prima dello sbarco di questi due pezzi da novanta, alla fine tiene botta. II target degli abbonati non è stato centrato per il secondo trimestre consecutivo, ma i risultati del periodo luglio-settembre sono apparsi sufficienti ad allentare i timori degli analisti che da una parte si attendevano una frenata maggiore e dall'altra si sono trovati anche dinanzi a una Netflix che ha fatto il pieno di profitti. Nel terzo trimestre gli utili sono infatti migliorati del 65% a 665 milioni di dollari, pari a utili per azione di 1,47 dollari contro gli 1,04 stimati. II giro d'affari d'affari è a sua volta salito del 31%a 5,25 miliardi. Nel dettaglio, gli abbonati sono cresciuti di 517mila unità negli Usa, principale mercato per il colosso californiano dell'on demand. Un dato inferiore al target di +82omila, ma pur sempre un segno più, a fronte del calo degli abbonati negli Stati Uniti nel trimestre precedente. A livello internazionale la crescita è stata di 6,8 milioni di unità (leggermente meno dei +7 milioni previsti) per un totale di 158,3 milioni Tutti dati che hanno favorito ieri la crescita del titolo di Netflix, che già nel premercato era salito di oltre l'8 per cento.

lunedì 7 ottobre 2019

NEWS - Alla fine, come previsto, ha vinto Netflix! Per non essere travolte, Sky e Mediaset costrette a allearsi: dal 9 ottobre la library un tempo solo on line visibile anche su Sky (frenate gli applausi: si paga come sul web!), mentre domani Mediaset annuncerà la co-produzione di contenuti con l'azienda di Los Gatos

News tratte da "Il Messaggero"+"Il Sole 24 ore"
Un'avvisaglia di tempesta, un'altra piccola scossa tellurica che precede lo sconvolgimento che sta per abbattersi nel mondo dell'intrattenimento. Sky e Netflix uniranno le forze convogliando i loro prodotti in un unico "aggregatore" di contenuti: «Annunciamo l'inserimento di Netflix nell'offerta di Sky Q perché aggregare è fondamentale - ha detto, dall'EY Digital Summit in corso a Capri, il responsabile di Sky Europe Andrea Zappia - di fronte a un'offerta gigantesca un aggregatore è importantissimo per semplificare la vita agli utenti». Come già accade in Inghilterra e Germania, un solo clic sulla app di Netflix dal decoder di Sky (da cui è già possibile accedere anche a YouTube, DAZN e Spotify) sarà sufficiente per accedere ai contenuti delle due piattaforme. Comodo per lo spettatore, se si considera che solo l'offerta di serie tv dai cosiddetti OTT (operatori come Amazon, Hulu e Netflix) nel 2018 è arrivata a circa 300 nuovi prodotti, di cui più della metà licenze originali Netflix. Saltare da un operatore all'altro, e navigare tra pacchetti e listini diversi, per il consumatore di streaming, nato in epoca post zapping, è un "fastidio" facilmente aggirabile aggregando. Ma la tattica messa in campo, più che per il consumatore, è pensata come una sorta di salvagente - o arma segreta - per i due giganti dell'entertainment minacciati dall'arrivò dei competitor Usa. Se da un lato Sky arricchisce il suo palinsesto, offrendo un nuovo servizio ed evitando una guerra di prezzi contro Netflix (capace di politiche molto aggressive), dall'altra Netflix si allea con un operatore capace di garantirgli ricavi sicuri.
Dal 9 ottobre i clienti Sky Q con Sky TV e Sky Famiglia potranno già sottoscrivere l'offerta al prezzo di €9,99 in più al mese nella fattura Sky. Per chi non ha ancora sottoscritto il pacchetto Sky Famiglia, aggiungere Intrattenimento plus costerà 15,39 €. L'offerta Intrattenimento plus sarà inoltre disponibile entro dicembre anche per tutti i nuovi clienti Sky, che potranno attivarla al momento dell'acquisto del proprio abbonamento Sky.
Chi ha già un abbonamento Netflix potrà decidere di sottoscrivere Intrattenimento plus, anche mantenendo il proprio profilo Netflix, per beneficiare dell'esperienza di visione di Sky Q e dei vantaggi di prezzo di questa offerta. Oppure potrà vedere Netflix direttamente attraverso l'app disponibile su Sky Q. L'offerta include il piano Netflix Standard (visione in HD e su 2 schermi in contemporanea, del valore di €11,99). I clienti Sky Q Platinum che già vedono Sky su tutte le Tv di casa, invece, allo stesso prezzo avranno il piano Netflix Premium (visione in 4K e su 4 schermi in contemporanea, del valore di €15,99). Prossimamente l'app Netflix sarà anche disponibile su Now Tv Smart Stick e Now Tv Box.
Un'alleanza che è segno dei tempi moderni, quelli in cui, pur di andare incontro alle nuove abitudini dello spettatore 2.0, si è disposti a rompere anche barriere e inimicizie un tempo insormontabili (vedi alla voce House of Cards, originale Netflix la cui licenza, prima che Netflix arrivasse in Italia, apparteneva proprio a Sky). Ma l'accordo tra Sky e Netflix è solo una delle mosse, e certo non l'unica, che le nuove piattaforme e gli operatori tradizionali stanno mettendo in campo in attesa dell'irruzione sui (piccoli) schermi di Apple, Google e Disney +, colossi assai aggressivi dalla disponibilità economica molto elevata.
Alleanze strategiche e joint venture come quella, da siglare ufficialmente martedì prossimo, tra Netflix e Mediaset. Ovvero il più grande accordo del genere in Italia, nato per affrontare la concorrenza futura e aumentare la redditività: sette film in coproduzione (e la probabile distribuzione della serie cult Stranger Things in chiaro) in cambio del lancio in anteprima su Netflix per un periodo di tempo terminato. Un'operazione fotocopia rispetto a quella che Mediaset ha già realizzato con Amazon, coproducendo la serie Made in Italy e concedendola in anteprima in streaming agli abbonati della piattaforma. «Con Netflix e Amazon abbiamo conversazioni e un buon rapporto», aveva detto a luglio Piersilvio Berlusconi. Con la guerra alle porte, e le corazzate in arrivo, i media sul campo si affidano al vecchio adagio: il nemico del mio nemico è sempre più il mio amico.

lunedì 16 settembre 2019

NEWS - Africa über alles! La rivoluzione femminile del continente africano diventa serial

Articolo tratto da "La Stampa"
La rivoluzione femminile in Africa occidentale passa anche dalle serie tv. Dal Senegal alla Nigeria sono sempre di più le produzioni che vedono protagoniste donne emancipate, indipendenti e libere di affrontare tematiche vietate fino ad oggi come la sessualità femminile. Storie alla Sex and the City in salsa africana, capaci di ribaltare dinamiche secolari di società a maggioranza musulmana fondate sul patriarcato. Tra tradimenti e colpi di fulmine c'è spazio anche per temi profondi e delicati, dato che, in questa zona d'Africa, le donne sono spesso vittime indifese. Dalle violenze sessuali, alla poligamia, agli abusi domestici. Situazioni frequenti per milioni di donne costrette a subire la supremazia di genere a volte tutelata anche dalle leggi dello Stato. Un movimento che sta incollando agli schermi di w e smartphone, per chi assiste su YouTube, milioni di adolescenti africane e che sta destabilizzando le autorità statali garanti del pubblico decoro. In Senegal, uno dei Paesi più progressivi dell'Africa occidentale, il Consiglio Nazionale che regola le trasmissioni televisive (CNRA), ha minacciato di oscurare la diffusione della serie Maitresse d'un homme marié (L'amante di un uomo sposato), i cui contenuti sono ritenuti «una minaccia alla preservazione della cultura e dell'identità nazionale». La serie, in onda due volte a settimana sia su Youtube che sul canale senegalese privato 2STV, è stata scritta da una ex giornalista televisiva, Kalista Sy, e racconta le vicende sentimentali di quattro donne che lavorano in un'impresa edilizia alle porte della capitale Dakar. La protagonista del feuilleton, Marème Dial, intraprende una relazione extra coniugale con Cheikh, un uomo sposato con Lalla, archetipo della sposa tradizionale. «Ero stanca di vedere personaggi femminili ideati da uomini o stranieri - ha detto l'autrice Kalista Sy in un'intervista al New York Times - in Senegal è arrivato il momento di mostrare le donne per quello che sono senza nascondere pregi e difetti». Anche in Ghana, nella fiorente industria cinematografica di Gollywood, grazie all'entrata in scena di numerose registe donne, l'immagine femminile è stata ribaltata. Non più personaggi deboli,o passivi, ma pieni di forza ed autonomia. E il caso di Scorned (Respinta), uno dei film più emblematici di questa rivoluzione culturale, in cui una casalinga tradita, si vendica del marito fino a diventare un'eroina. In Nigeria, la più sviluppata industria cinematografica del Continente e seconda al mondo per numero di film prodotti, stanno emergendo sempre più serie e film in cui si affronta anche il tema dell'omosessualità femminile, pratica condannata per legge nellamaggior parte degli Stati africani di fede musulmana. Anche Netflix, il gigante americano dello streaming online, arrivato in Africa solo nel 2016 e che, con grande difficoltà sta provando a recuperare il terreno perso, ha deciso di puntare su produzioni al femminile.

martedì 10 settembre 2019

PICCOLO GRANDE SCHERMO - "Wonder Woman" (ri)diventa una serie! Netflix ingaggia a peso d'oro Patty Jenkins, regista dell'ultima versione cinematografica, per sviluppare il progetto 

News tratta da Slashfilm.com
Patty Jenkins is joining Netflix’s high-profile crowd of creators. The director of Wonder Woman and the upcoming Wonder Woman 1984 has signed a multi-year overall deal with Netflix to produce new TV series for the streaming service. It will be her latest foray into television after directing this year’s TNT limited series I Am The NightVariety broke the news that Jenkins has signed a multi-year overall TV deal with Netflix that is valued at around $10 million over three years. Under the Patty Jenkins Netflix deal, the director-writer-producer will produce new TV series for the streaming service. “We’re thrilled to welcome Patty Jenkins to Netflix,” said Channing Dungey, vice president of original series at Netflix. “Her trailblazing work has pushed boundaries and she confidently tells stories that leave an unforgettable mark. We look forward to fostering her many ideas and helping them come to life,”. “I’m so excited to embark on a great journey of making the new world of television with a company and group of people I admire as much as Ted, Cindy, Channing, Peter and the team at Netflix,” Jenkins added. “I look forward to digging in to some great work together soon.”
It’s unclear what kind of TV series Jenkins will be producing, and whether they will be original works or adaptations. But Jenkins signing on with the streaming giant is just another marker of her Hollywood success, which had already been cemented when she took the title of highest-paid female director in the industry. Netflix has been fast accumulating high-profile talent in incredibly expensive deals that often exceed seven figures. I’m a little surprised that Jenkins is limiting herself to producing TV for the service, but perhaps she is reserving feature filmmaking for the big screen. Though Jenkins is best known for her acclaimed feature directing and writing debut Monster, she has frequently worked in TV before, directing episodes of Arrested Development, Entourage, and The Killing, and most recently executive producing and directing I Am the Night, which reunited her with Wonder Woman star Chris Pine.

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