L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
"Catch 22" convince col paradosso anti-militarista
"'Il dolore è utile, è un avvertimento dei pericoli che minacciano il corpo'. Il paradosso, le contraddizioni, l'infinito ed estenuante tentativo di trovare un senso e una logica là dove il senso e la logica latitano e sfuggono. Sono questi i veri protagonisti, gli ingredienti base di Catch 22, la nuova miniserie che vede l'esordio di George Clooney come regista di serialità. Il prodotto, messo in onda sulla piattaforma Hulu e disponibile ora in Italia su Sky Atlantic, è un adattamento del celebre romanzo del 1961 di Joseph Heller, uno dei pilastri della letteratura antimilitarista, già rivisitato dal cinema nel 1970. Catch 22 è un'opera sull'assurdità della guerra, sui suoi rituali, su una disciplina propagandata e sfiancante da risultare persino grottesca. Tra il nucleo di aviatori americani di stanza nel sud Italia, solo il soldato Yo-Yo (Christopher Abbott) sembra accorgersi di tanta bestialità, in un crescendo di ossessioni e rigetti che mettono a nudo il potere, la gerarchia, la sopraffazione impersonati dallo stesso Clooney nei panni del tenente Scheisskopf. La serie si inserisce pienamente nel genere della dark comedy, in cui un tema tabù viene messo in scena nelle sue forme più estremizzate e parodistiche, strappando un sorriso che non è mai compiaciuto, ma fendente, non assolutorio, ma sferzante. L'impianto della serie, girata pressoché interamente in Italia, regge e convince su più fronti, dall'intreccio delle linee (la facciata delle parate, «fatte solo per umiliare», e l'intimità del protagonista) alla fotografia, dal ritmo incalzante delle scene di guerra al valido cast fino all'equilibrio riuscito tra registro ironico e drammatico. Il comma 22 del titolo, quello per cui «chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo», rappresenta l'archetipo dell' insensatezza che si fa burocrazia". (Aldo Grasso)
venerdì 24 maggio 2019
giovedì 23 maggio 2019
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL FOGLIO
"Ai confini della realtà" rivisto e corretto
"'Un penny per i tuoi pensieri'. Era un episodio della serie "Ai confini della realtà", andato in onda sulla Cbs nel 1961. La serie originaria era firmata e introdotta da Rod Serling, la parola showrunner ancora non esisteva. Imitata e aggiornata molte volte, anche nel film diretto da Joe Dante nel 1983. Nella serie televisiva del 2002 il narratore era Forrest Whitaker. Nell'ultima - ribattezzata "reboot", ovvero "nuovo inizio", ora usa così - il narratore è Jordan Peele di "Noi". Non l'abbiamo ancora vista, la venerazione che abbiamo per "The Twilight Zone" ha vinto sull'amore che portiamo a Jordan Peele (comunque la Cbs ha già ordinato una seconda stagione). "Un penny per i tuoi pensieri" parte da una moneta che invece di ricadere su una delle due facce ("testa o croce?") rimane in bilico. Da quel momento l'impiegato di banca Mr Poole sente i pensieri della gente attorno a lui, pronunciati con voce forte e chiara. Il capoufficio sposato che organizza il fine settimana con l'amante, il cliente che chiede un prestito per giocarselo alle corse e rimettere in cassa i soldi sottratti alla ditta, il collega che progetta una rapina alla propria banca. Dopo una serie di disastri, Mr Poole capisce che non sempre le persone fanno quel che pensano, e neppure pensano quel che faranno - con buona pace di film tratti da Philip Dick come lo spielberghiano "Minority Report": bisogna arrestare i criminali prima che commettano i delitti, non quando li hanno commessi. Dice tutto quel che gli passa per la testa Ricky Gervais in "After Life", miniserie - "miniserie finora", bisogna sempre precisarlo alla maniera di Homer Simpson - da lui scritta, interpretata e prodotta (su Netflix). Lo ha deciso dopo la morte della moglie Lisa, che bontà sua lo trovava "inetto e adorabile", e gli ha lasciato un video con consigli e incoraggiamenti del tipo "fai mangiare il cane due volte al giorno, metti i piatti sporchi subito nella lavastoviglie sennò si incrostano". Le crediamo sulla parola, quel che vediamo della loro vita coniugale è lui che la sveglia mentre dorme, o la distrae quando dipinge, con la pallina di gomma del cane. Ricky Gervais è arrabbiato, molto arrabbiato. Ed è triste, molto triste. Come il vedovo Jim Carrey nella miniserie "Kidding" diretta da Michel Gondry. Di mestiere fa un programma tv per bambini, mentre Ricky Gervais lavora in un giornale locale gratuito, dove un vecchietto che ha ricevuto cinque cartoline di compleanno identiche è materia da prima pagina. Nel disastroso accoppiamento di ognuno con il proprio lavoro sta metà dell'una e dell'altra serie. L'altra metà riguarda l'elaborazione del lutto: tema doloroso e degnissimo, con sfumature di grottesco - Ricky Gervais sta nel bagno con una lametta in mano, il cane entra per giocare. Jim Carrey è molto più bravo: ha un più forte senso dello spettacolo e sa giocare meglio con i contrasti. Netflix ha lasciato a Mr Gervais le briglie lunghe - come rifiutare qualcosa all'attore, autore, regista di "The Office"? - e il risultato non è brillante. Dovrebbe avere il ritmo della sit-com (oppure, a scelta, fornire personaggi e non macchiette). Invece Ricky Gervais fa sparire chiunque possa metterlo in ombra, non è così che si costruiscono le serie appassionanti. Ci siamo segnati soltanto lo psicoanalista che invece di sbadigliare classicamente mentre il paziente parla litiga su twitter. E la vecchietta che chiacchiera con il marito morto, e teme la pazzia. Ricky Gervais la rassicura: "E' matta solo lui se risponde". (Mariarosa Mancuso)
IL FOGLIO
"Ai confini della realtà" rivisto e corretto
"'Un penny per i tuoi pensieri'. Era un episodio della serie "Ai confini della realtà", andato in onda sulla Cbs nel 1961. La serie originaria era firmata e introdotta da Rod Serling, la parola showrunner ancora non esisteva. Imitata e aggiornata molte volte, anche nel film diretto da Joe Dante nel 1983. Nella serie televisiva del 2002 il narratore era Forrest Whitaker. Nell'ultima - ribattezzata "reboot", ovvero "nuovo inizio", ora usa così - il narratore è Jordan Peele di "Noi". Non l'abbiamo ancora vista, la venerazione che abbiamo per "The Twilight Zone" ha vinto sull'amore che portiamo a Jordan Peele (comunque la Cbs ha già ordinato una seconda stagione). "Un penny per i tuoi pensieri" parte da una moneta che invece di ricadere su una delle due facce ("testa o croce?") rimane in bilico. Da quel momento l'impiegato di banca Mr Poole sente i pensieri della gente attorno a lui, pronunciati con voce forte e chiara. Il capoufficio sposato che organizza il fine settimana con l'amante, il cliente che chiede un prestito per giocarselo alle corse e rimettere in cassa i soldi sottratti alla ditta, il collega che progetta una rapina alla propria banca. Dopo una serie di disastri, Mr Poole capisce che non sempre le persone fanno quel che pensano, e neppure pensano quel che faranno - con buona pace di film tratti da Philip Dick come lo spielberghiano "Minority Report": bisogna arrestare i criminali prima che commettano i delitti, non quando li hanno commessi. Dice tutto quel che gli passa per la testa Ricky Gervais in "After Life", miniserie - "miniserie finora", bisogna sempre precisarlo alla maniera di Homer Simpson - da lui scritta, interpretata e prodotta (su Netflix). Lo ha deciso dopo la morte della moglie Lisa, che bontà sua lo trovava "inetto e adorabile", e gli ha lasciato un video con consigli e incoraggiamenti del tipo "fai mangiare il cane due volte al giorno, metti i piatti sporchi subito nella lavastoviglie sennò si incrostano". Le crediamo sulla parola, quel che vediamo della loro vita coniugale è lui che la sveglia mentre dorme, o la distrae quando dipinge, con la pallina di gomma del cane. Ricky Gervais è arrabbiato, molto arrabbiato. Ed è triste, molto triste. Come il vedovo Jim Carrey nella miniserie "Kidding" diretta da Michel Gondry. Di mestiere fa un programma tv per bambini, mentre Ricky Gervais lavora in un giornale locale gratuito, dove un vecchietto che ha ricevuto cinque cartoline di compleanno identiche è materia da prima pagina. Nel disastroso accoppiamento di ognuno con il proprio lavoro sta metà dell'una e dell'altra serie. L'altra metà riguarda l'elaborazione del lutto: tema doloroso e degnissimo, con sfumature di grottesco - Ricky Gervais sta nel bagno con una lametta in mano, il cane entra per giocare. Jim Carrey è molto più bravo: ha un più forte senso dello spettacolo e sa giocare meglio con i contrasti. Netflix ha lasciato a Mr Gervais le briglie lunghe - come rifiutare qualcosa all'attore, autore, regista di "The Office"? - e il risultato non è brillante. Dovrebbe avere il ritmo della sit-com (oppure, a scelta, fornire personaggi e non macchiette). Invece Ricky Gervais fa sparire chiunque possa metterlo in ombra, non è così che si costruiscono le serie appassionanti. Ci siamo segnati soltanto lo psicoanalista che invece di sbadigliare classicamente mentre il paziente parla litiga su twitter. E la vecchietta che chiacchiera con il marito morto, e teme la pazzia. Ricky Gervais la rassicura: "E' matta solo lui se risponde". (Mariarosa Mancuso)
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martedì 21 maggio 2019
PICCOLO GRANDE SCHERMO - Clamoroso al Cibali! "True Lies" diventerà una serie tv firmata da McG ("The OC", "Nikita", "Chuck"), Schwarzenegger possibile nel cast. Eliza Dushku promossa a protagonista?
News tratta da Slashfilm.com
McG, director of the Charlie’s Angels films, Terminator: Salvation and more, is set to turn James Cameron’s 1994 action-comedy True Lies into a TV series for Disney+. Yes, really. While a True Lies series may not seem like an obvious choice for Disney’s streaming service, the House of Mouse owns the title now, and damn it, they’re going to make use of it. And in case you were wondering, yes, James Cameron is aware of this, and gave McG his blessing. More on the True Lies TV series below. True Lies is one of James Cameron’s best movies. A funny, action-packed showcase for both Arnold Schwarzenegger and Jamie Lee Curtis, it told the story of a man leading a double-life. Harry Tasker (Schwarzenegger) seems like a boring (but muscular) dweeb to his wife (Curtis) and daughter (Eliza Dushku). But he’s actually an ass-kicking secret agent. Eventually, Harry’s family ends up learning who he really is. Jokes, explosions and striptease scenes follow. This concept of a spy leading a double life lends itself perfectly to TV, and has been used as the premise for shows before – most recently The Americans. Enter McG, who tells Collider (via The Playlist) that he’s in the process of adapting Cameron’s movie into a new series for Disney+. “So, True Lies at Disney+, which is exciting,” McG says. “I’m writing that one, which is very exciting, because I’m so passionate about that story where you think you know your partner but you don’t.”
News tratta da Slashfilm.com
McG, director of the Charlie’s Angels films, Terminator: Salvation and more, is set to turn James Cameron’s 1994 action-comedy True Lies into a TV series for Disney+. Yes, really. While a True Lies series may not seem like an obvious choice for Disney’s streaming service, the House of Mouse owns the title now, and damn it, they’re going to make use of it. And in case you were wondering, yes, James Cameron is aware of this, and gave McG his blessing. More on the True Lies TV series below. True Lies is one of James Cameron’s best movies. A funny, action-packed showcase for both Arnold Schwarzenegger and Jamie Lee Curtis, it told the story of a man leading a double-life. Harry Tasker (Schwarzenegger) seems like a boring (but muscular) dweeb to his wife (Curtis) and daughter (Eliza Dushku). But he’s actually an ass-kicking secret agent. Eventually, Harry’s family ends up learning who he really is. Jokes, explosions and striptease scenes follow. This concept of a spy leading a double life lends itself perfectly to TV, and has been used as the premise for shows before – most recently The Americans. Enter McG, who tells Collider (via The Playlist) that he’s in the process of adapting Cameron’s movie into a new series for Disney+. “So, True Lies at Disney+, which is exciting,” McG says. “I’m writing that one, which is very exciting, because I’m so passionate about that story where you think you know your partner but you don’t.”
McG also added that he got James Cameron’s blessing on the project. At one point, Cameron was hoping to make a True Lies sequel, but later cancelled the idea after the September 11th terrorist attacks. As for the new TV series, McG says he’ll be spending the summer writing the show. The director has some history with spy TV. He was the executive producer of Chuck, about a computer whiz who inadvertently ends up working for the CIA. McG also doesn’t rule out the idea of Arnold Schwarzenegger popping-up in the show. “There’s talk of that,” the filmmaker says. “It’s largely rebooted but there may be a spot there, we’ll see.” I have a feeling a Schwarzenegger cameo is unlikely, but you never know. This isn’t the first time word of a possible True Lies TV series has surfaced. Back in 2017, Fox was developing a True Lies TV series of their own, with McG attached to direct the pilot. That didn’t pan out, obviously.
domenica 19 maggio 2019
NEWS - Clamoroso al Cibali! Monta la protesta sul finale di "Game of Thrones": "va riscritto!"
Articolo tratto dal "Corriere della Sera"
L' ottava stagione di Trono di spade va riscritta da scrittori competenti. Questo l'ordine imperioso trasmesso a Hbo, tramite la piattaforma di petizioni online Change.org, dai fan. In quasi un milione hanno firmato l'appello che chiede un finale diverso per una delle serie tv più amate di sempre. A dare fuoco alle polveri della rivolta social è stato l'agguerrito Dylan D. da Fort Worth, Texas. Che qualche giorno dopo la messa in onda del quarto episodio (in prima tv Usa il 5 maggio, da noi trasmesso il 13), non ci ha più visto. «Ero deluso e arrabbiato» ha spiegato in un lungo post su Change.org: di qui la decisione di chiedere le «teste» degli sceneggiatori. «David Benioff e D.B. Weiss» si è sfogato Dylan D. su Change.org «hanno dimostrato di essere degli scrittori miseramente incompetenti in mancanza di materiale di riferimento», alludendo agli ultimi due romanzi inediti («Winds of Winter» e «Dream of Spring») di George R.R. Martin, il «padre» di Trono di spade. Insomma: senza i libri, sostengono i fan, Benioff e Weiss hanno «floppato». «Gli episodi sono scritti in modo approssimativo», «I colpi di scena non sono stati adeguatamente impostati», «Le motivazioni dei personaggi non sembrano plausibili» le lamentele più ricorrenti tra i firmatari della petizione. «Questa stagione — sintetizza un utente — ha demolito tutto ciò che è stato costruito durante la serie, come conseguenza di una narrazione raffazzonata, di uno scarso sviluppo dei personaggi e di una generale sciatteria». «Hanno rovinato la serie tv più bella di sempre. Questi due non devono nemmeno avvicinarsi a Star Wars», ha rincarato la dose uno dei «rivoltosi» riferendosi al fatto che Benioff e Weiss cureranno la sceneggiatura della prossima trilogia di Guerre Stellari (a onore di cronaca va ricordato che nemmeno i film del franchise creato da George Lucas sono estranei a proteste: dopo l'uscita di Star Wars: L'ultimo Jedi, fu lanciata una petizione per rimuovere l'episodio dal canone ufficiale, sostenuta da u6.945 firmatari; certo, un'inezia di fronte all'armata del milione sollevata da Dylan D.). Dato il costo di ciascun episodio — circa 15 milioni di dollari (13,4 milioni di euro) — è molto improbabile che Hbo ceda alle richieste dei fan. Ne è consapevole Dylan D. per primo: «Ma, come dice il Joker di Heath Ledger, "Non si tratta di soldi, si tratta di inviare un messaggio"». D'altro canto, non si può non considerare che il suasi milione di firmatari non e che una piccola parte di quei 18,4 milioni di spettatori che, secondo i dati diffusi da Hbo, hanno seguito gli episodi incriminati. Tra chi li difende, per esempio, c'è Stephen King: «A me l'ultima stagione è piaciuta molto», scrive su Twitter. «C'è stata molta negatività, ma credo che sia perché la gente non vuole che Trono di spade finisca». Né, del resto, «quei due», Benioff e Weiss, potevano ignorare la bufera social. «Una buona storia non è tale se non ha un buon finale» hanno detto a Entertainment Weekly. «Certo che siamo preoccupati». Hbo non ha fino a oggi rilasciato alcun commento. Forse per il canale parlerà l'ultimo episodio, in onda stasera negli Usa (domani in Italia).
Articolo tratto dal "Corriere della Sera"
L' ottava stagione di Trono di spade va riscritta da scrittori competenti. Questo l'ordine imperioso trasmesso a Hbo, tramite la piattaforma di petizioni online Change.org, dai fan. In quasi un milione hanno firmato l'appello che chiede un finale diverso per una delle serie tv più amate di sempre. A dare fuoco alle polveri della rivolta social è stato l'agguerrito Dylan D. da Fort Worth, Texas. Che qualche giorno dopo la messa in onda del quarto episodio (in prima tv Usa il 5 maggio, da noi trasmesso il 13), non ci ha più visto. «Ero deluso e arrabbiato» ha spiegato in un lungo post su Change.org: di qui la decisione di chiedere le «teste» degli sceneggiatori. «David Benioff e D.B. Weiss» si è sfogato Dylan D. su Change.org «hanno dimostrato di essere degli scrittori miseramente incompetenti in mancanza di materiale di riferimento», alludendo agli ultimi due romanzi inediti («Winds of Winter» e «Dream of Spring») di George R.R. Martin, il «padre» di Trono di spade. Insomma: senza i libri, sostengono i fan, Benioff e Weiss hanno «floppato». «Gli episodi sono scritti in modo approssimativo», «I colpi di scena non sono stati adeguatamente impostati», «Le motivazioni dei personaggi non sembrano plausibili» le lamentele più ricorrenti tra i firmatari della petizione. «Questa stagione — sintetizza un utente — ha demolito tutto ciò che è stato costruito durante la serie, come conseguenza di una narrazione raffazzonata, di uno scarso sviluppo dei personaggi e di una generale sciatteria». «Hanno rovinato la serie tv più bella di sempre. Questi due non devono nemmeno avvicinarsi a Star Wars», ha rincarato la dose uno dei «rivoltosi» riferendosi al fatto che Benioff e Weiss cureranno la sceneggiatura della prossima trilogia di Guerre Stellari (a onore di cronaca va ricordato che nemmeno i film del franchise creato da George Lucas sono estranei a proteste: dopo l'uscita di Star Wars: L'ultimo Jedi, fu lanciata una petizione per rimuovere l'episodio dal canone ufficiale, sostenuta da u6.945 firmatari; certo, un'inezia di fronte all'armata del milione sollevata da Dylan D.). Dato il costo di ciascun episodio — circa 15 milioni di dollari (13,4 milioni di euro) — è molto improbabile che Hbo ceda alle richieste dei fan. Ne è consapevole Dylan D. per primo: «Ma, come dice il Joker di Heath Ledger, "Non si tratta di soldi, si tratta di inviare un messaggio"». D'altro canto, non si può non considerare che il suasi milione di firmatari non e che una piccola parte di quei 18,4 milioni di spettatori che, secondo i dati diffusi da Hbo, hanno seguito gli episodi incriminati. Tra chi li difende, per esempio, c'è Stephen King: «A me l'ultima stagione è piaciuta molto», scrive su Twitter. «C'è stata molta negatività, ma credo che sia perché la gente non vuole che Trono di spade finisca». Né, del resto, «quei due», Benioff e Weiss, potevano ignorare la bufera social. «Una buona storia non è tale se non ha un buon finale» hanno detto a Entertainment Weekly. «Certo che siamo preoccupati». Hbo non ha fino a oggi rilasciato alcun commento. Forse per il canale parlerà l'ultimo episodio, in onda stasera negli Usa (domani in Italia).
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