sabato 5 maggio 2012


Stracult e Stracotti - …ovvero la serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola di Stargirl

Cathy is back. Per fortuna, verrebbe da dire. La mancanza di un’ottima serie come The Big C, stracult di oggi, si sentiva parecchio sul piccolo schermo, ancor di più quella nei confronti della magnifica Laura Linney. Non è un caso che lo show sia trasmesso da Showtime, network che negli anni ci ha regalato perle come Dexter, Nurse Jackie e Shameless. Dosando perfettamente la giusta quantità di humour e lacrime, la serie alterna momenti di forte intensità ad altri più leggeri, esorcizzando una malattia devastante come il cancro e infrangendo la maggior parte dei luoghi comuni per permettere al pubblico di riderci su.
Con i suoi atteggiamenti fuori dagli schemi Cathy fa sorridere, altre volte commuovere, spronando a riflettere, senza mai esagerare o rischiare di cadere nel melenso.
A metà strada tra il drama e la comedy, la serie rispecchia perfettamente lo stato d’animo della protagonista, guardando al cancro sotto una luce nuova, senza reagire in modo remissivo o arrendevole, ma prendendo invece il toro (in questo caso la vita) per le corna, cercando di cogliere al volo tutte le seconde chance che altrimenti andrebbero perse. Affrontando con una leggerezza solo apparente un tema scottante come quello del cancro, Cathy, donna dalle mille sfaccettature, riesce a far scorta di forza e coraggio per non di gettarsi nel vuoto, ma tentare invece il tutto per tutto pur di poter vivere il più a lungo possibile.

Nella serie australiana Miss Fisher’s Murder Mysteries, Essie Davis interpreta Phryne, una detective privata seducente e conturbante, con fare da diva e atteggiamenti provocanti.
Ambientata nella terra dei canguri negli anni Venti, la serie prende spunto dai romanzi di Kerry Greenwood e aldilà della magnifica scenografia, non può vantare nulla di più, e non esce dal rigido schema di un crime di bassa lega.
Gli intrighi che vedono coinvolta Phryne affliggono lo spettatore sin dal pilot, e affogano in un ritmo stagnante e incredibilmente lento. Le avventure sessuali/sentimentali della protagonista sono oltremodo stucchevoli e nulla lascia presagire che la situazione, in futuro, riesca a migliorare. La nostalgia per una detective vera come la mitica Angela Lansbury cresce di episodio in episodio, tanto che, alla fine della fiera, al centro di qualche omicidio, vorremmo ci finisse la stessa Phryne.
Almeno si risparmierebbe il titolo di stracotta della settimana.

venerdì 4 maggio 2012

NEWS - Pigia sulla tavoletta, Pier! Da oggi su Premium Play 300 episodi di serie tv sull'iPad (per 15 giorni gratis per tutti)
Milano (Adnkronos) - Da oggi sara' possibile scaricare gratuitamente la nuova applicazione 'Premium Play per iPad'. L'offerta, senza spese aggiuntive per gli abbonati, consente di vedere il pacchetto di offerte anche dal tablet Apple oltre che da tv, computer e console giochi XBox. Tra le offerte oltre 2.000 contenuti televisivi on-demand: "centinaia di film (800 in totale entro l'estate), 300 episodi di serie tv, cartoni e documentari, i migliori programmi delle reti Mediaset degli ultimi sette giorni. E in piu' tutte le partite in diretta di Premium Calcio". E per chi non e' cliente Premium sono disponibili 15 giorni di visione gratuita di Premium Play, dopo una registrazione al sito. "Si tratta di un servizio unico, finora nessun concorrente e' riuscito ad imitarci - spiega Pier Silvio Berlusconi, vice presidente di Mediaset- Con l'offerta on demand forse ci siamo mossi troppo in fretta, il mercato non e' ancora pronto, ma siamo siamo convinti che questa modalita' si sviluppera' molto grazie al pc e all'iPad. La nostra strategia e' stata quella di muoverci per primi per conquistare una posizione di forza, perche' l'obiettivo e' di diventare leader anche in questo segmento di mercato". Per il momento sara' possibile scaricare gratuitamente l'applicazione solo collegandosi a una rete wi-fi, ma il servizio sara' presto allargato anche alla rete 3G e quest'estate debuttera' 'download & play', che permettera' di scaricare un contenuto per poterlo guardare in un secondo momento anche in assenza totale di connessione internet o copertura 3G, come nel caso di un viaggio in aereo. Ed entro la fine dell'anno e' previsto anche il debutto sulla piattaforma Android. Il servizio Premium Play su iPad sara' gratuito per tutti i clienti Premium fino al 2013. 
NEWS - Anteprima, dall'alto dei Cieli alla Terra! "V" atterra su Italia 1 dal 25 maggio, "Falling Skies" su Cielo dal 7 maggio
Dallo spazio alla Terra. Due serie extraterrestri come "V" e "Falling Skies" atterrano sulle generaliste. La prima dal 25 maggio su Italia 1 in prima serata. La seconda su Cielo dal 7 maggio, sempre in prime-time.

giovedì 3 maggio 2012

L'EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

RIVISTA STUDIO (www.rivistastudio.it)
"Girls", queste traditrici
Articolo di Violetta Bellocchio
"Preceduta da un livello di hype che manco la seconda calata di Nostro Signore e accolta da un trattamento critico più che rispettabile, la serie televisiva Girls ha una premessa semplice semplice: quattro ventenni bianche si ritrovano a New York e tentano di navigare la vita adulta, senza riuscirci. Andando in onda su HBO, c’è subito un po’ di sesso imbarazzante; andando in onda su HBO, scattano paragoni non richiesti con Sex and The City. Succede.
L’attrice protagonista Lena Dunham, che qui è anche sceneggiatrice e ha diretto l’episodio pilota, ha dichiarato che una delle ragioni per lavorare a una serie TV, per lei, era la scarsa visibilità del suo tipo di corpo nei media americani.
La conversazione si sposta subito sul sintagma “una ragazza grassa sul piccolo schermo: che straordinario risultato per la società intera!”, con un accenno di “secondo te ègrassa, oppure è meglio dire voluttuosa?”.
Va detto, in Girls la Questione del Corpo è in primo piano, da subito. C’è una scena molto ben scritta, dove la protagonista – che di se stessa non dice «forse devo mangiare meno», ma si considera proprio fat, grassa, mentre azzanna cupcake nella vasca da bagno – spiega di essersi fatta la maggior parte dei suoi tatuaggi durante il liceo. «Ero molto aumentata di peso molto in fretta», racconta al suo (inadeguato) ragazzo, «i tatuaggi erano il modo per esercitare una forma di controllo sul mio corpo». Ecco, questa è una frase che potreste sentire davvero, a volte detta ridendo, a volte con estrema convinzione. Una cosa “interna”, se volete.
Ma non è di questo che tutti parlano. Di cosa parlano?
1. Il sesso / l’età. Ok, se scrivi una storia su quattro ragazze e invece di chiamarla Quattro ragazze la chiami Ragazze, punto, apri la porta a sgradevoli confronti tra la tua visione di un certo sesso/strato anagrafico e l’estrema diversità interna a quel sesso/strato anagrafico nel mondo reale. Jessica Valenti scrive: «Girls mi ricorda Sex and The City, perché ha la patina e l’ambizione del prodotto ‘avanti’ senza essere minimamente riconoscibile alla maggioranza delle donne». (O, per dirla con un’altra ragazza, stavolta italiana: «Gli unici esseri umani con cui empatizzare sono le comparse per strada in lontananza».) Se il tuo lancio si racchiude in venite a guardare voi stesse in TV, per forza non ci si ritroveranno tutte tutte tutte. Del resto, se io consumassi solo prodotti che “mi rispecchiano” come femmina e come persona, potrei andare al cinema una volta ogni tre anni. E vedrei solo i film dove c’è Marisa Tomei nuda.
2. La razza. A partire da un’osservazione ragionevole («possibile che si mostrino solo ariani in uno show ambientato in una metropoli da dieci milioni di abitanti? Oh che è questo, Friends?»), sono già stati introdotti i seguenti argomenti: «Girls è una serie razzista?», «arriveranno mai delle lesbiche, in Girls?», e soprattutto «le sceneggiatrici di Girls sono razziste?». Va’ a capire se fosse volontario o meno, è passato un messaggio: viva la diversità, purché i corpi appartengano a ragazze bianche, etero, alla moda, giovani.
3. Lo psicodramma collettivo.
E mo’ ci divertiamo.
In un articolo uscito due anni fa, la scrittrice Emily Gould criticava selvaggiamente la politica del corpo impiegata da siti e blog “femministi” per ragione sociale, che guadagnano dalla vendita di spazi pubblicitari, e come strategia acchiappa-accessi creano polemiche continue sull’eccesso di “donne perfette” al cinema e in TV. Avendo lavorato per uno di questi portali, la Gould fu crocifissa in sala mensa e accusata di pugnalare alle spalle il piatto dove mangiava e bla bla bla. E sapete che c’è? Lei aveva ragione. Usava argomenti da insider per raccontare posti che io ho frequentato solo da lettrice, da paio d’occhi e da dita che generano click, e dove è molto frequente usare “anoressica” come sinonimo di “stronza”, o, peggio mi sento, “puttanella“. Lì dentro, perché il sesso a cui appartengo per nascita possa davvero raggiungere la Terra Promessa, dobbiamo affidarci tutte a una figura messianica dai connotati indefiniti ma comunque non magra, altrimenti siamo fottute. Se una donna incarna l’idea di bellezza dominante in una certa estetica, perché così ci è nata o perché considera una priorità per se stessa avvicinarsi a quell’idea di bellezza, la donna è una traditrice, una decerebrata. E di nuovo, comunque, si inchioda «la bellezza» a questione di centimetri, a libbre di carne.
Stiamo attraversando la stessa stagione di isteria dove una commedia modesta ma innocua come Whitney è accusata di riportare i diritti civili indietro di quarant’anni, ma allo stesso tempo la fu icona della bellezza fine e di classe Ashley Judd viene sottoposta a mille analisi spettroscopiche da tinello per stabilire se un certo gonfiore apparso nel suo viso sia la prova provata di un passaggio del bisturi lucente; in fondo lei «non ha più il faccino grazioso che aveva nel 1998». (Testuale, giuro.)
Questa è la parte dove chiedo scusa in anticipo.
L’anoressia è il call center dei disordini alimentari. Tutti sanno cos’è, a grandi linee, tutti concordano nel dire che è una cosa orribile e una piaga della società, e tutti sussurrano poverine all’indirizzo di chi ci si trova dentro. Detto ciò, l’anoressia è solo una nella galleria delle forme di auto-sfruttamento del corpo. La più comune? No, affatto. La più mediatizzata, la più facile da fingere di raccontare in tre minuti? E’ ovvio. (Vedi alla voce: «oddio, la thinsploitation! Siamo tutti condannati!».) Per capirne qualcosa, ho dovuto a. parlare con una che c’è passata (ciao) e b. leggere il libro memoriale di Portia de Rossi (Ally McBeal, Lindsay di Arrested Development), una donna che lavorava con e grazie alla sua bellezza, e intanto si considerava un mostro, odiava ogni parte di sé, si buttava sotto la doccia ripetendo perché io non valgo, eccetera. Però. Classificata alla voce «anoressia», la signora de Rossi soffriva di parecchi disturbi diversi: ha avuto fasi di forte denutrizione, fasi di abbuffate con vomito, fasi di dieta-e-ginnastica praticate in maniera ossessiva… L’unico tratto in comune era un disprezzo furibondo verso se stessa, che lei aveva dentro fin dagli 11-12 anni, ben prima di diventare modella e attrice. Ma per altri è più rapido tirare la croce addosso ai media, perché vedete, l’anoressia. E intanto: bulimia, dismorfismo corporeomangiare in modo compulsivo. Ciao.
Nessuno mi vuole bene a parte Marisa Tomei Nuda.
Prima ho detto «Marisa Tomei nuda» perché stavo pensando a The Wrestler e ho un tatuaggio molto grosso. La verità è che l’esistenza di Marisa Tomei Nuda mi aiuta ogni singolo giorno su questa terra. Non perché lei si spogli a quarant’anni (anche se), e non perché abbia un corpo stupendo (anche se), quanto perché, ed è evidente, lei si piace, nella sua pelle sta bene. Questo è un obiettivo a cui arrivare. Nessuno può dirti come".

mercoledì 2 maggio 2012

L'EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm tratti dai giornali italiani e stranieri

CORRIERE DELLA SERA
"Person of Interest", serie ad incastro di Abrams
"Quando il produttore J. J. Abrams mette il suo nome su un nuovo telefilm, l'attesa è sempre alta. Soprattutto poi se a lavorare con lui ci sono uno sceneggiatore come Jonathan Nolan (che con il fratello regista Christopher ha lavorato a Memento e alla livida saga di Batman nei diversi episodi de Il cavaliere oscuro) e un attore come Michael Emerson, l'imperscrutabile Ben Linus di «Lost». La curiosità per la nuova serie che li vede protagonisti, «Person of interest», era dunque tanta (prima puntata, venerdì ore 21.15 su Premium Crime e in chiaro su Italia 2). Bisogna subito dire che la trama è piuttosto intricata, tanto che lo stesso Abrams ha definito la serie «molto cerebrale». John Reese (Jim Caviezel) vive da senzatetto a New York ma in realtà è un ex agente della CIA, che però tutti credono morto. Sta per toccare il fondo quando lo avvicina Harold Finch, un enigmatico magnate incaricato dal governo USA, dopo l'11 Settembre, di progettare un sofisticato sistema di sorveglianza, la Macchina, capace di intercettare qualsiasi comunicazione audio e riprendere qualunque evento. Nelle maglie della Macchina finiscono i terroristi ma soprattutto criminali comuni, irrilevanti per l' antiterrorismo e il sistema è in grado di segnalare in anticipo i nomi delle persone sospette, le «persons of interest» del titolo. Nessuno può sapere se saranno vittime o delinquenti, né quale reato commetteranno: compito di Reese e Finch è allora quello di sorvegliarle e prevenire il verificarsi del crimine. La serie è interessante proprio per questa sua struttura a incastro, marchio di fabbrica di Abrams, ma soprattutto perché prova a dare forma narrativa ad alcune ossessioni che hanno segnato profondamente l'America dopo gli attacchi alle Torri Gemelle, come la videosorveglianza e la necessità di rinunciare ad alcuni spazi di privacy e libertà per garantire la sicurezza comune".
(Aldo Grasso, 29.04.2012)

lunedì 30 aprile 2012


NEWS - "Fringe" rinnovato per la quinta stagione! E intanto è caccia aperta al finale alternativo della quarta
"Fringe" calerà il pokerissimo! La serie firmata da J.J. Abrams, attualmente in onda su Steel con la quarta stagione inedita ogni lunedì, chiuderà il suo corso con una quinta e conclusiva stagione di 13 episodi. Abrams ha così commentato la notizia: "sono elettrizzato e grato alla Fox - ed ai nostri fan - che hanno reso possibile l’impossibile. Tutti alla Bad Robot (la casa di produzione che realizza la serie, ndr) saremo per sempre in debito con i nostri telespettatori per aver permesso che le avventure della Squadra Fringe non solo continuino, ma che si concludano in maniera adeguata alla serie”. Nel frattempo, occhio all'episodio conclusivo della quarta stagione: in attesa di sapere dell'eventuale rinnovo, la produzione aveva girato due finali diversi (uno nel caso di stop del serial e uno nel caso di avvenuto rinnovo). Tra gli amatori è già caccia al finale che non andrà in onda...

"Il trivial game + divertente dell'anno" (Lucca Comics)

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