Domani (sabato, ore 23) e domenica (ore 14) sarò su @Radio24_news a parlare dei cult #WestWing vs. #HouseOfCards. https://t.co/scMDROdT8s
— Leo Damerini (@LeoDamerini) 2 settembre 2016
venerdì 2 settembre 2016
giovedì 1 settembre 2016
Inviata oggi mail all'assessore @RGuaineri per incontro sulla eventuale 10^ edizione #TelefilmFestival a #Milano.
— Telefilm Festival (@TelefilmFest) 31 agosto 2016
Stay tuned!@ComuneMI
mercoledì 31 agosto 2016
NEWS - La dura vita delle pay tv (in Italia e in Europa). Netflix chiude gli uffici in Francia e in Italia soli 110 mila abbonati dai 280 mila (comunque pochi) della promozione-lancio gratis. Il Bel Paese è la pecora nera del Vecchio Continente, dove c'è spazio per sopravvivere per una sola pay-tv. Eppure nel 2022 gli abbonati mondiali a pagamento saranno oltre 1 miliardo...
Articolo tratto da "Il Sole 24 ore"
La tv a pagamento è la tv del futuro. E' una profezia che da almeno 10 anni il mercato vaticina. Tablet, smartphone e tv che si collegano a internet hanno creato un pubblico sempre più parcelizzato che a ogni ora del giomo vuole vedere i suoi video preferiti. ll grosso di quei video sono il calcio, sport ormai globale e ormai traslocato dalla tv gratuita a quella a pagamento.Tutto vero: due anni fa nel mondo si contavano 900 rnilioni di abbonati alla pay-tv. Tra 6 anni ne1 2022, avranno superato quota 1 miliardo: 1,22 per la precisione (secondo uno studio di SNL Kagan). Una crescita esponenziale e un mercato emorme, ricchissimo; che fa gola. Ma l'Europa (e soprattutto l'Italia) sono lontani da questo Eldorado: nel Vecchio Continente la pay-tv langue e tutti gli operatori fanno fatica. Nel favoloso mondo della tv del futuro non è tutto oro quello che luccica. ll grosso della torta della pay-tv é lontano da qui: l'Asia, e in particolare la Cina, sono i mercati con il più alto numero di abbonati e di tassi di crescita. Ecco il paradosso dell'Europa: con ormai 40 anni di storia alle spalle (la prima pay-tv fu lanciata in Svizzera ne1 1982), a oggi le tv a pagamento contano solo 108 milioni di utenti e soprattutto non cresceranno: 117 milioni nel 2022. Un peso specifico basso, a livello globale (solo il 10% dell'audience stimata nel 2022), drogato peraltro dall'effetto distorsivo della media matematica: si va dall'Italia che è la pecora nera d'Europa, con una percentuale bassissima di abbonati alla pay-tv; alla saturazione di Svezia, Svizzera e Belgio dove praticamente ogni famiglia ha invece la pay-tv in casa (ma sono paesi con una popolazione bassa). Tutti continuano a ripetere che la strada dell'industria tv è sulla pay, che li si sono spostati i contenuti più pregiati (sport, film, reality show e fiction) e li è la torta più ricca del mercato. Sta di fatto, però, che tutte le piattaforme pay, in giro per l'Europa, soffrono: Canal+, la pay-tv di Vivendi che avrebbe dovuto andare in sposa con Mediaset Premium, è quasi in dissesto. I 6 canali pay di Vivendi da 4 anni perdono una montagna di soldi e hanno costi superiori ai ricavi (c'è un buco di 240 milioni già a livello di Mol). Un grosso squilibrio finanziario: a Vivendi la pay tv sul mercato domestico è costata finora la bellezza di 1,5 miliardi, senza un euro di utile. In Italia, invece, il mercato della pay-tv è cosi sottosviluppato che i duopoli non hanno mai funzionato. La storica Tele+, nata nel 1991 come costola di Canal+, e la concorrente Stream si sono fatte laguerra solo per finire entrambe sotto il cappello di Sky (nel 2003) che le ha di fatto salvate dal crac. Ma lo stesso colosso del magnate Rupert Murdoch ha il fiatone: da anni il numero di abbonati è fermo (a metà 2016 sono 4,74 milioni con una lieve imersione di tendenza dopo 5 anni di cali): nel paese non si riesce ad andare oltre un 25% di diffusione della pay-tv (dati di Reportlinker). In un mercato storicamente asfittico, anche Mediaset, nel 2008, è voluta scendere nell'arena della pay tv. Ma a otto anni dal debutto, Premium è in profondo rosso: mai chiuso un bilancio in utile (anche per il maxi-esborso dei diritti per la Champions League) e nel 2015 ha perso 85 milioni. Ancor peggio il 2016, dove a metà anno il rosso è di 60 milioni. La soluzione, dopo almeno due anni di rumors su possibili partner a partire da Al Jazeera fino alla stessa Sky, avrebbe dovuto essere il matrimonio con Vivendi, che però i francesi hanno ripudiato. La verità è che in Europa, c'è spazio per una sola pay-tv in ogni paese. Soprattutto in Italia, che è il fanalino di coda. E proprio su questa constatazione che le banche d'affari caldeggiavano una fusione tra Sky e Premium per riequilibrare un mercato troppo piccolo. Come se non bastasse sulla pay-tv in Europa sono calati pure gli stranieri. E' il caso di Netflix: canale sui
generis, solo via web (tablet o internet tv), ma pur sempre una pay-tv (in diretta concorrenza con altri come Chili Tv, la pay per view (si paga a singoli film e senza abbonamento) dell'ex Fastweb Stefano Parisi, oggi plenipotenziario di Forza Italia. Dopo il clamoroso successo negli Stati Uniti, con l'ormai celeberrima House of Cards, la piattaforma sbarcata in Europa con grandi proclami. Ma la musica non cambia; anche gli americani arrancano nel Vecchio Continente: esdusa l'Inghilterra, dove conta 6 milioni di abbonati, in Europa Netflix continentale ha numeri lillipuziani. In Italia si stima abbia appena 280mila abbonati, dato di inizio 2016, peraltro gonfiato dalle promozioni: gli abbonati reali sarebbero 110mila. Briciole. E pochi giomi fa, l'addio alla Francia. Netffix chiude gli uffici di Parigi (ma continua a offrire i suoi fim e serie) e trasloca nei Paesi Bassi. La dura vita delle pay-tv.
Articolo tratto da "Il Sole 24 ore"
La tv a pagamento è la tv del futuro. E' una profezia che da almeno 10 anni il mercato vaticina. Tablet, smartphone e tv che si collegano a internet hanno creato un pubblico sempre più parcelizzato che a ogni ora del giomo vuole vedere i suoi video preferiti. ll grosso di quei video sono il calcio, sport ormai globale e ormai traslocato dalla tv gratuita a quella a pagamento.Tutto vero: due anni fa nel mondo si contavano 900 rnilioni di abbonati alla pay-tv. Tra 6 anni ne1 2022, avranno superato quota 1 miliardo: 1,22 per la precisione (secondo uno studio di SNL Kagan). Una crescita esponenziale e un mercato emorme, ricchissimo; che fa gola. Ma l'Europa (e soprattutto l'Italia) sono lontani da questo Eldorado: nel Vecchio Continente la pay-tv langue e tutti gli operatori fanno fatica. Nel favoloso mondo della tv del futuro non è tutto oro quello che luccica. ll grosso della torta della pay-tv é lontano da qui: l'Asia, e in particolare la Cina, sono i mercati con il più alto numero di abbonati e di tassi di crescita. Ecco il paradosso dell'Europa: con ormai 40 anni di storia alle spalle (la prima pay-tv fu lanciata in Svizzera ne1 1982), a oggi le tv a pagamento contano solo 108 milioni di utenti e soprattutto non cresceranno: 117 milioni nel 2022. Un peso specifico basso, a livello globale (solo il 10% dell'audience stimata nel 2022), drogato peraltro dall'effetto distorsivo della media matematica: si va dall'Italia che è la pecora nera d'Europa, con una percentuale bassissima di abbonati alla pay-tv; alla saturazione di Svezia, Svizzera e Belgio dove praticamente ogni famiglia ha invece la pay-tv in casa (ma sono paesi con una popolazione bassa). Tutti continuano a ripetere che la strada dell'industria tv è sulla pay, che li si sono spostati i contenuti più pregiati (sport, film, reality show e fiction) e li è la torta più ricca del mercato. Sta di fatto, però, che tutte le piattaforme pay, in giro per l'Europa, soffrono: Canal+, la pay-tv di Vivendi che avrebbe dovuto andare in sposa con Mediaset Premium, è quasi in dissesto. I 6 canali pay di Vivendi da 4 anni perdono una montagna di soldi e hanno costi superiori ai ricavi (c'è un buco di 240 milioni già a livello di Mol). Un grosso squilibrio finanziario: a Vivendi la pay tv sul mercato domestico è costata finora la bellezza di 1,5 miliardi, senza un euro di utile. In Italia, invece, il mercato della pay-tv è cosi sottosviluppato che i duopoli non hanno mai funzionato. La storica Tele+, nata nel 1991 come costola di Canal+, e la concorrente Stream si sono fatte laguerra solo per finire entrambe sotto il cappello di Sky (nel 2003) che le ha di fatto salvate dal crac. Ma lo stesso colosso del magnate Rupert Murdoch ha il fiatone: da anni il numero di abbonati è fermo (a metà 2016 sono 4,74 milioni con una lieve imersione di tendenza dopo 5 anni di cali): nel paese non si riesce ad andare oltre un 25% di diffusione della pay-tv (dati di Reportlinker). In un mercato storicamente asfittico, anche Mediaset, nel 2008, è voluta scendere nell'arena della pay tv. Ma a otto anni dal debutto, Premium è in profondo rosso: mai chiuso un bilancio in utile (anche per il maxi-esborso dei diritti per la Champions League) e nel 2015 ha perso 85 milioni. Ancor peggio il 2016, dove a metà anno il rosso è di 60 milioni. La soluzione, dopo almeno due anni di rumors su possibili partner a partire da Al Jazeera fino alla stessa Sky, avrebbe dovuto essere il matrimonio con Vivendi, che però i francesi hanno ripudiato. La verità è che in Europa, c'è spazio per una sola pay-tv in ogni paese. Soprattutto in Italia, che è il fanalino di coda. E proprio su questa constatazione che le banche d'affari caldeggiavano una fusione tra Sky e Premium per riequilibrare un mercato troppo piccolo. Come se non bastasse sulla pay-tv in Europa sono calati pure gli stranieri. E' il caso di Netflix: canale sui
generis, solo via web (tablet o internet tv), ma pur sempre una pay-tv (in diretta concorrenza con altri come Chili Tv, la pay per view (si paga a singoli film e senza abbonamento) dell'ex Fastweb Stefano Parisi, oggi plenipotenziario di Forza Italia. Dopo il clamoroso successo negli Stati Uniti, con l'ormai celeberrima House of Cards, la piattaforma sbarcata in Europa con grandi proclami. Ma la musica non cambia; anche gli americani arrancano nel Vecchio Continente: esdusa l'Inghilterra, dove conta 6 milioni di abbonati, in Europa Netflix continentale ha numeri lillipuziani. In Italia si stima abbia appena 280mila abbonati, dato di inizio 2016, peraltro gonfiato dalle promozioni: gli abbonati reali sarebbero 110mila. Briciole. E pochi giomi fa, l'addio alla Francia. Netffix chiude gli uffici di Parigi (ma continua a offrire i suoi fim e serie) e trasloca nei Paesi Bassi. La dura vita delle pay-tv.
News: #CriminalMinds Shocker, Paget Brewster Is Returning as a Series Regular.https://t.co/bgBRSuatXQ via @TVGuide
— AccademiaTelefilm (@AcademyTelefilm) 30 agosto 2016
martedì 30 agosto 2016
GOSSIP - Dacci un taglio, Gina! La Rodriguez si rasa la crapa e dà fuori di testa: "i latini hanno messo Obama alla Casa Bianca e possiamo impedire a Trump di entrarci!"
Gina Rodriguez looks totally badass and beautiful on the new September 2016 cover of Latina magazine. Here’s what the 32-year-old Jane the Virgin star had to share with the mag:
On Latinas in Hollywood: “We are definitely helping one another. One thing that I love about Jewish culture is that anthill effect. Every ant brings food to the anthill and everybody eats. Sadly our culture has been living the crab-in-the-barrel effect. We’re so afraid there isn’t enough room for all of us that we fight to get to the top. We don’t need to do that. There’s room for all of us. We’re stronger in numbers. As Latinos, we put Barack [Obama] in office. We could do the same in making sure that Donald Trump doesn’t get in office. We are that strong.”
On shaving her head for a role: “I think it all plays into the idea of being your own hero and not feeling like you have to live up to other people’s expectations. I am not my beauty. Who I am is not my f-cking hair, and to be an actor is to transform. To represent a community is to commit, to give my entire all. So if I’m going to represent Latinos in the industry and in art, if I’m going to represent my little cousins in Chicago, they’re going to know that I went full out. Who are we afraid of? What are we afraid of? The worst thing that can happen is we die. Anything else you can handle.”
Gina Rodriguez looks totally badass and beautiful on the new September 2016 cover of Latina magazine. Here’s what the 32-year-old Jane the Virgin star had to share with the mag:
On Latinas in Hollywood: “We are definitely helping one another. One thing that I love about Jewish culture is that anthill effect. Every ant brings food to the anthill and everybody eats. Sadly our culture has been living the crab-in-the-barrel effect. We’re so afraid there isn’t enough room for all of us that we fight to get to the top. We don’t need to do that. There’s room for all of us. We’re stronger in numbers. As Latinos, we put Barack [Obama] in office. We could do the same in making sure that Donald Trump doesn’t get in office. We are that strong.”
On shaving her head for a role: “I think it all plays into the idea of being your own hero and not feeling like you have to live up to other people’s expectations. I am not my beauty. Who I am is not my f-cking hair, and to be an actor is to transform. To represent a community is to commit, to give my entire all. So if I’m going to represent Latinos in the industry and in art, if I’m going to represent my little cousins in Chicago, they’re going to know that I went full out. Who are we afraid of? What are we afraid of? The worst thing that can happen is we die. Anything else you can handle.”
News: #PrettyLittleLiars To End With Season 7.https://t.co/C5OlMQjyoc via @deadline #PLL
— AccademiaTelefilm (@AcademyTelefilm) 29 agosto 2016
News: #Grimm canceled by #NBC after upcoming final season.https://t.co/ly7dmbSrLK via @EW
— AccademiaTelefilm (@AcademyTelefilm) 29 agosto 2016
News: #TNT Orders #LettheRightOneIn Vampire Pilot from #TeenWolf Creator.https://t.co/CDcMTnCh0e via @variety
— AccademiaTelefilm (@AcademyTelefilm) 29 agosto 2016
lunedì 29 agosto 2016
NEWS - L'Elba di un nuovo "Luther"? L'attore-deejay-aspirantenuovo007 annuncia su twitter che ci sono buone chance per rivedere la serie cult. E intanto s'inventa (o meglio: torna a fare il) pugile in un docu-serial
(ANSA) - LOS ANGELES - C'e' chi usa il "metodo" per entrare nella parte. Idris Elba e' andato oltre. L'attore inglese di Prometeus, Thor e Star Trek, nonchè di Luther e The Wire, si e' allenato per diventare un kickboxer professionista, peso massimo, davanti alle telecamere del programma 'Idris Elba: fighter', la cui realizzazione e' stata annunciata nell'ambito del festival della televisione di Edimburgo, in corso di svolgimento in Scozia. Niente copione, niente recitazione, le telecamere DMax, canale 52 del gruppo Discovery Italia dalla primavera del 2017, e' stata filmata nel corso di uno spazio temporale di un anno e sara' composta da tre puntate da sessanta minuti, che racconteranno il percorso dell'attore nel mondo del pugilato professionale, le riprese mostreranno i veri allenamenti e i veri combattimenti dell'attore e atleta, sudore, sangue e fatica compresi. Allenato da pugili professionisti Elba, 44 anni a settembre, non era comunque nuovo alla disciplina. A vent'anni infatti, per qualche tempo, si era allenato a scopo ricreativo ma non aveva mai partecipato a gare. "Eppure e' una aspirazione che ho da molto tempo - dice l'attore che della serie e' anche produttore - salire su un ring per mettermi alla prova e' una di quelle esperienze che volevo fare. Ho cambiato completamente il mio stile di vita per partecipare a questo progetto. E' stato faticoso e impegnativo ma sono orgoglioso del percorso fatto e del risultato". Gli spettatori avranno la possibilità di vedere e conoscere Idris Elba come uomo e non come attore, in un esperimento che mostrerà al pubblico ciò che gli dà grinta, le sue aspirazioni di vita e le sfide che vuole affrontare e vincere.Big chance. Watch this space..🕶 https://t.co/XbLuK5Fwww— Idris Elba (@idriselba) 28 agosto 2016
Tutte le #serietv della nuova stagione Usa giorno per giorno, rete per rete, ora per ora.https://t.co/JJToaSTgjI @TVGuide
— AccademiaTelefilm (@AcademyTelefilm) 28 agosto 2016
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