NEWS - La dura vita delle pay tv (in Italia e in Europa). Netflix chiude gli uffici in Francia e in Italia soli 110 mila abbonati dai 280 mila (comunque pochi) della promozione-lancio gratis. Il Bel Paese è la pecora nera del Vecchio Continente, dove c'è spazio per sopravvivere per una sola pay-tv. Eppure nel 2022 gli abbonati mondiali a pagamento saranno oltre 1 miliardo...
Articolo tratto da "Il Sole 24 ore"
La tv a pagamento è la tv del futuro. E' una profezia che da almeno 10 anni il
mercato vaticina. Tablet, smartphone e tv che si collegano a internet hanno creato
un pubblico sempre più parcelizzato che a ogni ora del
giomo vuole vedere i suoi video preferiti. ll grosso di quei video
sono il calcio, sport ormai globale e ormai traslocato dalla tv gratuita
a quella a pagamento.Tutto vero: due anni fa nel mondo si
contavano 900 rnilioni di abbonati alla pay-tv. Tra 6 anni ne1 2022,
avranno superato quota 1 miliardo: 1,22 per la precisione
(secondo uno studio di SNL Kagan). Una crescita esponenziale e un mercato
emorme, ricchissimo; che fa gola. Ma l'Europa (e soprattutto l'Italia) sono lontani
da questo Eldorado: nel Vecchio Continente la pay-tv
langue e tutti gli operatori fanno fatica. Nel favoloso mondo della
tv del futuro non è tutto oro quello che luccica. ll grosso della torta
della pay-tv é lontano da qui: l'Asia, e in particolare la Cina, sono
i mercati con il più alto numero di abbonati e di tassi di crescita. Ecco
il paradosso dell'Europa: con ormai 40 anni di storia alle spalle
(la prima pay-tv fu lanciata in Svizzera ne1 1982), a oggi le tv a
pagamento contano solo 108 milioni di utenti e soprattutto non cresceranno: 117
milioni nel 2022. Un peso specifico basso, a livello globale (solo il 10% dell'audience stimata nel 2022), drogato
peraltro dall'effetto distorsivo della media matematica: si va
dall'Italia che è la pecora nera d'Europa, con una percentuale bassissima
di abbonati alla pay-tv; alla saturazione di Svezia, Svizzera e Belgio dove
praticamente ogni famiglia ha invece la pay-tv in casa (ma sono paesi con
una popolazione bassa). Tutti continuano a ripetere che la strada
dell'industria tv è sulla pay, che li si sono spostati i contenuti più pregiati (sport, film, reality show e fiction) e li è la torta più ricca
del mercato. Sta di fatto, però, che tutte le piattaforme pay, in giro
per l'Europa, soffrono: Canal+, la pay-tv di Vivendi che avrebbe dovuto
andare in sposa con Mediaset Premium, è quasi in dissesto. I 6 canali
pay di Vivendi da 4 anni perdono una montagna di soldi e hanno costi
superiori ai ricavi (c'è un buco di 240 milioni già a livello di Mol). Un grosso
squilibrio finanziario: a Vivendi la pay tv sul mercato domestico è
costata finora la bellezza di 1,5 miliardi, senza un euro di utile. In
Italia, invece, il mercato della pay-tv è cosi sottosviluppato che i
duopoli non hanno mai funzionato. La storica Tele+, nata nel 1991 come costola
di Canal+, e la concorrente Stream si sono fatte laguerra solo per
finire entrambe sotto il cappello di Sky (nel 2003) che le ha
di fatto salvate dal crac. Ma lo stesso colosso del magnate Rupert Murdoch
ha il fiatone: da anni il numero di abbonati è fermo (a metà 2016 sono 4,74 milioni con una lieve imersione di tendenza dopo 5 anni di cali):
nel paese non si riesce ad andare oltre un 25% di diffusione della
pay-tv (dati di Reportlinker). In un mercato storicamente asfittico,
anche Mediaset, nel 2008, è voluta scendere nell'arena della pay tv. Ma a
otto anni dal debutto, Premium è in profondo rosso: mai chiuso un
bilancio in utile (anche per il maxi-esborso dei diritti per la Champions
League) e nel 2015 ha perso 85 milioni. Ancor peggio il 2016, dove a
metà anno il rosso è di 60 milioni. La soluzione, dopo almeno due anni
di rumors su possibili partner a partire da Al Jazeera
fino alla stessa Sky, avrebbe dovuto essere il matrimonio con Vivendi,
che però i francesi hanno ripudiato. La verità è che in Europa, c'è spazio per
una sola pay-tv in ogni paese. Soprattutto in Italia, che è il fanalino di coda. E proprio su questa constatazione che le banche d'affari caldeggiavano una
fusione tra Sky e Premium per riequilibrare un mercato troppo piccolo.
Come se non bastasse sulla pay-tv in Europa sono calati pure gli stranieri. E'
il caso di Netflix: canale sui
generis, solo via web (tablet o internet tv),
ma pur sempre una pay-tv (in diretta concorrenza con altri come Chili Tv, la pay per view (si paga a singoli
film e senza abbonamento) dell'ex Fastweb Stefano Parisi, oggi
plenipotenziario di Forza Italia. Dopo il clamoroso successo negli
Stati Uniti, con l'ormai celeberrima House of Cards, la piattaforma sbarcata
in Europa con grandi proclami. Ma la musica non cambia; anche gli
americani arrancano nel Vecchio Continente: esdusa l'Inghilterra, dove
conta 6 milioni di abbonati, in Europa Netflix continentale ha numeri
lillipuziani. In Italia si stima abbia appena 280mila abbonati, dato di
inizio 2016, peraltro gonfiato dalle promozioni: gli abbonati reali
sarebbero 110mila. Briciole. E pochi giomi fa, l'addio
alla Francia. Netffix chiude gli uffici di Parigi (ma continua a offrire i
suoi fim e serie) e trasloca nei Paesi Bassi. La dura vita delle pay-tv.
mercoledì 31 agosto 2016
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