Stracult, senza alcun dubbio stavolta, l’irriverente Shameless US, l’ennesimo gioiello firmato Showtime, dopo perle quali Weeds, Dexter, The Big C e Homeland, solo per citarne alcuni. La serie, basata sull’omonima brittanica ideata da Paul Abbot, è partita questa settimana negli USA con la seconda stagione, che viste le premesse, promette fuochi d’artificio. Sullo sfondo di una Chicago suburbana, i protagonisti sono i Gallagher, una famiglia fuori dagli schemi, forse la più insolente, sfrontata, politicamente scorretta degli ultimi tempi sul piccolo schermo. Lo straordinario William H. Macy nel ruolo di Frank, padre alcolizzato e scapestrato, è circondato da un cast di attori altrettanto validi, a partire dai più giovani fino ad arrivare a volti noti del cinema, come Emma Rossin, nei panni della favolosa Fiona, e Joan Cusack. Cinica, dissacrante e spesso condita da un umorismo nero, Shameless è senza dubbio una delle migliori novità dello scorso anno, e l’inizio della nuova stagione, non fa che confermare le aspettative di pubblico e critica. Sul filo della dramedy, retta da una sceneggiatura solida e ben strutturata, con i 12 episodi previsti per il 2012 ha la possibilità di confermarsi punta di diamante nel network per questa stagione televisiva.
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Stracotta della settimana, la (pseudo) sitcom targata Fox, I Hate My Teenage Daughter, per nulla convincente e soprattutto poco divertente sin dall’inizio. Annie (Jaime Pressly, My Name is Earl) seria, cattolica e rigorosa, e Nikki (Kati Finneran) ex adolescente obesa e infelice, vogliono disperatamente recuperare il rapporto con le loro figlie teenager, due vere mean girls: popolari, viziate e capricciose, odiose come poche e stereotipate al massimo. Il confronto tra le due generazioni però, non regge e non fa ridere: troppe situazioni estremizzate e gag banali e dal punto di vista narrativo, il nulla.
L’idea alla base tutto sommato sembrava buona, ma la verità nuda e cruda è che le sceneggiatrici Sherry Bilsing e Ellen Kreamer non si sono rivelate capaci di creare personaggi interessanti ed esilaranti coi quali identificarsi: le quattro protagoniste non sono spiritose, non suscitano curiosità nello spettatore, né simpatia.
Di fronte a questa “sitcom” si resta impassibili, indifferenti e perplessi: mancano humor e cinismo, e soprattutto quel pizzico di coraggio che dia un senso al titolo, perché di quell’odio, non ce n’è neanche l’ombra! Ogni episodio si conclude con un melenso lieto fine con tanto di morale, e l’obiettivo di portare in scena i conflitti generazionali riletti in chiave comica, fallisce miseramente, perché di comico non c’è davvero niente. Una serie totalmente priva di personalità.