SGUARDO FETISH - American Horror Levi's!
sabato 28 novembre 2015
venerdì 27 novembre 2015
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
Con "Narcos" il gangster-movie diventa serial
CORRIERE DELLA SERA
Con "Narcos" il gangster-movie diventa serial
"Netflix è
sbarcato in Italia da poche settimane e ha già avuto il merito di
portarci la serie più interessante di questo periodo, «Narcos», una
produzione originale della piattaforma americana che si inserisce in una
proposta ormai varia e ricca di titoli inediti (come anche
«Bloodline»). Siamo in Colombia, tra gli anni 70 e 80:
Pablo Escobar sta costruendo le fondamenta del suo impero milionario
sul narcotraffico, produzione e distribuzione di cocaina tra Sud America
e Usa. Mentre viene braccato da autorità colombiane e squadre speciali
di «gringos», agenti Usa, si lascia alle spalle una poderosa scia di
sangue (il numero di morti di quel periodo fa pensare a una vera e
propria guerra civile). Escobar non è stato solo un trafficante, ma una
figura di criminale diventata leggendaria, al centro di una mitologia
costruita sulla dismisura di denaro, che la serie esibisce di continuo, e
sull’uso spietato della violenza, oltre che su alcuni contraddittorii
ideali da Robin Hood. «Narcos» racconta la sua storia,
dai primi passi come piccolo contrabbandiere a ricercato capace di
imporre le sue regole ai fragili governi colombiani. Lo fa con uno stile
che raccoglie e rilancia le migliori tendenze del racconto
contemporaneo. La serie è pervasa da una forte vena documentaristica che
traspare nell’accuratezza della ricostruzione del periodo, nella piena
aderenza alla realtà dei fatti (spesso si utilizzano immagini e altre
fonti originali), trasformati in narrazione senza virarli in melodramma.
Pablo ha la statura dell’eroe negativo ma a differenza di quanto
avviene in altre serie con lui non si empatizza: vediamo la sua umanità
con la famiglia ma non gli vengono mai fatti sconti narrativi, non c’è
indulgenza. Anzi proprio il contrasto tra persona pubblica e privata lo rende più imperdonabile. Grazie all’ibridazione con i codici del documentario, «Narcos» porta il gangster movie a un livello più raffinato e complesso". (Aldo Grasso, 21.11.2015)
giovedì 26 novembre 2015
GOSSIP - Lady Gaga: "Non fate guardare 'American Horror Story' a Tony Bennett!" (in effetti rischia l'infarto, al pari di quando la vedesse vestita come ieri a Londra...)
Lady Gaga shows off lots of thigh and some fun shades while leaving her hotel on Wednesday (November 25) in London, England. It was recently revealed that the 29-year-old superstar banned her jazz duet partner Tony Bennett from seeing her season of American Horror Story: Hotel. “Gaga told me, ‘Don’t let Tony watch it!’” Tony‘s wife Susan told People. “I told Gaga I was watching it and she said, ‘Please don’t let Tony see it – I’m serious! Don’t let him watch it!’ And now that I’ve seen some of it I’m like, ‘Oh, I understand!’”. They have a very good relationship,” Susan added “We love Gaga.”
Lady Gaga shows off lots of thigh and some fun shades while leaving her hotel on Wednesday (November 25) in London, England. It was recently revealed that the 29-year-old superstar banned her jazz duet partner Tony Bennett from seeing her season of American Horror Story: Hotel. “Gaga told me, ‘Don’t let Tony watch it!’” Tony‘s wife Susan told People. “I told Gaga I was watching it and she said, ‘Please don’t let Tony see it – I’m serious! Don’t let him watch it!’ And now that I’ve seen some of it I’m like, ‘Oh, I understand!’”. They have a very good relationship,” Susan added “We love Gaga.”
mercoledì 25 novembre 2015
SGUARDO FETISH - A(m)mazon, che campagna pubblicitaria! Per "The Man in the High Castle" brandizzata la metro di NY con croci di ferro naziste
News tratta dal "Daily Mail"
I pendolari di New York che sono saliti in metropolitana questa mattina hanno trovato l’interno dei vagoni tappezzato di simboli nazisti e da bandiere dell’impero giapponese. I sedili dello shuttle che porta dalla 42esima a Times Square sono stati infatti decorati per promuovere “The man in the high castle”, la nuova serie di Amazon ambientata in un 1962 alternativo con il mondo governato dai nazisti. “Metà dei sedili sono stati rivestiti con un’aquila e la croce di ferro dentro la bandiera americana mentre l’altra fila con la bandiera giapponese che ricorda quella usata durante la seconda guerra mondiale”, ha detto Ann Toback dopo aver preso il treno per andare al lavoro. “Alla fine ho scelto di sedermi sui simboli nazisti perché non sopportavo di averli sotto gli occhi”. “The man in the castle” è basato su un romanzo di Philip K. Dick del 1962 nel quale l’America degli anni ’60 è in mano ai nazisti e ai giapponesi. Adam Lisberg, un portavoce dell’azienda che gestisce la metro di New York, ha spiegato che sebbene le politiche dell’MTA vietino di fare propaganda politica, in questo caso ad essere pubblicizzato è semplicemente uno programma televisivo. Per la lega regionale anti-diffamazione di New York, però, “la pubblicità è troppo decontestualizzata e i simboli nazisti associati alla bandiera americana possono essere offensivi. In televisione – spiega Evan Bernstein - sono accettabili perché si parla appunto degli Stati Uniti sotto il controllo nazista, ma qui manca un collegamento evidente con la serie”.
News tratta dal "Daily Mail"
I pendolari di New York che sono saliti in metropolitana questa mattina hanno trovato l’interno dei vagoni tappezzato di simboli nazisti e da bandiere dell’impero giapponese. I sedili dello shuttle che porta dalla 42esima a Times Square sono stati infatti decorati per promuovere “The man in the high castle”, la nuova serie di Amazon ambientata in un 1962 alternativo con il mondo governato dai nazisti. “Metà dei sedili sono stati rivestiti con un’aquila e la croce di ferro dentro la bandiera americana mentre l’altra fila con la bandiera giapponese che ricorda quella usata durante la seconda guerra mondiale”, ha detto Ann Toback dopo aver preso il treno per andare al lavoro. “Alla fine ho scelto di sedermi sui simboli nazisti perché non sopportavo di averli sotto gli occhi”. “The man in the castle” è basato su un romanzo di Philip K. Dick del 1962 nel quale l’America degli anni ’60 è in mano ai nazisti e ai giapponesi. Adam Lisberg, un portavoce dell’azienda che gestisce la metro di New York, ha spiegato che sebbene le politiche dell’MTA vietino di fare propaganda politica, in questo caso ad essere pubblicizzato è semplicemente uno programma televisivo. Per la lega regionale anti-diffamazione di New York, però, “la pubblicità è troppo decontestualizzata e i simboli nazisti associati alla bandiera americana possono essere offensivi. In televisione – spiega Evan Bernstein - sono accettabili perché si parla appunto degli Stati Uniti sotto il controllo nazista, ma qui manca un collegamento evidente con la serie”.
martedì 24 novembre 2015
GOSSIP - Lizzy-Arrizza Caplan su "Malibu": "vado su Tinder per spiare i profili altrui"!
Lizzy Caplan relaxes poolside in this brand new feature from Malibu magazine’s December 2015 issue. Here’s what the 33-year-old Masters of Sex star had to share with the mag:
On if she draws from anything in real life when creating characters: “Not really. I mean, to some extent, sure. It’s our job to portray people who are not ourselves, so we need to pay attention to how people who are not ourselves are existing in the world. But, for me, it usually starts with putting myself in the situation and thinking about how I’d react. I’m pretty good at this point at putting myself in somebody else’s shoes and knowing how she would behave.”
On if she’s tempted to join social media: “I do look at other people’s social media sites. And I’m a really big fan of looking at other people’s Tinder and swiping for them, because I think that’s so strange and odd. But for me personally, there’s no temptation. It’s probably a combination of things. I have reasons for staying off, for personal as well as professional reasons. But more than that, there’s something about turning your friends or anybody you know into your audience that doesn’t sit well for me. I always found it strange that you’re creating essentially an advertisement for your life”. For more from Lizzy, visit MalibuMag.com.
Lizzy Caplan relaxes poolside in this brand new feature from Malibu magazine’s December 2015 issue. Here’s what the 33-year-old Masters of Sex star had to share with the mag:
On if she draws from anything in real life when creating characters: “Not really. I mean, to some extent, sure. It’s our job to portray people who are not ourselves, so we need to pay attention to how people who are not ourselves are existing in the world. But, for me, it usually starts with putting myself in the situation and thinking about how I’d react. I’m pretty good at this point at putting myself in somebody else’s shoes and knowing how she would behave.”
On if she’s tempted to join social media: “I do look at other people’s social media sites. And I’m a really big fan of looking at other people’s Tinder and swiping for them, because I think that’s so strange and odd. But for me personally, there’s no temptation. It’s probably a combination of things. I have reasons for staying off, for personal as well as professional reasons. But more than that, there’s something about turning your friends or anybody you know into your audience that doesn’t sit well for me. I always found it strange that you’re creating essentially an advertisement for your life”. For more from Lizzy, visit MalibuMag.com.
lunedì 23 novembre 2015
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
Con "100 Code" un altro tassello al "nordic crime"
"Pioggia incessante, luci fredde, boschi ai margini delle città, strade pulite e case ordinate, ma proprio per questo parecchio inquietanti: è l’ambientazione comune a un intero filone di romanzi e serie televisive dal successo recente, raccolto sotto il nome di «nordic crime», noir o thriller scandinavo. Adesso, con «100 Code» (prima su Infinity, e ora su Premium Crime, ogni martedì, dalle 21.15), a questo insieme di narrazioni si aggiunge un tassello ulteriore. Tratta da un romanzo dell’irlandese Ken Bruen, e scritta e adattata da Bobby Moresco, la serie è una coproduzione svedese e tedesca che cerca però di rivolgersi a un pubblico più ampio, europeo e persino americano. Tommy Conley (Dominic Monaghan, che ci ricordiamo bene come Charlie in «Lost») è un detective newyorkese che approda a Stoccolma sulle tracce di un pericoloso serial killer. Mikael Eklund (Michael Nyqvist) è il poliziotto svedese, alle soglie della pensione, che si trova costretto a seguirlo nella sua indagine. I due protagonisti sono entrambi scontrosi e introversi, hanno oscuri segreti nel loro passato, e inevitabilmente il loro rapporto diventa subito uno scontro non solo tra caratteri ma tra culture e modi di procedere differenti. A tenerli uniti è la caccia a un criminale che si ispira alla mitologia greca, ad Ade e a Proserpina, e che nei mesi invernali uccide giovani ragazze bionde e le seppellisce a coppie vicino all’acqua, sotto agli asfodeli. Più che il racconto in sé, abbastanza classico, è interessante l’aspetto produttivo. Da un lato, per lo scarto linguistico costante tra la lingua principale e lo svedese, che mette in scena una costante dinamica di esclusione e doppiezza. Dall’altro, per la qualità visiva, la ricerca di inquadrature a effetto, il gusto dei campi lunghi su Stoccolma: come già ne «Les Revenants», la cura formale è ormai la vera «lingua comune» che permette ai programmi di circolare attraverso le frontiere". (Aldo Grasso, 19.11.2015)
CORRIERE DELLA SERA
Con "100 Code" un altro tassello al "nordic crime"
"Pioggia incessante, luci fredde, boschi ai margini delle città, strade pulite e case ordinate, ma proprio per questo parecchio inquietanti: è l’ambientazione comune a un intero filone di romanzi e serie televisive dal successo recente, raccolto sotto il nome di «nordic crime», noir o thriller scandinavo. Adesso, con «100 Code» (prima su Infinity, e ora su Premium Crime, ogni martedì, dalle 21.15), a questo insieme di narrazioni si aggiunge un tassello ulteriore. Tratta da un romanzo dell’irlandese Ken Bruen, e scritta e adattata da Bobby Moresco, la serie è una coproduzione svedese e tedesca che cerca però di rivolgersi a un pubblico più ampio, europeo e persino americano. Tommy Conley (Dominic Monaghan, che ci ricordiamo bene come Charlie in «Lost») è un detective newyorkese che approda a Stoccolma sulle tracce di un pericoloso serial killer. Mikael Eklund (Michael Nyqvist) è il poliziotto svedese, alle soglie della pensione, che si trova costretto a seguirlo nella sua indagine. I due protagonisti sono entrambi scontrosi e introversi, hanno oscuri segreti nel loro passato, e inevitabilmente il loro rapporto diventa subito uno scontro non solo tra caratteri ma tra culture e modi di procedere differenti. A tenerli uniti è la caccia a un criminale che si ispira alla mitologia greca, ad Ade e a Proserpina, e che nei mesi invernali uccide giovani ragazze bionde e le seppellisce a coppie vicino all’acqua, sotto agli asfodeli. Più che il racconto in sé, abbastanza classico, è interessante l’aspetto produttivo. Da un lato, per lo scarto linguistico costante tra la lingua principale e lo svedese, che mette in scena una costante dinamica di esclusione e doppiezza. Dall’altro, per la qualità visiva, la ricerca di inquadrature a effetto, il gusto dei campi lunghi su Stoccolma: come già ne «Les Revenants», la cura formale è ormai la vera «lingua comune» che permette ai programmi di circolare attraverso le frontiere". (Aldo Grasso, 19.11.2015)
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