L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
RIVISTA STUDIO
Ecco perchè "Better Call Saul" è una bomba!
"Produrre uno spin-off di discreto successo a partire da una serie Tv di enorme successo è molto difficile – mi viene in mente Frasier, spin-off di Cheers, e pochi altri, se escludiamo i vari Law & Order
et similia. Il rapporto derivativo tra le due opere si fa gerarchico e
il confronto impietoso. Non si può guardare uno spin-off senza
ricondurlo continuamente all’originale, pratica che diventa ossessiva
per i fan della serie che si sentono traditi per principio: sperano da
un lato di ritrovare la grandezza precedente e, dall’altro, godono della
consapevolezza che non la ritroveranno mai. Guardare uno spin-off
rappresenta, per lo spettatore, la riconferma della superiorità della
serie madre e questo sguardo, questo accesso allo spin-off, lo deteriora
e lo rende incapace, per definizione, di raggiungere le vette già
conquistate in precedenza.
Più la serie di riferimento è importante, più lo spin-off tenderà al disastro. Gli esempi sono tanti, da 90210 di Beverly Hills a Joey di Friends passando per The Cleveland Show di Family Guy e per lo storico Baywatch Nights.
Tutti funzionano più o meno allo stesso modo: mantengono
l’ambientazione, l’estetica e la poetica della serie originale prendendo
un personaggio minore e rendendolo protagonista della narrazione. E,
spesso e volentieri, vengono malissimo perché, di fatto, non sono altro
che un tentativo, il più delle volte maldestro o puramente commerciale,
di speculare sul successo delle serie maggiori: #sixseasonsandaspinoff.
Bene. E Better Call Saul, lo spin-off di Breaking Bad, com’è? Be’, Better Call Saul
è una bomba, e non perché riesce a ricreare l’atmosfera di BB e
restituircela attraverso modulazioni della sua poetica. No, BCS è una
bomba proprio perché non è lo spin-off di BB. Vince Gilligan, la cui
genialità evidentemente non si limita alla capacità di scrittura e
inventiva, ha capito benissimo che la strada derivativa si sarebbe
rivelata una dead end e ha pensato di fare qualcosa d’altro.
Non un sequel e nemmeno un prequel, ché Walter White sarebbe entrato
nell’empire business anche senza Saul. BCS è un’ulteriore stagione di BB
in tono minore e la dinamica che si instaura tra le due serie non è
gerarchica o derivativa ma di continuità. Vince Gilligan deve aver letto
i pensatori francesi Gilles Deleuze e Felix Guattari, o almeno deve
aver ragionato come loro, quando se l’è inventata. Ecco perché.
Deleuze e Guattari hanno scritto un libro enorme che si intitola: Kafka. Per una letteratura minore.
L’idea è a suo modo semplice, ma di quelle che ti cambiano la testa per
sempre, se la leggi per la prima volta a 22 anni e fai una facoltà che
ti permette di bere molto vino tutte le sere: una letteratura minore non
è la letteratura di una lingua minore ma quella che una minoranza fa in
una lingua maggiore. Kafka era un ebreo di Praga, minoranza se ce n’è
una, che scriveva in tedesco, lingua maggiore se ce n’è una. L’aggettivo
«minore», in questo caso, non ha nulla a che vedere con il suo
significato comune e peggiorativo. Una letteratura minore, o una
serialità minore, non sono “peggio” dei corrispettivi maggiori;
piuttosto sono diverse, il risultato di un’impossibilità. E allora?
Allora prendi un personaggio minore, James M. McGill aka Saul Goodman,
lo cali in un universo maggiore, l’Albuquerque di Breaking Bad, e vedi che cosa succede. Secondo me, succedono tre cose".
Per scoprirle, vai a questo LINK.
Commento di Jacopo Cirillo, 18.03.2015
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mercoledì 25 marzo 2015
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mercoledì 16 ottobre 2013
sabato 10 ottobre 2009

(ANSA) - ROMA, 8 OTT - Ventinove anni fa, grazie alle storie di liceali aspiranti artisti talentuosi e problematici, e alle note della colonna sonora di Michael Gore premiata con l'Oscar, come 'Fame', la canzone portante, Saranno Famosi di Alan Parker, e' diventato un cult. Status confermato dall'omonima serie televisiva nata due anni dopo, in onda per cinque stagioni e venduta in tutto il mondo. Oggi in pieno furore di High School Musical e talent show, Fame - Saranno famosi, torna con un remake, opera prima del coreografo di Britney Spears, Kevin
Tancharoen, classe 1984, in uscita domani in circa 300 - 350 copie distribuito da Key Films. ''Non volevamo imitare pedissequamente il film originale, ma che i personaggi fossero nuovi e moderni. Quando Alan Parker ha fatto il primo film il tipo di fama era probabilmente piu' legato al talento di quanto non lo sia oggi - spiega il produttore Tom Rosenberg nelle note di produzione -. Questo e' ancora vero, ma oggi l'idea che si possa diventare una celebrita' senza avere talento e' piuttosto diffusa''. Per Rosenberg ''chiunque abbia una pagina personale o faccia parte di un social network diventa immediatamente 'famoso', e chiunque abbia una telecamera in mano e' un potenziale regista. Quindi, come nel film originale, l'idea centrale e' quella di mostrare come solo dalla costanza e dal talento possa nascere un vero artista''. Il remake paga pegno al film originale e alla serie, annoverando nel cast, nel ruolo di preside della New York City High School of Performing Arts, Debbie Allen, grande coreografa, che nella pellicola di Parker e nelle varie stagioni della fiction, interpretava l'insegnante di ballo Lydia Grant. Tornano poi due delle canzoni simbolo del primo film, Out here on my own, e il brano vincitore dell'Oscar, Fame. Al posto pero' dei personaggi legati a una New York spesso periferica e 'difficile' del film di Parker, come il ballerino di talento ma quasi analfabeta Leroy, il genio del pianoforte povero in canna Bruno Martelli o Montgomery, attore che vive male la propria omosessualita', nel nuovo Fame, ci sono protagonisti meno tormentati e con una gran voglia di divertirsi. Si va dalla ragazza di buona famiglia Denise (Naturi Naughton, doppiata in italiano dalla cantante Karima, ex allieva di Amici), che entra nella scuola come pianista classica e si scopre cantante, al bravo ragazzo e perfetto performer Marco (Asher Book), all'attrice in gonna a pieghe e capello sempre in ordine Jenny (Kay Panabaker) . Nel gruppo di nuovi aspiranti divi ci sono fra gli altri, anche Malik (Collins Pennie') attore e rapper che deve fare i conti con il proprio passato e Neil (Paul Iacono) che sogna di diventare il nuovo Scorsese. I professori hanno i volti, fra gli altri, di alcuni beniamini delle sitcom americane, come Kelsey Grammer e Bebe Neuwirth (che sono stati
protagonisti di Frasier) e Megan Mullaly (Will & Grace). Per le musiche, ai tanti hit recenti, si aggiungono i brani originali di The Matrix, James Poyser e Damon Elliot. Tancharoen che 'e stato anche regista della serie Dancelife rispetto al film originale non ha mantenuto le sottotrame sulla loro difficile realta' dei personaggi, da una gravidanza inattesa, o all'abuso di droga: ''I problemi di cui sia parlava nel primo film oggi non sono piu' cosi' scioccanti'' ha detto il
regista al Los Angeles Times. La formula adottata pero' non ha convinto appieno il pubblico americano. Infatti il film, costato circa 18 milioni di dollari, ha incassato complessivamente nelle prime due settimane, fra Usa e estero, solo circa 20 milioni di dollari.
lunedì 22 settembre 2008


Non si capiscono le ragioni (e la necessità) per le quali la 20th Century Fox Television abbia annunciato di voler produrre la versione americana di quel piccolo gioiello che è "La piccola Moschea nella prateria". La sit-com, nonostante batta bandiera canadese, è di radice musulmana a tutti gli effetti, a partire dall'ideatrice quarantenne col burqua Nawaz Zarqa. La storia, in sintesi, verte sulle scoppiettanti relazioni di una piccola comunità musulmana con gli abitanti dell'altrettanto sparuta cittadina canadese di Mercy (e già nel nome della cittadella si legga l'ironia di fondo). Ma non solo: i frequentatori stessi della moschea, nata sul retro di una chiesa anglicana, si suddividono a loro volta tra i conservatori e i progressisti, con una galleria di figure che va dall'Imam liberale alla musulmana femminista, dal reverendo tollerante al dj radiofonico razzista. Il tutto condito con un occhio ai temi socio-politici post-11 settembre 2001 e una vena non-sense che induce in più di un'occasione alla risata di pancia. Nel cast della serie canadese, sospinta dal plauso di pubblico, critica e ascolti alla terza stagione, capace di conquistare la copertina del mensile "Emel" - vera e propria vetrina di prestigio sul mondo musulmano - spicca l'inglese Carlo Rota, interprete di quel Morris O'Brian che in "24" avrà un ruolo sempre più decisivo. "E' una serie rivoluzionaria - ha scritto senza mezzi termini 'Emel' - così come lo sono stati nella cultura americana 'Seinfeld', 'Friends' o 'Frasier'. C'è uno sforzo genuino e sincero di far risaltare un aspetto inedito dei musulmani. Alla larga da una visione nichilista o di odio, quanto sotto i riflettori di una sensibilità inedita, la quale emerge attraverso il gusto dell'ironia, capace di abbattere i muri e le divisioni". Proprio sull'arma dell'ironia punta l'ideatrice Zarqa: "la comunità musulmana non è un monolite. Se si parla di temi come le mestruazioni o il sesso, non c'è un'unica corrente di pensiero. La serie è una specie di dibattito aperto a tutti in cui si forniscono le differenti opinioni, senza farne prevalere una per forza. E' uno specchio dove riconoscersi, sia nei pregi che nei difetti. L'ironia è servita per abbattere gli stereotipi e i pregiudizi, per avvicinare due culture e, forse, le contrapposizioni anche all'interno della stessa cultura musulmana. E quando ho ricevuto i complimenti da parte di spettatori occidentali per aver costruito uno spettacolo per tutta la famiglia, bhe, confesso di essere stata ripagata di tutti gli sforzi fatti per mettere in piedi la serie...". (Articolo di Leo Damerini pubblicato su "Telefilm Magazine" di Settembre)
lunedì 5 febbraio 2007

Nei panni della punk Abby Sciuto a "NCIS" è perfetta e non ha bisogno di gran trucco, visto che nella vita reale si veste e va in giro come lei (a parte i capelli: invece di corvini li sfoggia biondi platino alla Gwen Stefani). L'ex barista Pauley Perrette - che proprio dietro un bancone da pub ha mosso i primi passi nello spettacolo: nella quarta stagione di "Frasier" - si è diplomata a pieni voti in Criminologia, con tanto di studi approfonditi sulla "Black Dahlia" Elisabeth Short. Appassionata di poesia, ha accettato di recitare per sbarcare il lunario. Invidia al suo personaggio del telefilm il fatto di sapere tutto di computer, balistica, botanica: "vorrei essere come lei quando divento grande", confida la 36enne attrice sui generis originaria di New Orleans, al momento tra le più amate dalle comunità lesbiche americane. Da sempre seguace di musica metal, ex front-woman della band all girl Lo-Ball di Los Angeles, è comparsa nel video dei Metallica "The Unnamed Feeling", salvo poi debuttare da cantante solista con ben due CD da solista, "Distorted Lullabies" e "Precious", fondando infine la propria casa discografica (la GO Records). Con alle spalle un matrimonio fallito per abusi e violenze con il disc-jockey Francis Shivers, nel 2007 vedremo Perrette al cinema con l'horror "Satan hates you", un titolo che non promette nulla di buono anche se è certo che la nostra confidi in quello che la fa ben sperare da sempre e che enuncia dal suo Blog: "la Fede. Fede in Dio, in se stessi, nel tempo, nei cambiamenti, nell'infinito, nelle opportunità, nel destino, nella conoscenza, nell'eguaglianza e nella diversità". Sarà per questo che sul braccio sinistro si è fatta tatuare la scritta "RIP" e sul destro il simbolo dell'infinito?
(Articolo di Leo Damerini pubblicato su "Telefilm Magazine" di Febbraio)
lunedì 8 gennaio 2007


Ne sono passate di risate finte sotto i ponti televisivi da quel lontano 1997, anno in cui si contavano ben 62 situation-comedy nei palinsesti d'inizio di stagione. Se oggi se ne contano in America solo 20, una ragione ci sarà. Non che dopo l'11 settembre 2001 gli americani abbiano dimostrato, giustamente, una gran voglia di ridere - con la conseguente chiusura di serie-moloch come "Frasier", "Tutti amano Raymond" o "Friends" - ma sospinto da alcune perle come "Arrested Development", "My name is Earl" e "Everybody hates Chris", il genere sit-com sembrava in leggera ripresa. Quest'anno tuttavia, nonostante il boom di ascolti e le critiche entusiastiche per "The New Adventures of Old Christine" con Julia-Louis Dreyfus (icona femminile del filone negli anni '90, esplosa in "Seinfeld" nel ruolo di Elaine Benes) e la conferma di "Due uomini e mezzo" - uniche due sit-com presenti nei 30 programmi più visti del 2005/2006 - si parla già di de profundis. Quando "La Famiglia Partridge" dettava legge e ciuffi a caschetto correva l'anno 1970-1971 e nella Top 30 si contavano già altre 5 sit-com. Nella stagione 1975-76 "Laverne&Shirley" stappavano bottiglie di birra in compagnia di altre 15 serie in cui si rideva per finta. Nel 1980-81, con 11 sit-com nei 30 programmi più visti di stagione, si registrava un boom di spin-off (tra i quali svettava "I Jefferson" nata da "Arcibaldo"), nonchè un'inversione di tendenza che si sarebbe fermato solo nel 1984, con l'avvento de "I Robinson". Nel 1985-86 il genere conosceva anche un lieve impegno politico-sociale con "Casa Keaton" (13 sit-com nella Top 30). Su a salire fino al climax del 1990-91, anno in cui le situation-comedy imperarono con ben 20 presenze su 30, capitanate da "Pappa e ciccia" e "Cin cin". Nel 95-96 si calava a 14 pur annoverando il culto di "Seinfeld". Nel 2000-2001, prima del crollo delle Torri Gemelle e del suo effetto Big Bang sulla tv americana, si contavano 9 sit-com nella Top 30. Oggi siamo alle due succitate. Semplice crisi creativa o c'è di più? "Una volta gli sceneggiatori arrivavano dalla strada, portando con sè tutti i fermenti dell'epoca - ricorda un produttore esecutivo dello star-system americano che vuole rimanere anonimo - oggi escono tutti dall'università e hanno pochissima esperienza di vita e molta voglia di guadagnare. E poi è tutto prestabilito, privo di iniziativa. Ci sono anche i format da vendere: se vuoi una sit-com alla CBS devi trovare un grassone con moglie affascinante della media borghesia, se punti all'NBC trova protagonisti giovani e arrapati, possibilmente newyorkesi, se vai all'ABC è meglio che ci siano un pò di bambini pestiferi. E' chiaro che il pubblico non ne possa più". Tocca ad uno sceneggiatore altrettanto anonimo dire la sua: "dopo 'Seinfeld' e 'Friends' è difficile creare qualcosa che non gli assomigli. Oggi i network badano meno alle storie e più alle riprese. Adesso va di moda la telecamera unica come in 'My name is Earl' e 'The Office'. Si punta molto alla velocità e al montaggio sporco, meno ai contenuti. Ma questa frenesia aiuta solo a risparmiare e non penso sia recepito dal pubblico come un nuovo stile, quanto come una povertà di idee che lascia il tempo che trova".
(Articolo di Leo Damerini tratto dal Bollettino dell'Accademia apparso sul "Telefilm Magazine" di gennaio)
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mercoledì 28 giugno 2006

(ANSA) - NEW YORK, 28 GIU - Uno dei cani piu' famosi della tv Usa, Moose che nella sit-com "Frasier" aveva la parte di Eddie, e' morto a 16 anni nella casa del suo padrone a Los Angeles. Il terrier e' morto di vecchiaia, ha riferito il settimanale "People". Moose era apparso in 192 puntate di Frasier dividendo il ruolo di Moose con suo figlio Enzo. Nel serial il suo padrone era Marty Crane, il padre dello psichiatra Frasier Crane: la sua specialita' era quella di fissare Kelsey Grammer, l'attore star dello show, per lunghi periodi di tempo. All'apice della fama del serial, Moose riceveva piu' posta da parte dei fan degli altri protagonisti. Frasier, nato come sequel di "Cin Cin", e' andato in onda negli Usa dal 1993 al 2004.
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