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mercoledì 28 febbraio 2018

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri


IL FOGLIO
Dopo l'apripista Telefilm Festival, le serie tv sdoganate anche dai festival di cinema
"Capita che gli scrittori si divertano a fare i dispetti. Gogol scrisse la seconda parte delle "Anime morte" e in un febbrile delirio religioso la bruciò (la terza, prevista dallo schema dantesco, non la scrisse mai). Capita che i dispetti li facciano gli editori. Joan Lindsay, la scrittrice degli antipodi a cui dobbiamo "Picnic a Hanging Rock" aveva previsto una soluzione del mistero. Quando l'editore eliminò dal romanzo l'ultimo capitolo, diede ordine di pubblicarlo dopo la sua morte. Ebbe il cattivo gusto di andarsene nel 1984, quando ormai Peter Weir aveva girato il film, fissando la storia al punto in cui era. Tre studentesse scompaiono durante il picnic, a San Valentino del 1900, e di loro nessuno saprà più nulla. Di più: un finto articolo di giornale citato alla fine del libro sembrava suggerire una storia vera (serviva e serve per vendere qualche copia in più). "Picnic at Hanging Rock" - ora una miniserie in sei puntate prodotta dalla tv australiana - era nella sezione Berlinale Series, lo spazio festivaliero che dal 2015 propone serie televisive. Berlino sembra aver fatto pace con la tv e con le piattaforme streaming che ancora turbano il sonno dei rivali. Il festival di Cannes, per esempio, accetta serie d'autore come "Top of the Lake-il mistero del lago" di Jane Campion o "Twin Peaks 3" di David Lynch. Ma dal prossimo anno rifiuterà film come "The Meyrowitz Stories" di Noah Baumbach, perché non sono distribuiti al cinema ma solo su Netflix. Perlopiù si tratta di produzioni europee - criterio meno punitivo per le serie che per il cinema, dal nord arrivano ottimi prodotti. Con qualche eccezione territoriale. Nel programma di quest'anno c'è la miniserie israeliana "Sleeping Bears" di Keren Margalit: un terapeuta muore in un incidente, gli appunti finiscono nelle mani di una paziente (promette, come permetteva "BeTipul" che noi conosciamo nel suo remake americano "In Treatment"). Dagli Stati Uniti arriva "The Looming Tower" (Amazon Prime Video, in Italia dal 9 marzo): "looming" sta per "incombente", quel che stava per capitare era l'11 settembre. Siamo alla fine degli anni 90, Osama Bin Laden e al Qaeda si fanno più minacciosi, Fbi e Cia combinano pasticci e spianano la strada agli attentatori. Questa, almeno, la tesi sostenuta nel libro che ha ispirato la miniserie con Jeff Daniels e Tahar Rahimi, guest star Alec Baldwin. Lo ha scritto Laurence Wright, che in precedenza si era dedicato a Scientology ("La prigione della fede", Adelphi). Frequenta gente fuori di testa oggi e frequentala domani, un pochino lo hanno contagiato. Siccome la Berlinale è un festival con un mercato che funziona (anche se gli operatori erano piuttosto tiepidi, e i giornalisti pure, dopo un Sundance 2018 scarso di affari) alle serie presentate in anteprima si affiancano dal 19 al 21 febbraio i "Drama Series Days". Nella prima edizione, anno 2015, fu mostrata agli addetti ai lavori la bella e costosa serie "Babylon Berlin" (2,4 milioni di euro a episodio). Era diretta da Tom Tykwer, quest'anno presidente della giuria che assegna l'Orso d'oro. Volevano un giudizio spassionato, non un finanziamento come gli otto progetti di serie scelti quest'anno per i pitch: una specie di speed date che fa incontrare showrunner e produttori (le idee davvero azzeccate si dicono in due minuti, se serve di più qualcosa non va). Sono stati scelti tra 120 richiedenti, per applicare alla televisione - o alle piattaforme streaming - le coproduzioni internazionali già collaudate per il cinema". (Mariarosa Mancuso)

lunedì 9 ottobre 2017

sabato 8 ottobre 2016

lunedì 3 ottobre 2016

lunedì 26 settembre 2016

giovedì 1 settembre 2016

mercoledì 4 novembre 2015

venerdì 24 luglio 2015

NEWS - Tutti a Como sabato sera! C'é la maratona "Twin Peaks", brividi cult per sfuggire dal caldo. "Fu la prima serie a unire marketing e sostanza"

Articolo tratto da "La Repubblica"
Alberi mossi dal vento, una provincia torbida e dalla natura selvaggia, omicidi misteriosi, personaggi con segreti indicibili resi ancor più mostruosi da inquadrature sghembe e luci seppia, lunghi silenzi, forse la cosa più angosciante. Quando uscì I segreti di Twin Peaks, serie tv di David Lynch, fu una bomba: il cinema irrompeva nellatv e modificava per sempre il linguaggio della fiction, con effetti che si possono vedere ancora adesso. Parliamo di un quarto di secolo fa (primo episodio 8 gennaio 1991), ma le vicende di Twin Peaks, cittadina al confine col Canada simile a mille altre non solo degli Usa, sono ancora ben conosciute. Non solo da chi le vide allora su Canale 5, ma anche da chi si è poi affidato a cofanetti dvd e file scaricati da Internet. Un'alternativa c'è però domani sera: al Lake Como Film Festival gli 8 episodi cruciali della serie (cornposta di 30 puntate) sono proiettati di fila, in una maratona notturna che parte alle 21.30. «Ottima idea, resta una visione geniale e che ci racconta molto della tv attuale. Però qualcosa chi non c'era allora non potrà capirlo», dice Leo Damerini, autore con Fabrizio Margaria del Dizionario dei telefilm, edito da Garzanti, e direttore del Telefilm Festival ( «che presto ripartirà, ma lontano da Milano e dalla Lombardia»). Cosa sfuggirà allo spettatore di questa maratona? Semplice, il clima di allora. «I segreti di Twin Peaks fu il primo grande esempio di marketing applicato alla tv. Il battage pubblicitario diventò un tormentone, con le famosa domanda-slogan "chi ha ucciso Laura Palmer?". E - in epoca ben lontana da chat, internet e social network - si creò un evento: una serie tv diventava qualcosa di intrigante e curioso, il prodotto in sé contava ancor più del fatto che il regista fosse famoso, anche perché ai tempi Lynch lo era relativamente. Per cui ogni dettaglio fu studiato con attenzione, penso alle videocassette che arrivavano dagli Stati Uniti solo pochi giorni prima della messa in onda, o il diario di Laura Palmer allegato a puntate da Tv Sorrisi e canzoni». Naturalmente non fu solo questione di marketing. Il telefilm aveva grandissima sostanza, «solo che non era la sostanza che ci si aspettava. Era un mistery, ma in fondo chi avesse davvero ucciso la giovane Laura diventava man mano meno importante nella narrazione. Anzi, era forse il punto debole della trama. E col tempo venivano fuori dettagli, bozzetti umani, sottotrame, storie di società segrete, sesso clandestino, droga, e molto altro. La scommessa vinta di Lynch fu prendere il pubblico dei Peccatori di Peyton Place, delle serie tv poliziesche e del cinema. E ci riuscì. Al punto che il secondo ciclo è un puro antipasto del suo cinema, penso a un titolo come Mullholland drive di anni dopo: nel cinema non bisogna entrare nella trama, ma nel senso della visione, che è tutta un'altra cosa». E quanto a senso della visione, il telefilm offriva di tutto: «Citazioni continue, inquadrature deformanti, colori che colpivano l'occhio. Più una colonna sonora che, a parte l'indimenticabile tema di Angelo Badalamenti, miscelava un tema diverso per ogni personaggio e silenzi che diventavano un filo narrativo. Tutte cose in teoria antitelevisive e che invece erano uno spettacolo perfetto». Una filosofia che è percolata anche in tante altre serie tv, «e in questo senso I segreti di Twin peaks ha fatto scuola: si parla di qualcosa di specifico, ma in realtà si racconta tutt'altro fra sotto-trame, citazioni e pretesti. Penso ai Soprano, E.R. e West Wing, che solo in apparenza trattano di mafia, sanità e politica. Anche se, dovendo indicare gli eredi più diretti di questa fiction, direi Fargo, True detective e The Killing, tutte serie di pay e non a caso, perché sono quelle che si possono concedere sperimentazioni. Mentre allora Lynch produsse per la Abc, una tv gratuita e generalista, e anche in questo fu dirompente». Ma proprio per tutto quello che è restato da allora, un ragazzino di adesso riuscirebbe ancora a essere sorpreso dai Segreti di Twin peaks? «Io penso di sì. Proprio perché se ne è parlato molto negli anni, i giovani ci si accostano come una cosa di culto. E che parla ancora il linguaggio di oggi».

DOVE E QUANDO: Como, Arena teatro sociale, sabato 25 luglio, ore 21.30 . Ingresso 8 euro (spaghettata notturna a 5 euro). Tel. 031.303492

martedì 21 luglio 2015

"Il trivial game + divertente dell'anno" (Lucca Comics)

"Il trivial game + divertente dell'anno" (Lucca Comics)
Il GIOCO DEI TELEFILM di Leopoldo Damerini e Fabrizio Margaria, nei migliori negozi di giocattoli: un viaggio lungo 750 domande divise per epoche e difficoltà. Sfida i tuoi amici/parenti/partner/amanti e diventa Telefilm Master. Disegni originali by Silver. Regolamento di Luca Borsa. E' un gioco Ghenos Games. http://www.facebook.com/GiocoDeiTelefilm. https://twitter.com/GiocoTelefilm

Lick it or Leave it!

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