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mercoledì 23 ottobre 2019
NEWS - "Euphoria" mica troppo! Fa discutere la serie con Zendaya in onda su Sky: "Avvenire" si chiede se gli adolescenti di oggi siano davvero così, secondo l'Aiart il serial "crea pessimismo con situazioni umanamente abbiette"
Articolo tratto da "Avvenire"
Squilla un telefono. E un adolescente che ha appena guardato una serie tv di quelle considerate a rischio emulazione per i comportamenti potenzialmente distruttivi o autodistruttivi. Risponde un addetto del personale di segreteria che accoglie la telefonata, recupera le generalità, il luogo di residenza, e provvede a indirizzare l'adolescente, rimandandolo a degli psicologi professionisti, pubblici o privati, di prossimità. La serie tv per cui è stato attivato questo servizio è Euphoria, serie televisiva statunitense creata da Sam Levinson per il network Hbo, in Italia in onda su Sky Atlantic e Now Tv. La serie, prodotta dal rapper Drake e interpretata da Zendaya (prima stagione composta da otto episodi), si basa su un'omonima miniserie israeliana, ideata da Ron Leshem, Daphna Levin e Tmira Yardeni, e presenta uno spaccato della vita di un gruppo di adolescenti tra abuso di droghe, eccessi, violenza, e relazioni complicate della cosiddetta Generazione Z, ovvero i post millennial, cioè quella generazione che approssimativamente comprende i nati tra il 1995 e il 2010; la protagonista, Rue Bennett, è infatti nata a ridosso degli attentati dell' 11 settembre 2001. II servizio (mail e linea telefonica dedicata), proprio com'era avvenuto negli Stati Uniti con Hbo, è stato voluto da Sky, che ha deciso di «accompagnare la messa in onda di Euphoria con un'attività di sensibilizzazione e supporto per chi vive situazioni di disagio e di dipendenza, perché la rilevanza di queste storie vada oltre la tv e consenta a ciascuno di prendere consapevolezza e aiutare anche chi non sta guardando». II Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi ha concesso il proprio patrocinio per la serie, mettendo a disposizione un servizio di informazione e supporto di professionisti competenti, a titolo gratuito, fornito da Form-Aupi (Associazione Unitaria Psicologi Italiani - Società Scientifica): «La maggior parte delle richieste di supporto - ha spiegato Mario Sellini, presidente dell'associazione è arrivatatramite contatto mail, da parte di ragazzi e ragarip dai 17 anni in su. Inoltre devo dire mi sarei aspettato più richieste da parte dei genitori, invece sono stati principalmente i ragazzi a cercare un contatto per parlare delle loro problematiche e ricevere un aiuto». Riguardo a quelle che sono state le principali richieste di supporto, Sellini riporta un riscontro inaspettato: «Non abbiamo ancora dei numeri precisi, anche perché il servizio è tuttora attivo, ma ci sono state richieste principalmente di due tipologie: uso di stupefacenti - ma a differenza della serie non su droghe sintetiche e psicofarmaci - oppure problematiche di ordine sessuale, ed in particolare legate a questioni relative l'identità di genere, e il conseguente rapporto con i genitori per affrontare l'argomento; devo dire che questo è l'aspetto che ci preoccupa di più come professionisti, perché se una tossicodipendenza può essere inserita in un percorso di crescita complesso che va alla ricerca di un'esplorazione dei propri limiti, mentre le problematiche legate alla sessualità, invece, implicano più facilmente un non riconoscimento del problema, poiché non invalidanti. Per cui l'educazione alla sessualità viene percepita in modo distorto, anche per via della pornografia». Euphoria, com'era già avvenuto ad aprile 2018 per un altro teen drama, Tredici, ha ricevuto critiche da parte del Parents Television Council per la promozione di contenuti espliciti ad un pubblico adolescente. A tal proposito bisogna anche ricordare che recentemente Netfiix ha deciso di rimuovere la scena del suicidio dalla prima stagione, su indicazione di esperti medici dell'American for Suicide Prevention. Euphoria e Tredici, non sono comunque le uniche due serie tv ad affrontare queste e altre tematiche del mondo degli adolescenti, attraverso scene più o meno esplicite: le serie tv britanniche Sex education e The end of the f *** ing world, ne sono un esempio, ma anche l'italiana Baby, ispirata allo scandalo delle giovani squillo dei Parioli, e almeno un paio di passaggi su alcool e droga della serie spagnola Elite. Un'altra serie tv che tratta il tema della droga, poi, è la tedesca Come vendere droga online (in fretta). Su Euphoria è intervenuta anche l'Aiart, ovvero l'Associazione italiana cittadini mediali, che ha segnalato i contenuti agli organi di vigilanza e ha chiesto di aprire un tavolo di confronto con Sky e con tutte le emittenti che mandano in onda serie problematiche rivolte a un pubblico giovane, per riflettere su una responsabilità condivisa nella comunicazione: «E un processo - interviene con una nota Giovanni Baggio, presidente nazionale Aiart - che incoraggia l'emulazione di comportamenti a rischio e autodistruttivi. L'Agcom approva? Noi fatichiamo ad accettare una narrazione che mette in scena contenuti a tal punto estremi da indurre la stessa emittente ad aprire una linea di supporto psicologico attiva nei giorni in cui vanno in onda le puntate. Sky - prosegue Baggio - dichiara di voler incoraggiare una discussione e sensibilizzare il pubblico su questi problemi, ma l'Aiart è convinta che proporre immagini crude e contenuti espliciti come quelli che la serie presenta, spenga sul nascere qualsiasi discussione e sia in grado di creare non già una conoscenza critica di fenomeni degenerativi, come si asserisce, ma soltanto un senso di pessimismo, sconfitta e rassegnazione a situazioni umanamente abiette. E discutibile che le aziende radiotelevisive pur di far cassa ospitino contenuti di qualunque tipo, giustificandoli, ma i motivi di questo degrado televisivo restano essenzialmente tre: una regolamentazione inefficace, la potenza del web e il conseguente accesso 24 ore su 24 da parte di chiunque e a qualunque contenuto, e infine il silenzio degli organi di vigilanza». Resta infine da capire se davvero lo spaccato raccontato in queste serie tv sia rappresentativo del vero mondo degli adolescenti: «In verità - conclude Sellini - non tutti gli adolescenti vivono le problematiche raccontate. Quello che vediamo è solo una parte», e in parte risponde alla domanda che si pone Sam Levinson, il creatore di Euphoria, sul sito dedicato alle richieste di aiuto e supporto: «Come ci si orienta in un mondo che cambia ogni giorno?».
Articolo tratto da "Avvenire"
Squilla un telefono. E un adolescente che ha appena guardato una serie tv di quelle considerate a rischio emulazione per i comportamenti potenzialmente distruttivi o autodistruttivi. Risponde un addetto del personale di segreteria che accoglie la telefonata, recupera le generalità, il luogo di residenza, e provvede a indirizzare l'adolescente, rimandandolo a degli psicologi professionisti, pubblici o privati, di prossimità. La serie tv per cui è stato attivato questo servizio è Euphoria, serie televisiva statunitense creata da Sam Levinson per il network Hbo, in Italia in onda su Sky Atlantic e Now Tv. La serie, prodotta dal rapper Drake e interpretata da Zendaya (prima stagione composta da otto episodi), si basa su un'omonima miniserie israeliana, ideata da Ron Leshem, Daphna Levin e Tmira Yardeni, e presenta uno spaccato della vita di un gruppo di adolescenti tra abuso di droghe, eccessi, violenza, e relazioni complicate della cosiddetta Generazione Z, ovvero i post millennial, cioè quella generazione che approssimativamente comprende i nati tra il 1995 e il 2010; la protagonista, Rue Bennett, è infatti nata a ridosso degli attentati dell' 11 settembre 2001. II servizio (mail e linea telefonica dedicata), proprio com'era avvenuto negli Stati Uniti con Hbo, è stato voluto da Sky, che ha deciso di «accompagnare la messa in onda di Euphoria con un'attività di sensibilizzazione e supporto per chi vive situazioni di disagio e di dipendenza, perché la rilevanza di queste storie vada oltre la tv e consenta a ciascuno di prendere consapevolezza e aiutare anche chi non sta guardando». II Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi ha concesso il proprio patrocinio per la serie, mettendo a disposizione un servizio di informazione e supporto di professionisti competenti, a titolo gratuito, fornito da Form-Aupi (Associazione Unitaria Psicologi Italiani - Società Scientifica): «La maggior parte delle richieste di supporto - ha spiegato Mario Sellini, presidente dell'associazione è arrivatatramite contatto mail, da parte di ragazzi e ragarip dai 17 anni in su. Inoltre devo dire mi sarei aspettato più richieste da parte dei genitori, invece sono stati principalmente i ragazzi a cercare un contatto per parlare delle loro problematiche e ricevere un aiuto». Riguardo a quelle che sono state le principali richieste di supporto, Sellini riporta un riscontro inaspettato: «Non abbiamo ancora dei numeri precisi, anche perché il servizio è tuttora attivo, ma ci sono state richieste principalmente di due tipologie: uso di stupefacenti - ma a differenza della serie non su droghe sintetiche e psicofarmaci - oppure problematiche di ordine sessuale, ed in particolare legate a questioni relative l'identità di genere, e il conseguente rapporto con i genitori per affrontare l'argomento; devo dire che questo è l'aspetto che ci preoccupa di più come professionisti, perché se una tossicodipendenza può essere inserita in un percorso di crescita complesso che va alla ricerca di un'esplorazione dei propri limiti, mentre le problematiche legate alla sessualità, invece, implicano più facilmente un non riconoscimento del problema, poiché non invalidanti. Per cui l'educazione alla sessualità viene percepita in modo distorto, anche per via della pornografia». Euphoria, com'era già avvenuto ad aprile 2018 per un altro teen drama, Tredici, ha ricevuto critiche da parte del Parents Television Council per la promozione di contenuti espliciti ad un pubblico adolescente. A tal proposito bisogna anche ricordare che recentemente Netfiix ha deciso di rimuovere la scena del suicidio dalla prima stagione, su indicazione di esperti medici dell'American for Suicide Prevention. Euphoria e Tredici, non sono comunque le uniche due serie tv ad affrontare queste e altre tematiche del mondo degli adolescenti, attraverso scene più o meno esplicite: le serie tv britanniche Sex education e The end of the f *** ing world, ne sono un esempio, ma anche l'italiana Baby, ispirata allo scandalo delle giovani squillo dei Parioli, e almeno un paio di passaggi su alcool e droga della serie spagnola Elite. Un'altra serie tv che tratta il tema della droga, poi, è la tedesca Come vendere droga online (in fretta). Su Euphoria è intervenuta anche l'Aiart, ovvero l'Associazione italiana cittadini mediali, che ha segnalato i contenuti agli organi di vigilanza e ha chiesto di aprire un tavolo di confronto con Sky e con tutte le emittenti che mandano in onda serie problematiche rivolte a un pubblico giovane, per riflettere su una responsabilità condivisa nella comunicazione: «E un processo - interviene con una nota Giovanni Baggio, presidente nazionale Aiart - che incoraggia l'emulazione di comportamenti a rischio e autodistruttivi. L'Agcom approva? Noi fatichiamo ad accettare una narrazione che mette in scena contenuti a tal punto estremi da indurre la stessa emittente ad aprire una linea di supporto psicologico attiva nei giorni in cui vanno in onda le puntate. Sky - prosegue Baggio - dichiara di voler incoraggiare una discussione e sensibilizzare il pubblico su questi problemi, ma l'Aiart è convinta che proporre immagini crude e contenuti espliciti come quelli che la serie presenta, spenga sul nascere qualsiasi discussione e sia in grado di creare non già una conoscenza critica di fenomeni degenerativi, come si asserisce, ma soltanto un senso di pessimismo, sconfitta e rassegnazione a situazioni umanamente abiette. E discutibile che le aziende radiotelevisive pur di far cassa ospitino contenuti di qualunque tipo, giustificandoli, ma i motivi di questo degrado televisivo restano essenzialmente tre: una regolamentazione inefficace, la potenza del web e il conseguente accesso 24 ore su 24 da parte di chiunque e a qualunque contenuto, e infine il silenzio degli organi di vigilanza». Resta infine da capire se davvero lo spaccato raccontato in queste serie tv sia rappresentativo del vero mondo degli adolescenti: «In verità - conclude Sellini - non tutti gli adolescenti vivono le problematiche raccontate. Quello che vediamo è solo una parte», e in parte risponde alla domanda che si pone Sam Levinson, il creatore di Euphoria, sul sito dedicato alle richieste di aiuto e supporto: «Come ci si orienta in un mondo che cambia ogni giorno?».
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lunedì 28 gennaio 2019
NEWS - Più vinci premi, più rinegozi il contratto. "The Marvelous Mrs. Maisel" sbanca i SAG Awards e il cast tira la corda sui compensi
News tratta da Deadline.com
It’s been a longtime TV industry tradition for the cast of successful series to renegotiate their contracts and get salary bumps after the first two seasons. The practice has been employed by the broadcast networks for decades, with NBC’s This Is Us as a recent example, and also has been adopted by the streaming platforms, illustrated by the recent salary bumps after Season 2 for the actors of Netflix’s Stranger Things and 13 Reasons Why. Add Amazon’s breakout dramedy The Marvelous Mrs. Maisel to the list. Originally picked up with a two-season order, the period series from Amy Sherman-Palladino was renewed for a third season in May, months ahead of its November premiere. Since its launch, Mrs. Maisel has been an awards juggernaut, winning a slew of top awards, including Emmys and Golden Globes. At tonight’s SAG Awards, where the show had another sweep with statuettes for Emmy and Golden Globe winner Rachel Brosnahan, co-star Tony Shalhoub and the cast in the comedy ensemble category, Shalhoub referenced the renegotiations. It was the first time since 30 Rock in 2008 that one series won all three comedy categories. “I want to thank everyone in Amazon, Jen Salke, and especially James Sterling in legal affairs and not just because I’m in the middle of renegotiation,” Shalhoub quipped in the acceptance speech for his third SAG Award in the actor in a comedy series category, first for Mrs. Maisel (He previously won twice for Monk.) Shalhoub went on to “thank my incredible cast and crew.”Salke is the head of Amazon Studios, while Sterling is Senior Business Affairs Executive. According to sources, the renegotiations are ongoing with no major issues, and the deals, which are said to include sizable salary increases for the main actors, are expected to close to pave the way for Season 3. In addition to Brosnahan and Shalhoub, the core cast of The Marvelous Mrs. Maisel includes Emmy winner Alex Borstein, Michael Zegen, Kevin Pollak and Marin Hinkle.
News tratta da Deadline.com
It’s been a longtime TV industry tradition for the cast of successful series to renegotiate their contracts and get salary bumps after the first two seasons. The practice has been employed by the broadcast networks for decades, with NBC’s This Is Us as a recent example, and also has been adopted by the streaming platforms, illustrated by the recent salary bumps after Season 2 for the actors of Netflix’s Stranger Things and 13 Reasons Why. Add Amazon’s breakout dramedy The Marvelous Mrs. Maisel to the list. Originally picked up with a two-season order, the period series from Amy Sherman-Palladino was renewed for a third season in May, months ahead of its November premiere. Since its launch, Mrs. Maisel has been an awards juggernaut, winning a slew of top awards, including Emmys and Golden Globes. At tonight’s SAG Awards, where the show had another sweep with statuettes for Emmy and Golden Globe winner Rachel Brosnahan, co-star Tony Shalhoub and the cast in the comedy ensemble category, Shalhoub referenced the renegotiations. It was the first time since 30 Rock in 2008 that one series won all three comedy categories. “I want to thank everyone in Amazon, Jen Salke, and especially James Sterling in legal affairs and not just because I’m in the middle of renegotiation,” Shalhoub quipped in the acceptance speech for his third SAG Award in the actor in a comedy series category, first for Mrs. Maisel (He previously won twice for Monk.) Shalhoub went on to “thank my incredible cast and crew.”Salke is the head of Amazon Studios, while Sterling is Senior Business Affairs Executive. According to sources, the renegotiations are ongoing with no major issues, and the deals, which are said to include sizable salary increases for the main actors, are expected to close to pave the way for Season 3. In addition to Brosnahan and Shalhoub, the core cast of The Marvelous Mrs. Maisel includes Emmy winner Alex Borstein, Michael Zegen, Kevin Pollak and Marin Hinkle.
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venerdì 23 novembre 2018
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
"Elite", il "Gossip Girl" spagnolo della generazione Netflix
"Le serie tv spagnole stanno vivendo una sorta di età dell'oro. Dopo il successo e l'interesse destato da «La casa di carta», oggi c'è un nuovo titolo sotto i riflettori: si tratta di «Elite», disponibile su Netflix da qualche settimana (tra i protagonisti ci sono diversi attori già visti alle prese con la celebre rapina alla zecca di stato). «Elite» è l'ultima manifestazione di un genere reso classico dalla tv americana, il teen drama: racconta la storia di un gruppo di liceali, figli di famiglie molto ricche. Frequentano una costosa scuola che ha la missione di formare i leader del futuro, dove i genitori li mandano senza badare a spese per sentirsi a posto con la coscienza. Il loro piccolo mondo fatto di privilegi, rituali condivisi e parecchia «stronzaggine», viene scosso quando tre ragazzi di umili origini, provenienti da una scuola pubblica, vengono ammessi grazie a una borsa di studio. Sono il «tamarro» Christian, il docile Samuel, e Nadia, di origine araba, costretta ad abbandonare il velo per entrare a scuola. I due mondi collidono, dando vita a dinamiche inaspettate che indirizzano il racconto verso una svolta crime. «Elite» dimostra di aver assimilato la lezione di serie come «The OC», «Gossip Girl» ma anche «13» nel mettere in scena le classiche meccaniche del teen drama, cioè il rapporto tra il gruppo dei pari, le storie d'amore spesso tormentate, l'insicurezza di chi sta cercando il proprio posto nel mondo, gli adulti spettatori quasi sempre incapaci di dare risposte educative. E, al contempo, di aver aggiunto a questi ingredienti consolidati una buona dose di soap (troppa?) e lo spirito della piattaforma Netflix, che permette più libertà espressiva della tv classica: alla sublimazione scelta dalle serie destinate alla tv tradizionale, preferisce un crudo realismo, mostrando senza mezzi termini i temi che agitano l'adolescenza di oggi (vedi la sieropositività di una delle giovani protagoniste)". (Aldo Grasso)
CORRIERE DELLA SERA
"Elite", il "Gossip Girl" spagnolo della generazione Netflix
"Le serie tv spagnole stanno vivendo una sorta di età dell'oro. Dopo il successo e l'interesse destato da «La casa di carta», oggi c'è un nuovo titolo sotto i riflettori: si tratta di «Elite», disponibile su Netflix da qualche settimana (tra i protagonisti ci sono diversi attori già visti alle prese con la celebre rapina alla zecca di stato). «Elite» è l'ultima manifestazione di un genere reso classico dalla tv americana, il teen drama: racconta la storia di un gruppo di liceali, figli di famiglie molto ricche. Frequentano una costosa scuola che ha la missione di formare i leader del futuro, dove i genitori li mandano senza badare a spese per sentirsi a posto con la coscienza. Il loro piccolo mondo fatto di privilegi, rituali condivisi e parecchia «stronzaggine», viene scosso quando tre ragazzi di umili origini, provenienti da una scuola pubblica, vengono ammessi grazie a una borsa di studio. Sono il «tamarro» Christian, il docile Samuel, e Nadia, di origine araba, costretta ad abbandonare il velo per entrare a scuola. I due mondi collidono, dando vita a dinamiche inaspettate che indirizzano il racconto verso una svolta crime. «Elite» dimostra di aver assimilato la lezione di serie come «The OC», «Gossip Girl» ma anche «13» nel mettere in scena le classiche meccaniche del teen drama, cioè il rapporto tra il gruppo dei pari, le storie d'amore spesso tormentate, l'insicurezza di chi sta cercando il proprio posto nel mondo, gli adulti spettatori quasi sempre incapaci di dare risposte educative. E, al contempo, di aver aggiunto a questi ingredienti consolidati una buona dose di soap (troppa?) e lo spirito della piattaforma Netflix, che permette più libertà espressiva della tv classica: alla sublimazione scelta dalle serie destinate alla tv tradizionale, preferisce un crudo realismo, mostrando senza mezzi termini i temi che agitano l'adolescenza di oggi (vedi la sieropositività di una delle giovani protagoniste)". (Aldo Grasso)
venerdì 17 agosto 2018
NEWS - Netflix, abbiamo un problema sulle terze stagioni! Dopo il cast di "Stranger Things", anche quello di "Tredici" chiede l'aumento per la stagione 3. E sulla crescita d'ascolti tra la prima e la seconda non ci sono prove...
News tratta da "Deadline"
It’s come down to the wire for Netflix’s hugely popular drama series 13 Reasons Why, which is scheduled to do the first table read for the upcoming third season tomorrow but its eight core cast members are still renegotiating their contracts. We hear that negotiations are still ongoing but as of Wednesday night, there were no deals and the sides were still apart on money. However, we hear the gap has been bridged significantly today, and sources close to the situation sounded optimistic that agreements would be reached in time for Season 3’s start of production, scheduled for Monday. We hear Dylan Minnette, who has emerged as the sole lead following the departure of original star Katherine Langford, is seeking a Season 3 salary in the $200,000 per episode range, while Brandon Flynn, Alisha Boe, Justin Prentice, Christian Navarro, Miles Heizer, Devin Druid and Ross Butler are looking for about $150,000 an episode. That is way above the group’s start salaries, said to be in the $20,000 – $60,000 an episode range, with Minnette believed to have started higher, around or north of $80,000. It is customary for the cast of successful shows to seek raises after Season 2. The impetus for the salary demands by the 13 Reasons Why actors likely were the huge raises that the cast of another hit Netflix series, Stranger Things, recently gotheading into Season 3. They are believed to be paid as much as $350,000 an episode for the adult leads and $250,000 an episode for the child actors this season. There is a difference in the size of the orders. Stranger Things will produce eight episodes while 13 Reasons Why’s order is for 13 episodes, which may explain some of the per-episode salary discrepancies between the two shows as the per-season compensation is relatively on par. We hear Paramount TV, which produces the series with Anonymous Content, and Netflix have been trying to close the new deals for the 13 Reasons Why actors today with new offers closer to the ask (we hear for the seven, it’s about $135,000 an episode in Season 3, rising to $150,000 in Season 4; for Minnette we hear the remaining gap is about $20,000). We will update if/when agreements are reached. All actors are still under contracts, so we hear expectation is that they would show up for work though the studio would like to wrap the renegotiations before that. 13 Reasons Why was a breakout hit for Netflix. While it has faced controversy over its graphic depictions of suicide and sexual violence, it is among Netflix’s most watched series. We hear that Netflix has said during the negotiations that ratings have slipped from Season 1 to Season 2 but since the streaming service does not release viewership data, that is hard to substantiate. In recent weeks, following 13 Reasons Why‘s Season 3 renewal, Netflix executives have been effusive in their praise of the show’s performance. “13 Reasons Why has been enormously popular and successful. It’s engaging content,” CEO Reed Hastings recently said during the company’s annual shareholder meeting. “It is controversial. But nobody has to watch it.” At TCA several days ago, Netflix VP content Cindy Halland also called 13 Reasons Why “one of our most popular shows.”
News tratta da "Deadline"
It’s come down to the wire for Netflix’s hugely popular drama series 13 Reasons Why, which is scheduled to do the first table read for the upcoming third season tomorrow but its eight core cast members are still renegotiating their contracts. We hear that negotiations are still ongoing but as of Wednesday night, there were no deals and the sides were still apart on money. However, we hear the gap has been bridged significantly today, and sources close to the situation sounded optimistic that agreements would be reached in time for Season 3’s start of production, scheduled for Monday. We hear Dylan Minnette, who has emerged as the sole lead following the departure of original star Katherine Langford, is seeking a Season 3 salary in the $200,000 per episode range, while Brandon Flynn, Alisha Boe, Justin Prentice, Christian Navarro, Miles Heizer, Devin Druid and Ross Butler are looking for about $150,000 an episode. That is way above the group’s start salaries, said to be in the $20,000 – $60,000 an episode range, with Minnette believed to have started higher, around or north of $80,000. It is customary for the cast of successful shows to seek raises after Season 2. The impetus for the salary demands by the 13 Reasons Why actors likely were the huge raises that the cast of another hit Netflix series, Stranger Things, recently gotheading into Season 3. They are believed to be paid as much as $350,000 an episode for the adult leads and $250,000 an episode for the child actors this season. There is a difference in the size of the orders. Stranger Things will produce eight episodes while 13 Reasons Why’s order is for 13 episodes, which may explain some of the per-episode salary discrepancies between the two shows as the per-season compensation is relatively on par. We hear Paramount TV, which produces the series with Anonymous Content, and Netflix have been trying to close the new deals for the 13 Reasons Why actors today with new offers closer to the ask (we hear for the seven, it’s about $135,000 an episode in Season 3, rising to $150,000 in Season 4; for Minnette we hear the remaining gap is about $20,000). We will update if/when agreements are reached. All actors are still under contracts, so we hear expectation is that they would show up for work though the studio would like to wrap the renegotiations before that. 13 Reasons Why was a breakout hit for Netflix. While it has faced controversy over its graphic depictions of suicide and sexual violence, it is among Netflix’s most watched series. We hear that Netflix has said during the negotiations that ratings have slipped from Season 1 to Season 2 but since the streaming service does not release viewership data, that is hard to substantiate. In recent weeks, following 13 Reasons Why‘s Season 3 renewal, Netflix executives have been effusive in their praise of the show’s performance. “13 Reasons Why has been enormously popular and successful. It’s engaging content,” CEO Reed Hastings recently said during the company’s annual shareholder meeting. “It is controversial. But nobody has to watch it.” At TCA several days ago, Netflix VP content Cindy Halland also called 13 Reasons Why “one of our most popular shows.”
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sabato 30 giugno 2018
martedì 26 giugno 2018
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
La secondo stagione di "Tredici" è meno compatta ma più angosciante
"E' passato un anno da quando Netflix ha rilasciato la prima stagione di «13» («13 reasons why»), il controverso teen drama basato sul romanzo di Jay Asher che affronta con un linguaggio crudo e coinvolgente temi forti come il bullismo, la depressione, la violenza sessuale nel mondo degli adolescenti. Il racconto si era chiuso con il disvelamento di diversi misteri sollevati dalle 13 cassette registrate da Anna Baker, ma molto restava da capire e Netflix ha giustamente deciso di investire in una seconda stagione, rilasciata il i8 maggio (nel frattempo la serie è diventata un fenomeno globale). Sono passati cinque mesi dalla tragica morte di Anna e la serie riprende dalle aule del liceo Liberty High, un microcosmo molto autoreferenziale che è il cuore di tutto il racconto, con i suoi rituali, le sue spietate relazioni di potere, la sua crudele «piramide» sociale di vincenti e perdenti. Non a caso i genitori della ragazza hanno deciso di intentare una causa contro il liceo come istituzione, accusato di non aver fatto abbastanza per prevenire il suicidio. In termini di struttura, la seconda stagione appare a tratti meno compatta della prima, in cui la voce fuori campo di Anna serviva da collante narrativo (farla tornare come fantasma sembra una scelta confusa). E centrata sul processo al liceo e ogni episodio racconta la testimonianza di uno dei personaggi chiave: alcuni con responsabilità effettive nei confronti di Anna, altri solo «colpevoli» di averla ferita involontariamente mentre essi stessi lottavano contro le proprie debolezze. Forse ancor più che nella prima stagione, «13» mette in scena in questi nuovi episodi un mondo angosciante, in cui si fatica a trovare redenzione e un barlume di speranza dal tormento interiore, come suggerisce lo sconvolgente colpo di scena finale. È una serie importante per capire la generazione fragile e potente dei Millennial, non solo negli Usa". (Aldo Grasso)
CORRIERE DELLA SERA
La secondo stagione di "Tredici" è meno compatta ma più angosciante
"E' passato un anno da quando Netflix ha rilasciato la prima stagione di «13» («13 reasons why»), il controverso teen drama basato sul romanzo di Jay Asher che affronta con un linguaggio crudo e coinvolgente temi forti come il bullismo, la depressione, la violenza sessuale nel mondo degli adolescenti. Il racconto si era chiuso con il disvelamento di diversi misteri sollevati dalle 13 cassette registrate da Anna Baker, ma molto restava da capire e Netflix ha giustamente deciso di investire in una seconda stagione, rilasciata il i8 maggio (nel frattempo la serie è diventata un fenomeno globale). Sono passati cinque mesi dalla tragica morte di Anna e la serie riprende dalle aule del liceo Liberty High, un microcosmo molto autoreferenziale che è il cuore di tutto il racconto, con i suoi rituali, le sue spietate relazioni di potere, la sua crudele «piramide» sociale di vincenti e perdenti. Non a caso i genitori della ragazza hanno deciso di intentare una causa contro il liceo come istituzione, accusato di non aver fatto abbastanza per prevenire il suicidio. In termini di struttura, la seconda stagione appare a tratti meno compatta della prima, in cui la voce fuori campo di Anna serviva da collante narrativo (farla tornare come fantasma sembra una scelta confusa). E centrata sul processo al liceo e ogni episodio racconta la testimonianza di uno dei personaggi chiave: alcuni con responsabilità effettive nei confronti di Anna, altri solo «colpevoli» di averla ferita involontariamente mentre essi stessi lottavano contro le proprie debolezze. Forse ancor più che nella prima stagione, «13» mette in scena in questi nuovi episodi un mondo angosciante, in cui si fatica a trovare redenzione e un barlume di speranza dal tormento interiore, come suggerisce lo sconvolgente colpo di scena finale. È una serie importante per capire la generazione fragile e potente dei Millennial, non solo negli Usa". (Aldo Grasso)
venerdì 15 giugno 2018
mercoledì 13 giugno 2018
NEWS - Netflix, il mistero dei numeri ne accresce il culto. Ma il portafogli?
Articolo di Mariarosa Mancuso per "Il Foglio"
Lo stato dell'arte - titolo alternativo: "Di cosa parliamo quando parliamo di Netflix" - viene ampiamente illustrato in un articolo di Josef Adalian sul New York Magazine. Il giornalista ha partecipato alle riunioni dirigenziali, ha raccolto storie di successo e di insuccesso. Ma neppure lui è riuscito a farsi dire quale serie Netflix ha avuto più pubblico, e quanti milioni di spettatori ha messo insieme. I dirigenti sparano solo l'ordine di grandezza, ipotecando con ottimismo il tempo libero degli abbonati e dei familiari: "Possiamo dire un picco potenziale di 40 o 50 milioni nel mondo", buttano lì. "E' capitato", garantiscono. Ma bocche cucite sul titolo. Per certificare che nel mondo Netflix non esistono privilegiati, giurano di non dare i dati di audience neppure a Shonda Rhimes o a Ryan Murphy, strappati alla concorrenza con contratti milionari (più milionari di quelli firmati con la concorrenza). Non daranno i numeri neppure al regista da Oscar Guillermo Del Toro, arruolato per girare la serie horror "10 After Midnight". Diciamo "sì" in una Hollywood costruita sul "no": ecco l'ultima vanteria. Malignamente si potrebbe dire che l'abbonato-spettatore se n'era accorto dalla quantità di film e serie che ogni mese vengono annunciati, di produzione propria o comprati belli e pronti come "La casa di carta". Si parla di 1000 - mille - titoli originali per il 2018. Cifra da spendere: 8 miliardi. Ted Sarandos, capo dei contenuti, non è il solo a dire tanti sì. Sotto di lui, hanno licenza di approvazione un paio di livelli gerarchici, con portafogli diversificati: chi può dare il via a uno show da 3 milioni di dollari non pub fare altrettanto se il budget si aggira sui 10 milioni. Pub farlo anche se Sarandos in persona scuote la testa: "non mi convince". E' accaduto con "American Vandal", finto documentario d'inchiesta su un liceale accusato di aver disegnato cazzetti sulle auto di 27 insegnanti. Un certo coraggio ci voleva per difendere il progetto. Ostinazione premiata, sta arrivando la seconda stagione. "Però risparmiamo sui pilot" insistono da Netflix, facendo saltare un passaggio tradizionale nelle televisioni via cavo e via antenna. Un tempo si sceglieva la sceneggiatura, poi veniva finanziato e girato l'episodio pilota, che aveva un suo tasso di mortalità (tra le serie soffocate in culla, "Le correzioni" dal romanzo di Jonathan Franzen, accantonata dalla Hbo dopo il pilot con Ewan McGregor e Maggie Gyllenhaal). Ragionamento - dicono - da buon padre di famiglia, applicato anche alle serie ottimamente recensite ma cancellate per scarso rendimento (l'intera baracca non rende, al momento, ma ci penseranno a mercato conquistato). Regge invece "Santa Clarita Diet" con Drew Barrymore, madre di famiglia zombie che preferisce le dita umane alle patate fritte (nelle Filippine vanno pazzi per la serie, mentre "Tredici" ha la stessa percentuale di spettatori in India e negli Usa). "Inside the Binge Factory" - ma la copertina del settimanale strilla "Netflix Is Watching You, Too", se non ci spiano almeno un po' non ci divertiamo - regala qualche parola chiave. "Completion", per esempio: misura quanto velocemente gli spettatori consumano la stagione. Tra gli altri dati raccolti e preziosamente gestiti, gli episodi che vengono lasciati a metà (pessimo segno) e le scelte fatte dai nuovi abbonati nel primo mese. La mega-ditta con un piede nella Silicon Valley e l'altro a Hollywood garantisce che sesso, età, e altri dati da vecchi pubblicitari non contano. Conta di più quel che hai guardato finora.
Articolo di Mariarosa Mancuso per "Il Foglio"
Lo stato dell'arte - titolo alternativo: "Di cosa parliamo quando parliamo di Netflix" - viene ampiamente illustrato in un articolo di Josef Adalian sul New York Magazine. Il giornalista ha partecipato alle riunioni dirigenziali, ha raccolto storie di successo e di insuccesso. Ma neppure lui è riuscito a farsi dire quale serie Netflix ha avuto più pubblico, e quanti milioni di spettatori ha messo insieme. I dirigenti sparano solo l'ordine di grandezza, ipotecando con ottimismo il tempo libero degli abbonati e dei familiari: "Possiamo dire un picco potenziale di 40 o 50 milioni nel mondo", buttano lì. "E' capitato", garantiscono. Ma bocche cucite sul titolo. Per certificare che nel mondo Netflix non esistono privilegiati, giurano di non dare i dati di audience neppure a Shonda Rhimes o a Ryan Murphy, strappati alla concorrenza con contratti milionari (più milionari di quelli firmati con la concorrenza). Non daranno i numeri neppure al regista da Oscar Guillermo Del Toro, arruolato per girare la serie horror "10 After Midnight". Diciamo "sì" in una Hollywood costruita sul "no": ecco l'ultima vanteria. Malignamente si potrebbe dire che l'abbonato-spettatore se n'era accorto dalla quantità di film e serie che ogni mese vengono annunciati, di produzione propria o comprati belli e pronti come "La casa di carta". Si parla di 1000 - mille - titoli originali per il 2018. Cifra da spendere: 8 miliardi. Ted Sarandos, capo dei contenuti, non è il solo a dire tanti sì. Sotto di lui, hanno licenza di approvazione un paio di livelli gerarchici, con portafogli diversificati: chi può dare il via a uno show da 3 milioni di dollari non pub fare altrettanto se il budget si aggira sui 10 milioni. Pub farlo anche se Sarandos in persona scuote la testa: "non mi convince". E' accaduto con "American Vandal", finto documentario d'inchiesta su un liceale accusato di aver disegnato cazzetti sulle auto di 27 insegnanti. Un certo coraggio ci voleva per difendere il progetto. Ostinazione premiata, sta arrivando la seconda stagione. "Però risparmiamo sui pilot" insistono da Netflix, facendo saltare un passaggio tradizionale nelle televisioni via cavo e via antenna. Un tempo si sceglieva la sceneggiatura, poi veniva finanziato e girato l'episodio pilota, che aveva un suo tasso di mortalità (tra le serie soffocate in culla, "Le correzioni" dal romanzo di Jonathan Franzen, accantonata dalla Hbo dopo il pilot con Ewan McGregor e Maggie Gyllenhaal). Ragionamento - dicono - da buon padre di famiglia, applicato anche alle serie ottimamente recensite ma cancellate per scarso rendimento (l'intera baracca non rende, al momento, ma ci penseranno a mercato conquistato). Regge invece "Santa Clarita Diet" con Drew Barrymore, madre di famiglia zombie che preferisce le dita umane alle patate fritte (nelle Filippine vanno pazzi per la serie, mentre "Tredici" ha la stessa percentuale di spettatori in India e negli Usa). "Inside the Binge Factory" - ma la copertina del settimanale strilla "Netflix Is Watching You, Too", se non ci spiano almeno un po' non ci divertiamo - regala qualche parola chiave. "Completion", per esempio: misura quanto velocemente gli spettatori consumano la stagione. Tra gli altri dati raccolti e preziosamente gestiti, gli episodi che vengono lasciati a metà (pessimo segno) e le scelte fatte dai nuovi abbonati nel primo mese. La mega-ditta con un piede nella Silicon Valley e l'altro a Hollywood garantisce che sesso, età, e altri dati da vecchi pubblicitari non contano. Conta di più quel che hai guardato finora.
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sabato 14 aprile 2018
venerdì 6 aprile 2018
lunedì 12 febbraio 2018
NEWS - Netflix, Apple, Disney, Amazon...occhio alla CBS che si (ri)allea con Viacom. Sarà sempre più un 2018 delle (sante) alleanze
News tratta da "L'Economia" del "Corriere della Sera"
Li chiamano i Liz Taylor e Richard Burton del mondo dei media. Come i due famosi divi hollywoodiani, sposati due volte e divorziati altrettante, Cbs e Viacom stanno infatti trattando il loro secondo matrimonio dopo quello finito con la separazione del 2006. A far tornare insieme il gruppo Cbs, che controlla la rete tv più popolare in America e quello che possiede gli studios Paramount è la nuova realtà del mercato dell'intrattenimento. Dove stanno andando in porto le mega fusioni fra la telecom ATeT e Time Warner e fra Disney e Fox, mentre si fanno avanti i giganti tecnologici che producono e distribuiscono contenuti video, da Amazon a YouTube (Alphabet), da Netflix a Facebook ed Apple. «Adesso dobbiamo competere contro società-mostro — ha detto Leslie Moonves, amministratore delegato (ceo) di Cbs —. Disney è grande sei volte noi Comcast anche. Il valore di Borsa di Netflix è enorme». La capitalizzazione a Wall Street di quest'ultima società infatti è di oltre 115 miliardi di dollari con un fatturato di soli u,7, contro la capitalizzazione di 2o,6 miliardi di Cbs e quella di 13 miliardi di Viacom, nonostante i due «promessi sposi» fatturino di più, cioè oltre 13 miliardi. Wall Street, in altre parole, scommette sul futuro delle piattaforme online e i marchi storici del piccolo e grande schermo si devono adeguare.
News tratta da "L'Economia" del "Corriere della Sera"
Li chiamano i Liz Taylor e Richard Burton del mondo dei media. Come i due famosi divi hollywoodiani, sposati due volte e divorziati altrettante, Cbs e Viacom stanno infatti trattando il loro secondo matrimonio dopo quello finito con la separazione del 2006. A far tornare insieme il gruppo Cbs, che controlla la rete tv più popolare in America e quello che possiede gli studios Paramount è la nuova realtà del mercato dell'intrattenimento. Dove stanno andando in porto le mega fusioni fra la telecom ATeT e Time Warner e fra Disney e Fox, mentre si fanno avanti i giganti tecnologici che producono e distribuiscono contenuti video, da Amazon a YouTube (Alphabet), da Netflix a Facebook ed Apple. «Adesso dobbiamo competere contro società-mostro — ha detto Leslie Moonves, amministratore delegato (ceo) di Cbs —. Disney è grande sei volte noi Comcast anche. Il valore di Borsa di Netflix è enorme». La capitalizzazione a Wall Street di quest'ultima società infatti è di oltre 115 miliardi di dollari con un fatturato di soli u,7, contro la capitalizzazione di 2o,6 miliardi di Cbs e quella di 13 miliardi di Viacom, nonostante i due «promessi sposi» fatturino di più, cioè oltre 13 miliardi. Wall Street, in altre parole, scommette sul futuro delle piattaforme online e i marchi storici del piccolo e grande schermo si devono adeguare.
A spingere per la nuova fusione CbsViacom è Shari Redstone, la vicepresidente di entrambe le società. Lei, 63 anni e il padre Sumner, 94, controllano sia Cbs sia Viacom con circa l'80% dei diritti di volto attraverso la loro holding di famiglia National amusements. Nel 2016 Shari Redstone era uscita vincitrice da una complessa lotta di potere in cui era stata accusata di manipolare il padre ed era riuscita a far cacciare il ceo che aveva guidato Viacom dal 2006, Philippe Dauman. Dal dicembre 2016 il nuovo ceo di Viacom è Bob Bakish, 53 anni, che finora ha cercato di stabilizzare il gruppo siglando contratti di distribuzione, cambiando la leadership di Paramount, tagliando i costi, investendo in contenuti digitali e focalizzandosi sui sei principali canali tv posseduti: Mtv, Nickelodeon, Nick Jr., Comedy central, Bet e il nuovo Paramount network (ex Spike). Mentre Bakish è apprezzato dalla Redstone come gestore operativo e finanziario, Moonves, 68 anni, è un veterano dello show business con un buon intuito nella scelta delle storie e dei talenti su cui puntare, dicono gli esperti. I due ceo si conoscono bene, perché erano colleghi durante i sei anni in cui Viacom e Cbs hanno convissuto sotto lo stesso tetto, dal woo al 2006. Le due società hanno annunciato all'inizio di questo mese di aver creato dei comitati speciali per valutare l'eventuale nuova fusione. L'investitore italo-americano Mario Gabelli, l'azionista maggiore dopo i Redstone sia di Viacom sia di Cbs, è da tempo favorevole alla riunione dei due gruppi. «La combinazione funziona secondo la logica del numeri — ha detto Gabelli problema è chi la guiderà».
Non c'è problema invece per le sinergie, perché gran parte delle attività di Cbs e Viacom non si sovrappongono ma sono anzi complementari. Sul fronte televisivo, Cbs è leader sul mercato americano in termini di spettatori ed è anche all'avanguardia nei servizi di streaming: quelli indipendenti dei programmi di Cbs e del canale premium Showtime hanno oltre 4 milioni di abbonati, più della metà dell'obbiettivo di 8 milioni previsto dai manager entro il 2020. Viacom è più indietro sullo streaming e quindi non può che imparare dall'esperienza di Cbs; però ha anche una divisione Paramount television che produce contenuti tv di successo, come la serie Tredici trasmessa da Netflix. Per quanto riguarda il cinema, Paramount è reduce da un anno magro di incassi e arriva alla notte degli Oscar senza nemmeno una candidatura. Dallo scorso aprile ha un nuovo responsabile, l'ex Fox Jim Gianopulos, che ha promesso il rilancio ma i risultati devono ancora materializzarsi. Anche Cbs ha una divisione film, lanciata nel 2007, che ha prodotto alcuni titoli apprezzati dalla critica, come A proposito di Davis (2013) dei fratelli Joel ed Ethan Cohen. Una prima tomata di discussione fra Cbs e Viacom per fondersi c'era stata nel 2 16, naufragata per il disaccordo su come valutare le due società. Ma dal dicembre di quell'anno le loro quotazioni sono calate rispettivamente del 15 e del 596 contro un rialzo del 20% dell'indice SePSoo delle azioni Usa. Così gli investitori premono per le nozze riparatrici.
Non c'è problema invece per le sinergie, perché gran parte delle attività di Cbs e Viacom non si sovrappongono ma sono anzi complementari. Sul fronte televisivo, Cbs è leader sul mercato americano in termini di spettatori ed è anche all'avanguardia nei servizi di streaming: quelli indipendenti dei programmi di Cbs e del canale premium Showtime hanno oltre 4 milioni di abbonati, più della metà dell'obbiettivo di 8 milioni previsto dai manager entro il 2020. Viacom è più indietro sullo streaming e quindi non può che imparare dall'esperienza di Cbs; però ha anche una divisione Paramount television che produce contenuti tv di successo, come la serie Tredici trasmessa da Netflix. Per quanto riguarda il cinema, Paramount è reduce da un anno magro di incassi e arriva alla notte degli Oscar senza nemmeno una candidatura. Dallo scorso aprile ha un nuovo responsabile, l'ex Fox Jim Gianopulos, che ha promesso il rilancio ma i risultati devono ancora materializzarsi. Anche Cbs ha una divisione film, lanciata nel 2007, che ha prodotto alcuni titoli apprezzati dalla critica, come A proposito di Davis (2013) dei fratelli Joel ed Ethan Cohen. Una prima tomata di discussione fra Cbs e Viacom per fondersi c'era stata nel 2 16, naufragata per il disaccordo su come valutare le due società. Ma dal dicembre di quell'anno le loro quotazioni sono calate rispettivamente del 15 e del 596 contro un rialzo del 20% dell'indice SePSoo delle azioni Usa. Così gli investitori premono per le nozze riparatrici.
venerdì 19 gennaio 2018
NEWS - Ci sono 3 motivi per cui Netflix è risultata la rete / piattaforma più amata in Italia (e non solo) nel 2017. Leggi Link.
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lunedì 8 gennaio 2018
NEWS - I 3 motivi per cui Netflix ha chiuso un 2017 da record e l'attende un 2018 di difficili conferme. Leggi QUI.
venerdì 22 dicembre 2017
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domenica 26 novembre 2017
GOSSIP - Petto (nudo) in fuori! KJ Apa di "Riverdale" si spoglia per "The HERO"
KJ Apa takes a bite out of his necklace while gracing the cover of the first The HERO Winter Annual magazine. The 20-year-old Riverdale actor went shirtless for most of his cover shoot. “I’m on the cover of the launch issue of The HERO Winter Annual 2017!. The HERO Winter Annual full mag will be released on Tuesday (November 21) and features a few of our other favorites too! 13 Reasons Why‘s Brandon Flynn and Alisha Boe, as well as Karen Gillan will also be in the magazine. Stay tuned for the rest!
Guarda la gallery completa su
www.telefilmcult.tumblr.com
KJ Apa takes a bite out of his necklace while gracing the cover of the first The HERO Winter Annual magazine. The 20-year-old Riverdale actor went shirtless for most of his cover shoot. “I’m on the cover of the launch issue of The HERO Winter Annual 2017!. The HERO Winter Annual full mag will be released on Tuesday (November 21) and features a few of our other favorites too! 13 Reasons Why‘s Brandon Flynn and Alisha Boe, as well as Karen Gillan will also be in the magazine. Stay tuned for the rest!
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giovedì 21 settembre 2017
GOSSIP - Clamoroso al Cibali! Kate Walsh sopravvissuta a un tumore al cervello nel 2015
News tratta da "Vulture"
Though Kate Walsh spent years playing a doctor on TV, her most urgent medical advice comes from her own experience. In an interview with Cosmopolitan, the former Private Practice star discussed how she was diagnosed with a brain tumor in 2015, which was found to be benign and was removed with surgery. “It was over 5cm, like a small lemon in my head, causing quite a bit of damage,” Walsh said of the diagnosis. “The whole situation was so overwhelming, and I was just so relieved to know there was something wrong, that it wasn’t just my imagination and that my instincts were correct.” After taking nine months off to recover from the surgery, Walsh dove into a series of new projects, including 13 Reasons Why, Girls Trip, Felt, and the Off Broadway play If I Forget. She decided to share the news of her experience now, she told Cosmo, to encourage others to have annual checkups with their doctors — she’s also taking part in a campaign with other TV doctors centered on just that idea. Listen to the TV doctor, go see a real doctor.
News tratta da "Vulture"
Though Kate Walsh spent years playing a doctor on TV, her most urgent medical advice comes from her own experience. In an interview with Cosmopolitan, the former Private Practice star discussed how she was diagnosed with a brain tumor in 2015, which was found to be benign and was removed with surgery. “It was over 5cm, like a small lemon in my head, causing quite a bit of damage,” Walsh said of the diagnosis. “The whole situation was so overwhelming, and I was just so relieved to know there was something wrong, that it wasn’t just my imagination and that my instincts were correct.” After taking nine months off to recover from the surgery, Walsh dove into a series of new projects, including 13 Reasons Why, Girls Trip, Felt, and the Off Broadway play If I Forget. She decided to share the news of her experience now, she told Cosmo, to encourage others to have annual checkups with their doctors — she’s also taking part in a campaign with other TV doctors centered on just that idea. Listen to the TV doctor, go see a real doctor.
sabato 16 settembre 2017
venerdì 1 settembre 2017
lunedì 10 luglio 2017
NEWS - "'Tredici' è una storia d'amore bellissima...e speri che Hannah non si sia davvero suicidata": il volto-rivelazione della stagione, Dylan Minnette, a ruota libera per "Raw"
DYLAN: We were all hoping for a big audience but we never expected anything. The response has been slightly overwhelming, just because there’s a large amount of people watching… judging off of the Internet, people coming up to me, and just things that I hear. I’m thrilled with it, and everyone on the show is.
RAW: Is it weird that people just binge it and they’re done in two days, and you’re just, “Oh my god, that is my life for half of a year.”
DYLAN: It honestly is very weird. I worked over six and a half months, just as everybody did. And the fact that everyone can just watch it all in a day… But hey, it’s out there forever and new people will be watching it forever, so it is a long lasting product.
RAW: Whenever Clay got frustrated, I felt like it was Dylan in a lot of ways, but then there are parts of him that were so different from you. Is there another character you share some qualities in?
DYLAN: Tony or Jeff. Those guys are very, very good guys at heart and everybody should try to be more like Tony and Jeff, especially Jeff. A helpful Yoda, a classic term thanks to Brian Yorkey.
RAW: Clay is the one we kind of follow throughout the story, even though Hannah’s obviously the narrator and it’s largely her story. How do you think it shapes the story being through Clay’s eyes?
DYLAN: Over the series, you see more and more how much Clay cared about her and how much he loved her. By seeing their relationship grow, it only helps you love Hannah that much more and and wish she doesn’t do what she’s ultimately going to do even more. The majority of viewers can find themselves halfway through, hoping that in the end she doesn’t take her life, when you know what the outcome is. By the end, you’re yelling at the screen, “Don’t do it, don’t do it.” You know what’s going to happen. It gives you hope. Clay is keeping her alive in that way, just by trying to bring her justice and keep her memory around for the better.
RAW: It makes you feel so heartbreaken that you’re watching this beautiful love story unfold. And at the same time, you know that it doesn’t have a happy ending. You can’t do anything but feel it and love it, and feel it so intensely.
DYLAN: Yeah, if you just took the flashbacks of Clay and Hannah, it would just be, besides Romeo and Juliet, the saddest, little, most awkward, tragic love story ever.
RAW: You have a lot of beautiful emotional scenes. Did you feel intimidated when you read them in the script, and how did they change when you actually filmed them?
DYLAN: I always feel really intimidated reading anything I have to do on the page. Even though, he worst thing for me, the hardest thing is to laugh. If it says, “Clay laughs uncontrollably,” I’m stressed for the whole couple weeks leading up to filming that scene. It’s impossible for me, I cannot fake laugh no matter what. But, funnily enough, Brian Yorkey, the showrunner, I feel like every time I would tell him something that I’m afraid of doing, the next week sure enough that would be in it. Brian just kept challenging me. It was evil, but in a great way because I’ve never had this prmoninent, this important of a character to play before.
RAW: You’ve said you read the book after having filmed the show because you wanted your Clay to be different.
DYLAN: I’m thankful that I didn’t read ’till afterwards just because I was Clay for so long, and then reading it, it just… I felt like I was inside the book and I felt responsible and I felt how you’re supposed to feel when you read that book. There’s no world where I would’ve been taken out of it at all.
RAW: The show never really talked down or sugar coated anything for kids or teens. How do you think that affected the final product?
DYLAN: We really surprised people because I don’t think anybody would expect us or anybody else to go there. You have to go there because if we’re making a PG, PG-13 or TV-14 version of this, you’re verging on romanticising it because you can’t make it horrifying for anybody. You almost can’t get these messages across. You won’t be able to identify the Bryce’s of the world if you’re not forced to see the horrid acts that he’s done.
RAW: Kind of veering off course here. We both, me first, I have to take credit, got obsessed with Revival by Selena Gomez. So what’s your favorite song off that album?
DYLAN: I got into Revival too and my favorite song off of Revival is hands down “Me & the Rhythm”. That song.
RAW: Underrated.
DYLAN: So underrated. Why wasn’t that song a bigger hit? I mean, maybe it was. I just didn’t know. But I remember hearing that song and going, “Oh my god this is so good. This beat, and the melody, and the chorus. It’s so catchy.” I wish I could write a song as catcy as “Me & The Rhythm” by Selena Gomez. That is, I love that song.
RAW: Also, for those who don’t know, what’s your position in your band The Wallows?
DYLAN: As a collective, Cole, Braeden and I switch off on a lot of stuff in the studio. In the studio, we have no assigned job. We just kind of say, “Do you want to play this? I’ll play this.” We just kind of write the parts together. But live, I primarily play guitar, and I sing. But we all can switch around and do all that good stuff. It’s a group effort.
RAW: What was your last concert that you went to?
DYLAN: Car Seat Headrest at the Regent Theater in Downtown LA.
RAW: Well, everyone is very excited to watch you guys do your thing for another season of ’13’ because you all are amazing, so talented, and have genuine chemistry. And it’s not fake chemistry where people are like “we’re a family” and they’re not.
DYLAN: Everyone really loves each other and it really is a family now at this point. I think everyone would be so excited to work with each other again. We’ll just have to wait and see what happens. I want to see other people do more on the show. I want to see more stories from the other characters and Clay can take a seat on the sidelines.
RAW: I don’t think that’s going to be happening. Sorry Dylan.
DYLAN: Well, you never know. RAW
The second season of 13 Reasons Why is currently in production with a 2018 release.
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