venerdì 31 maggio 2019

GOSSIP - Fonda a fondo. La co-protagonista di "Grace & Frankie" confessa: "durante il serial ho sofferto di una crisi nervosa!"
Jane Fonda went through a difficult time while filming the first season of Grace & FrankieThe 81-year-old actress opened up in an interview with The Hollywood Reporter published on Wednesday (May 29). “It took me a long time to figure out [my relationship to this character]. I had a nervous breakdown during the first season, and I discovered it’s because the very first episode our husbands tell us that they are going to leave us after 40 years and marry each other and that triggered abandonment,” she explained. “It was a big trigger, and I didn’t realize that a character in a comedy could actually trigger something very profound. And so I love her, and I learned to invite her into the room.” She also opened up about her similarities and differences to her character on the hit Netflix series.

martedì 28 maggio 2019

NEWS - Drive me crazy! Dal 14 giugno su Amazon il serial già cult "Too old to die young" del visionario Refn. Un nuovo "Banshee" al neon?

Articolo tratto da "La Repubblica"
"'Troppo vecchio per morire giovane'. E' programmatico il titolo della serie Amazon firmata dal regista Nicolas Winding Refn presentata in anteprima a Cannes. Dai tempi di Drive (2011) è stato proprio il festival francese a trasformare Refn in un controverso protagonista del cinema d'autore, adorato o irriso dai critici per l'ultra violenza estetizzante e la narrazione rarefatta. Proprio Drive, per dire, era stato apprezzato all'epoca dal Presidente della Repubblica cinefilo Giorgio Napolitano. Non è stata proprio una sorpresa che il regista, da sempre affascinato dalle nuove piattaforme, i cui film sono spesso al confine con la videoarte, abbia realizzato per Amazon Too old to die young, disponibile dal 14 giugno. La serie è composta di 10 episodi da 70 minuti ciascuno, in teoria fruibili in ordine sparso: alla rassegna francese sono stati presentati i numeri 4 e 5, molto diversi tra loro. «Per me è un film di 13 ore. Ho tagliato e separato in ogni punto in cui mi sentivo di farlo. È stato come dipingere su una tela enorme, spezzarla in piccoli pezzi per mostrarla agli spettatori», spiega l'autore pallido, camicia bianca e giacca nera tarantiniana. «L'idea è nata quando ho presentato Solo dio perdona. Mi aveva colpito il nuovo modello di lancio di Netflix che metteva a disposizione tutti gli episodi insieme. Ho capito che la televisione si era evoluta e quello sarebbe diventato il grande mercato, ma anche un formidabile bacino artistico. Mi ha contattato Amazon, che aveva distribuito Neon demon: ho pensato a qualcosa legato alla morte e alla religione ed è arrivato il titolo. Mi è stata lasciata libertà totale. Ho parlato con Ed Brubaker (sceneggiatore per Marvel e DC, ndr), abbiamo iniziato a scrivere insieme». Al centro della serie c'è un poliziotto dalla doppia vita, interpretato da Miles Teller (Whiplash, Divergent, 1 fantastici 4), che di giorno fa terapia di gruppo contro la rabbia e di notte uccide — per una setta di vendicatori e un po' per la malavita — solo i criminali più abbietti. Sul fronte romantico ha una relazione con una studentessa modello, ex attrice bambina (Jena Malone), sullo sfondo politico c'è un'America fascista, piena di rimandi all'era Trump. L'episodio 4 ha un andamento lento e propone molte riflessioni filosofiche su un mondo in piena decadenza, il 5 è una discesa agli inferi della pornografia violenta. Non manca il feticismo tipico di Refn: un uomo che deterge, veste e mette lo smalto a una donna-bambola. In tutto questo Miles Teller è l'eroe romantico quanto laconico che finora nella filmografia di Refn aveva avuto il volto di Ryan Gosling. «Ci siamo incontrati, abbiamo parlato e mi è restato in mente: non potevo credere alla sua incredibile somiglianza con Elvis Presley. Ho pensato che fare un film con Elvis sarebbe stato bellissimo». Stavolta non c'è solo un protagonista maschile. «La serie — racconta Refn — si è evoluta in corsa, scrivevo di notte e giravo di giorno. Ho avuto l'approvazione dopo i primi tre episodi e non avevo ancora scritto gli altri. Avevo già sviscerato abbastanza il dilemma morale del protagonista e così ho iniziato a esplorare i personaggi femminili, che avranno un grandissimo spazio nella seconda parte. In pratica tu parti conoscendo l'uomo, poi incontri le donne e continui il viaggio con loro». A cambiare non sarà solo il punto di vista, ma anche la lingua: «Ci sono episodi girati interamente in spagnolo: ho cercato di aprire la storia a molte sensibilità diverse, per parlare alle generazioni più giovani. Viviamo in una società multietnica, variegata anche dal punto di vista sessuale e culturale. Ho tenuto dritta la barra della creatività anche in un progetto così gigantesco». Refn ha impresso il marchio indelebile su un'operazione mediatica che sa governare come pochi. A partire dalla firma che è anche la sua piattaforma personale byNWR. Non è un regista nostalgico del grande schermo, anzi cavalca la ricerca di nuovi linguaggi visivi. «Mi sono trasferito con i miei a New York che ero un ragazzino, ho scoperto il mondo guardando la tv. A Copenaghen c'era un solo canale, all'epoca. All'improvviso ho sperimentato mille realtà diverse attraverso il tasto del telecomando. La mia introduzione al cinema è arrivata per via digitale: è stato un vantaggio, per come il mondo si è trasformato ora. C'è grande fermento e tanta concorrenza, questo fa bene alla creatività. Mi è capitato spesso di essere stroncato, succede quando sei nel giusto». Nella serie c'è anche la sua visione filosofica e morale del mondo, il racconto di un'Apocalisse tra Shakespeare e Sergio Leone: «Racconto di uomini e donne che sono stati dimenticati, lasciati indietro dall'interesse generale, dai politici che conosciamo, dall'ineguaglianza di massa, dal risorgere del fascismo. Cose che sappiamo e che ci fanno venir voglia di bruciare tutto e ricominciare da capo». La turbolenza artistica di Refn è bilanciata da una vita personale da favola, una moglie e due figlie con cui vive a Copenaghen: «Una vita tranquilla, in un paese in cui purtroppo la destra tenta di risollevare la testa». Alla moglie Liv Corfixen, attrice (per Susanne Bier, anche nei primi film del marito) e documentarista, deve tanto: «È l'unica donna che ho avuto, è straordinaria. II documentario che ha girato su di me sul set di Solo Dio perdona, My life directed by Nicolas Winding Refn, era oggettivo, sa essere molto dura con me». Il pallido, glaciale autore si scioglie, cerca sul telefono delle foto con la moglie e le figlie di quindici e nove anni: «La più grande non è interessata ai film, la piccola è una cinefila, insieme guardiamo cartoni e classici in bianco e nero». Refn si alza in piedi: «Vuoi venire con me?», esce nel terrazzo assolato per farci conoscere la moglie. Come succederà nella sua serie tv, la conversazione prosegue con una protagonista femminile.

lunedì 27 maggio 2019

"Il trivial game + divertente dell'anno" (Lucca Comics)

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