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venerdì 21 settembre 2018

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
"Sharp Objects", un misterioso puzzle di frammenti temporali
"Su una cartina geografica del Missouri non troverete mai la cittadina di Wind Gap. Eppure esiste. Il paese è noto per l'allevamento dei maiali, gli abitanti sembrano attraversati da una sottile vena di follia e da un po' di tempo alcune ragazze vengono assassinate (Sky Atlantic). Dunque, Wind Gap esiste, tant'è vero che, nel tentativo di riprendersi dai traumi di un passato difficile (in ogni città del mondo c'è qualcuno che tenta di riprendersi da...), la reporter di un giornale di Saint Louis, Camille Preaker (Amy Adams), da poco dimessa da un ospedale psichiatrico per abuso di alcol, fa ritorno nella sua città natale per indagare su questa storia sconcertante di delitti, correndo anche il rischio di identificarsi troppo nelle vittime. Sharp Objects è tratto dal romanzo Sulla pelle di Gillian Flynn, ex critica televisiva di Entertainment Weekly e autrice del best seller Gone Girl — L'amore bugiardo (ricordate l'ottimo film di David Fincher?); la regia è del canadese Jean-Marc Vallée, quello di Big Little Lies. A Wind Gap, il passato non passa mai, anche se un'aura di rispettabilità piccolo borghese cerca di incatenarlo nelle convenzioni sociali. Non in quelle narrative, dove i flashback sgorgano seguendo il flusso di coscienza di Camille (sollecitate anche dalla vodka versata nella bottiglia d'acqua minerale, tanto per non dare nell'occhio). La casa della sua infanzia (quasi un castello), la sorellastra, incarcerata in una regressiva crisi di nervi, la madre, perturbante allevatrice di maiali (una stupenda Patricia Clarkson, la dimostrazione di come si possa essere socialite anche a Wind Gap), i giochi infantili si manifestano all'improvviso, come frammenti, come tessere scombinate di un misterioso puzzle. La suspense nasce proprio da questa continua rottura temporale e dall'indeterminazione che contrassegna ogni personaggio. Led Zeppelin a palla, e la trama va". (Aldo Grasso)

venerdì 19 febbraio 2016

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

CORRIERE DELLA SERA
In "Vinyl" tutti i clichè della New York anni '70
""Vinyl", la serie targata HBO in 10 episodi, che porta la firma di Martin Scorsese, di Mick Jagger e di Terence Winter («I Soprano» e « Boardwalk Empire»), sembra fatta apposta per alimentare il mito di una New York tutta sesso, droga e rock'n'roll (Sky Atlantic, lunedì, ore 21.10 e a rotazione). Siamo nel 1973. Protagonista della serie è Richie Finestra (Bobby Cannavale), un produttore discografico a capo della American Century Records che, con l'ascesa del punk da una parte e dei successi pop dall'altra, cerca di rilanciare la propria etichetta discografica attraverso i Nasty Bits, una punk band emergente. Ricostruendo le vicende del protagonista, la serie descrive l'industria musicale dell'epoca (le grandi casi discografiche come la PolyGram stanno assorbendo le più piccole), all'alba di nascenti sottoculture musicali. II fermento di quegli anni (i riferimenti ai personaggi della scena artistica della Grande Mela, dai Led Zeppelin ad Andy Warhol, sono costanti) è riproposto in chiave di plateale anticonformismo, come se la scrittura della serie, riproponendo molti stilemi manieristici di «Boardwalk Empire», fosse vocata al maledettismo del rock. Come ha scritto giustamente Stefano Pistolini su IL, «si può prendere per buona la tesi di Scorsese, ma il suo cinismo per tanti versi è innervosente, la sua perfidia ha il gusto rancido della malevolenza di un uomo abile e sofisticato, ma inguaribilmente vecchio. Dalla sua rappresentazione della NY gonfia di droghe, sesso, perversioni e banconote, non trasudano sensazioni elettrizzanti, la sintonia con la modernità, il desiderio di descrivere un momento terribile e meraviglioso, ma soltanto i suoi squallori». Dal lungo pilot, «Vinyl» sembra quasi vendetta che Mick Jagger si prende nei confronti dell'America, quasi a decretare una superiorità della musica inglese, dopo che già allora aveva messo a repentaglio la buona creanza sonora con «Satisfaction»". (Aldo Grasso, 18.02.2016)

"Il trivial game + divertente dell'anno" (Lucca Comics)

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