sabato 6 ottobre 2018
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Telefilm Festival
venerdì 5 ottobre 2018
NEWS - Ultima ora! Amazon debutterà nel 2019 con una serie tv italiana autoprodotta (dagli autori di "Gomorra")
News tratta da "La Stampa"
A breve Amazon Prime lavorerà anche in Italia. «Stiamo creando un trama originale, di cui potremo dire di più solo l'anno prossimo, con due scrittori di incredibile talento, tra i migliori in Italia, Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli, autori di Gomorra, con cui abbiamo lavorato già in ZeroZeroZero», serie basata sul libro di Roberto Saviano e co-prodotta con Sky, Canal+. «Ci è piaciuto molto lavorare con loro e lo show che stiamo mettendo a punto è il prossimo passo della nostra relazione».
News tratta da "La Stampa"
A breve Amazon Prime lavorerà anche in Italia. «Stiamo creando un trama originale, di cui potremo dire di più solo l'anno prossimo, con due scrittori di incredibile talento, tra i migliori in Italia, Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli, autori di Gomorra, con cui abbiamo lavorato già in ZeroZeroZero», serie basata sul libro di Roberto Saviano e co-prodotta con Sky, Canal+. «Ci è piaciuto molto lavorare con loro e lo show che stiamo mettendo a punto è il prossimo passo della nostra relazione».
giovedì 4 ottobre 2018
NEWS - Anteprima! La prima immagine di Helen Mirren in "Catherine the Great" (3° partnership tra Sky e HBO)
Ecco la prima immagine di Helen Mirren nelle vesti di una delle figure femminili più potenti di tutti i tempi nella produzione originale Sky e HBO, Catherine the Great, ambientata nella sfarzosa ma politicamente spietata corte russa del 18° secolo. In una corte scintillante e assetata di potere, accanto alla vincitrice del premio Oscar®, vedremo Jason Clarke (Zero Dark Thirty) nel ruolo di Potemkin, lo statista preferito di Caterina oltreché comandante militare e amante, la vincitrice del BAFTA Gina McKee (Bodyguard), che interpreta la Contessa Bruce, amica e confidente di tutta una vita, e Rory Kinnear (The Imitation Game) nei panni del ministro Panin, abile uomo politico, consigliere del figlio ed erede di Caterina, Paolo I (Joseph Quinn). Anche Richard Roxburgh (Moulin Rouge) si unisce al cast nella parte di Grigory Orlov, uno degli ex amanti di Caterina che, con suo fratello Alexei Orlov (interpretato da Kevin R McNally, Unforgotten), ha orchestrato il colpo di stato che ha portato Caterina al potere. La serie, in quattro parti, che attualmente viene girata in palazzi e set in Russia, Lettonia e Lituania, racconta gli ultimi anni del lungo regno di Caterina, durato 34 anni, durante i quali l’imperatrice ha costruito la reputazione della Russia come una delle grandi potenze dell'Europa. Questa primissima immagine mostra Helen Mirren nei panni dell'imperatrice Caterina nei suoi alloggi privati ricostruiti sulla base dei palazzi russi originali e circondata da copie, create per l’occasione, dei quadri presenti all'Ermitage. Il cast al completo include Clive Russell (Il Trono di Spade) nel ruolo di The Fool, Sam Palladio (Nashville) che interpreta il giovane amante di Caterina Alexander Vasilichikov, Lucas Englander (Genius) nel ruolo del luogotenente Mirovich, Antonia Clarke (Les Misérables) nei panni della Principessa Sofia, Paul Ritter (Friday Night Dinner) nel ruolo del generale Suvorov, Paul Kaye nei panni di Pugachev, Thomas Doherty come Peter Zavadovsky, Raphael Acloque che interpreta Platon Zubov, James Northcote come Alexander Bezborodko ed Andrew Rothney come Alexander Dmitriev-Mamonov. Scritta da Nigel Williams (Elizabeth I) e diretta dal regista vincitore di BAFTA ed Emmy Philip Martin (The Crown), Catherine the Great è prodotta da Origin Pictures e New Pictures. È il terzo progetto frutto della partnership tra Sky e HBO per lo sviluppo di produzioni globali di alto livello. La serie verrà trasmessa nel 2019 su Sky Atlantic in Italia, ma anche nel Regno Unito, Irlanda, Germania, Austria e Spagna. Sky Vision gestirà la vendita e la distribuzione internazionale.
mercoledì 3 ottobre 2018
NEWS - A(m)maz(z)on, che palinsesto! Presentato a Londra il carnet seriale deluxe di Prime Video: da "Homecoming" di Sam Esmail a "The Romanoffs" di Matthew Weiner e "Good Omens" di Terry Pratchett. Julia Roberts, esordiente seriale come Orlando Bloom e Cara Delevingne, non ha dubbi: "qui si respira arte e libertà!"
Articolo tratto da "Il Messaggero"
Per rischiare tutto, a cinquant'anni, ci vuole coraggio. Specialmente se il proprio lavoro è a Hollywood, e se a quell'età si dispone ancora di un piccolo capitale di successo, potere e bellezza. Julia Roberts, però, non è donna da facili conformismi. E così, compiuto mezzo secolo d'età, il Premio Oscar si è regalata un esordio assoluto in una serie tv. «Non è stato poi cosi diverso dal fare un film, a parte il fatto che la gente vive nel terrore dagli spoiler e che ogni tanto serviva che qualcuno mi ricordasse a che punto della storia fossimo arrivati», ha detto ieri l'attrice, ospite a sorpresa del meeting organizzato da Amazon a Londra per presentare alla stampa le novità della piattaforma Prime Video.
Protagonista della serie Homecoming, in Italia dal 2 novembre, diretta dal papà di Mr Robot Sam Esmail e già rinnovata per una seconda stagione, Roberts interpreta il ruolo di una psicologa, Heidi Bergman, che assiste i militari appena rientrati dal fronte. Ma l'azienda per cui lavora non è cosi onesta come sembra: «E un thriller in cui mi hanno affidato un doppio personaggio, vulnerabile e autoritario. Sono orgogliosa di Homecoming, è un prodotto artistico». «Arte» e «libertà» sono termini che ricorrono in più di un'occasione: li usa anche il fumettista e scrittore Neil Gaiman, presentando le prime immagini dell'attesa serie Good Omens, tratta dal romanzo, scritto a quattro mani con il genio del fantasy comico Terry Pratchett, Buona Apocalisse a tutti!. «Ricordo di aver sprecato anni a proporre a chiunque il progetto di American Gods: tutti mi dicevano che era troppo strano, troppo inconsueto. Amazon, appena l'ha letto, l'ha voluto immediatamente. È gente che ha rispetto per la libertà degli autori». E cosi Gaiman, dopo aver firmato un contratto in esclusiva per la piattaforma, e lavorato alla seconda stagione di American Gods, è riuscito a rendere reale anche «l'ultimo desiderio di Pratchett, cioè quello di trasformare Buona Apocalisse a tutti! in una serie tv. Terry Gilliam voleva farne un film, ma non ci è riuscito. L'ho scritta in 18 mesi, ci sono 10 milioni di fan in tutto il mondo pronti a linciarmi, se dovessi sbagliare». Ma dalle prime immagini mostrate ieri - uno spassoso dialogo tra candido angelo Michael Sheen e il diavolo dagli occhi di serpente David Tennant, e una sequenza con Jon Hamm nei panni (sempre elegantissimi) dell'Arcangelo Gabriele - Good Omens, «la prima commedia mai girata sull'Apocalisse», ha le carte in regola per diventare uno dei cult del 2019.
Farà parlare di sé anche The Romanoffs, la prima delle novità Prime Video a trovare la via dello streaming il 16 ottobre, che ieri a Londra ha festeggiato la sua première: nata dalla penna di Matthew Weiner, tomato a scrivere per la tv a 11 anni da Mad Men, The Romanoffs è una serie in otto puntate, autonome l'una dall'altra, ambientate ai giorni nostri e accomunate da uno spunto, cioè l'appartenenza di alcuni dei protagonisti alla stirpe degli zar di Russia. Colonna sonora rock (Cake, Lou Reed nei primi due episodi), pochi nomi celebri nel cast (Aaron Eckhart, Isabelle Huppert) e molti volti che Weiner spera di lanciare, «come fu con Mad Men. Ho voluto mantenere lo stesso staff, lo stesso approccio cinematografico alle inquadrature e un certo senso dello humor». Che ne I Romanoffs ha una qualità nera, quasi sovversiva, come si intuisce già dall'intrigante sigla inziale: «Non mi interessa raccontare storie in cui non ci sia umorismo, anche se si tratta di melodrammi».
Tra gli altri titoli presentati ieri, molta Germania con le nuove stagioni della serie Deutschland, 86 e 89 (tutta sulla caduta del Muro), il thriller Beat, ambientato nei club della Berlino techno tra dj set e traffico di organi, e la coproduzione franco-tedesca Deutsch-les-Landes, sorta di Benvenuti al Sud in cui un paesino francese in bancarotta viene ripopolato da ricchi tedeschi.
Confermato anche il ritorno di Jack Ryan, in una seconda stagione in cui a John Krasinski si affiancherà Noomi Rapace, «nei panni di una donna tostissima - ha detto l'attore - ma poco amichevole», e l'arrivo nel corso del 2019 del misterioso Carnival Row, fantasy-steampunk con Orlando Bloom detective e Cara Delevingne fata ribelle. «Non sarà un fantasy come tutti gli altri - ha detto la modella e attrice - tratterà temi importanti e politici, come l'immigrazione, il classismo e il razzismo". Una serie che segna un altro esordio in tv, quello di Orlando Bloom: "È un film epico, ambientato in un mondo quasi vittoriano. Non potevo tirarmi indietro di fronte a un progetto così particolare. Cosi artistico".
Protagonista della serie Homecoming, in Italia dal 2 novembre, diretta dal papà di Mr Robot Sam Esmail e già rinnovata per una seconda stagione, Roberts interpreta il ruolo di una psicologa, Heidi Bergman, che assiste i militari appena rientrati dal fronte. Ma l'azienda per cui lavora non è cosi onesta come sembra: «E un thriller in cui mi hanno affidato un doppio personaggio, vulnerabile e autoritario. Sono orgogliosa di Homecoming, è un prodotto artistico». «Arte» e «libertà» sono termini che ricorrono in più di un'occasione: li usa anche il fumettista e scrittore Neil Gaiman, presentando le prime immagini dell'attesa serie Good Omens, tratta dal romanzo, scritto a quattro mani con il genio del fantasy comico Terry Pratchett, Buona Apocalisse a tutti!. «Ricordo di aver sprecato anni a proporre a chiunque il progetto di American Gods: tutti mi dicevano che era troppo strano, troppo inconsueto. Amazon, appena l'ha letto, l'ha voluto immediatamente. È gente che ha rispetto per la libertà degli autori». E cosi Gaiman, dopo aver firmato un contratto in esclusiva per la piattaforma, e lavorato alla seconda stagione di American Gods, è riuscito a rendere reale anche «l'ultimo desiderio di Pratchett, cioè quello di trasformare Buona Apocalisse a tutti! in una serie tv. Terry Gilliam voleva farne un film, ma non ci è riuscito. L'ho scritta in 18 mesi, ci sono 10 milioni di fan in tutto il mondo pronti a linciarmi, se dovessi sbagliare». Ma dalle prime immagini mostrate ieri - uno spassoso dialogo tra candido angelo Michael Sheen e il diavolo dagli occhi di serpente David Tennant, e una sequenza con Jon Hamm nei panni (sempre elegantissimi) dell'Arcangelo Gabriele - Good Omens, «la prima commedia mai girata sull'Apocalisse», ha le carte in regola per diventare uno dei cult del 2019.
Farà parlare di sé anche The Romanoffs, la prima delle novità Prime Video a trovare la via dello streaming il 16 ottobre, che ieri a Londra ha festeggiato la sua première: nata dalla penna di Matthew Weiner, tomato a scrivere per la tv a 11 anni da Mad Men, The Romanoffs è una serie in otto puntate, autonome l'una dall'altra, ambientate ai giorni nostri e accomunate da uno spunto, cioè l'appartenenza di alcuni dei protagonisti alla stirpe degli zar di Russia. Colonna sonora rock (Cake, Lou Reed nei primi due episodi), pochi nomi celebri nel cast (Aaron Eckhart, Isabelle Huppert) e molti volti che Weiner spera di lanciare, «come fu con Mad Men. Ho voluto mantenere lo stesso staff, lo stesso approccio cinematografico alle inquadrature e un certo senso dello humor». Che ne I Romanoffs ha una qualità nera, quasi sovversiva, come si intuisce già dall'intrigante sigla inziale: «Non mi interessa raccontare storie in cui non ci sia umorismo, anche se si tratta di melodrammi».
Tra gli altri titoli presentati ieri, molta Germania con le nuove stagioni della serie Deutschland, 86 e 89 (tutta sulla caduta del Muro), il thriller Beat, ambientato nei club della Berlino techno tra dj set e traffico di organi, e la coproduzione franco-tedesca Deutsch-les-Landes, sorta di Benvenuti al Sud in cui un paesino francese in bancarotta viene ripopolato da ricchi tedeschi.
Confermato anche il ritorno di Jack Ryan, in una seconda stagione in cui a John Krasinski si affiancherà Noomi Rapace, «nei panni di una donna tostissima - ha detto l'attore - ma poco amichevole», e l'arrivo nel corso del 2019 del misterioso Carnival Row, fantasy-steampunk con Orlando Bloom detective e Cara Delevingne fata ribelle. «Non sarà un fantasy come tutti gli altri - ha detto la modella e attrice - tratterà temi importanti e politici, come l'immigrazione, il classismo e il razzismo". Una serie che segna un altro esordio in tv, quello di Orlando Bloom: "È un film epico, ambientato in un mondo quasi vittoriano. Non potevo tirarmi indietro di fronte a un progetto così particolare. Cosi artistico".
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martedì 2 ottobre 2018
NEWS - Clamoroso al Cibali! Netflix produrrà serie tv dove gli spettatori potranno scegliere i finali (a cominciare da "Black Mirror")
News tratta da "Deadline"
In an effort to find yet another way to make its service sticky, Netflix is planning to roll out interactive features on shows including Black Mirror that will enable viewers to choose their own endings, according to a report by Bloomberg. Citing unnamed sources, the report said projects will be released before the end of the year that follow the model of some kids shows already on Netflix, such as Puss in Book. The technology follows the pattern of videogames, and Netflix has videogame-based shows in the works, including a take on Minecraft due by the end of 2018. HBO has already dipped a toe into interactive waters this year with Mosaic. The six-part Steven Soderbergh-directed mystery thriller aired on the linear network but was accompanied by an app featuring a range of different story threads that viewers could customize. Critics generally praised Soderbergh’s narrative architecture and the experience of the show. Black Mirror is a prominent, Emmy-winning series for Netflix, whose themes lend themselves to high-tech experimentation. The fifth season of the Charlie Brooker-created show is expected to premiere in December. In addition to Black Mirror, Netflix has closed a deal for one other live-action series and is in the final stages of other deals, according to Bloomberg. While plenty of reality series have incorporated interactive elements for years now, the scripted realm faces hurdles to wider deployment of choose-your-own-ending storytelling. In addition to the technology requirements, it requires more extensive scripts and produced scenes. That can present budget and labor challenges for producers.
News tratta da "Deadline"
In an effort to find yet another way to make its service sticky, Netflix is planning to roll out interactive features on shows including Black Mirror that will enable viewers to choose their own endings, according to a report by Bloomberg. Citing unnamed sources, the report said projects will be released before the end of the year that follow the model of some kids shows already on Netflix, such as Puss in Book. The technology follows the pattern of videogames, and Netflix has videogame-based shows in the works, including a take on Minecraft due by the end of 2018. HBO has already dipped a toe into interactive waters this year with Mosaic. The six-part Steven Soderbergh-directed mystery thriller aired on the linear network but was accompanied by an app featuring a range of different story threads that viewers could customize. Critics generally praised Soderbergh’s narrative architecture and the experience of the show. Black Mirror is a prominent, Emmy-winning series for Netflix, whose themes lend themselves to high-tech experimentation. The fifth season of the Charlie Brooker-created show is expected to premiere in December. In addition to Black Mirror, Netflix has closed a deal for one other live-action series and is in the final stages of other deals, according to Bloomberg. While plenty of reality series have incorporated interactive elements for years now, the scripted realm faces hurdles to wider deployment of choose-your-own-ending storytelling. In addition to the technology requirements, it requires more extensive scripts and produced scenes. That can present budget and labor challenges for producers.
lunedì 1 ottobre 2018
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
In "Ozark" una discesa nell'abisso come "Breaking Bad", ma meno tragica
"Grana, contante, capitale, gruzzolo, pecunia, cocuzze, verdoni denaro... Quello che separa 'i ricchi dai poveri. Ma cos'è il denaro? E' tutto se non ne hai, giusto? Metà degli adulti americani ha più debiti della carta di credito che risparmi'. E con quest'amara considerazione che si apre Ozark, una delle più belle serie targate Netflix, di cui è appena stata rilasciata l'attesissima seconda stagione. Marty Byrde (Jason Bateman) fa il revisore contabile, ha una bella famiglia e una vita regolare, da media borghesia democratica che ha raggiunto un buono status sociale ma deve lottare per mantenerlo senza restare indietro nella corsa al benessere. E un tipo pragmatico, metodico, portatore di una discreta dose d'infelicità, concentrato nello sforzo di provvedere alla moglie Wendy (Laura Linney) e dei due figli. Ma basta una fatalità, un semplice scarto nella linearità dei binari del destino, per convincere Marty che si merita di più. L'incontro casuale con un narcotrafficante diventa un'opportunità da cogliere e lo trasforma nel più abile riciclatore di denaro del Cartel. Inizia così un viaggio grottesco, carico di violenza: le cose cominciano presto ad andare male e la compromissione con la criminalità non è priva di sanguinose conseguenze, per lui e per chi lo circonda. Nello sperduto lago Ozark, un bacino artificiale, patria di quelli che in Usa chiamano «redneck», bifolchi, Marty vede un'occasione per i suoi traffici, vi trasferisce la famiglia non immaginando di inserirsi in un ecosistema umano già corrotto, in cui trascina anche la moglie e i figli, in un crescendo drammatico. Sulle loro tracce, arriva presto anche l'Fbi. Guardando Ozark, è difficile non pensare a Breaking Bad. La discesa nell'abisso del male è simile ma meno tragica, come se Marty fosse un «antieroe minore». Non reagisce a un destino avverso, ma cerca con pochi scrupoli di riprendersi ciò che ritiene gli spetti di diritto". (Aldo Grasso)
CORRIERE DELLA SERA
In "Ozark" una discesa nell'abisso come "Breaking Bad", ma meno tragica
"Grana, contante, capitale, gruzzolo, pecunia, cocuzze, verdoni denaro... Quello che separa 'i ricchi dai poveri. Ma cos'è il denaro? E' tutto se non ne hai, giusto? Metà degli adulti americani ha più debiti della carta di credito che risparmi'. E con quest'amara considerazione che si apre Ozark, una delle più belle serie targate Netflix, di cui è appena stata rilasciata l'attesissima seconda stagione. Marty Byrde (Jason Bateman) fa il revisore contabile, ha una bella famiglia e una vita regolare, da media borghesia democratica che ha raggiunto un buono status sociale ma deve lottare per mantenerlo senza restare indietro nella corsa al benessere. E un tipo pragmatico, metodico, portatore di una discreta dose d'infelicità, concentrato nello sforzo di provvedere alla moglie Wendy (Laura Linney) e dei due figli. Ma basta una fatalità, un semplice scarto nella linearità dei binari del destino, per convincere Marty che si merita di più. L'incontro casuale con un narcotrafficante diventa un'opportunità da cogliere e lo trasforma nel più abile riciclatore di denaro del Cartel. Inizia così un viaggio grottesco, carico di violenza: le cose cominciano presto ad andare male e la compromissione con la criminalità non è priva di sanguinose conseguenze, per lui e per chi lo circonda. Nello sperduto lago Ozark, un bacino artificiale, patria di quelli che in Usa chiamano «redneck», bifolchi, Marty vede un'occasione per i suoi traffici, vi trasferisce la famiglia non immaginando di inserirsi in un ecosistema umano già corrotto, in cui trascina anche la moglie e i figli, in un crescendo drammatico. Sulle loro tracce, arriva presto anche l'Fbi. Guardando Ozark, è difficile non pensare a Breaking Bad. La discesa nell'abisso del male è simile ma meno tragica, come se Marty fosse un «antieroe minore». Non reagisce a un destino avverso, ma cerca con pochi scrupoli di riprendersi ciò che ritiene gli spetti di diritto". (Aldo Grasso)
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