venerdì 8 giugno 2018

LA VITA E' UNA COSA SERIAL - Vent'anni di "Sex and the City": ma è ancora vivo il suo mito? Ha retto al passare di due decenni?

Articolo tratto da "La Stampa"
"La domanda più scomoda quando si tratta di prodotti di intrattenimento: ha retto il passare del tempo? Ha lasciato in eredità qualcosa in più dell'aver reso famosi marchi come Manolo Blahnik e Christian Louboutin? Il 6 giugno si sono compiuti 20 anni esatti dalla messa in onda di Sex and The City, la serie che ha raccontato per la prima volta quanto fosse normale per le donne trentenni rimanere single, pensare alla carriera, uscire con le amiche, godersi anni di sano divertimento e di sesso spensierato. Vibratori, incontri a tre, romanticismo, matrimonio, amicizia, cancro al seno, infertilità: non c'è argomento che le quattro protagoniste - Carrie, Miranda, Samantha e Charlotte - non abbiano affrontato, dettando toni e argomenti che avrebbero occupato gran parte della televisione femminile del futuro. E non c'è dubbio che la serie abbia raccontato le tendenze (non solo sessuali) con un occhio così puntuale per i gusti veloci dei newyorkesi da sembrare profetico: il Meatpacking quartiere in ascesa, la fuga della classe media a Brooklyn, Pastis e Balthazar ristoranti di riferimento.
Un'epoca che non esiste più Sex and The City ha raccontato meglio di chiunque altro un'epoca. Il problema è che quell'epoca non esiste più. Per le femministe di oggi lo show è troppo consumistico (in una famosa puntata Carrie calcola che la sua collezione di scarpe vale 40 mila dollari, il deposito per il mutuo del suo appartamento) e troppo legato a valori effimeri che stonano con la società in crisi in cui viviamo. È anche molto, troppo bianco: a parte l'apparizione di un medico afro americano, fidanzato brevemente con Miranda, c'è una drammatica mancanza di diversità. La stessa Sarah Jessica Parker - oltre che protagonista, produttore esecutivo per tutte e sei le stagioni - in una recente intervista ha ammesso che, oggi, una delle quattro dovrebbe essere per forza afro americana. Cynthia Nixon, che nello show interpreta l'avvocato Miranda, la più femminista delle quattro, e che oggi è candidata al ruolo di Governatore di New York, ha ammesso di essere stata disturbata dal troppo consumismo: «Quando ho rivisto la scena in cui Mr Big fa costruire una gigantesca cabina armadio per fare felice Carrie mi sono chiesta se sia questo il messaggio che vogliamo trasmettere». Persino Candace Bushnell, la giornalista autrice della column da cui è tratta la serie, in un'intervista al Guardian ha dichiarato: «Nella vita reale Carrie e Big non sarebbero tornati insieme». Un sentimento condiviso da quelle fan che nel matrimonio finale hanno visto tradite le premesse iniziali: sei stagioni a dire che alle donne non servono gli uomini per essere felici e realizzate per poi finire con la più disneyana delle favole? A dispetto di queste dissonanze, è però vero che Sex and The City gode ancora di un successo clamoroso, testimoniato all'interesse per un possibile terzo film (i primi due hanno incassato rispettivamente 415 e 294 milioni) e per il numero di account Instagram dedicati alla serie, alle sue frasi famose, agli abiti delle protagoniste, e seguiti da centinaia di migliaia di follower. In uno dei più seguiti le frasi delle protagoniste vengono analizzate secondo la iper sensibilità odierna per cui quando Carrie dice di indossare una collana d'oro «come una del ghetto» le si commenta ironicamente che è una frase che non tiene conto dei suoi privilegi di donna bianca. La fashion editor che lo gestisce, Chelsea Fairless, dice: «È vero, lo show è troppo bianco, troppo materialistico e non abbastanza serio, ma sono stanca anche solo a pensare allo sforzo che mi ci vorrebbe per boicottarlo, e preferisco usare quelle energie per combattere il patriarcato». (Simona Siri)

giovedì 7 giugno 2018

NEWS - Diamo i numeri! Da questa settimana i canali Premium di serie tv visibili anche su Sky: ecco la nuova numerazione (un pò a cazzo...)
Dal 4 giugno gli abbonati alla offerta satellitare di Sky trovano molte novità nella numerazione dei loro canali. Arrivano, infatti, i quattro canali di serie tv di Mediaset Premium, che vanno quindi ad aggiungersi ai cinque canali Premium di cinema già presenti da alcune settimane nell'offerta Sky cinema. Alla posizione 118 sbarcherà Premium Crime, al 122 Premium Stories, al 123 Joi e al 125 Premium Action. La novità dei canali Premium ha dato ai manager di Sky guidati dall'amministratore delegato Andrea Zappia l'occasione per un ripensamento generale delle numerazioni dal 118 in poi: Crime+Investigation, che al momento è al 118, slitterà al 119, al posto di Blaze che invece scivola al 124, sostituendo Comedy Central che arretra al 128, spingendo Fox Comedy al 137. Come si vede, si determinano notevoli effetti a catena, con editori felici e altri un po' più scontenti. Al 129, dal prossimo 4 giugno, ecco Comedy central +1, che va a occupare la posizione di Lei, facendolo slittare al 138. Perciò il canale di Rcs, che insieme all'altro canale Dove di Rizzoli dovrebbe uscire definitivamente dal bouquet di Sky, per ora rimane nella offerta pay satellitare. Al 130 ci sarà Mtv, al posto di Lei+1. Ed Mtv libererà la posizione 133, dove sarà promosso Man-ga, che adesso invece è al 149. Infine, Laeffe avanzerà al 135 (ora è al 139) e Classica al 136 (dal 138). Chiara la posizione di Sky in tema di piattaforma disponibile per altri editori: i canali televisivi devono essere in esclusiva Sky (un po' come fanno, ad esempio, Fox, V acom o Feltrinelli) e, ovviamente, editorialmente interessanti per poter ambire a posizioni privilegiate e a remunerazioni annue milionarie. Altrimenti, la piattaforma è disponibile sì, ma senza la possibilità per gli editori di ottenere fee da Sky. O, in alcuni casi, come piuttosto spesso accaduto negli ultimi anni, non è più disponibile. Nuove rivoluzioni ci saranno verso la fine del 2018, quando nel bouquet di Sky torneranno pure Rete 4 al 104, Canale 5 al 105 e Italia Uno al 106. Posizioni attualmente occupate da Rai 4, Sky Uno e Sky Sport Mix.
NEWS - Game of Notes. Al via progetto musicale con canzoni ispirate da "GOT". Tra gli artisti coinvolti: Adele, Arcade Fire e Jack White
News tratta da "Uproxx"
There’s still plenty of time to go until the upcoming and final season of Game Of Thrones airs, but some info about the new season is already starting to leak out (thanks to the cast). Now, here’s another bit of information: HBO is teaming up with Columbia Records to release an album of music inspired by the showThe soundtrack is set “to accompany” the eighth and final season of the show, which will premiere in 2019. Beyond that, the only real telling line from the press release is: “The soundtrack will feature songs inspired by the hit series and will showcase artists from diverse musical genres.” That means it’s time for speculation about who might be involved in this project. The musicians who have guest-starred on the show would be a good place to start: Most (in)famously, Ed Sheeran made a cameo on the show last year, for example. Mastodon, Coldplay drummer Will Champion, Snow Patrol’s Gary Lightbody, Sigur Rós, Of Monsters And Men, and Dr. Feelgood guitarist Wilko Johnson have also appeared on the show in various capacities over the years. The tracklist could also feature acts from the large pool of Columbia artists, like Arcade Fire, Foster The People, Adele, Jack White, Diplo, and a bona fide ton of others. Beyond that, the show certainly has a lot of famous fans, so getting a bunch of talented people on this soundtrack is a pretty real and potentially awesome possibility.

martedì 5 giugno 2018

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL FOGLIO
"Il Miracolo" costringe a interrogarsi sul mistero
"Che cosa farebbe ognuno di noi, se si trovasse di fronte a una statua di plastica raffigurante la Madonna che piange ininterrottamente sangue dagli occhi? Si inginocchierebbe a pregare, resterebbe scettico cercando di scoprire dove è il trucco, ne sarebbe spaventato, ritroverebbe una speranza improvvisa? Sono andate ieri sera in onda su Sky Atlantic le ultime due puntate de Il Miracolo, serie tv scritta e diretta da Niccolò Ammaniti con Francesco Munzi e Lucio Pellegrini. Premiata all'estero e celebrata sui media italiani, le otto puntate del Miracolo sono state salutate come una novità finalmente all'altezza del mercato internazionale della serialità televisiva e in streaming. Ammaniti è partito da alcuni classici che in Italia funzionano da sempre: il mafioso, il prete, il politico, il poliziotto, un tocco di religione nella trama. Solo che li ha smontati, restituendoli allo spettatore dentro a una storia senza tratti rassicuranti né risposte definitive. Li ha deviati dai binari sicuri della lotta tra il bene e il male, ne ha strappato i santini - buoni e cattivi - in cui annidi fiction televisiva italiana li aveva ormai fermati. L'inizio della prima puntata sembra una scena di Homeland: uomini dei corpi speciali fanno irruzione nel covo di un boss della 'ndrangheta pronti a sparare. Lo trovano però riverso in un lago di sangue. Dopo averlo portato via muto e inerte, si accorgono che quel sangue non è il suo. La statua che sanguina (nove litri all'ora)viene nascosta in un luogo segreto e controllata a vista dai militari. Viene informato soltanto il presidente del Consiglio, un progressista ateo che sta vivendo un momento molto difficile: l'Italia è alla vigilia di un referendum per uscire dall'euro e sua moglie, infelice e arrabbiata, lo tradisce in continuazione. "Lei è credente?", gli chiede il generale che coordina tutta l'operazione. "No, e lei?". "Si, anche se non pratico". Davanti a loro un fatto, inoppugnabile e misterioso: una statua che raffigura quella che per i cristiani è la madre di Dio piange sangue. Questo fatto costringe tutti a farsi delle domande, e in qualche modo a cambiare. E' cosi per la giovane ricercatrice che vuole studiare il Dna per scoprire di chi è quel sangue, è così per padre Marcello, il personaggio meglio riuscito della serie: un prete che ha ormai perso la fede, usa i soldi della parrocchia per giocare d'azzardo ed è un malato di sesso. Nessuno, davanti a quella statua, rimane uguale. La storia è ambientata in una Roma impersonale, girata quasi tutta in interni senza orizzonte, con scene oniriche che si alternano a una realtà che a tratti sembra continuare quei sogni. In un crescendo disturbante e angosciante , e grazie all'uso centellinato di flashback che all'inizio di ogni puntata raccontano come tutto è iniziato, Il Miracolo costringe anche chi guarda a interrogarsi sul mistero, sul senso della vita e della morte, sulla presenza del divino nella realtà quotidiana, fino a fare desiderare di vedere la faccia di chi quel sangue dovrebbe averlo nelle vene. Prima di schiacciare il tasto del computer che attiva un programma che ricostruisce un volto partendo dal Dna, i protagonisti hanno un fremito: chi pensano che comparirà su quello schermo, Gesù Cristo?, si chiede il premier. "Siamo sicuri di dover essere noi a svelare questo mistero?", gli fa eco il generale. Il Miracolo è anche una storia sulla responsabilità che nasce dall'incontro con un fatto inspiegabile - va detto a tutti? Lo "usiamo" per noi? Cerchiamo di fermarlo? - e ha il pregio di non offrire risposte preconfezionate. Ognuno dei personaggi risponde come può e come sa. Con la voglia di farla propria o di trovare una definizione- religiosa o scientiflca -che spieghi tutto. Ma è impossibile, e mentre le storie dei cinque personaggi principali precipitano, cambiano, hanno svolte drammatiche e imprevedibili, quella statuetta di plastica resta là, nascosta ma imponente. E in attesa di una seconda stagione". (Piero Vietti)

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