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giovedì 7 marzo 2019

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

CORRIERE DELLA SERA
Nella serie de "Il nome della rosa"...Eco de "Il Trono di spade"
"1327: il frate Guglielmo da Baskerville (John Turturro), seguito dal novizio Adso da Melk (Damian Hardung), raggiunge un'abbazia benedettina sulle Alpi per partecipare a una disputa tra l'Ordine francescano e il Papato avignonese, la cui delegazione è guidata dal feroce inquisitore Bernardo Gui (Rupert Everett). All'arrivo, però, i due si trovano coinvolti in una catena di morti misteriose. Tratta dal bestseller di Umberto Eco, la serie Il nome della rosa è stata prodotta da Palomar, Rai Fiction con Tele Munchen Group, scritta da Andrea Porporati, da Giacomo Battiato (che firma anche la regia) e dallo stesso Turturro. Tra il film di Jean-Jacques Annaud, 1986, e la nuova versione di mezzo ci sono soprattutto Il Trono di Spade, che ha cambiato le mappe di un passato immaginario capace di sostituirsi a quello reale ormai in corso di oblio, e il concetto stesso di serialità, il cui arco temporale si avvicina non poco al libro. Lo confesso. Non sono mai riuscito a terminare il libro, nonostante la buona volontà. Sono sempre stato annichilito da quel continuo gioco fra l'ipercultura e l'iperpop, tra l'erudizione e la letteratura di genere, tra la teologia e l'ironia facile: un intarsio che ammicca all'uomo colto e al «lettore medio». Colpa mia, ma un libro o ti prende o non ti prende. Così ora, volentieri, raddoppio l'attenzione, risospinto anche dall'ambizione del progetto, dall'assunto che nella serialità la nozione d'autore è un felice accidente, dalla forza della convenzione (nella pagina scritta è quasi un affronto). Turturro, uno Sherlock Holmes medievale reso ancora più perspicace dalle umane fragilità, è molto bravo a restituire plasticità alle idee. Come quella sulla caducità della percezione del reale. Qui c'è racconto, non solo esposizione di idee. Giusto che con Eco cresca la serialità italiana, lui che per primo se n'è occupato". (Aldo Grasso)

mercoledì 30 novembre 2016

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
In "The Night Of" tensione narrativa alle stelle
"Che angoscia! Chi volge gli occhi al fondo di un abisso è preso dalla vertigine; difficile staccarsi da un tale, terribile incantesimo. 'The Night Of' è una serie in otto episodi, una delle migliori della stagione (Sky Atlantic, venerdì, 21.15). Prodotta da Hbo, è stata scritta (alla sceneggiatura ha collaborato Richard Price) e diretta da Steve Zaillan (è lo sceneggiatore di Schindler's List). Ispirata al drama inglese «Criminal Justice» di Peter Moffat, era stata pensata per il grande James Gandolfini, scomparso nel 2013 (qui figura, comunque, come produttore esecutivo). 'The Night Of' narra la storia di Nasir Khan, detto Naz (interpretato da Riz Ahmed), uno studente universitario di origine pakistana, che vive coi suoi genitori nel Queens. Una sera, Nasir prende il taxi del padre senza il permesso per andare a una festa e dà un passaggio ad una giovane donna, Andrea, che lo scambia per il reale tassista. Dopo una notte insieme a base di sesso e droga, Nasir si risveglia trovando Andrea pugnalata a morte (un vero massacro) nell'appartamento di lei, senza il minimo ricordo di cosa sia accaduto. Incastrato dall'arma del delitto e da diverse testimonianze, più o meno casuali, Nasir si affida all'aiuto di un avvocato caduto in disgrazia, Jack Stone (interpretato da John Turturro), per dimostrare nel processo la sua innocenza. La prima puntata non lascia dubbi: Naz è innocente. Ma questo è solo il punto di partenza, un progressivo slittamento dal legal drama al racconto della durezza della vita carceraria. E l'inquietudine nasce proprio da quelle atmosfere rese immortali da Kafka: uno dei principi che regolano il lavoro della giustizia è che resta remota la possibilità di uno sbaglio. Meglio: errori se ne commettono, ma chi può dire alla fin fine che sia davvero un errore? Di qui l'angoscia, resa concreta dalla fotografia e dalla tensione narrativa". (Aldo Grasso, 27.11.2016)

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