CORRIERE DELLA SERA
Nella serie de "Il nome della rosa"...Eco de "Il Trono di spade"
"1327: il frate Guglielmo da Baskerville (John Turturro), seguito dal novizio Adso da Melk (Damian Hardung), raggiunge un'abbazia benedettina sulle Alpi per partecipare a una disputa tra l'Ordine francescano e il Papato avignonese, la cui delegazione è guidata dal feroce inquisitore Bernardo Gui (Rupert Everett). All'arrivo, però, i due si trovano coinvolti in una catena di morti misteriose. Tratta dal bestseller di Umberto Eco, la serie Il nome della rosa è stata prodotta da Palomar, Rai Fiction con Tele Munchen Group, scritta da Andrea Porporati, da Giacomo Battiato (che firma anche la regia) e dallo stesso Turturro. Tra il film di Jean-Jacques Annaud, 1986, e la nuova versione di mezzo ci sono soprattutto Il Trono di Spade, che ha cambiato le mappe di un passato immaginario capace di sostituirsi a quello reale ormai in corso di oblio, e il concetto stesso di serialità, il cui arco temporale si avvicina non poco al libro. Lo confesso. Non sono mai riuscito a terminare il libro, nonostante la buona volontà. Sono sempre stato annichilito da quel continuo gioco fra l'ipercultura e l'iperpop, tra l'erudizione e la letteratura di genere, tra la teologia e l'ironia facile: un intarsio che ammicca all'uomo colto e al «lettore medio». Colpa mia, ma un libro o ti prende o non ti prende. Così ora, volentieri, raddoppio l'attenzione, risospinto anche dall'ambizione del progetto, dall'assunto che nella serialità la nozione d'autore è un felice accidente, dalla forza della convenzione (nella pagina scritta è quasi un affronto). Turturro, uno Sherlock Holmes medievale reso ancora più perspicace dalle umane fragilità, è molto bravo a restituire plasticità alle idee. Come quella sulla caducità della percezione del reale. Qui c'è racconto, non solo esposizione di idee. Giusto che con Eco cresca la serialità italiana, lui che per primo se n'è occupato". (Aldo Grasso)
Nessun commento:
Posta un commento