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martedì 28 aprile 2020
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
"I Diavoli", la forza delle storie dei singoli senza sorrisi
«Il più grande inganno del diavolo è farci credere che non esista. Invece è reale, come l’acqua in cui nuotano i pesci. Reale come la finanza che scorre in questa banca». Il punto di partenza de I Diavoli, la nuova serie in onda su Sky Atlantic, è tagliente e lascia immaginare il disfacimento etico che ne seguirà. Prodotta da Lux Vide (la tradizione che sposa la serialità pay!) in collaborazione con i francesi di Ocs, la serie è un viaggio negli abissi della finanza, in un mondo fatto di numeri e spregiudicatezze che soffocano ogni possibile umana comprensione, un mostro che «non si vede, non ha odore e per molte persone è impercettibile»; a rendere verosimile l’impianto è il romanzo omonimo da cui è tratta, scritto da Guido Maria Brera, una vita tra trading e fondi finanziari. Le vicende della banca d’investimenti Nyl ruotano intorno alle figure di Dominic Morgan (Patrick Dempsey), ceo dell’azienda, e l’italiano Massimo Ruggero (Alessandro Borghi), rampante «head of trading» in procinto di una scalata ai vertici, che per la carriera ha rinunciato a tutto, compresa una moglie che ora ritorna, fragile e problematica. All’inizio della serie, un altro manager della banca muore cadendo da una finestra del palazzo, aprendo le danze di intrighi di potere, affari oscuri, inframmezzati dalle immagini reali delle crisi del 2011 che hanno incendiato e impoverito non poche nazioni. La forza de I Diavoli sta nei profili delle singole storie, in una fotografia che insiste su colori freddi e asettici, in un cast di livello (ci sono anche Kasia Smutniak e Lars Mikkelsen) che riesce a raddrizzare anche i passaggi più tecnici e meno fluidi. Nei tic, nei volti tirati dei protagonisti non c’è quasi mai l’ombra di un sorriso, a conferma di quanto confessa Massimo Ruggero: «Il più grande inganno del diavolo non è farci credere che non esista, ma lusingarci per non farci vedere che il diavolo siamo noi». (Aldo Grasso)
CORRIERE DELLA SERA
"I Diavoli", la forza delle storie dei singoli senza sorrisi
«Il più grande inganno del diavolo è farci credere che non esista. Invece è reale, come l’acqua in cui nuotano i pesci. Reale come la finanza che scorre in questa banca». Il punto di partenza de I Diavoli, la nuova serie in onda su Sky Atlantic, è tagliente e lascia immaginare il disfacimento etico che ne seguirà. Prodotta da Lux Vide (la tradizione che sposa la serialità pay!) in collaborazione con i francesi di Ocs, la serie è un viaggio negli abissi della finanza, in un mondo fatto di numeri e spregiudicatezze che soffocano ogni possibile umana comprensione, un mostro che «non si vede, non ha odore e per molte persone è impercettibile»; a rendere verosimile l’impianto è il romanzo omonimo da cui è tratta, scritto da Guido Maria Brera, una vita tra trading e fondi finanziari. Le vicende della banca d’investimenti Nyl ruotano intorno alle figure di Dominic Morgan (Patrick Dempsey), ceo dell’azienda, e l’italiano Massimo Ruggero (Alessandro Borghi), rampante «head of trading» in procinto di una scalata ai vertici, che per la carriera ha rinunciato a tutto, compresa una moglie che ora ritorna, fragile e problematica. All’inizio della serie, un altro manager della banca muore cadendo da una finestra del palazzo, aprendo le danze di intrighi di potere, affari oscuri, inframmezzati dalle immagini reali delle crisi del 2011 che hanno incendiato e impoverito non poche nazioni. La forza de I Diavoli sta nei profili delle singole storie, in una fotografia che insiste su colori freddi e asettici, in un cast di livello (ci sono anche Kasia Smutniak e Lars Mikkelsen) che riesce a raddrizzare anche i passaggi più tecnici e meno fluidi. Nei tic, nei volti tirati dei protagonisti non c’è quasi mai l’ombra di un sorriso, a conferma di quanto confessa Massimo Ruggero: «Il più grande inganno del diavolo non è farci credere che non esista, ma lusingarci per non farci vedere che il diavolo siamo noi». (Aldo Grasso)
domenica 8 marzo 2020
NEWS - CoronaVirus, allarme sul serial! Le produzioni fermano le registrazioni, pericolo di ritardi e cancellazioni
Articolo tratto da "Il Sole 24 ore"
Il Coronavirus colpisce anche il piccolo schermo. E la Tv al tempo del Covid-19 rischia di uscire molto impoverita da questo contagio, con contraccolpi per gli spettatori, che possono trovarsi senza molti degli appuntamenti di intrattenimento live che scandiscono i palinsesti, ma anche per le società di produzione, quelle che rappresentano l'impalcatura della tv italiana e che lanciano l'allarme: «Entro pochi giorni oltre la metà delle produzioni di intrattenimento sarà colpita dall'emergenza sanitaria. E anche sulla serlailtà gli effetti non tarderanno ad arrivare». Giancarlo Leone, presidente di Apa, l'associazione che raggruppa le società grandi e piccole di produttori audiovisivi indipendenti - Endemol, Magnolia, Banijay, Fremantle, Lux, Cattleya, Palomar, solo per citarne alcune - mette in guardia da un contraccolpo «già visibile» agli aficionados di quel simulacro familiare che, pur se uscito dai confini del televisore allargandosi a tablet, smartphone e vari device, rimane pur sempre un punto centrale nella vita degli italiani godendo in questi giorni, fra scuole chiuse e smart working, di ascolti in crescita. Un esempio? "La Corrida", il varietà condotto da Carlo Conti su Rai1, è la prima vittima: slittata a data da destinarsi. L'elenco è però lungo fra programmi che rischiano di saltare, altri che andranno in onda senza pubblico, e altri ancora conproduzioni che stanno ritardando in attesa di capire meglio l'evoluzione. Il problema è anche sulla serialità. «In questo caso - dice Leone - gli effetti si vedranno più in là, visto che le serie trasmesse sono state prodotte e consegnate fino a maggio. Ma quelle in partenza e in via di completamento rischiano». È evidente che le società di produzione sono in allarme. Studi vuoti e palinsesti in bilico che i broadcaster potrebbero trovarsi a rattoppare qua e là con film, serie e intrattenimento d'archivio, vogliono dire anche, lato produzione, un contraccolpo «che rischia di essere fortissimo». Per dare un'idea, il comparto del cinema e dell'audiovisivo ha unvalore della produzione che, stando agli ultimi report, si aggira sul miliardo di euro, dando lavoro a ioomila addetti: 250 milioni per il cinema; 370 milioni per la serialità; Sao perl'intrattenimento; 6o dadocumentari e animazione. In questo quadro, un episodio di coronavirus su un set o in un albergo che ospita le troupe può mandare all'ariaillavoro. E per leprotluzioni seriali che in generale oscillano f ra i 4 ai la milioni di euro di investimento, tutto questo rappresenta un sostanziale disincentivo a partire. Dal mondo della produzione tv arriva così un allarme rosso, che potrebbe sostanziarsi nella perdita di commesse anche dall'estero visto che colossi come Netflix o Amazon hanno scommesso su produzioni locali. «In questa situazione - aggiunge Leone - riteniamo che si debbatenere inmassima considerazione l'allarme che stiamo lanciando». In tal senso, pur nella consapevolezza che il problema è esogeno, «qualcosa per affrontarlo si potrebbe fare. Penso ad esempio alla possibilità di derogare alla disciplina dello split payment cui sono sottoposti committenti come la Rai o Tim con la sua Timvision». L'ideaè quella dí permettere aqueste sodetàdiversarel'Iva ai fornitori (le società di produzione) invece che direttamente all'Erario. In questo modo le società di produzione avrebbero risorse in più per affrontare il momento critico. «Penso perb anche a interventi assicurativi a garanzia dei blocchi di produzione. Un soggetto pubblico come Sace o Simestpotrebbe supplire in una fase in cui questi tipi di copertura assicurativa da parte deiprivati non sono offerti». Essenziale sarà non perdere tempo. «L'emergenza va presa di petto. È l'unico modo e noi non possiamo che muoverci in stretta collaborazione con il Mibact che è il luogo ideale, con collaboratori e competenze necessarie per affrontare questa fase».
Articolo tratto da "Il Sole 24 ore"
Il Coronavirus colpisce anche il piccolo schermo. E la Tv al tempo del Covid-19 rischia di uscire molto impoverita da questo contagio, con contraccolpi per gli spettatori, che possono trovarsi senza molti degli appuntamenti di intrattenimento live che scandiscono i palinsesti, ma anche per le società di produzione, quelle che rappresentano l'impalcatura della tv italiana e che lanciano l'allarme: «Entro pochi giorni oltre la metà delle produzioni di intrattenimento sarà colpita dall'emergenza sanitaria. E anche sulla serlailtà gli effetti non tarderanno ad arrivare». Giancarlo Leone, presidente di Apa, l'associazione che raggruppa le società grandi e piccole di produttori audiovisivi indipendenti - Endemol, Magnolia, Banijay, Fremantle, Lux, Cattleya, Palomar, solo per citarne alcune - mette in guardia da un contraccolpo «già visibile» agli aficionados di quel simulacro familiare che, pur se uscito dai confini del televisore allargandosi a tablet, smartphone e vari device, rimane pur sempre un punto centrale nella vita degli italiani godendo in questi giorni, fra scuole chiuse e smart working, di ascolti in crescita. Un esempio? "La Corrida", il varietà condotto da Carlo Conti su Rai1, è la prima vittima: slittata a data da destinarsi. L'elenco è però lungo fra programmi che rischiano di saltare, altri che andranno in onda senza pubblico, e altri ancora conproduzioni che stanno ritardando in attesa di capire meglio l'evoluzione. Il problema è anche sulla serialità. «In questo caso - dice Leone - gli effetti si vedranno più in là, visto che le serie trasmesse sono state prodotte e consegnate fino a maggio. Ma quelle in partenza e in via di completamento rischiano». È evidente che le società di produzione sono in allarme. Studi vuoti e palinsesti in bilico che i broadcaster potrebbero trovarsi a rattoppare qua e là con film, serie e intrattenimento d'archivio, vogliono dire anche, lato produzione, un contraccolpo «che rischia di essere fortissimo». Per dare un'idea, il comparto del cinema e dell'audiovisivo ha unvalore della produzione che, stando agli ultimi report, si aggira sul miliardo di euro, dando lavoro a ioomila addetti: 250 milioni per il cinema; 370 milioni per la serialità; Sao perl'intrattenimento; 6o dadocumentari e animazione. In questo quadro, un episodio di coronavirus su un set o in un albergo che ospita le troupe può mandare all'ariaillavoro. E per leprotluzioni seriali che in generale oscillano f ra i 4 ai la milioni di euro di investimento, tutto questo rappresenta un sostanziale disincentivo a partire. Dal mondo della produzione tv arriva così un allarme rosso, che potrebbe sostanziarsi nella perdita di commesse anche dall'estero visto che colossi come Netflix o Amazon hanno scommesso su produzioni locali. «In questa situazione - aggiunge Leone - riteniamo che si debbatenere inmassima considerazione l'allarme che stiamo lanciando». In tal senso, pur nella consapevolezza che il problema è esogeno, «qualcosa per affrontarlo si potrebbe fare. Penso ad esempio alla possibilità di derogare alla disciplina dello split payment cui sono sottoposti committenti come la Rai o Tim con la sua Timvision». L'ideaè quella dí permettere aqueste sodetàdiversarel'Iva ai fornitori (le società di produzione) invece che direttamente all'Erario. In questo modo le società di produzione avrebbero risorse in più per affrontare il momento critico. «Penso perb anche a interventi assicurativi a garanzia dei blocchi di produzione. Un soggetto pubblico come Sace o Simestpotrebbe supplire in una fase in cui questi tipi di copertura assicurativa da parte deiprivati non sono offerti». Essenziale sarà non perdere tempo. «L'emergenza va presa di petto. È l'unico modo e noi non possiamo che muoverci in stretta collaborazione con il Mibact che è il luogo ideale, con collaboratori e competenze necessarie per affrontare questa fase».
sabato 22 settembre 2018
NEWS - Anteprima! Patrick Dempsey avvistato a Roma per girare "Devils" con Alessandro Borghi!
News tratta da "Il Messaggero"
La cosa che ha apprezzato di più? Le trofie coni funghi porcini e le erbette», racconta uno dei camerieri che ha servito l'altra sera l'affascinante Patrick Dempsey, a Roma per girare una nuova serie televisiva dal titolo Devils, prodotta dalla Lux Vide. Proprio l'ad della società di produzione Luca Bernabei ha voluto invitare a cena il cast per dare loro di benvenuto nella capitale. Siamo nel ristorante di un noto hotel vicino piazza del Popolo, dove insieme a Dempsey sedevano anche gli altri attori, da Alessandro Borghi, apprezzatissimo nel ruolo di Stefano Cucchi nel film "Sulla mia pelle" a Laia Costa, attrice spagnola di Barcellona, giunta con un cappottino color rosso mattone, camicetta bianca e senza un filo di trucco, come la collega tedesca Pia Mechler e l'olandese Sallie Harmsen, vestita con un pantalone leggero arancione, espadrillas e magliettina. C'erano anche gli attori inglesi Malochi Kirby, Paul Chowdhry, Harry Michell, tutti molto casual. Per loro, oltre alle trofie tanto apprezzate da Dempsey, 52 anni, diventato famoso in tutto il mondo per la serie cult Grey's Anatomy, dove lui interpretava il neurochirurgo Derek Shehperd, lo chef aveva preparato anche delle "milanesine" di filetto di vitello con fagiolini e crema di patate all'olio di oliva e per dessert un trionfo di gelati misti, un'altra golosità che tutti gli ospiti hanno apprezzato, anche se consumato con tanti piccoli assaggi. «Sono sempre a dieta questi attori», ha commentato un vicino di tavolo, che intanto mangiava un più calorico tiramisù. La serie Devils è tratta dal romanzo del finanziere Guido Maria Brera, marito di Caterina Balivo e papà dei loro due bimbi e sarà trasmessa da Sky, le riprese saranno tra Roma e Londra per 24 settimane, in tutto dieci episodi sul mondo della finanza e su spietati trading manager. La regia è di Nick Hurran e Jan Michelini, regista anche di Don Matteo, serie sempre prodotta dalla Lux. L'attore americano di origine irlandese Patrick Dempsey è molto amato in Italia, è spesso ospite della trasmissione C'è Posta per te di Maria De Filippi, dove era stato sei mesi fa. Appena finita la cena, dopo una stretta di mano con Bernabei, si è concesso con tanto di sorriso a chi si trovava in hotel e non si è voluto far sfuggire l'occasione di una foto ricordo con uno dei sex symbol mondiali del cinema. L'aveva fatto anche mentre usciva dall'aereo, appena atterrato a Roma da Los Angeles, mercoledì scorso con due fan, e sicuramente non sarà l'ultimo selfie durante il suo soggiorno romano.
News tratta da "Il Messaggero"
La cosa che ha apprezzato di più? Le trofie coni funghi porcini e le erbette», racconta uno dei camerieri che ha servito l'altra sera l'affascinante Patrick Dempsey, a Roma per girare una nuova serie televisiva dal titolo Devils, prodotta dalla Lux Vide. Proprio l'ad della società di produzione Luca Bernabei ha voluto invitare a cena il cast per dare loro di benvenuto nella capitale. Siamo nel ristorante di un noto hotel vicino piazza del Popolo, dove insieme a Dempsey sedevano anche gli altri attori, da Alessandro Borghi, apprezzatissimo nel ruolo di Stefano Cucchi nel film "Sulla mia pelle" a Laia Costa, attrice spagnola di Barcellona, giunta con un cappottino color rosso mattone, camicetta bianca e senza un filo di trucco, come la collega tedesca Pia Mechler e l'olandese Sallie Harmsen, vestita con un pantalone leggero arancione, espadrillas e magliettina. C'erano anche gli attori inglesi Malochi Kirby, Paul Chowdhry, Harry Michell, tutti molto casual. Per loro, oltre alle trofie tanto apprezzate da Dempsey, 52 anni, diventato famoso in tutto il mondo per la serie cult Grey's Anatomy, dove lui interpretava il neurochirurgo Derek Shehperd, lo chef aveva preparato anche delle "milanesine" di filetto di vitello con fagiolini e crema di patate all'olio di oliva e per dessert un trionfo di gelati misti, un'altra golosità che tutti gli ospiti hanno apprezzato, anche se consumato con tanti piccoli assaggi. «Sono sempre a dieta questi attori», ha commentato un vicino di tavolo, che intanto mangiava un più calorico tiramisù. La serie Devils è tratta dal romanzo del finanziere Guido Maria Brera, marito di Caterina Balivo e papà dei loro due bimbi e sarà trasmessa da Sky, le riprese saranno tra Roma e Londra per 24 settimane, in tutto dieci episodi sul mondo della finanza e su spietati trading manager. La regia è di Nick Hurran e Jan Michelini, regista anche di Don Matteo, serie sempre prodotta dalla Lux. L'attore americano di origine irlandese Patrick Dempsey è molto amato in Italia, è spesso ospite della trasmissione C'è Posta per te di Maria De Filippi, dove era stato sei mesi fa. Appena finita la cena, dopo una stretta di mano con Bernabei, si è concesso con tanto di sorriso a chi si trovava in hotel e non si è voluto far sfuggire l'occasione di una foto ricordo con uno dei sex symbol mondiali del cinema. L'aveva fatto anche mentre usciva dall'aereo, appena atterrato a Roma da Los Angeles, mercoledì scorso con due fan, e sicuramente non sarà l'ultimo selfie durante il suo soggiorno romano.
martedì 14 agosto 2018
Recap: #Sky annuncia nuova serie scritta tra gli altri dal capo della fiction #Mediaset; tratta dal libro del marito di @caterinabalivo (@RaiUno); con @AleBorghi_ lanciato da @NetflixIT (#Suburra); prodotta da @LuxVide fino ad ieri #Rai+#Mediaset oriented. Più che #Diavoli, geni.
— Leo Damerini (@LeoDamerini) 14 agosto 2018
lunedì 13 agosto 2018
NEWS - Quei Diavoli di Sky! Ingaggiano Patrick Dempsey nella co-produzione con Lux Vide di una serie tv sugli intrighi della finanza dove tra gli autori compare Daniele Cesarano, capo della fiction di Mediaset (!)
Sky Italia e Lux Vide annunciano la serie originale, Diavoli, le cui riprese inizieranno a fine settembre con il primo ciak battuto a Londra. La serie in 10 episodi, basata sull’omonimo best seller (ed. Rizzoli) di Guido Maria Brera, una eccezionale storia di finanza, potere e disinganni, sarà co-finanziata e distribuita a livello internazionale da Sky Vision ed è realizzata in collaborazione con Orange Studio. Il cast di livello internazionale avrà come protagonisti il due volte nominato ai Golden Globes Patrick Dempsey, noto al pubblico mondiale per l’iconica interpretazione di Derek Shepherd in Grey’s Anatomy, e Alessandro Borghi, tra i talenti italiani più cristallini degli ultimi anni, apprezzato da pubblico e critica per le sue interpretazioni in Non essere cattivo, Suburra, Fortunata e The Place. Insieme a loro Laia Costa (Victoria), Malachi Kirby (Radici), Paul Chowdhry (Swinging with the Finkels), Pia Mechler(Everything Is Wonderful), Harry Michell (Chubby Funny) e Sallie Harmsen (Blade Runner 2049). Diavoli sarà ambientata nella sede londinese di una grande banca americana, dove lo spregiudicato Head of Trading, Massimo Ruggero (Alessandro Borghi) è stato accolto dall’Italia e cresciuto nel mondo finanziario da Dominic Morgan (Patrick Dempsey), CEO della banca. Quando finisce per ritrovarsi coinvolto in una guerra finanziaria intercontinentale che colpisce l’Europa, dovrà scegliere se allearsi con il suo mentore oppure combatterlo. Alla regia di questo nuovo progetto internazionale ci sarà l’inglese Nick Hurran, nome legato a serie tv di grande successo: Sherlock (per cui è stato nominato agli Emmy), Doctor Who, Fortitude, Altered Carbon, The Prisoners. A Hurran è affidata anche la supervisione artistica della serie. Lo affiancherà nel team di regia l’italiano Jan Michelini (I Medici). Il team di scrittura include Alessandro Sermoneta, Mario Ruggeri, Elena Bucaccio, Guido Maria Brera, Chris Lunt, Michael Walker, Ben Harris, Daniele Cesarano, Ezio Abate e Barbara Petronio.
Nils Hartmann, Direttore Produzioni Originali di Sky Italia, ha dichiarato: «Quando, più di 10 anni fa, Sky ha dato il via alle prime produzioni originali ci siamo dati una mission: non percorrere territori già battuti e continuare ad innovare. Nell’annunciare questo nuovo progetto ci sono la consapevolezza e l’entusiasmo di star andando, ancora, in quella direzione. E di farlo con a bordo un cast internazionale di registi, guidato da Nick Hurran, e interpreti davvero straordinari che metterà insieme, tra gli altri, Patrick Dempsey, un nome che ha fatto la storia della serialità negli USA, qui in un ruolo nuovo e sorprendente, e Alessandro Borghi, attore italiano tra i più talentuosi e versatili, che siamo orgogliosi di avere con noi. Un progetto ambizioso, nato dall’avvincente romanzo di un altro talento italiano, Guido Maria Brera, che segna il debutto per Sky in un genere rarissimo in Italia, il financial thriller, e inaugura la collaborazione con Lux Vide, brand di grandi successi italiani e internazionali con cui siamo orgogliosi di intraprendere questo viaggio».
Luca Bernabei, Amministratore Delegato di Lux Vide, ha commentato: «Un tempo la finanza riguardava alcune persone ricche che avevano il capitale per “giocare” in borsa; ora la finanza si impadronisce delle vite di tutti noi e le cambia profondamente rendendoci in molti più poveri e alcuni privilegiati molto più ricchi. Questo mi ha colpito dello splendido romanzo di Guido Maria Brera I Diavoli che racconta i segreti dei nuovi padroni del mondo: i signori della finanza. Lux è orgogliosa di produrre con Sky Italia e con la distribuzione internazionale di Sky Vision questa nuova avvincentissima serie che racconterà le storie di uomini e donne che lavorano nei mercati finanziari non più per guadagnare soldi ma per diventare i padroni del mondo. Questa è la straordinarietà del racconto che ha colpito Sky Italia, spingendo il team Original Productions guidato da Nils Hartmann e affiancato da Sonia Rovai, a lavorare accanto al team Lux guidato da Sara Melodia per sviluppare delle sceneggiature assolutamente trasgressive e innovative. La bellezza dei copioni ha coinvolto prima un grande regista come Nick Hurran, affiancato da Jan Michelini, e poi grandi attori come Patrick Dempsey e il nostro Alessandro Borghi. Diavoli sarà la prima serie al mondo che svelerà i segreti dei nuovi padroni del mondo con storie avvincenti perché anche loro sono uomini anche se si comportano come dei».
Moreyba Bidessie, Scripted Acquisitions Manager di Sky Vision, ha aggiunto: «Questa serie sarà la prima produzione originale targata Sky Italia ad essere co-finanziata e distribuita a livello internazionale da Sky Vision, a riprova del costante impegno nel creare prodotti televisivi di primo ordine, a cui Sky Vision è orgogliosa di dare il proprio contributo. Diavoli è un irresistibile mix di atmosfere thriller e complotti, un racconto di come la seduzione del potere è in grado di intaccare e corrompere anche il più forte dei legami».
Le riprese di Diavoli – serie girata in inglese – inizieranno a fine settembre e si svolgeranno tra Londra e Roma per una durata complessiva di 24 settimane. La serie sarà trasmessa prossimamente in Italia su Sky e distribuita a livello internazionale da Sky Vision.
martedì 24 aprile 2018
NEWS - Scandaloso al Cibali! "I Medici" hanno ricevuto la sovvenzione di 4 milioni di euro dal governo Renzi (attraverso il Ministero dei Beni Culturali di Dario Franceschini), con tanto di delibera ad hoc più unica che rara
News tratta da "Il Fatto Quotidiano"
Le riprese sono in corso in queste settimane e la messa in onda è prevista per il prossimo autunno. Si tratta della seconda serie de I Medici, la fiction sulla signoria fiorentina la cui prima stagione, 4 serate trasmesse nel 2016 (8 episodi da 50 minuti l'uno), è stata un grande successo di pubblico. Coprodotta dalla Rai e realizzata da Lux Vide, è stata venduta in oltre cento Paesi. La serie è stata co-finanziata da Viale Mazzini con 8,3 milioni di euro nel 2014 (prima serie) e 11 milioni nel 2016 (seconda serie). Il piano 2018 di Eleonora Andreatta (direttrice di Raifiction) dovrebbe prevederne altri 11 per la terza. E fin qui tutto normale. A essere insolito è un aiutino da 4 milioni di euro ricevuto dallo Stato. Si parte con una delibera del Cipe (il Comitato interministeriale di programmazione economica) che il 23 dicembre 2015, all'interno degli interventi del FSC (Fondo di sviluppo e coesione), concede 11 milioni e 50 mila euro alla Regione Toscana "per il finanziamento del programma di interventi a sostegno dell'industria audiovisiva localizzata nel territorio della regione, nell'ambito del progetto Sensi contemporanei", si legge. Uno stanziamento stipulato attraverso il ministero dei Beni culturali di Dario Franceschini: 9,5 milioni per il 2016; 1,05 milioni per il 2017; 500 mila euro per il 2018. L'anomalia sta in quei 4 milioni destinati espressamente alla realizzazione de I Medici: "Per il sostegno alla produzione audiovisiva sono stanziati 5,430 milioni, di cui 4 milioni per il co-finanziamento della produzione di una fiction televisiva dedicata alla storia della famiglia Medici di Firenze", recita la delibera che porta la firma dell'allora premier, Matteo Renzi, e del sottosegretario con delega al Cipe, Luca Lotti. Tutto lecito, anche se è davvero insolito che il titolo della serie venga espressamente citato in una delibera del governo. Il Cipe, però, in questo caso non ha fatto altro che prendere atto di una richiesta del ministero seguita a una legge regionale del 30 marzo 2015. La Toscana ha chiesto di destinare quei soldi al progetto, il Mibact ha avallato la richiesta e il Cipe ha erogato i fondi: "Quando la richiesta arriva sul nostro tavolo, i giochi sono fatti, possiamo solo prenderne atto. Poi sta alla Corte dei conti rilevare eventuali irregolarità, che in questo caso non ci sono", spiegano dal Cipe. Andiamo, dunque, a Firenze. "Un ruolo rilevante dell'intero programma è riservato alla realizzazione della serie sul Rinascimento e famiglia Medici, progetto a cui la società Lux Vide sta lavorando da anni, riuscendo a farlo includere nel piano di produzione di Rai fiction con un finanziamento Rai pari a 8 milioni e 300 mila euro, ai quali si aggiungono i 4 milioni previsti dalla presente proposta", si legge nella relazione tecnica della Regione Toscana.
News tratta da "Il Fatto Quotidiano"
Le riprese sono in corso in queste settimane e la messa in onda è prevista per il prossimo autunno. Si tratta della seconda serie de I Medici, la fiction sulla signoria fiorentina la cui prima stagione, 4 serate trasmesse nel 2016 (8 episodi da 50 minuti l'uno), è stata un grande successo di pubblico. Coprodotta dalla Rai e realizzata da Lux Vide, è stata venduta in oltre cento Paesi. La serie è stata co-finanziata da Viale Mazzini con 8,3 milioni di euro nel 2014 (prima serie) e 11 milioni nel 2016 (seconda serie). Il piano 2018 di Eleonora Andreatta (direttrice di Raifiction) dovrebbe prevederne altri 11 per la terza. E fin qui tutto normale. A essere insolito è un aiutino da 4 milioni di euro ricevuto dallo Stato. Si parte con una delibera del Cipe (il Comitato interministeriale di programmazione economica) che il 23 dicembre 2015, all'interno degli interventi del FSC (Fondo di sviluppo e coesione), concede 11 milioni e 50 mila euro alla Regione Toscana "per il finanziamento del programma di interventi a sostegno dell'industria audiovisiva localizzata nel territorio della regione, nell'ambito del progetto Sensi contemporanei", si legge. Uno stanziamento stipulato attraverso il ministero dei Beni culturali di Dario Franceschini: 9,5 milioni per il 2016; 1,05 milioni per il 2017; 500 mila euro per il 2018. L'anomalia sta in quei 4 milioni destinati espressamente alla realizzazione de I Medici: "Per il sostegno alla produzione audiovisiva sono stanziati 5,430 milioni, di cui 4 milioni per il co-finanziamento della produzione di una fiction televisiva dedicata alla storia della famiglia Medici di Firenze", recita la delibera che porta la firma dell'allora premier, Matteo Renzi, e del sottosegretario con delega al Cipe, Luca Lotti. Tutto lecito, anche se è davvero insolito che il titolo della serie venga espressamente citato in una delibera del governo. Il Cipe, però, in questo caso non ha fatto altro che prendere atto di una richiesta del ministero seguita a una legge regionale del 30 marzo 2015. La Toscana ha chiesto di destinare quei soldi al progetto, il Mibact ha avallato la richiesta e il Cipe ha erogato i fondi: "Quando la richiesta arriva sul nostro tavolo, i giochi sono fatti, possiamo solo prenderne atto. Poi sta alla Corte dei conti rilevare eventuali irregolarità, che in questo caso non ci sono", spiegano dal Cipe. Andiamo, dunque, a Firenze. "Un ruolo rilevante dell'intero programma è riservato alla realizzazione della serie sul Rinascimento e famiglia Medici, progetto a cui la società Lux Vide sta lavorando da anni, riuscendo a farlo includere nel piano di produzione di Rai fiction con un finanziamento Rai pari a 8 milioni e 300 mila euro, ai quali si aggiungono i 4 milioni previsti dalla presente proposta", si legge nella relazione tecnica della Regione Toscana.
Ribadiamo, tutto regolare. Ma1'interrogativo è: perché una serie tv già finanziata in maniera considerevole dalla Rai, con oltre 30 milioni per tre stagioni, deve ricevere altri 4 milioni da Palazzo Chigi (anche se attraverso l'utilizzo di fondi regionali)? Il Cipe, infatti, non sovvenziona direttamente serie tv. L'unico caso è stato Agrodolce, la serie siciliana voluta da Giovanni Minoli, andata in onda nel 2008 e nel 2009 e poi stoppata, con la revoca di fondi pubblici per 24 milioni. Le Regioni, invece, hanno anche questa funzione ma il processo di erogazione è più complesso e avviene quasi sempre tramite bandi. Il finanziamento a I Medici, insomma, sembra un bel regalo alla Lux Vide, la società di produzione fondata dall'ex direttore generale della Rai (scomparso nel 2016) e guidata da due suoi figli, Matilde (moglie di Giovanni Minoli, ancora lui) e Luca. Peraltro nell'agosto 2015, cioè poco prima della delibera Cipe, era arrivato a Palazzo Chigi come vicesegretario generale, e proprio dal Mibact, Salvo Nastasi, rampante manager pubblico che è il marito di Giulia Minoli, figlia di Giovanni Minoli e Matilde Bernabei. Lux Vide è una delle più importanti e potenti case di produzione italiane, una di quelle che più lavora permamma Rai, per cui produce, tra gli altri, Don Matteo, Sotto copertura, Un passo dal cielo, Che Dio ci aiuti. La prima stagione de I Medici narra le vicende di Lorenzo e Cosimo de' Medici e in Italia è stata vista da oltre 7 milioni di telespettatori, con una media del 27% di share su Raiuno. Nel cast, stellare, c'è pure Dustin Hoffman. "Regione e Cipe si sono dimostrati buoni imprenditori, dando una mano a un prodotto che ha fatto conoscere la Toscana e il Rinascimento italiano nel mondo. Per avere quei soldi siamo stati sottoposti a 5 audit. I 4 milioni sono spalmati sulle tre serie, quindi 1,3 milioni a stagione", spiega l'ad Luca Bernabei. Che poi aggiunge: "Per realizzare la prima serie abbiamo recuperato 12 milioni in Italia e 12 all'estero. Abbiamo girato solo in Toscana portando un indotto considerevole e generando un aumento del turismo del 10-15%". In autunno, dunque, partirà la seconda serie. Viale Mazzini e Lux Vide sperano di confermare, o superare, il successo del 2016.
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Salvo Nastasi
giovedì 20 ottobre 2016
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
Con "I Medici" sfida al mercato internazionale
"Firenze, 1429. Giovanni de' Medici, grazie all'accordo stipulato con il papato, ha trasformato la sua banca di famiglia in una potenza economica senza eguali, nonostante le ricorrenti accuse di usura. Quando Giovanni viene assassinato, i suoi figli, Cosimo e Lorenzo, sono costretti ad affrontare numerosi nemici che complottano contro il potere dei Medici. Non c'è dubbio circa l'ambizione di questo progetto. Gli attori (Dustin Hoffman e Richard Madden su tutti), il periodo storico (il Rinascimento a Firenze, il rifiorire delle lettere, delle arti e delle scienze), il respiro internazionale, il sapore della saga: quella dei Medici è intricata, appassionante, misteriosa. I Medici si alternano per molto tempo nelle stanze più influenti del potere ecclesiastico e secolare, partecipando alle vicende storiche e spesso cambiandone il corso. «I Medici», ideato da Nicholas Meyer e Frank Spotnitz, diretto da Sergio Mimica Gezzan, non si confronta con la fiction italiana ma con quella internazionale (Raiuno, martedì, 21.30). Basti pensare ai «Borgia» con Jeremy Irons. L'intento, spesso raggiunto, è quello di rendere avvincente una storia che può godere di uno degli scenari più belli del mondo. Ogni tanto, però, si cade nel didascalico e l'uso eccessivo del flashback a volte rompe la linearità della storia, a volte rompe, e basta. Ai tempi, non si andava tanto per il sottile per la conquista del potere e anche la Roma papalina non era da meno: per questo assistiamo in Vaticano a scene di sesso, sodomia e corruzione davvero inusuali per gli standard narrativi della Lux Vide, la casa di produzione fondata da Ettore Bernabei. Ovviamente i titoli di coda ci rassicurano che la storia è «frutto di fantasia» e nel corso delle prime puntate ci viene ripetuto quello che potrebbe essere il motto dei Medici: «Fare qualcosa di male per raggiungere il bene». Che è anche un po' lo scopo della fiction italiana". (Aldo Grasso, 20.10.2016)
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Con "I Medici" sfida al mercato internazionale
"Firenze, 1429. Giovanni de' Medici, grazie all'accordo stipulato con il papato, ha trasformato la sua banca di famiglia in una potenza economica senza eguali, nonostante le ricorrenti accuse di usura. Quando Giovanni viene assassinato, i suoi figli, Cosimo e Lorenzo, sono costretti ad affrontare numerosi nemici che complottano contro il potere dei Medici. Non c'è dubbio circa l'ambizione di questo progetto. Gli attori (Dustin Hoffman e Richard Madden su tutti), il periodo storico (il Rinascimento a Firenze, il rifiorire delle lettere, delle arti e delle scienze), il respiro internazionale, il sapore della saga: quella dei Medici è intricata, appassionante, misteriosa. I Medici si alternano per molto tempo nelle stanze più influenti del potere ecclesiastico e secolare, partecipando alle vicende storiche e spesso cambiandone il corso. «I Medici», ideato da Nicholas Meyer e Frank Spotnitz, diretto da Sergio Mimica Gezzan, non si confronta con la fiction italiana ma con quella internazionale (Raiuno, martedì, 21.30). Basti pensare ai «Borgia» con Jeremy Irons. L'intento, spesso raggiunto, è quello di rendere avvincente una storia che può godere di uno degli scenari più belli del mondo. Ogni tanto, però, si cade nel didascalico e l'uso eccessivo del flashback a volte rompe la linearità della storia, a volte rompe, e basta. Ai tempi, non si andava tanto per il sottile per la conquista del potere e anche la Roma papalina non era da meno: per questo assistiamo in Vaticano a scene di sesso, sodomia e corruzione davvero inusuali per gli standard narrativi della Lux Vide, la casa di produzione fondata da Ettore Bernabei. Ovviamente i titoli di coda ci rassicurano che la storia è «frutto di fantasia» e nel corso delle prime puntate ci viene ripetuto quello che potrebbe essere il motto dei Medici: «Fare qualcosa di male per raggiungere il bene». Che è anche un po' lo scopo della fiction italiana". (Aldo Grasso, 20.10.2016)
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