Articolo e intervista tratti dal "Corriere della Sera"
È seduto languido sul divano di un lussuoso albergo del centro di Londra, quasi irriconoscibile con il viso e la chioma curati. Già, la chioma. I riccioli neri sono leggendari. Su Internet hanno un seguito loro. Quando l'attore Liam Cunningham - in arte Davos Seaworth - scherza dicendo che «sul set meriterebbero un roulotte a parte», non ha tutti i torti.
È la realtà aumentata del Trono di Spade: sullo schermo sette casati si combattono per il potere, nella vita i fan farebbero carte false per un dettaglio in più, anche quando abitano nella Casa Bianca. Di fronte alla snervante attesa per la sesta serie, Barack Obama fece sapere che avrebbe con piacere accelerato i tempi. Fu l'unica persona al mondo a ottenerla in anticipo. Intanto la fine si avvicina: l'ottava serie sarà l'ultima. «Ci stiamo preparando a dire addio», ammette Kit Harington, che nell' universo parallelo dei Sette regni è Jon Snow. Si sistema i cuscini dietro la schiena. Incrocia le mani. «Trono di Spade è diventato una seconda famiglia», e alla famiglia si perdona tutto. I legami sono tanti, e non solo professionali. Anche nella vita il suo cuore appartiene a Rose Leslie, la Ygritte della serie. Stanno cercando casa insieme. Dove si trasferisce un uomo in grado di mettere in leggero subbuglio un albergo come il Claridge's? «Abbiamo pensato a diverse città, ci siamo lasciati affascinare per un attimo dall'idea di Los Angeles, ma vivremo a Londra. È la città dove sono cresciuto e che conosco come la mia pelle. È qui che mi sento a casa».
Quando la vita è scandita dai ritmi di riprese e ingaggi internazionali, il concetto di casa «diventa più fluido», ma bastano pochi talismani per creare un senso di stabilità. «Ho un orso polare di pietra, piccolino, che mi porto sempre dietro». Guardarlo, accarezzarlo è un toccasana in un mondo professionalmente frenetico.
La sua carriera è decollata senza eccessivi sforzi: quest' anno è diventato uno degli attori più pagati del piccolo schermo, con un cachet da 1,1 milioni di dollari ad episodio. Invece di fregarsi le mani soddisfatto, Harington sottolinea che anche questo può essere un problema: «Non voglio togliere nulla a me stesso, ho ottenuto le parti che ho ottenuto perché ho lavorato sodo, ma in questo mondo serve tanta fortuna e non ammetterlo sarebbe assurdo. Sono stato fortunato ad avere una parte in una pièce teatrale di grande successo (War Horse, al National Theatre) e fortunato con Trono di Spade. L'aspetto difficile è affrontare la paura che il successo non sia completamente meritato. Cerco di ricordare che mi sono impegnato, che non è stata solo la fortuna».
Il merito, aggiunge, è un concetto complicato: «Chi può dire cosa ci meritiamo davvero?». Bravo, bello, ricco e profondo? Ride. Sa prendersi in giro. I progetti non mancano. Nelle pause di Trono di Spade lo attendono una miniserie della Bbc sul tentativo di far saltare in aria la Camera dei Lord nel 1605, intitolata Gunpowder, e il film «Morte e vita di John F. Donavan», in cui interpreta il ruolo di una star gay falsamente accusata di pedofilia. In questo settembre è protagonista della campagna di The One for Men, il profumo maschile di Dolce e Gabbana, con un filmato ambientato in una piazza napoletana.
«Mi hanno fatto sorridere, evviva. Non mi capita spesso». Ha la battuta pronta. Si lascia stuzzicare. A parte il profumo, ha una routine di bellezza con la quale mantiene la pelle e la celebre chioma? «Quando sei un attore vendi la tua faccia. Sto attento, ma non attentissimo. E i capelli... chi poteva immaginare che sarebbero diventati così famosi?». Il concetto di mascolinità, spiega tornando serio, è cambiato: «Siamo fortunati, siamo uomini in un momento in cui agli uomini è permesso sperimentare. Nessuno ti prende per pazzo se ti metti un po' di matita sugli occhi».
Ciononostante, si guarda con difficoltà. Evita di vedere i suoi film più di una volta. «Per un attore è terribile rivedersi e soprattutto risentirsi. Ti attanagliano i dubbi. Sono un perfezionista, vedo subito le pecche. Credo sia normale. Anzi, direi che se sei un tipo che si guarda facilmente avresti bisogno di chiederti perché. Forse sei un po' narcisista».
Dal teatro, al cinema, alla televisione, Kit Harington si muove con facilità. «Se non faccio teatro mi manca, dopo tre mesi sul palcoscenico sono pronto per tornare davanti alla telecamera. Adesso che ho fatto tanta televisione mi manca l'intensità del teatro».
Un cerchio perfetto, nel quale ha cominciato ad apprezzare anche i periodi di vacanza. «Sto imparando a rilassarmi. Spero di non diventare troppo bravo a farlo». La madre professoressa universitaria, il padre organizzatore di eventi hanno avuto un duplice ruolo: all'inizio lo hanno incoraggiato, adesso lo riportano alla normalità. «La fama è un animale strano. Innesca una serie di cambiamenti quasi impercettibili nella tua vita, senza accorgetene arrivi a un punto sconcertante. Loro mi riportano alla normalità. Noi britannici siamo bravi a tenere i piedi per terra».
Forse, precisa, è anche per questo che ha deciso di stabilirsi a Londra. «Adesso la mia fama è al punto massimo, ma tra un po' tutto questo calerà». Professionalmente mira alto. Il traguardo è interpretare Enrico V al National. «Perché accontentarsi di sogni mediocri? Ho visto Adrian Lester in questo ruolo ed ho capito che è dove voglio arrivare anch' io». Trono di Spade gli mancherà: «È uno sceneggiato che ha occupato i miei vent' anni. Adesso ne ho trenta. Forse riuscirò a scrollarmi di dosso questa immagine, forse no. È possibile che questa sia la parte che dovevo fare e che non ci saranno ruoli paragonabili, ma non mi dispiace l' idea di diventare meno famoso, almeno per un po'».