Avercene di "Entertainment Weekly" in Italia. Avercene di settimanali che dedicano il maggior numero di copertine alle serie tv, invece che sbattere in prima pagina personaggi poco reality che fingono tresche fra le frasche, collera on the beach, bestemmie che fanno tremare i muri della Casa. Avercene, soprattutto, di analisi critiche approfondite sull'insuccesso, tali da spingere la produzione di un telefilm a fare il mea culpa e cambiare rotta. In questo senso, il numero di "EW" di ottobre che recava in copertina il titolo "Fallen Heroes", il quale richiamava ad un lungo articolo interno ricco di spunti, critiche e possibili soluzioni per la serie di Tim Kring in declino d'ascolti (meno 20% di pubblico rispetto all'anno scorso), andrebbe conservato in archivio. Quelle stesse pagine, si è detto, avrebbero provocato dopo pochi giorni il licenziamento dei due produttori-autori Jeph Loeb e Jesse Alexander, rei di aver complicato la sceneggiatura - secondo "EW" - con troppi personaggi poco approfonditi che si perdevano negli sviluppi della storia. Insomma, la goccia che ha fatto traboccare il Vaso di Pand-Heroes! Nello stesso periodo, Guia Soncini, sulle pagine di "Gioia", sferzava senza pietà, con la sagacia a lei abituale, la serie made in Italy-ma volemo fà Sex&The City "Amiche mie" (si veda "L'Edicola di Lou" del mese scorso). Era tra le ultime critiche al serial che mettevano in evidenza il malcelato e malriuscito scimmiottamento di Carrie e compagne, sdegnosamente rifiutato, con una punta di arroganza, dal team autoriale. Di lì a poco, per sfrondare qualsiasi dubbio, veniva annunciato con le mani avanti che la seconda stagione del serial era in cantiere, alla facciaccia di tutte le critiche che Rusic...avano. Ho sempre in mente quella proposta provocatoria di Aldo Grasso di istituire una "patente a punti" per gli autori. Un'idea caduta immeritatamente nel vuoto. Una volta, nel nostro Paese, se un prodotto televisivo criticato negativamente dalla stampa riscontrava un buon ascolto si faceva spallucce, sventolando lo share. Oggi se si floppa anche nel pur contestato Auditel, i team produttivi e autoriali ingranano la quarta, oltre che verso i critici, anche contro il pubblico "che non ha capito il prodotto". Soprattutto per i titoli seriali italiani, i quali poi sono così terra-terra (se non six feet under) che sfido chiunque a non capirli (o a capire che il più delle volte sono c..ate pazzesche). Prendete il fin troppo piacione "Commissario Manara", per esempio, che meglio avrebbero fatto a chiamarlo "Mannaro", vista la trasformazione italiota dell'inglese "Eddie Shoestring, detective privato" (1979). Si tratta dell'unico telefilm al mondo in cui il labiale è fuori sincrono rispetto alle basette del protagonista Caprino (che non è una qualifica casearia ma, nomen omen, è il cognome dell'attore basettato). Ecco, se in Italia ci fosse un settimanale lontanamente equiparabile a "EW", ci potremmo aspettare di leggere qualche illuminante rasoiata (alle basette) di certe serie tv italiane, qualche critica in più e qualche articolo-zerbino di lancio in meno, senza aspettare mesi e mesi un articolo di fondo di Ernesto Galli Della Loggia o dello stesso Grasso sul "Corsera" a proposito della condizione disastrata della nostra fiction. E non ci sarebbe neanche bisogno dello sforzo di suggerire cambi di rotta, se non quello di indicare a Manara un barbiere che sa andar di scalpello, più che di capello. Basterebbe una domandina, che so, sul motivo per cui si parli prevalentemente in romanesco, anche in serie ambientate a Milano, Parma, Torino. E invece niente. Meglio intervistare i protagonisti caprini per sapere quale piatto preferiscano, come ci si senta ad interpretare un protagonista con due chili di basette, quali siano i modelli di riferimento (!). E' la stampa bellezza, e annamo avanti così.
(Articolo di Leo Damerini pubblicato sul "Telefilm Magazine" di Febbraio)