Articolo di Alessandra Farkas
Nella massiccia campagna pubblicitaria per lanciare "Crash", il canale via cavo Starz usa un inquietante primo piano del 72enne Dennis Hopper, protagonista della nuova serie tv in 13 puntate ispirata all' omonimo film sul razzismo e le guerre etniche che devastano Los Angeles, scritto e diretto nel 2004 da Paul Haggis e vincitore di ben tre Oscar (e sei Nomination) tra cui quello di Best Picture. «L' avevo concepito come dramma per la tv, non per il grande schermo», ammette lo stesso Haggis, uno dei quattro executive producer del nuovo progetto. «Abbiamo scelto Hopper», incalza, «perché oltre ad essere l' interprete di film cult quali 'Easy Rider', 'Apocalypse Now' e 'Velluto Blu', è anche l' icona hollywoodiana che incarna l' anarchia poetica e insieme profana del 'Crash' originale». Anche la serie, girata per motivi di budget ad Albuquerque, in New Messico, segue l' intreccio fortuito di storie e individui in una Los Angeles permeata da follia, violenza, odio etnico-razziale e cupidigia. Protagonista: la stessa città di Los Angeles, un ansimante melting pot abitato da archetipiche anime in pena. Dietro ogni angolo si annida un assassino, uno spacciatore, un poliziotto corrotto, una ninfomane omicida. Ognuno è intento a distruggere l' altro; il tutto condito di sesso, nudità e sangue. Il re incontrastato di questo universo in bianco e nero è Ben Cendars (Hopper), impresario discografico sulla via del tramonto e ormai semi-pazzo per l' abuso di droghe pesanti, che inaugura la prima puntata con un singolare soliloquio col proprio organo genitale. La bizzarria convince la sua autista donna a rassegnare le dimissioni, subito sostituita dall'afro-americano Anthony, che intuisce ben presto come Ben non sia un razzista ma solo uno «scoppiato». Nella galleria di personaggi strampalati primeggia poi Doc (John Walcutt), un attempato ex chirurgo di Beverly Hills che oltre a prescrivere potenti psicofarmaci a Ben, vive nella stanza degli ospiti della sua magione e va in giro a raccontare - mentendo - che i due hanno avuto una relazione omosessuale tanti anni prima. Un progetto ambizioso, questo "Crash" tv, con cui Starz cerca disperatamente di emulare HBO e Showtime come produttore di programmi di qualità, trasgressivi e off beat. Peccato che i critici abbiamo amato la versione tv ancora meno di quella cinematografica, che a suo tempo spaccò in due l' America tra fautori, convinti che si trattasse di un capolavoro e detrattori (la maggior parte) che lo bollarono come «pretenziosa spazzatura». «La serie è ancora più incredibilmente unidimensionale del film», punta il dito l' Hollywood Reporter: «Offre una collezione di immagini crude e angoscianti, prive di un tema unitario». Mentre per il Daily Variety: «L' unico incentivo per stare a casa a guardare Crash è il costo astronomico della benzina». Non tutti però bocciano la serie. Il New York Times esprime reale stupore «per il modo in cui, ogni volta che appare di fronte alla telecamera, Hopper sembra ridere della pazzia degli anni ' 60. Beffando i giovani producer e registi che lo considerano ingenuamente come il paradigma della profondità che essi associano alla follia». Ma nell' era di Obama, il messaggio di "Crash" è obsoleto. Non è un caso che le prime due puntate non siano riuscite a piazzarsi nella top 20 compilata da Nielsen Rating. L' unico a non preoccuparsi è Hopper, che ha accumulato un' immensa ricchezza interpretando alcuni dei ruoli più trasgressivi e irriverenti degli ultimi decenni. «In realtà sono la persona più conservatrice del mondo», ha spiegato di recente a Parigi, dove ha ricevuto il prestigioso titolo di Commandeur des artes et des lettres dal governo francese. Anche se nell' immaginario collettivo resterà sempre associato a "Easy Rider" - il leggendario road movie co-diretto nel 1969 con Peter Fonda - Hopper confessa di aver sempre votato repubblicano - unico in una famiglia di democratici - e di considerarsi solo «un facoltoso e soddisfatto padre di famiglia». «Sono stato sposato cinque volte e ho quattro figli, la più piccola di cinque anni. Ho una vita ricca e mi considero fortunato», insiste. Tanto che lo scorso 4 novembre ha fatto una follia: per la prima volta ha votato per un un candidato democratico, Barack Obama.
("Corriere della Sera", 13.11.2008)
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