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mercoledì 21 novembre 2018

GOSSIP - Joshua Jackson ha una nuova fiamma (telefilmica)! Così lei ora potrà permettersi jeans nuovi...
Joshua Jackson looks so happy while out for the afternoon with actress Jodie Turner-Smith on Sunday (November 18) in Los Angeles. The 40-year-old actor and the actress held hands as they stepped out to enjoy the day. Neither Joshua nor Jodie have confirmed if they’re in a relationship.
If you don’t know, Jodie is known for her work in the series Nightflyers, as well as her work on The Last Ship. She has also just been cast in the movie Queen & Slim opposite Daniel KaluuyaJoshua was last linked to Alyssa Julya Smith. He previously dated Diane Kruger and was in a long term relationship before their split.

venerdì 15 agosto 2014

PICCOLO GRANDE SCHERMO - Orci, che film! Il co-ideatore di "Fringe" produrrà il film dei "Power Rangers"

News tratta da "Variety"
Roberto Orci has signed on to executive produce Lionsgate’s “Power Rangers” movie  through his newly formed Sneaky Shark. Lionsgate and Saban Brands announced the “Power Rangers” project in May. Orci will develop the story along with writers Ashley Miller and Zack Stentz, who will pen the script. Orci’s writing credits include “The Amazing Spider-Man 2,” “Star Trek,” “Star Trek: Into Darkness,” “Transformers” and “Mission: Impossible III.” Miller and Stentz have teamed on “X-Men: First Class” and “Thor.” Power Rangers creator Haim Saban is producing the film along with Brian Casentini, head of development and production for Saban Brands, and Allison Shearmur, who oversaw “The Hunger Games” as president of production at Lionsgate.
Saban launched “Mighty Morphin Power Rangers” in 1993 as a live-action TV series. It has been in continuous production ever since, with the series renamed each year — the latest being “Power Rangers Super Megaforce,” which began airing in February.
Details have yet to emerge on plans for the new film franchise other than the Mighty Morphin Power Rangers being re-envisioned as a group of high school kids who are infused with super powers who must harness and use those powers as a team to save the world.

News was first reported by THR.com.

sabato 1 marzo 2014

NEWS - Abrams li fa e poi li accoppia. Da stasera in Italia "Almost Human" (Premium Action)

Il futuro immaginato da J.J. Abrams nel nuovo “Almost Human” (in partenza su Premium Action dal 1 marzo, ogni sabato in prima serata) è in qualche modo alle porte di una società che cambia. Nel 2048 la scienza ha permesso di affiancare ai poliziotti di Los Angeles una serie di androidi del tutto simili agli esseri umani. La decisione è stata presa dopo che la criminalità ha raggiunto una crescita esponenziale del 400%. John Kennex (Karl Urban), detective del dipartimento che si è appena risvegliato da 17 mesi di coma dopo un attentato, si ritrova a pattugliare la città con il collega androide Dorian (Michael Ealy), dalle inaspettate reazioni emotive in quanto appartenente alla penultima generazione di robot (per la cronaca, la DNR rispetto alla vigente MX). A Kennex stesso, dopo l’attentato, è stata impiantata una gamba cibernetica, mentre la memoria presenta gap che abbisognano “upload”…Quest’ultimo vanta oltretutto un’avversione viscerale per gli androidi: dopo l’attentato, uno di loro lo ha abbandonato sul campo in quanto le probabilità di sopravvivenza erano basse. Fanno altresì parte del dipartimento: il detective Richard Paul (Michael Irby), in attrito con Kennex; l’intelligente (e sexy) agente analista Valerie Stahl (Minka Kelly); Rudy Lom (Mackenzie Crook), il progettista degli androidi in uso alla polizia; Sandra Maldonado (Lili Taylor), a capo del dipartimento. 
Secondo più di un critico, il fatto che il protagonista-robot sia di colore – in piena presidenza Obama – rappresenta una sorta di tacito manifesto dell’integrazione contro il razzismo della diversità. Se Abrams firma la produzione, l’ideazione che strizza l’occhio a Isaac Asimov e Philip Dick, oltre che ai film RoboCop (1987) e Alien Nation (1989), appartiene a J.H. Wyman, già esperto di “scienza di confine” in "Fringe" (2008). Gli altri produttori esecutivi sono: Bryan Burk, Naren Shankar e lo stesso Wyman. La colonna sonora è affidata a The Crystal Method. Le riprese sono avvenute nella British Columbia canadese (Vancouver in testa). Kennex è stato “raccomandato” dallo stesso Abrams a Wyman dopo averlo avuto nel cast cinematografico di Star Trek - Il futuro ha inizio (2009). 
"Wyman ha chiosato così la serie: “penso che sia il momento giusto per una storia del genere, la gente userà la propria immaginazione e la sospensione dell’incredulità per vedere qualcosa forse non troppo lontana nel futuro. E’ un’incredibile opportunità per raccontare storie sulla condizione umana. Spiega perchè siamo così complicati, ma anche talmente eccezionali. E il rischio di perdere questa caratteristica.

sabato 31 agosto 2013

TWITTER-JAM - Le migliori twittate seriali della settimana
 

venerdì 26 luglio 2013

PICCOLO GRANDE SCHERMO - Star dentro o Star Trek? JJ Abrams si teletrasporta fuori dall'Enterprise?

Articolo di Devin Faraci per "BadAss Digest"
Excellent sources have revealed to me that the new writers for Star Trek 3 have been found, and as expected Bad Robot is hiring from within the ranks of past collaborators. Continuing with the first two films' tradition of having writing teams, the script for Trek 3 will be written by duo Ashley Edward Miller and Zack Stentz. You know them as the guys who wrote the first Thor and who have a writing credit on X-Men: First Class. They also worked as writers and producers on Fringe, making them part of the Bad Robot family. They also have some Gene Roddenberry experience thanks to their work on the schlocky TV show Andromeda.
Don't get too excited about certain writers taking their hands off the property - Alex Kurtzman and Bob Orci are still on as writers. I heard that they were instrumental in making the decision about going after Stentz and Miller. What their day-to-day involvement moving forward will be I couldn't say.
Keep in mind this isn't a done deal, so it's possible that someone else could end up getting the gig. And there's no guarantee they're the final writers on the project. But as of right now it's Stentz and Miller's job to lose. And since Paramount wants this movie out in 2016 to mark the 50th anniversary of Star Trek, expect work to begin on it ASAP.
Speaking of losing jobs... why is it that I keep hearing tons of rumors that JJ Abrams is on the verge of dropping out of Star Wars? This has been something I've heard for a while now, and from multiple insiders. I know that he didn't want to shoot the movie in England and was overruled, but that happened a while ago. This weekend at Comic Con I continued to hear these whispers. No director for Trek 3 has been found yet - might Abrams end up coming back after all, leaving Star Wars to someone else? I'm expecting Star Wars news out of the German Star Wars Celebration at the end of the month - if there is some sort of announcement of a title or casting and Abrams isn't there, start wondering.
UPDATE: I just want to make it clear that I never said Abrams is leaving. I'm just saying that I have heard rumors from MANY sources that he's been considering/threatening it. Other web types have heard the same. We've all been hearing it for MONTHS. There have been a lot of other sites that have been running with this part of the story as if it's in stone, and it isn't even close.

sabato 12 gennaio 2013

NEWS - Apocalypse Now! Da oggi su Premium Play in anteprima (e dal 15 gennaio su Steel) l'esordio di "Revolution"
Articolo di Renato Franco sul "Corriere della Sera"
"E buio fu. Niente Internet né Twitter, niente cellulari né televisori, niente auto né frigorifero. Così, di colpo, se ne va l'elettricità e non torna più. Un regresso tecnologico, ma anche sociale, che scatena i peggiori istinti e le peggiori intenzioni. È il mondo al buio come se lo immagina J.J. Abrams, il creatore di serie tv tendenzialmente apocalittiche come «Lost» e «Fringe», che ora è tra i produttori esecutivi di «Revolution».«Vivevamo in un mondo fatto di elettricità. Vi facevamo affidamento per tutto. E poi la corrente andò via. Tutto smise di funzionare. Non eravamo pronti. La paura e la confusione portarono al panico. I fortunati riuscirono a uscire dalle città. Il governo collassò. Le Milizie ne presero il posto, controllando la distribuzione del cibo e accumulando armi. Non sappiamo ancora perché la corrente andò via. Ma speriamo che qualcuno arrivi ad illuminarci il cammino». Ecco l'incipit. Un black out inspiegabile. Quindi avanti di 15 anni. Cosa è successo dopo tutti quei giorni di tenebra? Il teatro è quello di Chicago, diventata un inferno senza legge, e chi è fuggito dall'anarchia della città vive in comunità agricole primitive, perché gli uomini riscoprono forme di organizzazione precedenti alla prima rivoluzione industriale. Il serial viaggia su due binari paralleli. C'è la vita fatta di sopravvivenza quotidiana, contro le gang dei signori della guerra, le armi da fuoco sono vietate, e la maggior parte dei sopravvissuti respinge chi li attacca con coltelli e frecce. Ma c'è soprattutto il tentativo di capire cosa abbia determinato la rivoluzione ? quella del titolo ? in cui si sono loro malgrado ritrovati. La macchina da presa segue le vicende della famiglia Matheson che è in possesso di uno speciale dispositivo (un ciondolo misterioso), che è la chiave non solo per scoprire cosa è successo quindici anni prima, ma anche per invertirne gli effetti. Protagonista Charlie Matheson (la 24enne Tracy Spiridakos), una ragazza il cui padre viene ucciso e il fratello Danny rapito dagli uomini della milizia che controlla il territorio in cui vivono. Ideata da Eric Kripke, già creatore della serie televisiva «Supernatural», «Revolution» arriva su Steel, il canale pay di Mediaset Premium, dal 15 gennaio, ogni martedì alle 21.15. L'autore ha spiegato che si è ispirato al Signore degli Anelli e al Mago di Oz: «È una saga epica ambientata in tutta l'America, con spade, confronti tra il bene e il male, eroi e personaggi cattivi». Ha garantito che non terrà troppo sulle spine gli spettatori per spiegare il mistero del blackout: «Prometto che ci saranno delle risposte, ma la storia si evolverà velocemente e quindi ci saranno anche delle altre domande». Pensa di aver messo in scena un mondo meno peggio di come sarebbe se succedesse davvero una cosa del genere: «Se il mondo si ritrovasse davvero senza elettricità sarebbe molto più spaventoso di come lo stiamo rappresentando. Siamo una società instabile e se mancasse all'improvviso, le cose peggiorerebbero molto velocemente».Una serie attesa, come dimostra l'annuale classifica dei telefilm più piratati dove «Revolution» si piazza al decimo posto. In America ha ricevuto qualche stroncatura, ma anche buone recensioni. Per Hollywood Reporter, l'episodio pilota può sembrare come un incontro di «Lost», Il pianeta delle scimmie e Hunger Games; secondo il New York Times «Revolution» «romanticizza la resistenza e demonizza i potenti», ma «ha il potenziale per essere un po' più disciplinata di "Lost", non necessariamente più plausibile, ma con un po' di fortuna meno assurda e pretenziosa".

sabato 27 ottobre 2012

Stracult e Stracotti - …ovvero la serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola di Stargirl

Per inaugurare il ritorno della rubrica  Stracult & Stracotti, non ho avuto il minimo dubbio a eleggere The Walking Dead come la miglior serie della settimana. La premiere di stagione ha segnato un record incredibile per la AMC: oltre 10 milioni di spettatori con un rating nella fascia 18-49 del 5,8 e il secondo episodio non è stato certo da meno.
Non c’è più una democrazia, questo è poco ma sicuro. E ora più che mai, non sembra esserci scampo alla fine. Un Rick più agguerrito e deciso che mai ha preso in mano le redini della situazione, seppur con fatica, guidando i suoi, dopo la dipartita di Dale e Shane, in un labirinto di zombie e disperazione.
I protagonisti di The Walking Dead sono feriti, sfiniti, disperati: una prigione infestata dagli zombie è la loro unica salvezza, e sono disposti a dormire nelle celle, come animali in gabbia, tra schizzi di sangue e cadaveri, pur di trovare qualche ora di riposo.
Sono una squadra, un plotone, sono assassini efferati ed esseri umani così disperati da risultare credibili come non mai. Due episodi ricchi di azione, pathos e intensità hanno aperto la terza stagione che, se riuscirà a mantenere questi ritmi, non avrà precedenti.
Rick ora è il leader, nonostante mai avremmo immaginato che sarebbe riuscito a vestire così bene un ruolo simile, scendendo a compromessi, dimostrandosi disposto a tradire i suoi ideali e i suoi principi per il bene del gruppo.
Spietato, forse anche troppo. Staremo a vedere. Per ora, TWD è senza dubbio lo Stracult della settimana.


Nulla toglie a Revolution il titolo di Stracotto a tutti gli effetti, seppur dopo una manciata di episodi. La serie si J.J. Abrams e Erik Kipke è un miscuglio banale e noioso delle serie che l’hanno preceduta: da Flash Forward a Jericho, da Terra Nova a The Walking Dead, l’impressione generale è che gli autori abbiamo preso idee qua e là e le abbiano buttate dentro l’ennesimo telefilm scifi poco riuscito e per nulla convincente.
È un guazzabuglio d’idee caotico e confuso, infarcito di personaggi e situazioni prevedibili, caratterizzato da una trama esile e da dialoghi così superficiali da risultare incredibilmente prevedibili.
I personaggi, per nulla accattivanti, a tratti diventano addirittura irritanti, dalla protagonista Tracy Spiridakos (Charlie), espressiva quanto una statua di cera o se vogliamo quanto Kristen Stewart in Twilight, a Billy Burke (non per niente padre della Stewart nella saga) che dovrebbe in teoria interpretare il “duro” della serie, ma che in pratica è credibile quanto Paris Hilton nei panni di uno scienziato.
A poco serve la presenza di un attore fenomenale come Giancarlo Esposito (Gus in Breaking Bad) nel ruolo del capitano della milizia, che finisce ingabbiato dalla mediocrità e dall'inconsistenza nello script.
Abrams capitombola ancora una volta, e dopo Undercovers e Alcatraz, aggiunge ai suoi ultimi flop anche Revolution, restando lì, aggrappato a Fringe e Person of Interest, rischiando ahimè, di compromettere il prestigio di attori come Giancarlo Esposito e Elizabeth Mitchell (reduce da un altro flop, V), coinvolgendoli in progetti tanto ambiziosi quanto effimeri.

lunedì 22 ottobre 2012

NEWS - Mediasett-te-te! Occhio al doppio Jeremy Irons in "SVU"; last "Gossip Girl" dal 5 febbraio, "Suits" 2 dal 25 ottobre, "Fringe" 3 e "Smallville" 10 in prima tv chiara il 7 e 8 novembre
  • Ted Shackelford e Joan Van Ark vestiranno nuovamente i panni di Gary e Valene Ewing nella seconda stagione del sequel di “Dallas” (la prima stagione inedita in onda su Canale 5, ogni martedì, prima serata). I loro personaggi, reduci dalla serie storica del 1978, si vedranno per tre episodi nella seconda stagione attualmente in lavorazione.
  • Mentre la seconda stagione inedita di “Suits” approderà su Joi dal 25 ottobre, ogni giovedì in prima serata, Usa Network ha rinnovato la serie legale per una terza stagione di sedici episodi.
  • Amy Meredith Poehler, interprete dell’ambiziosa Leslie Knope di “Parks and Recreation(su Joi la terza stagione inedita ogni venerdì alle ore 22.05), è stata scelta, insieme a Tina Fey, per condurre la prestigiosa cerimonia dei Golden Globes 2013.
  • Il premio Oscar Jeremy Irons irrompe nel cast della dodicesima stagione di “Law&Order: Special Victims Unit”. L’attore britannico, al suo esordio in una serie tv americana, farà la sua comparsa nel 13° e 20° episodio (su Retequattro, in prima tv in chiaro sabato 27 ottobre e 17 novembre, ore 21.15) nei panni del capitano Jackson, un ambiguo sessuologo dal torbido passato.
  • Taylor Momsen, resa celebre dal personaggio di Jenny Humphrey in "Gossip Girl" che tornerà ad interpretare nella sesta e conclusiva stagione in onda su Mya dal 5 febbraio 2013, è apparsa di recente ‘come mamma l’ha fatta’ nel video-spot che lancia l’ultimo singolo del gruppo del quale è front-woman, “The Pretty Reckless”.
  • La terza stagione di “Fringe” debutta in prima tv in chiaro su Italia 1, da mercoledì 7 novembre,dal lunedì al venerdì alle ore 15.00.
  • La decima stagione di “Smallville” parte in prima tv in chiaro su Italia 1, da giovedì 8 novembre, dal lunedì al venerdì alle ore 16.00.
(Notizie tratte dalla Newsletter di Mediaset)

lunedì 8 ottobre 2012

L'EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

RIVISTA STUDIO
Ecco perchè "Louie" cambierà la tv
"Louie è una serie americana che va in onda su FX, scritta, diretta e interpretata da quello che è considerato il miglior stand up comedian vivente, Louis C.K. La scorsa settimana si è conclusa la terza acclamatissima stagione dello show, ed è quindi giunto il momento di fermarsi e parlarne un po’. Partiamo da un argomento – argomento che svelerà tutta la mia bias sulla questione, ma comunque -: Louie è un capolavoro. C’è chi lo ha visto ed è rimastosenza parole se non di stupore ed elogio; c’è chi si è spinto oltre, come Todd VanDerWerff su A.V. Club, che considera la portata della serie paragonabile – in termine di qualità e influenza artistica – a quella che i Sopranos hanno avuto nel nuovo millennio. Un articolo, quest’ultimo, che per quanto sostenga una tesi scottante e blasfema per un pubblico affezionato a Tony & Co., squarcia il velo di Maya su una separazione che sta perdendo sempre più senso, quella tra drama e comedy.
Drama e comedy sono i due mostruosi buchi neri a cui Hollywood e la televisione girano attorno: sono due macrogeneri complessissimi, zeppi di galassie e ulteriori buchi neri, che hanno la stessa funzione di Mosé sul Mar Rosso: separare acque e mettere ordine. Così, tutti i prodotti vengono sistemati su due grandi scaffali – drama e comedy – in modo che lo spettatore possa scegliere da quale pescare, chiedendosi se abbia voglia di ridere o di “cose serie”. Negli ultimi anni però si è assistito alla sofisticazione del reparto drama: prima la Hbo con show come The WireDeadwood e i citati Sopranos; e poi, a cascata, altri network come Amc (Mad MenBreaking Bad), hanno allestito un separè tra i prodotti complessi, d’enorme qualità, dalla scrittura incredibile e lo storytelling funambolico, e altri show in cui a trionfare è la complessità della trama e la suspense – come le incredibili cose firmate J.J. Abrams (LostFringe) e 24.
Mentre la primavera sbocciava nella drama, il settore comedy viveva ancora la pace dei sensi data dal Grande Muro Dei Due Generi, e al massimo ci si arrovellava con le solite distinzioni tra comicità “alta” e “bassa”. Se da una parte il The Office inglese e successi come Curb Your Enthusiasm hanno alzato l’asticella qualitativa di parecchie tacche, dall’altra è mancato un prodotto shock in grado di far tremare le fondamenta dell’incerto duopolio drama-comedy, rivelandone l’inadeguatezza. Per tutti questi anni non sono mancati spettacoli di qualità: anzi, gioielli come East Bound and DownParks and RecreationCommunity (specie la terza incredibile stagione) hanno reso gli ultimi anni indimenticabili. È mancato però all’appello il momento-Gesù Cristo, in grado di fissare un prima e un dopo. Forse per la natura insita della comicità – che è fatta di rimandi, modelli, parodie e richiami spesso criptici ad altri autori e opere (per ulteriori informazioni citofonare Luttazzi) – le sit com hanno sempre seguito sentieri preesistenti. L’unica eccezione, Seinfeld, risale a decenni fa ed è a sua volta diventato modello, format.
Ma vediamo alcuni di questi filoni comici: tra i più comuni nella scrittura comica “alta”, c’è quello del mockumentary, in cui i protagonisti sanno di essere ripresi da una troupe e parlano in camera (The Office e praticamente tutto Ricky Gervais,Curb Your EnthusiasmParks and Rec); il modello post-Seinfeld in cui la sit com tradizionale è rivista con humour più sofisticato; e un altro filone seinfeldiano: quello che racconta in prima persona la vita di un comico. E qui si parla in realtà di un’intersezione di format, che tocca Seinfeld, per l’appunto, Curb Your Enthusiasme arriva a Louie.
Louie è infatti la storia di un comico, Louis C.K., divorziato con due bambine. Proprio come in Seinfeld, i suoi episodi vengono intervallati da spezzoni di stand up che spesso seguono il tema portante della puntata. (Da notare che la vita da comico di strada e i relativi spezzoni live si sono diradati col procedere della storia, per scomparire nella terza stagione dopo l’episodio “Miami”). Si potrebbe quindi concludere che anche lo show di C.K., per quanto atipico, sia ascrivibile alla tradizione iniziata dal capolavoro di  Jerry Seinfeld e Larry David. Però non è così semplice: Louie è un affare dalla forma troppo strana, inedita, per calzare a pennello nello scatolone della comedy e lì riposare per sempre. Per esempio, se mi domandaste (è un’opinione personale ma penso piuttosto diffusa) perché guardo e amo la serie di C.K., non me la sentirei di rispondere: “Perché fa ridere”. Louie non fa ridere. E non è nemmeno una sit com. Della sit com ha solo la durata delle puntata (circa 20 minuti). Nient’altro. E non perché gioca a fare l’anti-sit com: no, sarebbe troppo facile, già fatto (anche dallo stesso Louis C.K., con Lucky Louie). La spiegazione è più profonda e porta il prodotto a galleggiare nel vuoto che dovrebbe esserci al di fuori degli universi drama e comedy (vuoto che ovviamente non è tale e aspetta solo di essere esplorato). Alcuni momenti della serie sono tragici, profondi e in molti casi toccano le corde del drama con una classe che non ha molto da invidiare a un gioiello come Mad Men. E ciò nonostante, riesce a mantenersi irreale: nella finzione, per esempio, il protagonista ha un fratello nella prima stagione che scompare nella seconda per far posto a un paio di sorelle che durano appena una scena per poi sparire per sempre; ha anche una madre, che è stata portata in scena da due attrici diverse (una di queste aveva coperto anche il ruolo di un suo flirtqualche puntata prima, senza per questo costringerci a tirare fuori tutto Freud). Irreale e folle. E, allo stesso tempo, reale (e se a questo punto state dicendo: “D’accordo, però deciditi!”, è proprio questo il punto: non lo si può fare). Reale perché i macrotemi sono quelli dei grandi classici e della vita di tutti i giorni – l’amore, l’amicizia, l’ambizione, il lavoro ecc. E perché a parlare sono sempre esseri umani piuttosto credibili, solo inzuppati in un contesto ironico, tra il nonsense, la risata verde, il grottesco e la pura follia inquietante.
Anche gli strumenti comici sono quelli tradizionali, anche se declinati in modo nuovo. Dal vecchio baule del comico, C.K. tira fuori il sesso, l’ironia della vita di tutti i giorni, il corpo esposto, la merda e la piscia (in una puntata recente si vede un bambino che mangia carne cruda, si fa un bagno e ha un attacco di diarrea nella vasca). E poi c’è la prima persona singolare che riempie ogni fotogramma dello spettacolo: non c’è una scena in cui non compaia l’attore – gira tutto attorno a lui, come se la troupe di The Office si fosse fatta minuscola, invisibile e bastardissima – e non manca un bel po’ d’egocentrismo, specie nelle scene familiari (quando è con le sue bambine, le due molle che tengono in costante movimento quest’omone in sovrappeso) o para-sessuali (momenti, questi, in cui si scivola talvolta nell’autocommiserazione gratuita). Mancano completamente i grandi classici della sit com: il giro d’amici fisso, la casa come scena principale, il vicino di casa un po’ pazzerello che entra ed esce a suo piacimento (Cosmo Cramer di Seinfeld, che tra gli altri aveva già ispirato il personaggio di Uncle Jerry in Lucky Louie). C’è solo lui, Louis C.K – o una sua versione più o meno autobiografica. Il resto del mondo è fatto di satelliti orbitanti, presenze vaghe e lontane, figlie da dividere con un’ex moglie inspiegabilmente afroamericana, vicini di casa che fumano bong meccanici. Il protagonista è un uomo solo e triste, la cui vita privata è a pezzi e quella professionale arranca tra indecisioni, grandi occasioni e David Lynch. Il cui rapporto con le donne e il padre nasconde un pozzo senza fondo di paure, odio e amore. Parliamo di un uomo senza un perché, profondamente triste nonostante il suo lavoro sia far ridere, la cui unica ragione di vita è essere per le sue bambine un padre migliore di quello che ha avuto.
Al di là del grande successo di critica e i buoni risultati di pubblico, la serie di C.K. potrebbe finire per costruire il primo tunnel a collegare i due colossi dell’intrattenimento, drama e comedy, chimere con cui continuiamo e ripeterci che la vita sia amara oppure divertente, e non un miscuglio continuo, frenetico e inquietante delle due cose – e molto altro. Louie è lo show più triste, maturo e serio del mondo. Per questo fa così ridere".
(Pietro Minto, 05.10.2012)

giovedì 6 settembre 2012

NEWS - Clamoroso al Cibalix! JJ Abrams una ne fa e cento ne assembla: progetto su poliziesco alla "Robocop" per Fox
Notizia tratta da "The Hollywood Reporter"
Fringe duo J.J. Abrams and J.H. Wyman are reteaming for a sci-fi project set up at Fox. The new show is set in the not-so-distant future, like Abrams' upcoming NBC drama Revolution, and revolves around LAPD officers who are now partnered with highly evolved humanlike androids. The network, which will wrap Fringe following a 13-episode final season this year, has given a pilot-production commitment to a futuristic cop drama, The Hollywood Reporter has confirmed. Wyman will pen the untitled project and executive produce alongside Abrams and Bryan Burk for Bad Robot and Warner Bros. Television, where Abrams is based. Kathy Lingg will co-executive produce. The buddy-cop drama comes as Abrams prepares to wrap Fringe with a fifth and final season and as the prolific producer is poised to launch NBC's postapocalyptic drama Revolution -- which is set 15 years in the future.  

venerdì 8 giugno 2012

L'EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri


GLENNVILLE
Telefilm, la Golden Age è finita (speriamo nella Silver Age)
"Revenge", rinnovata per la seconda serie andrà in onda negli Stati Uniti nello slot che ABC riservava a "Desperate Housewives". "Revenge" rappresenta il segno più limpido del fatto che la Golden Age delle serie tv americane si è definitivamente conclusa. Imparagonabile, come plot, creatività, livello di scrittura e recitazione a DH, "Revenge" rispolvera uno degli archetipi di sicuro successo, assieme a quello di Cenerentola, nei manuali per sceneggiatori seriali: quello del Conte di Montecristo. Cioé il tanto di vendetta (Revenge) accettabile in una cultura “cristiana”. Il plot è elementare: Emily/Amanda, bella e giovane,  ritorna sotto falso nome agli Hamptons, dove vivono tutti i ricchi e cattivi che hanno concorso alla rovina del padre. Lei ovviamente è diventata più ricca e più spietata di oro. Però l’amore è in agguato ecc. La sceneggiatura è da daytime soap, mancano soltanto le camere da studio per dare l’effetto Beautiful. La voce fuori campo di Emily/Amanda, che incornicia le puntate, è tolta di peso (e malamente) da quella ideata da Marc Cherry per le ben più intriganti signore di Wisteria Lane.  Ma l’America della crisi non vuole più conflitti familiari, vuole vendetta. Anche scritta male. La fiction americana è in crisi di idee e, tanto per cambiare, di soldi. JJ. Abrams, apparso a  tutti qualche anno fa come il nuovo genio del seriale americano, ha inanellato una ciclopica serie di flop (compreso il triste finale di "Fringe"). HBO, che era in grado di spendere tantissimo per serie viste da pochi milioni di fighetti metropolitani oggi arranca sotto il peso dei vari Hulu, Netflix ecc. La risparmiosa Disney, proprietaria di ABC, dev’essere pazza di gioia nell’aver potuto sostituire, con successo d’ascolto, una serie impegnativa, costosa e rognosa come DH con una modesta soap girata in HD (con le luci calde sulla terrazza della casa di Emily che fanno a pugni con la vera alba dietro le spalle dei protagonisti, creando il mitico effetto facce rosse che alla BBC avrebbe comportato l’immediata decapitazione del direttore della fotografia). Dalle serie che raccontavano (ad alto livello) la crisi (come il capolavoro, misconosciuto, "Hung") alle serie che ne sono la conseguenza. Con qualche distinguo che tutti abbiamo in mente (inutile fare elenchi di “buoni”), adesso le vere luci arrivano dalla Gran Bretagna. Speriamo che prima o poi nasca una Silver Age anche per le serie americane. Speriamo in "Newsroom".
(Gregorio Paolini, 06.06.2012)

"Il trivial game + divertente dell'anno" (Lucca Comics)

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Il GIOCO DEI TELEFILM di Leopoldo Damerini e Fabrizio Margaria, nei migliori negozi di giocattoli: un viaggio lungo 750 domande divise per epoche e difficoltà. Sfida i tuoi amici/parenti/partner/amanti e diventa Telefilm Master. Disegni originali by Silver. Regolamento di Luca Borsa. E' un gioco Ghenos Games. http://www.facebook.com/GiocoDeiTelefilm. https://twitter.com/GiocoTelefilm

Lick it or Leave it!

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