NEWS - Tv allo specchio. "Downton Abbey" vs. "Il Segreto", così lontani così vicini. Sabato in Triennale a Milano un confronto ai confini della realtà tv
La tv sta
cambiando. E in Italia? Nell’Ambito del festival “Studio in Triennale”, appuntamento annuale di eventi, panel e
interviste pubbliche organizzato da “Rivista
Studio” alla Triennale di Milano,
giunto quest’anno alla 4° edizione, si parlerà anche di questo. Sabato 10 ottobre, alle ore 12.00, si confronteranno due titoli
apparentemente diversi come “Downton
Abbey” (5° stagione inedita su La 5
dal 18 ottobre) e “Il Segreto” (Canale 5). Il direttore di Canale 5, Giancarlo Scheri, e il direttore dei
canali tematici free di Mediaset, Marco
Costa – moderati dalla giornalista Stefania
Carini – metteranno a confronto l’amatissima e popolare soap “Il Segreto”
con il “gioiellino” della critica “Downton Abbey”.
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giovedì 8 ottobre 2015
giovedì 9 ottobre 2014
TWITTER-JAM - Speciale "Twin Peaks"
Holy shit, America! TWIN PEAKS is coming back next year, to Showtime! Agent Dale Cooper will drink more coffee!
— Stephen King (@StephenKing) 6 Ottobre 2014
Chissà se in 25 anni la Signora col Ceppo è mai andata all'Ikea.
#TwinPeaks #TwinPeaks2016
— Leo Damerini (@LeoDamerini) 6 Ottobre 2014
Better fire up that percolator and find my black suit :-) #Twinpeaks
— Kyle MacLachlan (@Kyle_MacLachlan) 6 Ottobre 2014
Twin Peaks!! I can't begin to describe how happy this news makes me.
— Aaron Paul (@aaronpaul_8) 6 Ottobre 2014
Allora era Tv generalista, adesso PayTv. Perché operazione vintage? O nel 1990 la Tv era più innovativa? #twinpeaks http://t.co/3m36mMoxP3
— Stefania Carini (@StefaniaCarini) 6 Ottobre 2014
Quelli che parlano di "remake" di #TwinPeaks sparano una reboot-tanata ancestrale.
— Leo Damerini (@LeoDamerini) 6 Ottobre 2014
Twin Peaks. Lynch. Showtime. Life is about to become perfect. #TwinPeaks2016 #DavidLynch #whokilledlaurapalmer
— Alessandra Torresani (@BambolaBambina) 6 Ottobre 2014
Quando sapevamo fare gli spot Tv #twinpeaks
https://t.co/CZNHb5EmkQ
— Stefania Carini (@StefaniaCarini) 7 Ottobre 2014
No, la nuova stagione di #TwinPeaks nel 2016, NO.
Showtime, non farlo.
Rimangiati tutto, per favore.
— Stargirl (@StarGrrrl) 6 Ottobre 2014
La cosa + intrigante del ritorno di #TwinPeaks è che le 2 storiche stagioni dell'ABC sono su @Netflix.
#flashbackmoderni
— Leo Damerini (@LeoDamerini) 6 Ottobre 2014
lunedì 18 maggio 2009
NEWS - In libreria, compagni! "Il Testo Espanso" di Stefania Carini (con prefazione di Aldo Grasso) è IL libro per tutti i seguaci telefilmici
"Lost" e "24"? Sono frutto di una nuova fase della televisione, così come viene descritta da Stefania Carini nel suo libro "Il Testo Espanso. Il telefilm nell’età della convergenza" (Vita e Pensiero, 2009). La Tv infatti si è espansa. Di fronte alle nuove sfide dell’epoca della convergenza, sovrabbondante di media, testi, possibilità, il piccolo schermo non si è tirato indietro. Ha saputo adattare se stesso al nuovo mondo, attraverso cambiamenti tecnologici, istituzionali, economici, culturali. E non di meno, ha modificato il modo di costruire i propri testi, dando vita a una nuova estetica. La Tv espande se stessa e si espande al di fuori di se stessa, creando universi testuali e narrativi capaci di viaggiare tra media e farsi esperienza quotidiana, oggetto di design, immaginario condiviso e maneggevole. Questo libro si propone di mappare i cambiamenti attuali del testo televisivo, esemplificati attraverso l’analisi di due telefilm americani di enorme popolarità, come "Lost" e "24". Attraverso un approccio “umanista”, legato all’analisi storico-estetica e testuale (ma senza disdegnare altri approcci), cerca di mettere in luce le nuove strategie del piccolo schermo, che coinvolgono circolarmente tanto i produttori quanto il pubblico.
BIO
Stefania Carini, Dottore di ricerca in Culture della comunicazione, insegna Analisi e produzione di testi televisivi all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. E’ membro della Sottocommissione per il riconoscimento dell'interesse culturale lungometraggi presso il Ministero dei Beni Culturali. E’ critico televisivo del quotidiano Europa e cura la videorubrica “Tv Usa “ per Il Corriere della Sera. Fra le sue pubblicazioni L’insolito animato. I Simpsons (in A. Grasso, Buona Maestra, 2007); Media e Storia: cronologia di un dibattito (in A. Grasso, Fare storia con la televisione, 2006); Realizzare miti moderni. Generi e strutture narrative di un film Pixar (in G. Bendazzi e R. Scrimitore, Il cinema d’animazione e la nuova critica, 2006). Ha collaborato alla stesura della nuova edizione de Garzantina della televisione (2008).
Stefania Carini, Dottore di ricerca in Culture della comunicazione, insegna Analisi e produzione di testi televisivi all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. E’ membro della Sottocommissione per il riconoscimento dell'interesse culturale lungometraggi presso il Ministero dei Beni Culturali. E’ critico televisivo del quotidiano Europa e cura la videorubrica “Tv Usa “ per Il Corriere della Sera. Fra le sue pubblicazioni L’insolito animato. I Simpsons (in A. Grasso, Buona Maestra, 2007); Media e Storia: cronologia di un dibattito (in A. Grasso, Fare storia con la televisione, 2006); Realizzare miti moderni. Generi e strutture narrative di un film Pixar (in G. Bendazzi e R. Scrimitore, Il cinema d’animazione e la nuova critica, 2006). Ha collaborato alla stesura della nuova edizione de Garzantina della televisione (2008).
martedì 5 maggio 2009
TELEFILM FESTIVAL 2009 - Il settimo TF al via oggi dall'Università Cattolica con il lancio del concorso "Scrivi il tuo telefilm" e un focus sulla serialità made in Italy (aperto a tutti!)
Il Telefilm Festival si apre come di consueto con il tradizionale appuntamento dalla prestigiosa sede culturale dell’Università Cattolica di Milano: oggi, martedì 5 maggio, alle 15.00, il Professor Aldo Grasso presenta il concorso “Scrivi il tuo telefilm”. Ideato da Telefilm Festival e dal CE.R.T.A. (Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), il concorso vuole promuovere la creatività e dare voce a giovani che abbiano voglia di proporre nuove idee per la realizzazione di una serie inedita. Rivolto ai giovani tra i 18 e 30 anni, i soggetti di serie pervenuti saranno giudicati da Aldo Grasso, Stefania Carini e da un panel di sceneggiatori di grande successo: Lucio Pellegrini (I Liceali, Non Pensarci), Barbara Petronio e Leonardo Valenti (Romanzo Criminale, Donne Assassine, Il Mostro di Firenze, R.I.S. – Delitti Imperfetti) e Ivan Cotroneo (Tutti Pazzi per Amore, Pinocchio, La Principessa Sissi). La presentazione del concorso sarà l’occasione per riflettere e discutere sulla scrittura e sul grande successo della serialità Made in Italy di questa stagione televisiva in un incontro ad hoc aperto anche al pubblico esterno.
martedì 22 gennaio 2008
BOLLETTINO - Altro che Meredith Grey! Maschi con le palle, scegliete Addison!
Ormai anche le donne la odiano: si veda a tal propsito "La telefila" Stefania Carini sul "Telefilm Magazine" di gennaio. Meredith Grey, più che gatta, è un "peso" morto. Sfido qualunque maschio a prendere l'ascensore con lei: speri che si rompa una corda che sorregge l'abitacolo come nell'horror "L'Ascensore". Figuriamoci a viverle al fianco. Russa, si lamenta, non è mai contenta, è una lagna. Una palla al piede. Una palla in tutti i sensi. Anche noi maschi (quelli con le palle al posto giusto, non come il "moscio-Vileda" Dottor Stranamore) votiamo per Addison, uno dei migliori personaggi telefilmici degli ultimi anni, promossa in un telefilm tutto suo ("Private Practice"): apparentemente tosta e cinica, si rivela fragile e nel contempo decisa a cambiar aria. Combattuta come poche. E' tutta da scoprire, un piacevole enigma. Va alla ricerca di se stessa mentre l'altra va alla ricerca di conferme. Addison è una Prestigiacomo che sembra seguire la filosofia di Cacciari; Meredith è una Brambilla con la voce della Iervolino. Solo quel Tafazzi di Stranamore ci trova qualcosa di affascinante: che si sia dimenticato dentro le orecchie i tappi che usa per non sentirla russare?
(Articolo di Leo Damerini pubblicato su "Telefilm Magazine" di Gennaio)
Ormai anche le donne la odiano: si veda a tal propsito "La telefila" Stefania Carini sul "Telefilm Magazine" di gennaio. Meredith Grey, più che gatta, è un "peso" morto. Sfido qualunque maschio a prendere l'ascensore con lei: speri che si rompa una corda che sorregge l'abitacolo come nell'horror "L'Ascensore". Figuriamoci a viverle al fianco. Russa, si lamenta, non è mai contenta, è una lagna. Una palla al piede. Una palla in tutti i sensi. Anche noi maschi (quelli con le palle al posto giusto, non come il "moscio-Vileda" Dottor Stranamore) votiamo per Addison, uno dei migliori personaggi telefilmici degli ultimi anni, promossa in un telefilm tutto suo ("Private Practice"): apparentemente tosta e cinica, si rivela fragile e nel contempo decisa a cambiar aria. Combattuta come poche. E' tutta da scoprire, un piacevole enigma. Va alla ricerca di se stessa mentre l'altra va alla ricerca di conferme. Addison è una Prestigiacomo che sembra seguire la filosofia di Cacciari; Meredith è una Brambilla con la voce della Iervolino. Solo quel Tafazzi di Stranamore ci trova qualcosa di affascinante: che si sia dimenticato dentro le orecchie i tappi che usa per non sentirla russare?
(Articolo di Leo Damerini pubblicato su "Telefilm Magazine" di Gennaio)
mercoledì 24 ottobre 2007
L’EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm dai giornali italiani e stranieri
EUROPA
Stop al doppiaggio selvaggio!"Se c’è una cosa bella del satellite (una delle tante) è che ti permette di sentire la versione originale degli show che preferisci, con piacevoli sorprese. Come cambia un telefilm da una versione all’altra! E le brutte sorprese abbondano. Un’insigne e aggiornata teledipendente mi ha segnalato che l’altra sera è successo l’irreparabile a 'Heroes'. Claire ha incontrato il suo vero padre, ha scoperto che Peter è suo zio. Lady Petrelli, matriarca della famiglia che tutto sapeva e tutto taceva, vuole mantenere Claire un segreto, per non rovinare la carriera politica del figlio. Peter è morto, Claire lo veglia. Ma Claire deve scomparire, per il bene della famiglia, per evitare scandali. Tutta l’ambiguità e la complessità della scena è racchiusa in questa frase di Lady Petrelli:“Let the girl have her moment with him”. Splendida battuta, che in italiano è diventata: “Lasciamola stare qui 5 minuti”. Orribile. Ma noi non abbiamo forse i migliori doppiatori al mondo? Questo è il detto popolare, ma chissà che non sia stata la stessa categoria professionale a fomentare tale credenza. E poi al di là delle voci, conta l’adattamento. Sarà anche questa approssimazione la causa dello scarso successo di 'Heroes'? Per carità, è vero che il doppiaggio è uno strumento utile e indispensabile per la fruizione di film e telefilm. Però il doppiaggio ha le sue colpe. Spesso modifica i significati presenti nel testo originale. Le differenze di nazionalità vengono cancellate, facendo parlare tutti in un fluente italiano, oppure vengono modificate le caratteristiche di un personaggio. Ma si fa anche di peggio: il doppiaggio è uno strumento di manipolazione per così dire invisibile, di cui nessuno, a meno di confrontare differenti versioni, può rendersi conto. Così le finezze di sceneggiatura vanno a farsi benedire, come abbiamo dimostrato. Questo perché l’adattamento è spesso poco professionale, buttato giù in fretta e furia, e i significati dell’originale si perdono. Penso a un telefilm come 'Buffy': il suo autore aveva creato un vero e proprio slang giovanile ricco di riferimenti alla cultura pop, studiato anche da insigni linguisti. Uno slang che è del tutto sparito nella versione italiana, come se lo spettatore italiano fosse un po’ cretino. In altri casi, il doppiaggio censura quel che non si può dire per il bene dello spettatore, e in questo caso è il sesso, ovvio, a farne le spese. Ma quando la Tv italiana comincerà ad avere più fiducia e rispetto nel suo pubblico? Come sarebbe bello se un domani, anche sul digitale terrestre, fosse possibile per chi lo desidera ascoltare le versioni originali con sottotitoli! La tecnologia c’è, il pubblico telefilo ed esterofilo pure. Purtroppo c’è anche la miopia di molti dirigenti Tv".
(Stefania Carini, 23.10.2007)
EUROPA
Stop al doppiaggio selvaggio!"Se c’è una cosa bella del satellite (una delle tante) è che ti permette di sentire la versione originale degli show che preferisci, con piacevoli sorprese. Come cambia un telefilm da una versione all’altra! E le brutte sorprese abbondano. Un’insigne e aggiornata teledipendente mi ha segnalato che l’altra sera è successo l’irreparabile a 'Heroes'. Claire ha incontrato il suo vero padre, ha scoperto che Peter è suo zio. Lady Petrelli, matriarca della famiglia che tutto sapeva e tutto taceva, vuole mantenere Claire un segreto, per non rovinare la carriera politica del figlio. Peter è morto, Claire lo veglia. Ma Claire deve scomparire, per il bene della famiglia, per evitare scandali. Tutta l’ambiguità e la complessità della scena è racchiusa in questa frase di Lady Petrelli:“Let the girl have her moment with him”. Splendida battuta, che in italiano è diventata: “Lasciamola stare qui 5 minuti”. Orribile. Ma noi non abbiamo forse i migliori doppiatori al mondo? Questo è il detto popolare, ma chissà che non sia stata la stessa categoria professionale a fomentare tale credenza. E poi al di là delle voci, conta l’adattamento. Sarà anche questa approssimazione la causa dello scarso successo di 'Heroes'? Per carità, è vero che il doppiaggio è uno strumento utile e indispensabile per la fruizione di film e telefilm. Però il doppiaggio ha le sue colpe. Spesso modifica i significati presenti nel testo originale. Le differenze di nazionalità vengono cancellate, facendo parlare tutti in un fluente italiano, oppure vengono modificate le caratteristiche di un personaggio. Ma si fa anche di peggio: il doppiaggio è uno strumento di manipolazione per così dire invisibile, di cui nessuno, a meno di confrontare differenti versioni, può rendersi conto. Così le finezze di sceneggiatura vanno a farsi benedire, come abbiamo dimostrato. Questo perché l’adattamento è spesso poco professionale, buttato giù in fretta e furia, e i significati dell’originale si perdono. Penso a un telefilm come 'Buffy': il suo autore aveva creato un vero e proprio slang giovanile ricco di riferimenti alla cultura pop, studiato anche da insigni linguisti. Uno slang che è del tutto sparito nella versione italiana, come se lo spettatore italiano fosse un po’ cretino. In altri casi, il doppiaggio censura quel che non si può dire per il bene dello spettatore, e in questo caso è il sesso, ovvio, a farne le spese. Ma quando la Tv italiana comincerà ad avere più fiducia e rispetto nel suo pubblico? Come sarebbe bello se un domani, anche sul digitale terrestre, fosse possibile per chi lo desidera ascoltare le versioni originali con sottotitoli! La tecnologia c’è, il pubblico telefilo ed esterofilo pure. Purtroppo c’è anche la miopia di molti dirigenti Tv".
(Stefania Carini, 23.10.2007)
martedì 10 luglio 2007
L’EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm dai giornali italiani e stranieri
Pagina a cura di Leo “Grant” Damerini, tratta dal "Telefilm Magazine" di Luglio
CORRIERE DELLA SERA
"Ugly Betty", capolavoro d'arte moderna
"«Il diavolo veste Prada», certo; la favola del brutto anatroccolo, certo; la telenovela colombiana «Betty la cozza (Yo soy Betty la fea)», certo. Qualche altro riferimento colto? Non è difficile trovarlo. Sta di fatto che «Ugly Betty» la sitcom creata da Salma Hayek, incrocia alcune grandi questioni sociali del presente: il tema dell' integrazione e della diversità, il mobbing, la terribile vita d' ufficio, sempre così spasmodicamente alla ricerca della vittima sacrificale («la capra espiatoria» dice Betty); il duro confronto con la categoria metafisica delle «stronze». E le svolge con grande umorismo, persino con un vago senso del mistero (sullo sfondo c' è un terribile segreto che a poco a poco si svelerà). Nonostante il suo aspetto poco attraente (sancito dal più spietato dei finti complimenti, «bella dentro»), Betty (America Ferrera) riesce a farsi strada nel mondo della moda. [...] «Ugly Betty» ha la grazia del tragicomico, strappa risate puntando sull' effetto «fuori luogo» (la ragazza è il classico pesce fuor d' acqua: incapace di accostare i colori, veste in vistoso ritardo abiti da bancarella anni Settanta-Ottanta, e non si fa mancare gli occhiali spessi, l' apparecchio ai denti, qualche chilo in esubero), ma regala anche aiuti terapeutici a chi non ha risolto i suoi problemi con le cravatte sbagliate, con la stronzaggine dei compagni di lavoro, con l' inferno del cosiddetto look. Betty è talmente brutta da sembrare un capolavoro dell' arte moderna".
(Aldo Grasso, 20.05.2007)
IL DOMENICALE
Impara l'arte e mettila nei telefilm
"Oggi sembra che la funzione culturale sociale l’abbiano ereditata le fiction. Che sono un anello in più nella catena evolutiva della comunicazione che dall’affresco e tramite il libro ha portato fino alla Settima Arte. La fiction di cui parlo è quella televisiva, per qualità e budget non inferiore al cinema (e perciò quasi sempre americana), serializzata su lunghe o lunghissime scadenze: di 'Lost', per esempio, abbiamo saputo che terminerà nel 2010; 'E.R.' già tredici stagioni e non accenna a smettere. Se è concepita e realizzata al meglio, come spesso accade, la fiction possiede alcune caratteristiche che la portano oltre il cinema. Il succedersi degli episodi fa sì che i personaggi si approfondiscano e si precisino: impariamo ad amarli davvero perché lungo il tempo li vediamo con pregi e difetti, con vittorie e sconfitte. Sono come noi e con noi e assai più vicini a noi degli eroi cinematografici. Questi nostri eroi quotidiani – fittizi ma plausibili, costruiti con finissimo cesello di sceneggiatura – s’imbattono spesso in momenti assolutamente topici dell’esistenza, gli stessi che potrebbero accadere – accadono – a tutti: la nascita, la morte, il dolore, il piacere, l’innamoramento, il disonore, il tradimento. E in problemi umani e sociali altrettanto crudi: come – cito da episodi recenti di fiction famose – la morte violenta di un compagno di lavoro ('Ncis'), la scelta etica se far vivere o morire un malato ('Dr. House', 'E.R.', 'Lost'), l’arresto immotivato di un parente per motivi legati al terrorismo ('The Practice'), la tortura di un prigioniero ('Lost'), l’eutanasia attiva ('E.R.', 'House'), la pedofilia “motivata” e la clonazione ('The Practice'), le sevizie contro deboli e innocenti ('Senza traccia', 'CSI', 'Law & Order'), la pratica della medicina per scopi mercenari e illeciti ('Law & Order', 'Nip/Tuck'), la corruzione “a fin di bene” ('The Shield'), i rapporti occasionali, sadici, multisessuali ('Nip/ Tuck', 'Sex & The City', 'Desperate Housewives'), la vita e la morte e la guerra nelle zone indigenti del mondo ('E.R.'), gli scontri generazionali, sessuali, razziali ('House', 'Law & Order', 'The Practice'). Per rispondere a interrogativi più grandi di noi e di loro, molte di queste fiction scelgono, con tutta evidenza, la via pragmatica. Ovvero: proprio perché a dover fronteggiare quelle situazioni sono personaggi amati, alla fin fine qualsiasi decisione prenderanno, perfino la non decisione, potrà essere giustificata, se non condivisa, dagli spettatori. L’enorme forza di questa prospettiva di narrazione fa sì, tuttavia, che essa possa costituire un buon veicolo per suggerire scelte azzardate su tematiche scottanti. Su questa strada infatti alcune fiction si spingono abbastanza spesso. Ma sempre con cautela, com’è testimoniato dalla presenza, in episodi successivi, di scelte opposte davanti a situazioni analoghe: lo si nota per esempio in 'E.R.', che nel frenetico intrecciarsi di personaggi e situazioni riesce facilmente a mantenere un profilo variegato senza pagare pegno alle contraddizioni. E in 'Dr. House', dove le scelte problematiche possono esser fatte rientrare nella fisionomia problematica del protagonista. Qualche lettore starà chiedendosi se questo sia un problema culturale, etico. La mia risposta è ambivalente. Molte fiction sono politicamente e culturalmente “fredde”: si preoccupano soprattutto di non scontentare il loro pubblico. E, dunque, malgrado scelte formali magari clamorose, sostanzialmente rimangono ancorate a una idea di uomo il più possibile condivisa. Che mentre certe volte consente eccessi e prese di posizione ardite, al tempo stesso li attenua con la propria “umanità”. Può accadere, però, e accade, che certe fiction siano ideologicamente condizionate. Sì, esistono gruppi di pressione, politico-culturali (ma anche industriali), che sovvenzionano e pilotano narrazioni cinematografiche e televisive; sarebbe strano il contrario. Tuttavia è ancor più frequente e forte il condizionamento “ambientale”: com’è stato dimostrato anni fa (riprendo considerazioni argomentate negli Usa da Martha Nussbaum e in Italia da Armando Fumagalli), ha del clamoroso verificare quanto poco ciò che la maggior parte di produttori, registi, sceneggiatori e attori di Hollywood pensano sull’amore, sulla famiglia e su altre dimensioni del vivere comune coincida con ciò che su questi temi opina la maggior parte della popolazione americana. Alla fin fine lo sceneggiatore può piegare qualsiasi storia alle sue personali convinzioni. Esattamente come il pittore, il narratore, il romanziere. In questo c’è libertà e potenza creativa. Ma il giudizio dello spettatore, come sempre, verterà sulla qualità del “fattore umano”, oltre le incastellature tendenziose che non mancano. Come non mancano i vicoli ciechi, gli espedienti fumosi, le cadute di tono (dispiace addebitare proprio all’amato 'Lost' questi tre difetti). Se a tutti noi, da spiriti liberi, viene chiesto di contribuire a rendere il mondo più umano e migliore tramite le parole e l’esempio, c’è da augurarsi che sempre più fiction siano molto umane. E che non contrabbandino merce avariata mascherandola con belle forme. Giotto ed Esopo non l’hanno mai voluto fare".
(Giuseppe Romano, 19.05.2007)
EUROPA
W Betty, W la Tv!
"Ugly Betty è eccessiva, sfuggente, complessa come pochi telefilm sanno essere. Non ha confini, è straripante, non omologata. E' un patchwork di stili discordanti. E' alta tv che blobbizza tutta l'altra tv. Anzi, Betty è la tv: fuori luogo, brutta, intelligente, ingenua, trash, determinata, enorme, colorata, fastidiosa, dolce. Di tutto e di più, eppure irresistibile e affascinante. Mentre altre algide muse (pittura, cinema, letteratura...) cercano un equilibrio ormai impossibile, Betty (la Tv) si distingue per eccesso, e ci si rispecchia a suo modo. W Brutta Betty, W la Tv".
(Stefania Carini, 22.05.2007)
Pagina a cura di Leo “Grant” Damerini, tratta dal "Telefilm Magazine" di Luglio
CORRIERE DELLA SERA
"Ugly Betty", capolavoro d'arte moderna
"«Il diavolo veste Prada», certo; la favola del brutto anatroccolo, certo; la telenovela colombiana «Betty la cozza (Yo soy Betty la fea)», certo. Qualche altro riferimento colto? Non è difficile trovarlo. Sta di fatto che «Ugly Betty» la sitcom creata da Salma Hayek, incrocia alcune grandi questioni sociali del presente: il tema dell' integrazione e della diversità, il mobbing, la terribile vita d' ufficio, sempre così spasmodicamente alla ricerca della vittima sacrificale («la capra espiatoria» dice Betty); il duro confronto con la categoria metafisica delle «stronze». E le svolge con grande umorismo, persino con un vago senso del mistero (sullo sfondo c' è un terribile segreto che a poco a poco si svelerà). Nonostante il suo aspetto poco attraente (sancito dal più spietato dei finti complimenti, «bella dentro»), Betty (America Ferrera) riesce a farsi strada nel mondo della moda. [...] «Ugly Betty» ha la grazia del tragicomico, strappa risate puntando sull' effetto «fuori luogo» (la ragazza è il classico pesce fuor d' acqua: incapace di accostare i colori, veste in vistoso ritardo abiti da bancarella anni Settanta-Ottanta, e non si fa mancare gli occhiali spessi, l' apparecchio ai denti, qualche chilo in esubero), ma regala anche aiuti terapeutici a chi non ha risolto i suoi problemi con le cravatte sbagliate, con la stronzaggine dei compagni di lavoro, con l' inferno del cosiddetto look. Betty è talmente brutta da sembrare un capolavoro dell' arte moderna".
(Aldo Grasso, 20.05.2007)
IL DOMENICALE
Impara l'arte e mettila nei telefilm
"Oggi sembra che la funzione culturale sociale l’abbiano ereditata le fiction. Che sono un anello in più nella catena evolutiva della comunicazione che dall’affresco e tramite il libro ha portato fino alla Settima Arte. La fiction di cui parlo è quella televisiva, per qualità e budget non inferiore al cinema (e perciò quasi sempre americana), serializzata su lunghe o lunghissime scadenze: di 'Lost', per esempio, abbiamo saputo che terminerà nel 2010; 'E.R.' già tredici stagioni e non accenna a smettere. Se è concepita e realizzata al meglio, come spesso accade, la fiction possiede alcune caratteristiche che la portano oltre il cinema. Il succedersi degli episodi fa sì che i personaggi si approfondiscano e si precisino: impariamo ad amarli davvero perché lungo il tempo li vediamo con pregi e difetti, con vittorie e sconfitte. Sono come noi e con noi e assai più vicini a noi degli eroi cinematografici. Questi nostri eroi quotidiani – fittizi ma plausibili, costruiti con finissimo cesello di sceneggiatura – s’imbattono spesso in momenti assolutamente topici dell’esistenza, gli stessi che potrebbero accadere – accadono – a tutti: la nascita, la morte, il dolore, il piacere, l’innamoramento, il disonore, il tradimento. E in problemi umani e sociali altrettanto crudi: come – cito da episodi recenti di fiction famose – la morte violenta di un compagno di lavoro ('Ncis'), la scelta etica se far vivere o morire un malato ('Dr. House', 'E.R.', 'Lost'), l’arresto immotivato di un parente per motivi legati al terrorismo ('The Practice'), la tortura di un prigioniero ('Lost'), l’eutanasia attiva ('E.R.', 'House'), la pedofilia “motivata” e la clonazione ('The Practice'), le sevizie contro deboli e innocenti ('Senza traccia', 'CSI', 'Law & Order'), la pratica della medicina per scopi mercenari e illeciti ('Law & Order', 'Nip/Tuck'), la corruzione “a fin di bene” ('The Shield'), i rapporti occasionali, sadici, multisessuali ('Nip/ Tuck', 'Sex & The City', 'Desperate Housewives'), la vita e la morte e la guerra nelle zone indigenti del mondo ('E.R.'), gli scontri generazionali, sessuali, razziali ('House', 'Law & Order', 'The Practice'). Per rispondere a interrogativi più grandi di noi e di loro, molte di queste fiction scelgono, con tutta evidenza, la via pragmatica. Ovvero: proprio perché a dover fronteggiare quelle situazioni sono personaggi amati, alla fin fine qualsiasi decisione prenderanno, perfino la non decisione, potrà essere giustificata, se non condivisa, dagli spettatori. L’enorme forza di questa prospettiva di narrazione fa sì, tuttavia, che essa possa costituire un buon veicolo per suggerire scelte azzardate su tematiche scottanti. Su questa strada infatti alcune fiction si spingono abbastanza spesso. Ma sempre con cautela, com’è testimoniato dalla presenza, in episodi successivi, di scelte opposte davanti a situazioni analoghe: lo si nota per esempio in 'E.R.', che nel frenetico intrecciarsi di personaggi e situazioni riesce facilmente a mantenere un profilo variegato senza pagare pegno alle contraddizioni. E in 'Dr. House', dove le scelte problematiche possono esser fatte rientrare nella fisionomia problematica del protagonista. Qualche lettore starà chiedendosi se questo sia un problema culturale, etico. La mia risposta è ambivalente. Molte fiction sono politicamente e culturalmente “fredde”: si preoccupano soprattutto di non scontentare il loro pubblico. E, dunque, malgrado scelte formali magari clamorose, sostanzialmente rimangono ancorate a una idea di uomo il più possibile condivisa. Che mentre certe volte consente eccessi e prese di posizione ardite, al tempo stesso li attenua con la propria “umanità”. Può accadere, però, e accade, che certe fiction siano ideologicamente condizionate. Sì, esistono gruppi di pressione, politico-culturali (ma anche industriali), che sovvenzionano e pilotano narrazioni cinematografiche e televisive; sarebbe strano il contrario. Tuttavia è ancor più frequente e forte il condizionamento “ambientale”: com’è stato dimostrato anni fa (riprendo considerazioni argomentate negli Usa da Martha Nussbaum e in Italia da Armando Fumagalli), ha del clamoroso verificare quanto poco ciò che la maggior parte di produttori, registi, sceneggiatori e attori di Hollywood pensano sull’amore, sulla famiglia e su altre dimensioni del vivere comune coincida con ciò che su questi temi opina la maggior parte della popolazione americana. Alla fin fine lo sceneggiatore può piegare qualsiasi storia alle sue personali convinzioni. Esattamente come il pittore, il narratore, il romanziere. In questo c’è libertà e potenza creativa. Ma il giudizio dello spettatore, come sempre, verterà sulla qualità del “fattore umano”, oltre le incastellature tendenziose che non mancano. Come non mancano i vicoli ciechi, gli espedienti fumosi, le cadute di tono (dispiace addebitare proprio all’amato 'Lost' questi tre difetti). Se a tutti noi, da spiriti liberi, viene chiesto di contribuire a rendere il mondo più umano e migliore tramite le parole e l’esempio, c’è da augurarsi che sempre più fiction siano molto umane. E che non contrabbandino merce avariata mascherandola con belle forme. Giotto ed Esopo non l’hanno mai voluto fare".
(Giuseppe Romano, 19.05.2007)
EUROPA
W Betty, W la Tv!
"Ugly Betty è eccessiva, sfuggente, complessa come pochi telefilm sanno essere. Non ha confini, è straripante, non omologata. E' un patchwork di stili discordanti. E' alta tv che blobbizza tutta l'altra tv. Anzi, Betty è la tv: fuori luogo, brutta, intelligente, ingenua, trash, determinata, enorme, colorata, fastidiosa, dolce. Di tutto e di più, eppure irresistibile e affascinante. Mentre altre algide muse (pittura, cinema, letteratura...) cercano un equilibrio ormai impossibile, Betty (la Tv) si distingue per eccesso, e ci si rispecchia a suo modo. W Brutta Betty, W la Tv".
(Stefania Carini, 22.05.2007)
sabato 6 maggio 2006
TELEFILM FESTIVAL 2006 – Cronaca della Prima Giornata del IV “Telefilm Festival”. “The O.C.”, “Dr.House”, “Lost” e il dibattito con Aldo Grasso, Giorgio Gori e Simona Ventura fiammeggiano alla partenza
Festival bagnato, festival fortunato. Se vale il famoso detto, il IV “Telefilm Festival” è partito oggi sotto i migliori auspici: il primo giorno dell’unica manifestazione interamente dedicata alle serie tv ha registrato il record di presenze per la prima giornata nonostante la pioggia che cadeva su Milano. L'ampia sede dell’Apollo spazioCinema è diventata la centrale dei telefilm anche grazie ai molti stand sparsi per i corridoi e le entrate dei cinema. Non mancavano i manichini ritraenti il volto di personaggi noti di serial (il più ammirato quello di Angel, accanto al quale più di una ragazza si è fatta fotografare), nonché una lavagna gigante dove poter lasciare commenti e pensieri (i più numerosi riguardavano messaggi d’amore per Benjamin McKenzie).
La mattina alle 11.30, ha aperto le danze la conferenza stampa di Jimmy. Lesbiche di classe, gay americani, documentari sul sesso (anche esplicito), serie canadesi alla “Twin Peaks” e un reality-show con Gene Simmons dei Kiss impegnato a mettere in subbuglio un tranquillo college inglese. Al “Telefilm Festival”, dove ha presentato il nuovo palinsesto, Jimmy (canale 140 di SKY) si accredita come il canale più trasgressivo della tv italiana con un mix di titoli che coniugano qualità e temi forti. Dall’11 maggio parte il terzo ciclo inedito di “The L Word”, ritratto di un gruppo di lesbiche di Los Angeles con a capo l’affascinante Jennifer Beals, l’ex interprete di “Flashdance” al cinema. In accoppiata al serial-lesbo che ha suscitato clamore in America e che inzia ad avere un suo pubblico (anche eterosessuale) in Italia, Jimmy farà seguire – sempre in una serata a tema omosessuale – “Queer as folk”, con protagonisti questa volta uomini gay americani. “Ci orientiamo anche al di fuori dell’America – ha spiegato oggi Giusto Toni, Direttore generale Digicast – come ad esempio con la serie canadese ‘Grand Ourse’, che ricorda per ambientazione ‘Twin Peaks’ e la serie inglese ‘Suburban Shootout’, una sorta di ‘Desperate Housewives’ nella campagna british in cui le casalinghe si combattono a colpi di bazooka e viagra all’ora del the”. Altre serie a sfondo sessuale sono invece “Show me yours” incentrata sulle fantasie sexy di una coppia di scrittori e “G Spot”, la storia autobiografica di un’attrice che dal cinema di serie A è passata alle luci rosse. Spazio anche a un reality come “Rock School”, in cui la rockstar Gene Simmons dei Kiss deve creare una band hard rock cercando i componenti in un rigido conservatorio inglese. Antonella Attenni, Direttore dei programmi di Jimmy, ha poi illustrato i temi anche dei documentari “Real Sex” che faranno da corollario a “The L Word” e “Queer as folk”: nei reportage, luci accese su stranezze sessuali del secolo in corso, dal regista specializzato in porno sott’acqua ai virtuosi che si sono specializzati nella “samba del pene”. Infine Giusto Toni, alla notizia che “Popetown”, lo scandaloso cartoon sul Vaticano che ha creato proteste e polemiche in tutto il mondo è andato in onda su MTV in Germania, il direttore che mesi fa ha deciso di non trasmetterlo dopo le roventi polemiche “da AN alle BR”, ha chiosato: “Ora che MTV in Germania lo ha trasmesso, chissà, potremmo ripensarci…”.
Mentre le puntate inedite del terzo ciclo di “The O.C” registravano già da oggi il pienone di sala in attesa dell’exploit di domenica alla presenza di Benjamin McKenzie (atterrato oggi a Milano con la mamma) e Kelly Rowan, ha attirato grandissima curiosità l’incontro-scontro tra “Lost” (per il quale si è registrato il pienone per l’anteprima della doppia puntata finale) e "L’Isola dei famosi”: ne hanno discusso il critico tv Aldo Grasso, la conduttrice Simona Ventura, il presidente di Magnolia Giorgio Gori e la docente di fiction della Cattolica Stefania Carini. Questo il resoconto dell’Ansa sull’appuntamento seguitissimo dal pubblico.
(ANSA) - MILANO, 5 MAG - E' la grande metafora del naufragio e della conseguente rinascita a nuova vita l'elemento che piu' accomuna prodotti televisivi differenti come il serial 'Lost' e 'L'isola dei famosi'. Questo il punto di partenza di un dibattito tra produttore e conduttrice del reality, Giorgio Gori e Simona Ventura, e il critico Aldo Grasso, che si e' tenuto oggi al Telefilm Festival di Milano. Secondo Ventura, "il concetto alla base dei due prodotti e' simile: da una parte la sopravvivenza, dall'altra l'introspezione perche', come dico spesso, l"Isola' e' psicanalisi collettiva, e se all'inizio si partecipava per tornare alla notorieta' ora vedo che i naufraghi tornano cambiati interiormente, non so se piu' ricchi o piu' poveri, perche' solo qualche raro esempio torna peggiorato e non si riprende". Il piu' lampante, secondo Simona, e' Zequila: "che e' tornato, ma non e' piu' rientrato nel suo corpo". D'altronde, 'Er mutanda' e' entrato nel cast solo in sostituzione di un ritiro, "ed erano tre anni - rivela Ventura - che ci assillava". La scelta del cast, per il reality, e' fondamentale, "almeno quanto la sceneggiatura per 'Lost' perche' - argomenta Gori - i personaggi si fanno portatori di storie e noi dobbiamo individuare nella personalita' dei concorrenti la presenza di alcune cariche esplosive che possano dar vita a qualcosa di interessante per il pubblico". Il fine - precisa la showgirl - non e' la polemica: "le botte tra Antonella Elia e Aida Yespica non erano previste e non sono i litigi a fidelizzare lo spettatore, ma la semplicita' dell'idea". In fondo, riflette Gori, "l'isola e' un gioco moralistico, dove il pubblico e' chiamato a riconoscere chi e' vero e chi e' finto, chi e' subdolo e chi e' sincero e, non a caso, le prime tre edizioni sono state vinte dai 'buoni': Sergio Muniz, Walter Nudo e, a suo modo, anche Lory del Santo". Tra L'Isola e Lost c'e' un altro punto di contatto: "entrambi sono dei punti di arrivo per dei generi: Lost per la fiction, mentre l'Isola e' quello, provvisorio, del reality perche' contiene commedia, dramma, soap, talk show, tanti generi popolari riuniti in tre ore con una densita' che di solito non c'e"'. Gli fa eco la conduttrice: "sui reality si e' speculato in Italia, dove se una cosa va bene si dice che e' trash, spazzatura, da condannare, invece l'Isola e' divertimento, ironia, emozione, una specie di teatro senza pretese educative, che ha anche dato vita a nuovi momenti di aggregazione". Nel successo del reality, dice ventura commentando il flop della trasmissione 'A spasso nel tempo' condotta da Carlo Conti, "conta pero' anche la figura del conduttore". Lei, in particolare, si dice talmente "innamorata dell'Isola" da seguirla anche come spettatrice e da provare un po' di invidia per i concorrenti. Il dibattito, come facilmente immaginabile dagli ospiti, ha riguardato molto piu' il prodotto italiano che quello americano anche perche' "io e la Ventura abbiamo un problema in comune - dice Gori facendo drizzare le orecchie ai cronisti - il lunedi' sera abbiamo le prove di Music Farm e 'Lost' non lo possiamo vedere!". Lui pero' se lo fa registrare, mentre lei gia' sa che recuperera' le puntate perse quest'estate, "visto che Marano (direttore di Rai Due, ndr) riprogrammera' tutta la prima serie".
In serata l’appuntamento clou non ha tradito le attese: “Dr.House” ha praticamente riempito la sala più grande e alla fine dei due episodi è scoppiato l’applauso finale del pubblico.
E mentre in tarda serata si presentava il “CSI” tedesco alla presenza dei dirigenti del network RTL, fuori smetteva di piovere. Una pausa notturna in attesa di un altro diluvio di telefilm domani (o meglio, oggi) e domenica…
A domani (o meglio, tra poche ore)!
Festival bagnato, festival fortunato. Se vale il famoso detto, il IV “Telefilm Festival” è partito oggi sotto i migliori auspici: il primo giorno dell’unica manifestazione interamente dedicata alle serie tv ha registrato il record di presenze per la prima giornata nonostante la pioggia che cadeva su Milano. L'ampia sede dell’Apollo spazioCinema è diventata la centrale dei telefilm anche grazie ai molti stand sparsi per i corridoi e le entrate dei cinema. Non mancavano i manichini ritraenti il volto di personaggi noti di serial (il più ammirato quello di Angel, accanto al quale più di una ragazza si è fatta fotografare), nonché una lavagna gigante dove poter lasciare commenti e pensieri (i più numerosi riguardavano messaggi d’amore per Benjamin McKenzie).
La mattina alle 11.30, ha aperto le danze la conferenza stampa di Jimmy. Lesbiche di classe, gay americani, documentari sul sesso (anche esplicito), serie canadesi alla “Twin Peaks” e un reality-show con Gene Simmons dei Kiss impegnato a mettere in subbuglio un tranquillo college inglese. Al “Telefilm Festival”, dove ha presentato il nuovo palinsesto, Jimmy (canale 140 di SKY) si accredita come il canale più trasgressivo della tv italiana con un mix di titoli che coniugano qualità e temi forti. Dall’11 maggio parte il terzo ciclo inedito di “The L Word”, ritratto di un gruppo di lesbiche di Los Angeles con a capo l’affascinante Jennifer Beals, l’ex interprete di “Flashdance” al cinema. In accoppiata al serial-lesbo che ha suscitato clamore in America e che inzia ad avere un suo pubblico (anche eterosessuale) in Italia, Jimmy farà seguire – sempre in una serata a tema omosessuale – “Queer as folk”, con protagonisti questa volta uomini gay americani. “Ci orientiamo anche al di fuori dell’America – ha spiegato oggi Giusto Toni, Direttore generale Digicast – come ad esempio con la serie canadese ‘Grand Ourse’, che ricorda per ambientazione ‘Twin Peaks’ e la serie inglese ‘Suburban Shootout’, una sorta di ‘Desperate Housewives’ nella campagna british in cui le casalinghe si combattono a colpi di bazooka e viagra all’ora del the”. Altre serie a sfondo sessuale sono invece “Show me yours” incentrata sulle fantasie sexy di una coppia di scrittori e “G Spot”, la storia autobiografica di un’attrice che dal cinema di serie A è passata alle luci rosse. Spazio anche a un reality come “Rock School”, in cui la rockstar Gene Simmons dei Kiss deve creare una band hard rock cercando i componenti in un rigido conservatorio inglese. Antonella Attenni, Direttore dei programmi di Jimmy, ha poi illustrato i temi anche dei documentari “Real Sex” che faranno da corollario a “The L Word” e “Queer as folk”: nei reportage, luci accese su stranezze sessuali del secolo in corso, dal regista specializzato in porno sott’acqua ai virtuosi che si sono specializzati nella “samba del pene”. Infine Giusto Toni, alla notizia che “Popetown”, lo scandaloso cartoon sul Vaticano che ha creato proteste e polemiche in tutto il mondo è andato in onda su MTV in Germania, il direttore che mesi fa ha deciso di non trasmetterlo dopo le roventi polemiche “da AN alle BR”, ha chiosato: “Ora che MTV in Germania lo ha trasmesso, chissà, potremmo ripensarci…”.
Mentre le puntate inedite del terzo ciclo di “The O.C” registravano già da oggi il pienone di sala in attesa dell’exploit di domenica alla presenza di Benjamin McKenzie (atterrato oggi a Milano con la mamma) e Kelly Rowan, ha attirato grandissima curiosità l’incontro-scontro tra “Lost” (per il quale si è registrato il pienone per l’anteprima della doppia puntata finale) e "L’Isola dei famosi”: ne hanno discusso il critico tv Aldo Grasso, la conduttrice Simona Ventura, il presidente di Magnolia Giorgio Gori e la docente di fiction della Cattolica Stefania Carini. Questo il resoconto dell’Ansa sull’appuntamento seguitissimo dal pubblico.
(ANSA) - MILANO, 5 MAG - E' la grande metafora del naufragio e della conseguente rinascita a nuova vita l'elemento che piu' accomuna prodotti televisivi differenti come il serial 'Lost' e 'L'isola dei famosi'. Questo il punto di partenza di un dibattito tra produttore e conduttrice del reality, Giorgio Gori e Simona Ventura, e il critico Aldo Grasso, che si e' tenuto oggi al Telefilm Festival di Milano. Secondo Ventura, "il concetto alla base dei due prodotti e' simile: da una parte la sopravvivenza, dall'altra l'introspezione perche', come dico spesso, l"Isola' e' psicanalisi collettiva, e se all'inizio si partecipava per tornare alla notorieta' ora vedo che i naufraghi tornano cambiati interiormente, non so se piu' ricchi o piu' poveri, perche' solo qualche raro esempio torna peggiorato e non si riprende". Il piu' lampante, secondo Simona, e' Zequila: "che e' tornato, ma non e' piu' rientrato nel suo corpo". D'altronde, 'Er mutanda' e' entrato nel cast solo in sostituzione di un ritiro, "ed erano tre anni - rivela Ventura - che ci assillava". La scelta del cast, per il reality, e' fondamentale, "almeno quanto la sceneggiatura per 'Lost' perche' - argomenta Gori - i personaggi si fanno portatori di storie e noi dobbiamo individuare nella personalita' dei concorrenti la presenza di alcune cariche esplosive che possano dar vita a qualcosa di interessante per il pubblico". Il fine - precisa la showgirl - non e' la polemica: "le botte tra Antonella Elia e Aida Yespica non erano previste e non sono i litigi a fidelizzare lo spettatore, ma la semplicita' dell'idea". In fondo, riflette Gori, "l'isola e' un gioco moralistico, dove il pubblico e' chiamato a riconoscere chi e' vero e chi e' finto, chi e' subdolo e chi e' sincero e, non a caso, le prime tre edizioni sono state vinte dai 'buoni': Sergio Muniz, Walter Nudo e, a suo modo, anche Lory del Santo". Tra L'Isola e Lost c'e' un altro punto di contatto: "entrambi sono dei punti di arrivo per dei generi: Lost per la fiction, mentre l'Isola e' quello, provvisorio, del reality perche' contiene commedia, dramma, soap, talk show, tanti generi popolari riuniti in tre ore con una densita' che di solito non c'e"'. Gli fa eco la conduttrice: "sui reality si e' speculato in Italia, dove se una cosa va bene si dice che e' trash, spazzatura, da condannare, invece l'Isola e' divertimento, ironia, emozione, una specie di teatro senza pretese educative, che ha anche dato vita a nuovi momenti di aggregazione". Nel successo del reality, dice ventura commentando il flop della trasmissione 'A spasso nel tempo' condotta da Carlo Conti, "conta pero' anche la figura del conduttore". Lei, in particolare, si dice talmente "innamorata dell'Isola" da seguirla anche come spettatrice e da provare un po' di invidia per i concorrenti. Il dibattito, come facilmente immaginabile dagli ospiti, ha riguardato molto piu' il prodotto italiano che quello americano anche perche' "io e la Ventura abbiamo un problema in comune - dice Gori facendo drizzare le orecchie ai cronisti - il lunedi' sera abbiamo le prove di Music Farm e 'Lost' non lo possiamo vedere!". Lui pero' se lo fa registrare, mentre lei gia' sa che recuperera' le puntate perse quest'estate, "visto che Marano (direttore di Rai Due, ndr) riprogrammera' tutta la prima serie".
In serata l’appuntamento clou non ha tradito le attese: “Dr.House” ha praticamente riempito la sala più grande e alla fine dei due episodi è scoppiato l’applauso finale del pubblico.
E mentre in tarda serata si presentava il “CSI” tedesco alla presenza dei dirigenti del network RTL, fuori smetteva di piovere. Una pausa notturna in attesa di un altro diluvio di telefilm domani (o meglio, oggi) e domenica…
A domani (o meglio, tra poche ore)!
martedì 11 aprile 2006
NEWS - Ascolti, boom al 20% per "Lost": tra Prodi e Berlusconi è record per i sopravvissuti dell'isola misteriosa
Altro che Prodi e Berlusconi. I veri sopravvissuti delle elezioni politiche sono i protagonisti di "Lost", che ieri sera su Raidue, accerchiati da dibattiti ed exit poll, hanno toccato il record del 20.01% di share, con 5.639.000 spettatori. Un pubblico in crescita dunque puntata dopo puntata, che ieri sera ha anche preferito smarcarsi dalle "torte" elettorali di prima serata. Da segnare sull'agenda che le ultime ed attesissime puntate del primo ciclo di "Lost" saranno trasmesse al prossimo "Telefilm Festival"(dal 5 al 7 maggio, all'Apollo spazioCinema di Milano), con tanto di evento dedicato alle differenze-analogie tra il telefilm cult e "L'Isola dei famosi": all'incontro, previsto per venerdì 5 maggio alle ore 15.00, prenderanno parte il critico tv Aldo Grasso, Stefania Carini, Giorgio Gori e Simona Ventura.
Altro che Prodi e Berlusconi. I veri sopravvissuti delle elezioni politiche sono i protagonisti di "Lost", che ieri sera su Raidue, accerchiati da dibattiti ed exit poll, hanno toccato il record del 20.01% di share, con 5.639.000 spettatori. Un pubblico in crescita dunque puntata dopo puntata, che ieri sera ha anche preferito smarcarsi dalle "torte" elettorali di prima serata. Da segnare sull'agenda che le ultime ed attesissime puntate del primo ciclo di "Lost" saranno trasmesse al prossimo "Telefilm Festival"(dal 5 al 7 maggio, all'Apollo spazioCinema di Milano), con tanto di evento dedicato alle differenze-analogie tra il telefilm cult e "L'Isola dei famosi": all'incontro, previsto per venerdì 5 maggio alle ore 15.00, prenderanno parte il critico tv Aldo Grasso, Stefania Carini, Giorgio Gori e Simona Ventura.
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