NEWS - Sinti chi parla! Torna "Suburra" e lo vedono anche in Vietnam!
News tratta da "Italia Oggi"
Netflix scommette sull'Italia: per la presentazione della seconda stagione di Suburra, prima produzione italiana della società fondata da Reed Hastings e Marc Randolph e operante nella distribuzione via Internet di film, serie televisive e altri contenuti d'intrattenimento, nella capitale è arrivata Kelly Luegenbiehl, vice president of international original series for Europe and Africa del colosso mondiale dell'intrattenimento via streaming: «Per Netflix Suburra è una serie molto speciale. Per noi è stato un vero dono poter lavorare con persone di altissimo livello come quelle coinvolte in questa serie. E' stata una bella sorpresa la reazione del pubblico internazionale a questa serie, inizialmente concepita per il pubblico romano o italiano al massimo. Invece Suburra ha grandi fan negli Usa, in Germania e addirittura in Vietnam».
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giovedì 21 febbraio 2019
lunedì 28 settembre 2015
NEWS - Nel cuore di Netflix! Un salto nel maxi quartier generale dove vigono due parole d'ordine: "libertà e responsabilità". E non manca mai la Nutella...
Articolo di Deborah Ameri su "La Repubblica"
Articolo di Deborah Ameri su "La Repubblica"
La fucina della tv che verrà si chiama The shu: una stanzetta
insonorizzata, nascosta da una porta blindata. Qui si testano gli
apparecchi televisivi che non sono ancora sul mercato, per verificarne
la purezza del suono. Ce ne sono una trentina in attesa del proprio
turno. Li vedremo nei negozi tra uno o due anni. Ma saranno ben diversi
dal piccolo schermo come lo conosciamo oggi. Perché la rivoluzione
inizia qui, al secondo piano di una palazzina color pastello nel centro
della sonnacchiosa Los Gatos, cuore della Silicon Valley. È il quartiere generale di Netflix, gigante
dello streaming online che, dopo essere sbarcato in 50 Paesi, arriva in
Italia a ottobre. Ha cambiato così radicalmente il gusto dei
teledipendenti che le smart tv di nuova generazione cominciano ad avere
Netflix incorporato, con tasto dedicato sul telecomando. Ormai
molti lo conoscono grazie alle due serie tv più famose: House of Cards e
Orange is the new black (non a caso The shu prende il nome dalla cella
di isolamento del telefilm). Sono però le uniche che non vedremo su
Netflix. «Ma abbiamo molte altre serie originali a disposizione per gli
italiani e stiamo negoziando con diverse compagnie di produzione perché
vogliamo avere contenuti locali», rassicura Reed Hastings, il fondatore,
che incontriamo nel gigantesco quartier generale dove si cambia il modo
di guardare la tv. E da quest’anno non ci saranno solo più le
serie gioiello (da Marco Polo, a Daredevil a Sense8) ma anche i film
originali. Il primo, Beasts of no nation, già al Festival di Venezia,
debutta sia nelle sale che online il 16 ottobre. E potrebbe essere
proprio questa la data di lancio del servizio streaming in Italia. «Produrremo
sempre più film, ci sentiamo abbastanza sicuri per affrontare il mondo
del cinema », promette Hastings, che nel 1997, insieme a Marc Randolph,
ha fondato quella che all’inizio era una compagnia che noleggiava dvd.
Oggi Hastings è l’amministratore delegato di un gigante con oltre 65
milioni di abbonati nel mondo e una quotazione in borsa da 33 miliardi
di dollari. Quest’anno il valore delle azioni è più che raddoppiato ma
lui precisa: «Non abbiamo un grande profitto, perché lanciare il
servizio in altri territori è molto costoso ». Lo incontriamo nella saletta Giungla
d’asfalto, perché a Netflix ogni stanza e ufficio portano il titolo di
un film o un telefilm. Le scrivanie sono alte, spesso si lavora in
piedi. Una gigantesca lavagna invita gli impiegati a scrivere le proprie
idee. Tutte vengono vagliate. Sui muri stampe giganti di scene da
Breaking bad, Il Gladiatore, House of cards. «Qui lavorano soprattutto
ingegneri, 1.400. Mentre nei nostri uffici di Beverly Hills siedono
creativi e responsabili del marketing», spiega Marlee Tart, che ci guida
in giro per la palazzina. Accanto a questa, altre due costruzioni,
nuove di zecca, colonizzate da Netflix. Per girare tra gli uffici si
usano piccole golf car. L’edificio
è dotato di diverse cucinette con Nutella, frutti di bosco e
distributori di popcorn e dove si servono colazione e pranzo. «Non la
cena. È meglio andare a casa e stare con la propria famiglia », spiega
Hastings. Che riassume la cosiddetta “ Netflix culture” con due parole:
libertà e responsabilità. «Ognuno prende le ferie che vuole, non c’è un
tetto. Desidero che i miei impiegati si impegnino non per ubbidire al
loro capo, ma perché ci tengono. Io, poi, dò il buon esempio e prendo
spesso vacanze. Sono appena tornato da Maiorca», sorride increspando
l’abbronzatura. I rivali Berlusconi e Murdoch non sembrano
impensierirlo: «Costiamo molto meno di Sky e Mediaset. La concorrenza
non ci spaventa. So che Berlusconi e Murdoch si sono incontrati per
parlare di Netflix, ma io non ho avuto contatti con loro», precisa. E
la tv tradizionale, con palinsesti e pubblicità? «Tra vent’anni sarà
morta. Sparirà come il telefono fisso. E tutto l’intrattenimento si
trasferirà online».
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giovedì 2 luglio 2015
NEWS - Clamoroso al Cibali! Netflix corteggia la Rai per le sue fiction! Sarebbe il 20% dell'offerta italiana...
Articolo di Andrea Montanari per "MF-Milano Finanza"
Netflix corteggia la Rai per le serie tv. L'80% dei contenuti - 3.500 titoli tra film, serie tv e documentari in catalogo - che Netflix offrirà da ottobre sul mercato italiano sarà di matrice americana. Il restante 20% invece sarà rappresentato da produzione locale. Per questa ragione, secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza, la società californiana, fondata nel 1997 da Reed Hastings e Marc Randolph, avrebbe già preso contatti con la Rai per trovare un accordo commerciale per l'acquisizione di diritti su contenuti e produzioni televisive targate viale Mazzini (proprietaria pure di Rai Cinema, uno dei principali operatori del settore su scala nazionale).
«Nella nostra offerta ci saranno titoli italiani, per questo cerchiamo licenze e diritti», conferma a questo giornale Joris Evers, vicepresidente di Netflix (che però non commenta le indiscrezioni relative alla Rai). «Siamo interessati a co-produzioni in ambito locale, come abbiamo per esempio già sperimentato in Danimarca». Certo è che Netflix, che conta 62 milioni di clienti nel mondo (un terzo dei quali sui mercati extra-Usa), vuole aggredire il mercato italiano con la sua offerta di streaming online in abbonamento, nonostante la presenza di due consolidati operatori quali la pay tv satellitare Sky Italia e la piattaforma digitale a pagamento Mediaset Premium. «Internet è il futuro della fruizione di contenuti televisivi in tutto il mondo», aggiunge Evers. «Lo dimostra il crescente consumo online di musica, di servizi bancari, di e-leaming e di e-commerce. Il fenomeno è irreversibile; la tv tradizionale, cosiddetta lineare, sarà destinata a sparire nei prossimi anni». A questa affermazione si potrebbe rispondere che proprio l'Italia rappresenta un unicum nel panorama televisivo europeo; ha la più alta media di telespettatori nel giorno medio, un pubblico di età elevata e meno avvezzo alle nuove tecnologie, due broadcaster quali Rai e Mediaset che si spartiscono oltre il 70% degli ascolti e una quota simile (con il Biscione nettamente in vantaggio) di raccolta pubblicitaria. E, soprattutto, uno storico gap infrastrutturale: l'Italia è al 91 posto per velocità di navigazione in Internet. Tutti problemi che i vertici di Netflix hanno valutato con attenzione («per questo l'Italia non è stato il primo mercato che abbiamo approcciato in Europa», ribatte Evers) e che, secondo i vertici del gruppo guidato dal ceo Reed Hastings, sono superabili «grazie alla tecnologia e ai contenuti originali, come dimostrano i 3,5 milioni di clienti nel Regno Unito, il mercato più evoluto in Europa e dominato da Sky con 10 milioni di abbonati». Una chiave per provare a sfondare in Italia è rappresentata dal prezzo più che competitivo dei tre pacchetti che Netflix lancerà sul mercato: il primo da 7,99 euro, il secondo da 8,99 euro e il terzo 11,99 euro al mese, tre offerte non differenziate per contenuti ma solo per la qualità video.
Articolo di Andrea Montanari per "MF-Milano Finanza"
Netflix corteggia la Rai per le serie tv. L'80% dei contenuti - 3.500 titoli tra film, serie tv e documentari in catalogo - che Netflix offrirà da ottobre sul mercato italiano sarà di matrice americana. Il restante 20% invece sarà rappresentato da produzione locale. Per questa ragione, secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza, la società californiana, fondata nel 1997 da Reed Hastings e Marc Randolph, avrebbe già preso contatti con la Rai per trovare un accordo commerciale per l'acquisizione di diritti su contenuti e produzioni televisive targate viale Mazzini (proprietaria pure di Rai Cinema, uno dei principali operatori del settore su scala nazionale).
«Nella nostra offerta ci saranno titoli italiani, per questo cerchiamo licenze e diritti», conferma a questo giornale Joris Evers, vicepresidente di Netflix (che però non commenta le indiscrezioni relative alla Rai). «Siamo interessati a co-produzioni in ambito locale, come abbiamo per esempio già sperimentato in Danimarca». Certo è che Netflix, che conta 62 milioni di clienti nel mondo (un terzo dei quali sui mercati extra-Usa), vuole aggredire il mercato italiano con la sua offerta di streaming online in abbonamento, nonostante la presenza di due consolidati operatori quali la pay tv satellitare Sky Italia e la piattaforma digitale a pagamento Mediaset Premium. «Internet è il futuro della fruizione di contenuti televisivi in tutto il mondo», aggiunge Evers. «Lo dimostra il crescente consumo online di musica, di servizi bancari, di e-leaming e di e-commerce. Il fenomeno è irreversibile; la tv tradizionale, cosiddetta lineare, sarà destinata a sparire nei prossimi anni». A questa affermazione si potrebbe rispondere che proprio l'Italia rappresenta un unicum nel panorama televisivo europeo; ha la più alta media di telespettatori nel giorno medio, un pubblico di età elevata e meno avvezzo alle nuove tecnologie, due broadcaster quali Rai e Mediaset che si spartiscono oltre il 70% degli ascolti e una quota simile (con il Biscione nettamente in vantaggio) di raccolta pubblicitaria. E, soprattutto, uno storico gap infrastrutturale: l'Italia è al 91 posto per velocità di navigazione in Internet. Tutti problemi che i vertici di Netflix hanno valutato con attenzione («per questo l'Italia non è stato il primo mercato che abbiamo approcciato in Europa», ribatte Evers) e che, secondo i vertici del gruppo guidato dal ceo Reed Hastings, sono superabili «grazie alla tecnologia e ai contenuti originali, come dimostrano i 3,5 milioni di clienti nel Regno Unito, il mercato più evoluto in Europa e dominato da Sky con 10 milioni di abbonati». Una chiave per provare a sfondare in Italia è rappresentata dal prezzo più che competitivo dei tre pacchetti che Netflix lancerà sul mercato: il primo da 7,99 euro, il secondo da 8,99 euro e il terzo 11,99 euro al mese, tre offerte non differenziate per contenuti ma solo per la qualità video.
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