Stracult e Stracotti - …ovvero la serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola di Stargirl!
Da quando è finito, Lost sembra aver lasciato un buco enorme non solo nei cuori degli spettatori, ma anche e soprattutto nei palinsesti televisivi, al punto che si è cercata e si cerca tutt’ oggi, una serie tv capace di raccoglierne l’eredità. Partiamo da una considerazione che riprenderemo alla fine: l’ultima stagione si è conclusa il 23 maggio del 2010, appena un anno e mezzo fa e dunque perché ci sembra passato tanto tempo?
Guardando indietro, possiamo contare su una mano o poco più, le “involontarie” vittime scaturite dalla sua eredità.
In principio fu Jericho, uscito nel 2006, che cercava di calcare l’onda di Lost con un prodotto discreto ma dallo scarso appeal. La produzione fu sospesa dopo la prima stagione e solo grazie a un massivo intervento dei fan che reclamavano un finale, venne prodotta una mini seconda stagione sul web.
Poi arrivò il turno di Flash Forward, che esordì poco prima dell’ultima stagione della creatura di JJ Abrams, e malgrado un magnifico cast e l’ottimo potenziale fu “bruciata” da un eccessivo carico di aspettative da parte del network non ripagate a dovere in termini di ascolti e tantomeno in quelli economici.
Nel settembre 2010 toccò a The Event, supportato da un potente viral marketing già prima della messa in onda, che a conti fatti però, servì a poco. In questo caso, diversamente da FF, la trama non riuscì a decollare mai veramente: i personaggi erano totalmente privi di una qualsiasi forza emotiva capace di suscitare coinvolgimento nello spettatore, motivo che la condusse alla cancellazione.
Nell’ottobre 2011 a cercare fortuna tra gli “orfani” di Lost giunse anche Spielberg, nelle vesti di produttore in Terra Nova, una serie fantasy piuttosto banale, caratterizzata da un budget di altissimo livello ma dai contenuti troppo poveri per diventare un nuovo successo.
Lo scorso gennaio invece ha debuttato Alcatraz, figlia dello stesso JJ Abrams, che, da abile venditore qual è, ha inserito nel cast come protagonista uno dei punti cardine di quel Lost tanto invocato dai fan di tutto il mondo, Jorge Garcia, meglio conosciuto come Hurley. E due settimane fa infine è uscito The River, serie che mescola fantascienza e horror dove troviamo ancora una volta Spielberg nelle vesti di produttore, affiancato da Oren Peli, regista della serie di film Paranormal Activity.
E allora concentriamoci proprio su queste due new entries per capire quale sia già uno Stracult, e quale uno Stracotto!
Di Alcatraz avevamo già parlato con entusiasmo qualche settimana fa, mettendo in luce pregi e difetti di uno show ambientato nel carcere più famoso e affascinante del mondo. Con questa serie Abrams torna e riconquista punti dopo un paio di esperimenti piuttosto deludenti come Undercovers e Person of Interest. Sviluppata su due linee temporali (quella del ’63 e quella attuale) ogni episodio vede protagonista uno dei detenuti di Alcatraz tornati nel presente per i motivi più disparati, e con lo scorrere delle puntate, gli intrecci fra i personaggi sembrano essere ben più forti di quel che appaiono: tornano stilemi e tematiche care a J.J. che ancora una volta ha la straordinaria capacità di creare un hype notevole che incolla lo spettatore al divano. I segreti dell’isola (vi ricorda qualcosa, forse?) sono tanti e ben articolati in un gioco di specchi dove nulla è come sembra: difficile non premiare questo showcome lo stracult di inizio 2012.
Il titolo di Stracotto invece va senza troppi fronzoli a The River, la maxi produzione Spielberg-Peli (Paranormal Activity), girata da Jaume Collet-Serra (The Orphan). L’idea alla base potrebbe anche risultare intrigante, benché non propriamente originale: Emmet Cole, famoso presentatore di un adventure show, svanisce nel nulla durante una delle sue numerose spedizioni lungo il Rio delle Amazzoni. A sei mesi dalla sua scomparsa, la moglie Tess e il figlio Lincoln seguiti 24 ore su 24 dal cinico produttore Qiuetly e dai suoi collaboratori, partono alla ricerca del desaparecido. La principale “novità” della serie è lo stile di regia, un mockumentary girato per lo più in handy-cam per dare l’idea, appunto, di assistere a una puntata del reality. Quello che appare però a prima vista come uno spunto interessante si trasforma da subito nel suo limite più grande: il finto documentario risulta posticcio e irreale, e telecamere piazzate convenientemente in punti strategici, non sono sempre credibili. A questo va ascritto poi il peggior difetto in cui un horror può incappare: la noia, che caratterizza i novanta minuti della season première. Pathos e tensione sono totalmente assenti, i personaggi sono macchiette da b-movies, la recitazione è troppo enfatizzata e marcata, la sceneggiatura scialba e insipida. Un flop fatto e finito.
E torniamo adesso a riflettere sulla domanda formulata poco fa. Se ci sembra passata una vita da Lost, è perché è stata l’unica serie capace di segnare davvero un’epoca (insieme ad altri telefilm) e la sua chiusura ha sancito la fine di una vera e propria Golden Age.
Inutile cercare oggi in altri show quello che ha rappresentato Lost, soprattutto per il tipo di legame che ha saputo instaurare col pubblico, un legame nato in fretta e che si è rafforzato nel tempo, anche in virtù di abili manovre “extra televisive” che hanno rinsaldato un amore durato anni.
Cercare ossessivamente un altro fenomeno simile è pura utopia, proprio perché nessuno di noi era realmente preparato: chi si sarebbe mai aspettato un tale livello di regia, storia, caratterizzazione dei personaggi da un prodotto televisivo?
Quella di Lost è un’isola dalla quale nessuno di noi sarebbe mai voluto ripartire.
È un’isola su cui, seppur virtualmente, abbiamo vissuto per sei lunghissimi anni.
L’abbiamo spostata temporalmente e fisicamente.
L’abbiamo esplorata, percorsa in lungo e in largo.
L’abbiamo amata, idolatrata, odiata, ogni tanto anche ripudiata.
Eppure, seppur masochisticamente, molti di noi vorrebbero che l’occhio di Jack non si fosse mai chiuso, e in fondo in fondo, vorrebbero il dottore ancora a lì, a battersi per il bene di tutti e per l’amore di Kate.
C’è chi ancora rimpiange quei tempi, quelli in cui ogni settimana ci lasciavamo catapultare in un mondo dove tutto poteva accadere, dove non avevamo bisogno di troppe giustificazioni per spiegare eventi soprannaturali, dove tutto era concesso.
E guai a chi dice che adesso certe “assurdità” non le accetteremo di buon grado: anche oggi a Jack, Sawyer e Locke, saremmo capaci di perdonare tutto, anche oggi accetteremmo situazioni di qualsiasi tipo.
Perché oggi più di ieri, seguiremo i naufraghi dell’Oceanic in capo al mondo, no matter what.
Penso sia sbagliato dire che se Lost andasse in onda nel 2012, saremmo più esigenti e severi, e non sarebbe la stessa cosa, perché in realtà lo sarebbe eccome.
Solo Lost è stato in grado di cambiare la tv, come nessuno aveva mai fatto prima, e come probabilmente, nessuno farà mai da oggi in poi.
La serie di Abrams ha segnato un traguardo importante, una vittoria senza precedenti, marcando un fuoco un universo dove non avrà mai rivali, checché se ne dica.