NEWS - La caduta dell'Impero! Ultima ora: Jussie Smollett fatto fuori da "Empire"
Jussie Smollett è stato rimosso dagli ultimi due episodi della quinta stagione di «Empire». Lo ha annunciato la produzione della serie tv della Fox dopo le accuse nei confronti dell'attore di aver inscenato un attacco omofobo e razzista nei suoi confronti perché non soddisfatto del suo salario. «Abbiamo deciso — si legge in un comunicato — di eliminare il ruolo di "Jamal" degli ultimi due episodi della stagione». Smollett aveva incontrato tutto il cast subito dopo le accuse e si era scusato per l'imbarazzo creato e sottolineando di essere innocente.
sabato 23 febbraio 2019
venerdì 22 febbraio 2019
NEWS - Denunce da prendere con le...Smollett. Il protagonista di "Empire" arrestato per aver finto attacco omofobo e razzista
News tratta da "Il Giornale"
E' finito in manette e rischia tre anni di carcere, dopo essere stato incriminato per aver mentito, l'attore statunitense Jussie Smollett, che a gennaio aveva denunciato di essere stato vittima di un'aggressione razzista e omofoba a Chicago, da due persone che gli avevano lanciato insulti razzisti. Lo ha fatto sapere la polizia di Chicago, precisando che l'attore, noto per la serie televisiva «Empire», è stato portato in custodia. Il 36enne aveva denunciato di esser stato aggredito da due persone nel centro di Chicago, che l'avrebbero bersagliato di «insulti razzisti e omofobi», prima di picchiarlo. Secondo la polizia, Smollett ha inventato l'episodio, «sfruttando il dolore e la rabbia che il razzismo causa, per promuovere la propria carriera». Un portavoce ha aggiunto che l'attore ha pagato «3.500 dollari per inscenare l'aggressione». E sul caso è intervenuto anche il presidente statunitense Donald Trump, rivolgendosi direttamente alla star in maniera polemica: «Jussie Smollett, che dire di Maga e delle decine di milioni di persone che hai insultato con i tuoi commenti razzisti e pericolosi?».
News tratta da "Il Giornale"
E' finito in manette e rischia tre anni di carcere, dopo essere stato incriminato per aver mentito, l'attore statunitense Jussie Smollett, che a gennaio aveva denunciato di essere stato vittima di un'aggressione razzista e omofoba a Chicago, da due persone che gli avevano lanciato insulti razzisti. Lo ha fatto sapere la polizia di Chicago, precisando che l'attore, noto per la serie televisiva «Empire», è stato portato in custodia. Il 36enne aveva denunciato di esser stato aggredito da due persone nel centro di Chicago, che l'avrebbero bersagliato di «insulti razzisti e omofobi», prima di picchiarlo. Secondo la polizia, Smollett ha inventato l'episodio, «sfruttando il dolore e la rabbia che il razzismo causa, per promuovere la propria carriera». Un portavoce ha aggiunto che l'attore ha pagato «3.500 dollari per inscenare l'aggressione». E sul caso è intervenuto anche il presidente statunitense Donald Trump, rivolgendosi direttamente alla star in maniera polemica: «Jussie Smollett, che dire di Maga e delle decine di milioni di persone che hai insultato con i tuoi commenti razzisti e pericolosi?».
giovedì 21 febbraio 2019
NEWS - Sinti chi parla! Torna "Suburra" e lo vedono anche in Vietnam!
News tratta da "Italia Oggi"
Netflix scommette sull'Italia: per la presentazione della seconda stagione di Suburra, prima produzione italiana della società fondata da Reed Hastings e Marc Randolph e operante nella distribuzione via Internet di film, serie televisive e altri contenuti d'intrattenimento, nella capitale è arrivata Kelly Luegenbiehl, vice president of international original series for Europe and Africa del colosso mondiale dell'intrattenimento via streaming: «Per Netflix Suburra è una serie molto speciale. Per noi è stato un vero dono poter lavorare con persone di altissimo livello come quelle coinvolte in questa serie. E' stata una bella sorpresa la reazione del pubblico internazionale a questa serie, inizialmente concepita per il pubblico romano o italiano al massimo. Invece Suburra ha grandi fan negli Usa, in Germania e addirittura in Vietnam».
News tratta da "Italia Oggi"
Netflix scommette sull'Italia: per la presentazione della seconda stagione di Suburra, prima produzione italiana della società fondata da Reed Hastings e Marc Randolph e operante nella distribuzione via Internet di film, serie televisive e altri contenuti d'intrattenimento, nella capitale è arrivata Kelly Luegenbiehl, vice president of international original series for Europe and Africa del colosso mondiale dell'intrattenimento via streaming: «Per Netflix Suburra è una serie molto speciale. Per noi è stato un vero dono poter lavorare con persone di altissimo livello come quelle coinvolte in questa serie. E' stata una bella sorpresa la reazione del pubblico internazionale a questa serie, inizialmente concepita per il pubblico romano o italiano al massimo. Invece Suburra ha grandi fan negli Usa, in Germania e addirittura in Vietnam».
mercoledì 20 febbraio 2019
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
AVVENIRE
"This is Us", spaccato di famiglia problematico (e buoni principi)
"Sono andati in onda lunedì scorso su Fox Life (canale 114 di Sky) il nono e il decimo episodio della terza stagione della serie statunitense This is us con al centro le vicende della famiglia Pearson tra figli naturali e adottati, bianchi e neri. Sviluppata su più livelli temporali, la serie racconta sul piano del passato di Jack e della moglie Rebecca che crescono i figli Randall, Kate e Kevin, mentre sul piano del presente i tre figli sono adulti e hanno messo su famiglia o comunque hanno le loro storie sentimentali. Randall è sposato con Beth e ha tre figlie di cui una si dichiara attratta dalle donne. Kate ha sposato Toby e ora cerca a tutti i costi di avere un figlio ricorrendo alla fecondazione artificiale. Kevin ha iniziato una convivenza con Zoe cugina di Beth, mentre cerca notizie sulla vita del padre e dello zio durante la guerra in Vietnam. Già da questo si capisce che siamo di fronte a uno spaccato sulla società americana con tutti i suoi problemi di integrazione, di diritti civili, di ripercussioni delle guerre, questioni etiche e morali, ma anche politiche. Proprio il decimo episodio vede Randall impegnato in una difficile campagna elettorale che per alcuni mesi lo distoglie dalla famiglia. Riuscirà a riconquistare le sue quattro donne la sera dell'ultimo dell'anno con una torta di mirtilli e vedendo con le figlie i film di Natale. Per di più, se anche sembrava impossibile, vince le elezioni. Sulla frase «Ho vinto!» si chiude l'episodio. In realtà, Randall ha vinto soprattutto perché ha ricompattato la famiglia. Questo è l'elemento positivo di una serie in cui non tutto, ovviamente, è da prendere come oro colato, ci mancherebbe altro, qualcosa va anche presa con le molle. Ma non è frequente nelle fiction sentire affermazioni come quelle di Randall: «Con il tempo ho capito che è più importante essere un brav'uomo che un grand'uomo», oppure: «Questa famiglia è ciò che mi rende speciale e voi quattro ciò che mi rende grande». Adesso ci sarà da capire come evolveranno alcune situazioni e come si svilupperà un terzo spazio temporale ventilato da Randall: «Mi sento come un vecchio burattino di cui mio padre da lassù tira i fili». Intanto, accontentiamoci di qualche buon principio". (Andrea Fagioli)
AVVENIRE
"This is Us", spaccato di famiglia problematico (e buoni principi)
"Sono andati in onda lunedì scorso su Fox Life (canale 114 di Sky) il nono e il decimo episodio della terza stagione della serie statunitense This is us con al centro le vicende della famiglia Pearson tra figli naturali e adottati, bianchi e neri. Sviluppata su più livelli temporali, la serie racconta sul piano del passato di Jack e della moglie Rebecca che crescono i figli Randall, Kate e Kevin, mentre sul piano del presente i tre figli sono adulti e hanno messo su famiglia o comunque hanno le loro storie sentimentali. Randall è sposato con Beth e ha tre figlie di cui una si dichiara attratta dalle donne. Kate ha sposato Toby e ora cerca a tutti i costi di avere un figlio ricorrendo alla fecondazione artificiale. Kevin ha iniziato una convivenza con Zoe cugina di Beth, mentre cerca notizie sulla vita del padre e dello zio durante la guerra in Vietnam. Già da questo si capisce che siamo di fronte a uno spaccato sulla società americana con tutti i suoi problemi di integrazione, di diritti civili, di ripercussioni delle guerre, questioni etiche e morali, ma anche politiche. Proprio il decimo episodio vede Randall impegnato in una difficile campagna elettorale che per alcuni mesi lo distoglie dalla famiglia. Riuscirà a riconquistare le sue quattro donne la sera dell'ultimo dell'anno con una torta di mirtilli e vedendo con le figlie i film di Natale. Per di più, se anche sembrava impossibile, vince le elezioni. Sulla frase «Ho vinto!» si chiude l'episodio. In realtà, Randall ha vinto soprattutto perché ha ricompattato la famiglia. Questo è l'elemento positivo di una serie in cui non tutto, ovviamente, è da prendere come oro colato, ci mancherebbe altro, qualcosa va anche presa con le molle. Ma non è frequente nelle fiction sentire affermazioni come quelle di Randall: «Con il tempo ho capito che è più importante essere un brav'uomo che un grand'uomo», oppure: «Questa famiglia è ciò che mi rende speciale e voi quattro ciò che mi rende grande». Adesso ci sarà da capire come evolveranno alcune situazioni e come si svilupperà un terzo spazio temporale ventilato da Randall: «Mi sento come un vecchio burattino di cui mio padre da lassù tira i fili». Intanto, accontentiamoci di qualche buon principio". (Andrea Fagioli)
lunedì 18 febbraio 2019
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
In "The First" un Sean Penn intimista ai confini dello spazio
"'La nostra macchina ci ha tradito». Nell'anno 2033, in un futuro in cui il riconoscimento vocale è pratica quotidiana e ha ormai sostituito anche le azioni più banali, la prima missione umana su Marte va storta e provoca la morte di cinque astronauti. Di fronte alla tragedia e alla riconosciuta imperfezione delle macchine, davanti all'imprevedibilità del destino, Laz Ingram, responsabile della società aerospaziale Vista, che gestisce le operazioni, è intenzionata a proseguire. Per farlo, è pronta a chiedere la disponibilità di Tom Hagerty (un brillante Sean Penn), ex comandante che aveva seguito alla tv la morte in diretta dei suoi amici astronauti. «The First», una coproduzione statunitense e britannica che segna l'esordio di Sean Penn nella serialità televisiva (percorso ormai comune a diverse star del cinema hollywoodiano), affronta il tema classico della conquista dello spazio da un punto di vista del tutto peculiare (TimVision). L'immaginario principe della fantascienza, infatti, lascia spazio da un lato a toni più intimisti, dove s'intrecciano i tormenti psicologici dei protagonisti, con i loro drammi, paure, vicissitudini famigliari complicate e, dall'altro, scivola verso aspetti politici, con i responsabili del disastro chiamati a sfilare davanti alla commissione del Congresso. Del resto, ideatore e sceneggiatore di alcuni episodi della serie è Beau Willimon, il creatore di «House of Cards», di cui si nota l'impronta nella caratterizzazione profonda dei personaggi sin dalle prime battute. «The First» vuole piuttosto far riflettere sui limiti dell'umano («Tu non vuoi toccare Dio, ma vuoi essere Dio», dice Hagerty-Penn) e sui legami famigliari come strumento di salvezza e libertà di fronte a ciò che non conosciamo e ci fa paura. II tutto in un crescendo emotivo che viene ben accompagnato da una colonna sonora riuscita, firmata da Colin Stetson". (Aldo Grasso)
CORRIERE DELLA SERA
In "The First" un Sean Penn intimista ai confini dello spazio
"'La nostra macchina ci ha tradito». Nell'anno 2033, in un futuro in cui il riconoscimento vocale è pratica quotidiana e ha ormai sostituito anche le azioni più banali, la prima missione umana su Marte va storta e provoca la morte di cinque astronauti. Di fronte alla tragedia e alla riconosciuta imperfezione delle macchine, davanti all'imprevedibilità del destino, Laz Ingram, responsabile della società aerospaziale Vista, che gestisce le operazioni, è intenzionata a proseguire. Per farlo, è pronta a chiedere la disponibilità di Tom Hagerty (un brillante Sean Penn), ex comandante che aveva seguito alla tv la morte in diretta dei suoi amici astronauti. «The First», una coproduzione statunitense e britannica che segna l'esordio di Sean Penn nella serialità televisiva (percorso ormai comune a diverse star del cinema hollywoodiano), affronta il tema classico della conquista dello spazio da un punto di vista del tutto peculiare (TimVision). L'immaginario principe della fantascienza, infatti, lascia spazio da un lato a toni più intimisti, dove s'intrecciano i tormenti psicologici dei protagonisti, con i loro drammi, paure, vicissitudini famigliari complicate e, dall'altro, scivola verso aspetti politici, con i responsabili del disastro chiamati a sfilare davanti alla commissione del Congresso. Del resto, ideatore e sceneggiatore di alcuni episodi della serie è Beau Willimon, il creatore di «House of Cards», di cui si nota l'impronta nella caratterizzazione profonda dei personaggi sin dalle prime battute. «The First» vuole piuttosto far riflettere sui limiti dell'umano («Tu non vuoi toccare Dio, ma vuoi essere Dio», dice Hagerty-Penn) e sui legami famigliari come strumento di salvezza e libertà di fronte a ciò che non conosciamo e ci fa paura. II tutto in un crescendo emotivo che viene ben accompagnato da una colonna sonora riuscita, firmata da Colin Stetson". (Aldo Grasso)
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