NEWS - Netflix, niente numeri ufficiali sugli abbonati in Italia ma la "tv su misura" è il modello da seguire. "Oggi le serie tv si adattano ai nostri ritmi e ai nostri schermi" (Reed Hastings dixit)
Articolo tratto da "
La Repubblica"
"Ai nostri
figli non verrà mai in mente di
chiedere: cosa c'è stasera in tv? Quel mondo è finito". Reed Hastings,
gran capo di Netflix, tenta di scrivere così l'epitaffio della
televisione tradizionale. Lo fa fra le vetrate alte dieci metri e le
putrelle di ferro di La Cité du cinéma di Luc Besson, periferia nord di Parigi, davanti a centinaia
di giornalisti. Il colosso di Los Gatos, in California, qui ha ribadito e
aggiornato i suoi numeri: 75 milioni di abbonati e la presenza in 190
paesi quando erano poco più di cinquanta a fine 2015. Manca solo la
Cina, ma è questione di tempo, oltre a Corea del Nord e Siria. Una
marcia trionfale dello streaming. Non si sa quante siano effettivamente
le sottoscrizioni a pagamento, si
parte da 7,99 euro al mese, e quelle che usufruiscono del mese gratuito
di prova. A gennaio, da stime attendibili, in Italia il numero di
registrazioni al servizio era di circa 280 mila dopo due mesi dal
lancio. Delle quali però "solo" 110 mila circa si erano trasformate in
abbonamenti. Pochi, secondo Pier Silvio Berlusconi. Eppure da allora
sono già diventati 250 mila. Aggiungendo Sky Online, Infinity di
Mediaset e TimVision si arriva a circa a
un milione e 250 mila spettatori per lo streaming. Ed è probabile, anzi
certo, che fra sei mesi la situazione sarà completamente diversa. Che
sia l'unica tv del futuro è dubbio, di sicuro è un modello che sta
costringendo tutti ad adottare contromisure, come dimostra l'accordo
Mediaset-Vivendi per far nascere a settembre il primo colosso europeo -
anzi "latino' come lo definisce Vincent Bolloré - del settore. Ed è
anche la tv tecnologicamente più avanzata, facile da usare o, come
spiega Hastings, "su misura". «L'operazione Vivendi-Mediaset non ci
spaventa», commenta serafico. «In America, dove in tanti competono, c'è
spazio per tutti. E fa piacere che da voi alcuni protagonisti del mondo
televisivo (il riferimento è a Pier Silvio Berlusconi, ndr) perdano
tempo a parlare di Netflix. La realtà è che abbiamo avuto partenze
difficili, in Brasile ad esempio, ma non è il caso dell'Italia». Non
fornisce numeri esatti, ma ribadisce la previsione: in sette anni
saranno in un terzo delle nostre case. «Vhs e dvd sono state la prima forma di televisione on demand», dice
Hastings ricordando gli esordi dell'azienda nel 1997, quando per dieci
anni non fece altro che affittare e spedire dvd. «Ma quella di oggi è
una tv che si adatta ai nostri ritmi, agli schermi che usiamo, puoi
fermare la visione e riprenderla quando e dove vuoi. Grazie al modo di
guardare delle persone, riusciamo a sapere cosa serve e come migliorare
in continuazione». Pubblicano le puntate delle serie tutte assieme
perché per loro sono come un libro: lo leggi quando vuoi e per quanto
tempo preferisci. Potendo scegliere in un catalogo ampio, ma non
infinito, che stando alle stime vale negli Stati Uniti 1100 show
televisivi e 4500 film, mentre in Italia si parla di 126 serie e 1000
film. Altrove, fra Africa e Asia, i numeri scendono ancora e non di
poco. Mediamente però, fanno notare qui a Parigi, la maggior parte delle
persone guarda
fra i 40 e i 50 titoli in un catalogo che ne offre migliaia.
Una delle pietre di volta, si è detto spesso in passato, sono le
serie e
film originali e il fatto di renderle disponibili subito. II 10 marzo
la seconda stagione di
Daredevil è apparsa nel catalogo dei 190 paesi
dove Netflix è presente. E pensare che tre anni fa non produceva ancora
nulla ma si limitava a trattare i contenuti di altri. Oggi alterna
successi globali come
House of Cards a serie locali come
Marseille con
Gerard Depardieu, che verrà pubblicata il 5 maggio. Oltre a film come
Special Correspondents (esce il 29 di questo mese), firmato da Ricky
Gervais, "padre' della serie cult
The Office. Che sul palco di Parigi ha
parlato «di una tv per tutti senza più cornpromessi e palinsesti
decisi dall'alto». Frasi di circostanza, per carità, ma pronunciate da
chi ha passato anni e anni alla Bbc. In tutto sono 35 titoli originali,
che il prossimo anno saranno 70, e fra questi ci dovrebbe essere anche
Suburra realizzato in Italia. Ma la chiave non è più solo produttiva.
C'è anche e soprattutto l'idea di una tv che quasi si indossa benché
abbia per la prima volta una dimensione globale. E che unisce modelli di
business differenti.
E se Netflix dichiara di non voler confrontarsi con il mercato delle
news e dello sport, la concorrenza inizia a guardarsi intorno. La Apple
sta realizzando un serial con Dr. Dre e un altro con Will.i.am sul mondo
della musica e su quello delle app. Due aree strategiche per
Tim Cook e
compagni. L'altro colosso americano dalle mire planetarie, che come
Apple ha radici profonde altro, è quello di Jeff Bezos.
Roy Price, a
capo degli Amazon Studios, dipinge infatti uno scenario più complesso,
per certi versi azzardato, di quello di Hastings. «Abbiamo iniziato nel
2013 partendo dagli Stati Uniti per poi raggiungere l'Inghilterra, la
Germania, l'Austria, il Giappone e l'Italia che per noi è un mercato
molto importante», ha raccontato a Perugia, dove lo abbiamo incontrato
al Festival Internazionale del Giornalismo, alludendo al prossimo arrivo
nel nostro Paese. «Anche noi produciamo le nostre serie, da
Transparent
a
The man in the high castle (da La svastica sul sole di Philip Dick,
ndr), fino al progetto firmato da
Woody Allen. E anche noi abbiamo
iniziato a produrre film. Tutti si vogliono distinguere, per non avere
lo stesso catalogo. Un processo inevitabile. Ma quello che gli altri non
hanno, cominciando da
Netflix, è un sistema di spedizione e consegna
puntuale». Viene detta come una battuta, ma è molto di più. Prime, il
servizio di
Amazon da 99 dollari l'anno, 6 un ecosistema. Negli Usa dà
accesso allo streaming video e a quello musicale, ai servizi cloud per
le foto, alle spedizioni gratuite dal negozio di
Jeff Bezos comprese
quelle consegnate a un'ora dall'ordinee quelle dai ristoranti. E dà
accesso anche alle promozioni speciali legate alla moda. Tutti servizi
ritagliati sui singoli utenti e sui loro gusti. «A proposito di moda»,
prosegue Price, «da qualche tempo trasmettiamo in diretta eventi di moda
e gli spettatori possono comprare i capi che vedono sfilare. Ma è solo
un esempio di quel che potremmo fare in futuro». Vengono citate le chat
legate alle trasmissioni su Twitch, che Amazon ha cormprato per poco
meno di un miliardo di dollari, la tv online dove vengono trasmessi dal
vivo eventi legati a quel mondo tanto amato da milioni di millennials
che va sotto il nome di e-sport.
E quando gli si chiede se intendono sfruttare quella tecnologia per
trasmettere come farà Twitter anche gli eventi sportivi tradizionali -
ultimo baluardo della tv vecchio stile - la risposta e chiara: «Per noi
al centro ci sono i clienti e quel che a loro importa. Non è un mistero
che lo sport in diretta piaccia a tanti». Anche questo è un epitaffio. E
rischia di essere quello definitivo.