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lunedì 18 marzo 2019

NEWS - Achtung, compagni! Tra una settimana viene presentato lo streaming di Apple anti-Netflix e Amazon

Articolo tratto da "La Stampa"
L'invito è nero, lucido, con la silhouette della mela morsicata e le parole: «It's show time». È l'ora dello spettacolo: scocca il 25 marzo alle 10 del mattino, ora locale di Cupertino, California. Non sta scritto, né sull'invito né altrove, ma tutti sanno (o immaginano) che li, in quel giorno e quell'ora la Apple annuncerà il lancio della sua piattaforma di streaming, la sua Netflix, la «tv» che viaggia su Internet e che ciascuno può vedere quando vuole - in abbonamento - su smartphone, tablet, computer e televisori collegati alla Rete. Sarà quello il preciso momento in cui si scatenerà la guerra tra giganti dell'intrattenimento che cambierà definitivamente il modo in cui useremo i piccoli e grandi schermi. Bob Iger, il grande capo Disney impegnato in questi mesi a digerire il boccone da 66 miliardi 20th Century Fox, ha svelato tre giorni fa che Disney+, il servizio di streaming che lancerà negli Usa entro l'anno, «ospiterà l'intero archivio dei nostri film» dagli Anni 20 a oggi, e naturalmente le produzioni future. Quale famiglia al mondo potrà resistere a una piattaforma che permette di vedere (e rivedere, come piace ai bambini) Dumbo, Il re leone, Frozen, Biancaneve e La sirenetta ogni volta che lo si desidera sullo schermo di casa? Intanto Amazon, il colosso del commercio online, più grande Internet company al mondo, punta forte sulla sua divisione di intrattenimento in streaming, Amazon Prime Video. Al recente festival Sundance, specializzato in cinema e documentari di qualità, ha speso 41 milioni di dollari, più di ogni altro distributore, per acquisire film, soprattutto commedie adatte a un pubblico femminile. L'azienda fondata da Jeff Bezos, l'uomo più ricco del mondo, ha ingaggiato diverse star (Julia Roberts, Jon Hamm, Orlando Bloom) e molto si attende da Good Omens, mini-serie coprodotta con la Bbc in arrivo a fine maggio. Ora porterà la sfida anche sul terreno della tv più tradizionale (unscripted in televisonese), storie vere, talk show e intrattenimento non sceneggiato. 
Se a questi big aggiungiamo il gruppo Warner, che ha annunciato una discesa in campo prima della fine del 2019, e Netflix, che con i suoi 140 milioni di abbonati guida la graduatoria di un mercato globale che ha sostanzialmente inventato, abbiamo un quadro abbastanza completo dei partecipanti alla guerra. Netflix, tra l'altro, non si ferma mai: stringe accordi in giro per il mondo, lavora molto sull'animazione (esce Love Death e Robots, diretta da David Fincher, il regista di Fight Club), ha già un cavallo di razza pronto per la corsa al prossimo Oscar, The Irishman, regia di Martin Scorsese, con Robert DeNiro e Al Pacino, costato 200 milioni di dollari, che in autunno uscirà anche in sala e questa volta in maniera massiccia, non in pochi «selezionati» cinema come Roma. E l'Italia? Siamo troppo piccoli per avere un ruolo nella tv via web? Da noi oggi si vedono Netflix, Amazon e forse presto anche Apple, che sfrutterà il suo vantaggio competitivo più evidente, il miliardo e 300 milioni di dispositivi con il marchio della mela in funzione nel mondo. Poi c'è Now Tv, il braccio via streaming di Sky, che offre anche il calcio, interessante perché indica una delle possibili strade future per i canali che Rupert Murdoch ha venduto a Comcast; c'è DPlay di Discovery; RaiPlay della Rai, che vanta già buoni numeri, anche in occasioni apparentemente vintage come il Festival di Sanremo. Tim Vision, che offre serie premiatissime come Il racconto dell'ancella e KillingEve, produce Skam Italia che è un piccolo fenomeno. E ci sono Chili e Rakuten, che propongono un modello diverso, senza abbonamenti, un sistema paga-ciò-che-vedi dai possibili interessanti sviluppi. Un'altra domanda si impone: c'è spazio per tutti, o nel mondo ne resterà solo uno, come nel film Highlander? La storia insegna che il flusso di informazioni del web finisce per portare al monopolio: c'è un solo motore di ricerca, una sola enciclopedia online, un solo sito per vedere i video. E chi può essere interessato a pagare quattro o cinque abbonamenti per vedere i film, le serie e gli show che ama? L'unica certezza è che il panorama è in movimento. Tra un paio d'anni i nomi citati in questo articolo potrebbero essere cambiati, o non esistere del tutto, o essersi aggregati. Ma non si tornerà indietro, la nuova televisione - quella che permette a tutti di costruire e smontare il proprio palinsesto casalingo con un clic - entrerà nelle nostre vite e le cambierà più di quanto abbia fatto finora.

lunedì 25 febbraio 2019

NEWS - Achtung, compagni! La tv on line ha raggiunto quella satellitare ed è pronta al sorpasso in nome dell'"effetto Netflix"

Articolo tratto da "Affari&Finanza"
La corsa frenetica ai contenuti originali per saziare i divoratori di film e serie tv, la competizione sbilanciata e agguerrita tra gli operatori tradizionali e i colossi online, la ricerca affannosa del perfetto equilibrio tra quantità e qualità, l'apertura multiservizio del consumatore digitale e infine la difficile ma possibile riscossa dei piccoli player. Chi crede che la rivoluzione digitale si sia già abbattuta definitivamente sul mercato televisivo è ancora in tempo per rimettere in discussione le proprie convinzioni, se non altro perché non abbiamo ancora visto nulla. E ciò vale in modo specifico per il mercato televisivo italiano, uno degli ultimi a esser stato bagnato da questa rivoluzione a macchia d'olio. L'avanzata inarrestabile della televisione in streaming e on demand trainata dai giganti tecnologici, e in particolare da Netflix, è il fenomeno con la effe maiuscola degli ultimi anni. Basta anche solo osservare il profondo mutamento delle modalità di consumo di contenuti televisivi, ormai fruibili quando, come e dove vogliamo, per renderci conto di quanto stiano cambiando i paradigmi competitivi. A quanto pare siamo però solo in presenza delle prime avvisaglie di un vero e proprio tsunami digitale. Secondo il termometro del settore televisivo italiano contenuto nell'ultimo rapporto di ITMedia Consulting, che non a caso cita nel titolo un vero e proprio "effetto Netflix", la televisione online sta infatti sottraendo anno dopo anno utenti e mercato al digitale terrestre e alla pay-tv satellitare. Ed entro il 2020 l'offerta televisiva trasmessa in banda larga raggiungerà circa 8,5 milioni di abitazioni, cioè oltre 5 milioni in più di quelle raggiunte lo scorso anno, per un tasso di crescita media annua del 25%. Ciò significa che alla fine del prossimo anno i player della tv online (da Netflix ad Amazon, da Tim Vision a Chili, passando per la Now TV di Sky, Infinity e altri) arriveranno a contare il doppio degli abbonati satellitari conquistati da Sky dopo 15 anni di attività. Questa spinta cambierà anche gli equilibri delle modalità di accesso ai contenuti, segnando forse un punto di non ritorno: la tv a pagamento sorpasserà la tv gratuita come modalità primaria, salendo dal 42% delle famiglie italiane dello scorso anno al 55% entro il 2020. Si preannuncia un sorpasso storico anche all'interno della stessa famiglia dei contenuti pay, sempre in termini di penetrazione: entro il prossimo biennio, infatti, la televisione online diventerà il canale primario di accesso ai contenuti a pagamento, registrando così un fulmineo balzo dal terzo e ultimo posto alla prima posizione in tre anni. Insomma, siamo in presenza di un fenomeno di assoluto rilievo che tra l'altro si sta estendendo dai Millennials a ogni generazione.

«Il mercato italiano del video on demand è un mercato giovane ma ha già raggiunto un numero di utenti paragonabile a quello di Sky. E non è un risultato da poco se pensiamo che Mediaset Premium ha impiegato anni per conquistare la metà degli utenti della pay-tv rivale. Ecco perché ormai anche i broadcaster sono spinti a posizionarsi sul segmento online», sottolinea Augusto Preta, fondatore e ceo di ITMedia Consulting, contestando la riduzione del successo degli Over-the-top alla competitività dei prezzi degli abbonamenti mensili, in alcuni casi persino inferiori alla doppia cifra: «I fattori di successo di queste piattaforme non sono legati esclusivamente al prezzo, anche perché il prezzo stesso è in realtà la sintesi di una capacità più ampia di conquistare e fidelizzare il pubblico in maniera più efficace. Questa è la vera peculiarità di Amazon, Netfiix e degli altri big del video on demand che non hanno bisogno di investire grandi cifre sull'acquisizione di abbonati, come invece devono fare gli operatori tradizionali». Tra i vantaggi competitivi degli operatori online rientra anche la capacità di sfruttamento dei dati generati dagli spettatori online. Analizzando continuamente le scelte, i gusti e le preferenze degli utenti è infatti possibile suggerire il contenuto più adatto a ogni profilo. E soprattutto avere il polso della domanda: non proprio un aspetto secondario, specialmente quando si tratta di allocare il budget sulla creazione dei contenuti originali. Quest'ultimo punto interessa ovviamente pure gli operatori tradizionali, tanto che in questo senso va letta la recente stagione di fusioni e accordi: «Avere più utenti significa avere più dati, cioè conoscere meglio il proprio pubblico. La dimensione è un fattore fondamentale di competitività. I concorrenti diretti degli over-the-top sono i big, da Disney ad ATeT post fusione con Time Warner passando per la Sky acquisita da Comcast, perché hanno la capacità di unire un pubblico da centinaia di milioni di utenti. Del resto, non si può competere contro chi ha pianificato investimenti miliardari sui contenuti investendo 100 milioni».
Queste dinamiche stanno interessando anche il mercato televisivo italiano. Nel nostro Paese il segmento online sconta un ritardo non indifferente rispetto ad altri grandi Paesi europei: non a caso, rileva ITMedia Consulting, ancora non si assiste alla sottrazione di abbonati alle pay-tv che invece si sta verificando negli Usa o nel Regno Unito. I grandi broadcaster si stanno comunque attrezzando: ad esempio, Mediaset e Rai stanno puntando sulle partnership con gli operatori stranieri per costruire una dimensione più ampia di pubblico e offerta. E sembra esserci qualche margine di conquista anche per i piccoli operatori: «La predisposizione degli utenti online a sfruttare contemporaneamente più servizi in streaming e on demand gioca a favore dei player minori. Se prima era impossibile competere con i grandi, ora è difficile ma possibile, anche perché il mercato digitale è destinato a crescere ulteriormente. Almeno sulla carta, ci sono quindi opportunità di posizionamento per tutti. Credo però che sul lungo periodo la tendenza al consolidamento si farà sentire».

giovedì 29 novembre 2018

NEWS - Achtung, compagni! Le piattaforme di streaming tipo Netflix e Amazon verso il pareggio con la pay tv (Sky): raddoppiati gli abbonamenti in un solo anno!
News tratta da "Il Sole 24 ore"
Manca poco al pareggio con i numeri della pay tv tradizionale. Qui gli abbonamenti in Italia si sono storicamente attestati attorno ai 6,5 milioni fra Sky e Mediaset Premium. Oggi le piattaforme di videostreaming arrivano a superare i 5 milioni. E il trend fa pensare al livello della pay come a un muro che sta per crollare. Del resto, l'impennata del video on demand è fuori discussione, anche in un Paese come l'Italia in cui ci si dibatte nelle sabbie mobili di una digitalizzazione che se da una parte mostra segnali di miglioramento come indicato dall'aumento dell'ultrabroadband (si veda Il Sole 24 Ore), dall'altra ha evidentemente enormi margini di crescita. A mettere in fila inumeri dell'avanzata anche in Italia di Netflix, Amazon Prime Video e delle altre piattaforme di videostreaming è EY con uno studio che tra gli sponsor ha Sky, Mediaset, Discovery, Vodafone. E i risultati lasciano poco spazio a dubbi: gli abbonamenti in Italia alle piattaforme di videostreaming a pagamento - EY cita Netflix, Amazon Prime Video, Timvision, Now Tv (Sky), Infinity (Mediaset), Eurosport Player - sono passati da 2,3 a 5,2 milioni. E tutto in un anno, fra giugno 2017 e giugno 2018. Numeri sui singoli operatori non ne sono forniti, ma a giudicare dalle indiscrezioni di mercato a farla da padrona è Netflix, in Italia da 3 anni. «Questi dati - spiega Fabrizio Pascale, Telco, Media e Technology Med Leader di EY- delineano un mercato dei servizi videostreaming in espansione, sia sul fronte dei servizi free offerti dai broadcaster televisivi sia a pagamento. Le crescite più importanti arrivano, però, dalle piattaforme pay che, a metà 2018, contavano oltre i 5 milioni di abbonati, più che raddoppiati nell'ultimo anno». Oltre al numero degli abbonamenti c'è anche da guardare al computo totale degli utenti (in famiglia a usufruire delle piattaforme può essere più di uno). In questo caso si passa da 4,3 a 8,3 milioni di utenti con un numero di sottoscrittori unici (che possono avere anche più di un abbonamento) pari a 4 milioni. EY nella sua indagine va poi anche oltre il video on demand "a pagamento" unendo i dati della parte free comprensiva di player come Youtube, Raiplay, Mediaset Play. E così, considerando chi «nell'ultima settimana ha guardato contenuti video attraverso Internet della durata di almeno 10 minuti», gli utenti free sono saliti in un anno da 17,6 a 20,9 milioni. ll che, considerando che utenti free e pay possono in parte coincidere, segnala 23,8 milioni di italiani che guardano video on demand: il 68% degli utenti internet totali. Tutte cifre, insomma, che fotografano anche per l'Italia quella che è una tendenza mondiale messa nero su bianco da diversi studi e istituti di ricerca. ITMedia Consulting, ad esempio, prevede che i ricavi totali del settore Vod (video on demand) nell'Europa occidentale aumenteranno rispetto ai 6,26 miliardi di euro del 2018, superando gli 8,8 miliardi nel 2021, con una crescita media annua, pur in un mercato prossimo alla maturità, ancora a doppia cifra: del 12 per cento. Dal Vod arriverà così un quarto dei ricavi del mercato payTv. L'Italia ha numeri ben più bassi rispetto ad altri Paesi d'Europa. Ma il trend è impetuoso. E così, stando sempre al rapporto"Video on Demand in Europe: 2018-2021", guardando al totale del video on demand - e dunque non solo Svod (servizi con abbonamento), ma anche Tvod (quello in cui si pagano le singole transazioni, erede dell'ormai scomparso home video) che non è stato considerato da EY- lapenetrazione sul totale dell'Europa Occidentale è del 26,6% in Uk, del 19,4% in Germania e del 4,6% in Italia che salirà all'8,3% nel 2021. Chiaro che con questi numeri il campanello d'allarme sia risuonato forte fra i player "tradizionali". La pay tv ad esempio, che ha prezzi per gli utenti più alti rispetto al Vod, sta cercando di trovare le migliori contromisure. In Italia anche il mondo del cinema ha alzato i toni e un decreto nei giorni scorsi ha stabilito che forme di incentivazione perle opere cinematografiche potranno esserci solo per quelle pellicole che non sceglieranno di approdare su piattaforme di videostreaming contemporaneamente alle sale. A livello mondiale Disney ha deciso di sottrarre a Netflix i propri film e le serie tv nel 2019, puntando su un proprio servizio che si chiamerà Disney+. E ancora: nel 2012 Ted Sarandos, chief content officer di Netflix, dichiarò che «l'obiettivo è diventare Hbo più velocemente di quanto Hbo possa diventare Netflix». Frase che poteva apparire sibillina allora, ma non certo oggi visto che la ATeT che ha acquisito la Time Warner punta, sempre per il 2019, a un servizio di streaming con i contenuti della"madre" di Game of Thrones. C'è poi il capitolo della lotta fra le stesse piattaforme: Amazon Prime Video sta crescendo e Walmart è pronta a entrare sul mercato. Intanto Netflix cresce e investe miliardi in contenuti lasciando però negli investitori il dubbio sulla sostenibilità del business a fronte di un indebitamento crescente. Che vincano o meno le Cassandre, è comunque certo che indietro non si torna.

lunedì 24 aprile 2017

NEWS - Achtung, compagni! Vodafone Tv fa sul serial

Articolo tratto da "Corriere Economia"
L' arena dei servizi video (spettacoli, film, serie tv, documentari, sport) in streaming si fa sempre più affollata. Dopo Sky con Now Tv, Mediaset con Infinity, Netfflix, Chili e Amazon Video per gli abbonati ad Amazon Prime, sono scesi in campo anche gli operatori telefonici. La prima è stata TIM con TIMvision corredato di set-top box basato su Android TV seguita da Vodafone con la sua Vodafone TV, da o disponibile in tutta Italia con dieci nuove partnership: da Sony Pictures Television e BBC Worldwide fino a 20th Century Fox, che sia, che si aggiungono agli accordi già siglati con Sky, Netflix e Chili. Sul fronte dei gestori telefonici l'offerta dl Vodafone si pone in concorrenza con quella di TIM, anche se l'ingresso di Fastweb è atteso a breve e Wind 3 sta cercando accordi con produttori di contenuti. Vodafone TV è dedicata ai clienti in fibra di Vodafone - la cui copertura è arrivata in 970 città italiane e raggiunge 12,4 milioni di famiglie e imprese - ed è sottoscrivibile presso 800 punti vendita e sul sito al costo di 10 euro ogni 4 settimane. L'offerta comprende Now Tv Intrattenimento e un ampio catalogo on demand con film, serie tv e documentari. Oltre a questo si hanno a disposizione ogni mese 14 nuovi film di Chili, di cui quattro prime visioni, e per i nuovi clienti sono inclusi anche 3 mesi del pacchetto Serie Tv di Now Tv. Attraverso la piattaforma è possibile accedere anche ai canali tradizionali del digitale terrestre e, grazie agli accordi con De Agostini, Viacom International Media Networks e Discovery Italia, sono disponibili le funzionalità avanzate, come la pausa, la registrazione dei programmi e la possibilità di rivedere quelli già andati in onda. Il set-top box è dato in comodato d'uso con 29 euro di contributo iniziale. 'Il nostro obiettivo è offrire il massimo della scelta e della qualità presente nel panorama italiano dei contenuti, dal cinema allo sport fino alle serie tv. Ad oggi gli asset ricercabili sono circa 35mila e, per fare un esempio, per la parte di cinema on demand abbiamo circa i1 95% dei titoli in italiano. Per noi la semplicità è un fattore critico di successo, per ampliare l'accesso ai contenuti a quella fetta importante di italiani - circa il 70% secondo le ricerche più aggiornate - che ancora non hanno accesso ai contenuti premium per barriere tecnologiche o di prezzo', afferma Quang Ngo Dinh, responsabile marketing consumer di Vodafone Italia, 'il concetto è quello della TV come la vuoi tu', ovvero la possibilità di aggiungere contenuti a seconda dalle preferenze del momento - dal calcio al cinema - in forma modulare, attivandoli anche per un determinato periodo, senza vincoli e a un prezzo conveniente, con la possibilità di pagare direttamente attraverso il conto telefonico". L'interfaccia di Vodafone TV è divisa in quattro sezioni: My TV dove sono presenti le registrazioni fatte e quelle programmate, i film preferiti e i noleggiati, Guida TV con l'elenco dei canali lineari, On Demand per i contenuti on demand e App per accedere direttamente ai ticket di Now TV, Netflix e Chili. I contenuti si possono vedere anche in mobilità, grazie all'app per smartphone e tablet, e la visione è permessa su un massimo di quattro dispositivi (due in contemporanea): per esempio la tv e lo smartphone.

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