mercoledì 22 marzo 2017

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

CORRIERE DELLA SERA
"The OA", serie che non decolla e non arriva
"Nelle ultime settimane si è molto parlato di una serie originale di Netflix intitolata «The OA», creata da Zal Batmanglij e Brit Marling, che ne sono anche rispettivamente regista e attrice protagonista. Prairie Johnson (Marling) è scomparsa da sette anni quando riappare in circostanze poco chiare e riabbraccia finalmente i suoi genitori adottivi: la sorpresa è grande perché prima di sparire era cieca mentre dopo il ritrovamento vede perfettamente. Dove ha passato tutto quel tempo? Chi o cosa le ha procurato le inquietanti cicatrici che ha su tutto il corpo? Perché insiste a farsi chiamare OA? Le stranezze aumentano quando Praire si decide a svelare la sua storia a un gruppo di quattro liceali, ciascuno con un alto livello di problematicità: il suo racconto parte da lontano ed è una storia difficile da credere, che riporta a un'infanzia vissuta in Russia, a incidenti brutali, a fatti paranormali ed esperimenti scientifici estremi. L'episodio pilota dura settanta minuti e lascia lo spettatore con una strana sensazione spiazzante data da continui cambi di piano e di promessa narrativa: quello che inizialmente sembra partire come un crime si trasforma presto in un racconto vicino al filone del paranormale (che Netflix ha già coltivato con produzioni come «Sense 8» e l'acclamata «Stranger Things»), per poi assumere anche i tratti del dramma tipico del cinema indipendente, mondo da cui provengono i creatori della serie. Sicuramente la fiction si presenta con molte pretese e difficilmente potrebbe funzionare fuori dall'ambiente protetto di Netflix, perché la complessità della trama e la sua struttura richiedono necessariamente una visione «a maratona». Il personaggio di Praire è intrigante e i misteri che la circondano tengono alta l'attenzione nell'aspettativa di una spiegazione convincente, che però tra svolte mistiche e altri artifici narrativi (come quello del narratore inaffidabile), purtroppo non arriva". (Aldo Grasso)

martedì 21 marzo 2017

NEWS - "Sono il primo personaggio genderqueer delle serie tv e datemi del...'Loro'!": Asia Kate Dillon interpreta l'analitica Taylor in "Billions"

Articolo tratto dal "Corriere della Sera"

Salve, sono Taylor. Vorrei che si rivolgesse a me con il pronome "loro"». Poche parole per una rivoluzione: Taylor Mason è il primo personaggio genderqueer della tv. Stagista di Bobby Axelrod nella seconda stagione di Billions, la serie con Damian Lewis e Paul Giamatti ispirata alle scorribande di Wall Street, in onda su Sky Atlantic il lunedì sera. L'identità genderqueer è quella di chi non si riconosce nel binarismo di genere uomo/donna. Come l'attrice che interpreta Taylor, Asia Kate Dillon, già vista in Orange Is the New Black nel ruolo della suprematista bianca Brandy. «Wall Street è tra le istituzioni più refrattarie ai cambiamenti», spiega il co-creatore e produttore esecutivo Brian Koppelman. «Abbiamo pensato d'introdurre un personaggio fuori dagli schemi». Una svolta, dopo gli eccessi di machismo della prima stagione. Androgina nell'aspetto, Taylor è persona analitica, e intelligentissima; la sua scala di valori diversa dal classico operatore di un hedge fund. Attira presto l'attenzione di Axe, che le affiderà responsabilità sempre maggiori. «Hai un punto di vista unico», le dice. «E un grande vantaggio». Gli sceneggiatori sono bravi a non cadere nei cliché. Taylor non è definita dalla lotta per farsi accettare, ma già inserita nel contesto. Sono i colleghi, casomai, a dover fare lo sforzo. Inciampano coi pronomi, Axe li corregge con nonchalance. Si smontano preconcetti sciocchi e altri più profondi. «Perché pensi che sia vegan?», chiede Taylor al sodale Mafee (Dan Soder) nel primo episodio. E quello, stupito: «Non lo sei?». Più tardi, al torneo di poker, Todd Krakow (Danny Strong), nemico di Axe, la insulta bollandola «quella cosa re». Lei si rifarà battendolo. Funzione del personaggio Taylor è quella di agire da contrasto, sottolineando così il machismo di Wall Street affinché gli spettatori non vi si assuefacciano. E se non tutte le persone genderqueer preferiscono i pronomi plurali, Dillon dice che il ruolo di Taylor l'ha aiutata a scoprire se stessa. «Quando, prima ancora di ottenere la parte, ho letto nella descrizione, "sesso femminile, genere non-binario", ho capito. Già un palo d'anni fa avevo rinunciato al pronome "lei", preferendo semplicemente Asia. Ma non sapevo ancora che esistesse una terminologia per ciò che sono. Magari ci fosse stato alla tv un personaggio come Taylor quand'ero ragazzina». Oggi, le «nuove» identità di genere sono più rappresentate sul piccolo schermo, anche da giovanissimi. Se nella terza stagione di Transparent, appena conclusa su Sky Atlantic, l'attrice trans Sophia Grace Gianna era, in un flashback, un pre-adolescente Mort (la protagonista Maura, Jeffrey Tambor) alla scoperta della propria identità, nella nuova stagione di Modern Family, in onda su Fox in prima serata, c'è un bambino transgender: Tom, l'attore trans di otto anni Jackson Millarker. Succede nell'episodio A Stereotypical Day, dove Cameron e Mitchell, genitori gay di Lily, permettono alla figlia d'invitare a casa il nuovo amico trans, e un incidente spingerà tutti a una maggiore tolleranza. «Questo è Jackson, viene da Atlanta e il caso vuole che sia transgender, ha scritto in un post di Facebook Ryan Case, tecnica del montaggio e regista dell'episodio. «Uno dei tanti motivi per cui amo far parte di questa serie».

lunedì 20 marzo 2017

NEWS - Clamoroso al Cibali! Si fa meno sesso? Colpa delle serie tv in streaming!
News tratta da "GQ"
Gli americani fanno meno sesso e i responsabili sarebbero le serie tv e i social. Lo dicono gli studiosi. E se stesse succedendo anche a noi in Italia? Un nuovo studio, pubblicato di recente sulla rivista “Archives of Sexual Behavior”, ha dimostrato il gap generazionale in materia di sesso: nel 1990, gli americani in media facevano sesso da circa 60 a 65 volte l’anno; nel 2014, la frequenza è calata a circa 53 volte l’anno. Perfino i Millennials e i giovani della Generazione Z (noti anche come iGen, Post-Millennials, Centennials, o Plurals, cioè la generazione nata dopo i Millennials, tra la seconda metà degli anni ’90 e il 2010) fanno meno sesso rispetto a qualsiasi generazione precedente. Gli over 70 invece ci danno dentro più di tutti. Si potrebbe ipotizzare che la diminuzione delle attività sessuali sia legato alla solitudine, al fatto che in tanti non hanno una relazione stabile. In parte è vero, perché la percentuale di americani single tra i 18 e i 29 anni è aumentato al 64% nel 2014, dal 48% nel 2005. Però, la situazione si fa drammatica proprio tra le coppie sposate o conviventi: nel 2014 hanno fatto sesso in media 56 volte l’anno, mentre nel 1989 la media si aggirava sulle 67 l’anno. Che il sesso faccia bene, e tanto, la scienza lo dice e lo dimostra spesso. Allora, com’è possibile che venga così trascurato? Soprattutto, cosa fanno le persone, anziché fare sesso? Questa volta, i ricercatori non danno la colpa all’eccesso di lavoro o ai porno. Non è del tutto chiaro perché la gente faccia così poco sesso. Secondo i ricercatori, un motivo potrebbe essere, almeno per i trentenni, un calo generico delle felicità. Ma molti più ricercatori individuano la causa nei cambiamenti culturali che sono accaduti negli ultimi 20 anni – cioè, l’ascesa dei social network e delle serie tv in streaming. In poche parole, gli americani fanno poco sesso perché preferiscono Facebook e Netflix – cosa che suona familiare anche da noi. A sostenere questa tesi c’è Mark Regnerus, professore associato di sociologia presso l’Università del Texas a Austin, e autore del libro in prossima uscita “Cheap Sex: The Transformation of Men, Marriage, and Monogamy”, in cui sottolinea quanto sia facile vedere coppie a cena attaccate ognuno al proprio smartphone e quanto questo di certo abbia conseguenze anche sulla vita sessuale della coppia. Vent’anni fa, il sociologo di Harvard John Stilgoe iniziava così il suo libro Outside lies magic (La magia è lì fuori, ndr): “Uscite subito fuori”. Precorrendo i tempi, invitava le persone a lasciarsi andare a passeggiate e interazioni con l’ambiente, per una maggiore felicità, come si spiega su The Guardian. Poi è arrivato Facebook, Netflix e la vita e il sesso hanno perso interesse. Siamo ancora in tempo, però.

domenica 19 marzo 2017

GOSSIP - Dopo "TWD" Emily Kinney è risorta! (Ok lo era già, serialmente parlando, in "Conviction", ma su "Imagista" "convince" di più...)
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"Il trivial game + divertente dell'anno" (Lucca Comics)

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Lick it or Leave it!

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