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venerdì 19 giugno 2020
mercoledì 27 maggio 2020
NEWS - Tutta Netflix anche su TIMVision dopo la partnership con Disney!
Le surreali e folli rapine del Professore dell'amatissima serie spagnola La Casa di Carta. Ma anche l'italianissima teen-soap fresca di stagione Summertime, ambientata nell'agognato (dopo mesi di clausura) mare della riviera adriatica. 0 la complessa vita della regina Elisabetta di The Crown. Ma anche i film di grande richiamo come The Irishman di Scorsese. 0 le prime visioni di cinema come Il giorno più bello del mondo e L'immortale e le serie esclusive come The Handmaid's Tale e Killing Eve. Insomma le migliori produzioni di Netflix insieme a quelle di TIMvision. La più grande tv di streaming rafforza la partnership con la tv del gestore telefonico per offrire contenuti premium aggregati in un'unica piattaforma. L'annuncio di ieri fa seguito all'accordo già siglato a novembre e sarà operativo dal 27 maggio. Si chiama «Mondo Netffix» e offre i cataloghi completi di TIMvision Plus e Netflix (piano standard per la visione in HD su due schermi in contemporanea) ad un prezzo di lancio di 12,99 euro al mese (anziché 19,99) senza vincoli di durata. E compreso anche il decoder TIMvision Box che permette l'accesso dalla tv di casa con un'interfaccia unica. E sarà fruibile anche in mobilità su tutti i device della famiglia, accedendo dalle rispettive applicazioni. Andrea Fabiano, responsabile multimedia di TIM, spiega l'operazione: «Questa nuova partnership conferma la strategia di TIMvision come principale aggregatore televisivo del mercato italiano grazie a una semplice ed innovativa esperienza di visione. Queste iniziative rispondono alla nostra mission di abbinare connettività fissa-mobile e contenuti, sviluppando una convergenza virtuosa: ai consumatori suggeriamo il meglio dell'intrattenimento su scala globale e a partner di eccellenza di estendere potenzialmente il bacino degli spettatori». Roberto Porras, Business Development Director per Italia e Spagna di Netflix, dà la lettura dalle parte del colosso americano: «Grazie a questa partnership, accedere all'esperienza Netflix completa sarà ancora più facile e, grazie all'interfaccia del TIMvision Box, scoprire la varietà delle nostre produzioni originali e dei nostri contenuti esclusivi - serie, film, documentari, programmi per bambini, stand up comedies e molto altro - sarà ancora più immediato». La partnership con Netflix si affianca a quella già siglata con Disney che ha già registrato un consistente numero di attivazioni in coincidenza con il lancio dell'offerta.
Le surreali e folli rapine del Professore dell'amatissima serie spagnola La Casa di Carta. Ma anche l'italianissima teen-soap fresca di stagione Summertime, ambientata nell'agognato (dopo mesi di clausura) mare della riviera adriatica. 0 la complessa vita della regina Elisabetta di The Crown. Ma anche i film di grande richiamo come The Irishman di Scorsese. 0 le prime visioni di cinema come Il giorno più bello del mondo e L'immortale e le serie esclusive come The Handmaid's Tale e Killing Eve. Insomma le migliori produzioni di Netflix insieme a quelle di TIMvision. La più grande tv di streaming rafforza la partnership con la tv del gestore telefonico per offrire contenuti premium aggregati in un'unica piattaforma. L'annuncio di ieri fa seguito all'accordo già siglato a novembre e sarà operativo dal 27 maggio. Si chiama «Mondo Netffix» e offre i cataloghi completi di TIMvision Plus e Netflix (piano standard per la visione in HD su due schermi in contemporanea) ad un prezzo di lancio di 12,99 euro al mese (anziché 19,99) senza vincoli di durata. E compreso anche il decoder TIMvision Box che permette l'accesso dalla tv di casa con un'interfaccia unica. E sarà fruibile anche in mobilità su tutti i device della famiglia, accedendo dalle rispettive applicazioni. Andrea Fabiano, responsabile multimedia di TIM, spiega l'operazione: «Questa nuova partnership conferma la strategia di TIMvision come principale aggregatore televisivo del mercato italiano grazie a una semplice ed innovativa esperienza di visione. Queste iniziative rispondono alla nostra mission di abbinare connettività fissa-mobile e contenuti, sviluppando una convergenza virtuosa: ai consumatori suggeriamo il meglio dell'intrattenimento su scala globale e a partner di eccellenza di estendere potenzialmente il bacino degli spettatori». Roberto Porras, Business Development Director per Italia e Spagna di Netflix, dà la lettura dalle parte del colosso americano: «Grazie a questa partnership, accedere all'esperienza Netflix completa sarà ancora più facile e, grazie all'interfaccia del TIMvision Box, scoprire la varietà delle nostre produzioni originali e dei nostri contenuti esclusivi - serie, film, documentari, programmi per bambini, stand up comedies e molto altro - sarà ancora più immediato». La partnership con Netflix si affianca a quella già siglata con Disney che ha già registrato un consistente numero di attivazioni in coincidenza con il lancio dell'offerta.
domenica 17 maggio 2020
domenica 19 aprile 2020
martedì 7 aprile 2020
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
"La Casa di carta" è crollata! Ha poco da aggiungere, crepe nella sceneggiatura
"A pochi mesi di distanza dall' ultima stagione, «La casa di carta» si rinnova rendendo disponibile su Netflix gli otto episodi del quarto atto. Anche questa rapidità nell' aggiornare l' evoluzione del racconto è indicatore di come la serie spagnola firmata da Alex Pina rappresenti uno dei titoli di punta del catalogo, quello di cui tutti parlano. Però, la frenesia si accompagna spesso all' improvvisazione, e così questa stagione mostra crepe che si aprono in più di un' occasione. Non basta aver ormai familiarizzato con i personaggi (l'inattesa fragilità del Professore, la vulcanica Nairobi, l' instabile Tokyo, il violento Denver) per nascondere i difetti di un impianto narrativo che tende a esagerare e a ripetersi. Il Professore (Álvaro Morte) è convinto che l' amata Lisbona-ex ispettore Murillo (Itziar Ituno) sia stata uccisa, ingannato dal rumore di uno sparo sul finire della terza stagione. Stretto tra «amore e morte che si erano uniti nel suo cuore», è deciso a conoscere la verità e tornare al Banco di Spagna dove si trovano asserragliati gli uomini e le donne della banda. L' impressione è che «La casa di carta» non abbia poi molto da aggiungere; si trascina come una soap, abbandonando l' azione per una scelta di introspezione psicologica dei personaggi e delle loro relazioni, senza però avere l' attitudine per questo genere di affondi. Peraltro, il personaggio migliore e più adatto in questo senso (Berlino, interpretato da Pedro Alonso) è morto due stagioni fa e costringe a un ricorso continuo al flashback. Eppure, la serie resta un classico esempio di guilty pleasure, di quel piacere un po' perverso che ci tiene incollati a una storia anche se ne riconosciamo i limiti. Nella serie anche un' inconsueta e un po' stiracchiata strizzatina d' occhio alla cultura popolare italiana: un gruppo di frati intona «Ti amo» di Umberto Tozzi e «Centro di gravità permanente» di Battiato". (Aldo Grasso)
CORRIERE DELLA SERA
"La Casa di carta" è crollata! Ha poco da aggiungere, crepe nella sceneggiatura
"A pochi mesi di distanza dall' ultima stagione, «La casa di carta» si rinnova rendendo disponibile su Netflix gli otto episodi del quarto atto. Anche questa rapidità nell' aggiornare l' evoluzione del racconto è indicatore di come la serie spagnola firmata da Alex Pina rappresenti uno dei titoli di punta del catalogo, quello di cui tutti parlano. Però, la frenesia si accompagna spesso all' improvvisazione, e così questa stagione mostra crepe che si aprono in più di un' occasione. Non basta aver ormai familiarizzato con i personaggi (l'inattesa fragilità del Professore, la vulcanica Nairobi, l' instabile Tokyo, il violento Denver) per nascondere i difetti di un impianto narrativo che tende a esagerare e a ripetersi. Il Professore (Álvaro Morte) è convinto che l' amata Lisbona-ex ispettore Murillo (Itziar Ituno) sia stata uccisa, ingannato dal rumore di uno sparo sul finire della terza stagione. Stretto tra «amore e morte che si erano uniti nel suo cuore», è deciso a conoscere la verità e tornare al Banco di Spagna dove si trovano asserragliati gli uomini e le donne della banda. L' impressione è che «La casa di carta» non abbia poi molto da aggiungere; si trascina come una soap, abbandonando l' azione per una scelta di introspezione psicologica dei personaggi e delle loro relazioni, senza però avere l' attitudine per questo genere di affondi. Peraltro, il personaggio migliore e più adatto in questo senso (Berlino, interpretato da Pedro Alonso) è morto due stagioni fa e costringe a un ricorso continuo al flashback. Eppure, la serie resta un classico esempio di guilty pleasure, di quel piacere un po' perverso che ci tiene incollati a una storia anche se ne riconosciamo i limiti. Nella serie anche un' inconsueta e un po' stiracchiata strizzatina d' occhio alla cultura popolare italiana: un gruppo di frati intona «Ti amo» di Umberto Tozzi e «Centro di gravità permanente» di Battiato". (Aldo Grasso)
mercoledì 25 marzo 2020
lunedì 2 marzo 2020
sabato 3 agosto 2019
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL FOGLIO
"La Casa di carta" delude: meno ritmo e buchi nella trama
"Rintracciati per l'uso sconsiderato di un telefono satellitare. Ma no! Ma chi ci crede? Sono entrati nella Zecca Reale a Madrid, infagottati nelle tute rosse stile Guantánamo, i volti coperti dalle maschere con i baffi all'insù di Salvador Dali. Hanno stampato mucchi di denaro ("noi non rubiamo, siamo Robin Hood 2.0"). Hanno preso ostaggi, e sedotto l'ispettrice di polizia che seguiva il loro caso. Sono usciti con due miliardi e mezzo di euro in banconote non segnate (valgono bene qualche perdita umana, rubricata alla voce "danni collaterali"). Se li godono in posti esotici sconosciuti all'Interpol. Tutto benissimo, se non per un telefono satellitare comprato — sapremo poi — dai libici traditori. E usato con il più sciocco dei pretesti. C'entrano Tokyo e Rio, se servono altri dettagli. Produzione spagnola per la tv generalista (lo showrunner chiama Alex Pina) "La casa di carta" è la serie non in lingua inglese più vista su Netflix. Ha avuto successo ovunque, radunando scontenti, resistenti, arrabbiati con il sistema. La maschera di Salvador Dall ha sostituito nelle manifestazioni di protesta quella di Guy Fakes — dal film "V come vendetta", tratto dai fumetti di Alan Moore. Era difficile resistere alla tentazione di ricominciare — anche se la storia aveva completato il suo arco narrativo. Il capitale deve rendere, dopo un successo grandioso quanto inaspettato. In questo caso, i personaggi con nomi di città (all'inizio erano otto, gente che non aveva niente da perdere) e un colpo impossibile. Si ricomincia dal telefono satellitare, e quel che segue non è molto meglio. Almeno a giudicare dalle prime puntate di questa terza parte, che ne prevede otto. Già disponibili dopo un lancio che a Milano, in Piazza Affari, ha prestato al giustiziere con la maschera del surrealista spagnolo il dito eretto di Maurizio Cattelan. E quale potrebbe essere l'escalation, dopo la Zecca Reale di Spagna? Facile: le riserve auree che garantiscono il valore delle banconote medesime. Le prime due parti — rimontate da Netflix per avere episodi di 50 minuti, e non quasi-film di 75 — erano a presa rapida sullo spettatore, ma viste di seguito verso la fine avevano qualche buco nella trama. Meno ritmo, troppe complicazioni a danno della credibilità. Sarebbe stato saggio godersi il successo, e pensare ad altro. Cosa si può aggiungere a una rapina miliardaria che riesce, a un crimine che paga, perfino alle storie d'amore nate durante la forzata convivenza (nessuno si ritrova ricco ma solo e infelice, nel suo rifugio, quindi incline alle imprudenze). E dunque rieccoli, gli scolaretti agli ordini del Professore che scrive sulla lavagna "Benvenuti", come la prima volta. Spiega che le riserve stanno nei sotterranei, e che il sistema di sicurezza al primo allarme allaga il caveau, servirà un sommozzatore. Per entrare, serve una manovra diversiva: dirigibili con la faccia di Salvador Dall che sganciano banconote sulla folla madrilena. L'effetto è assicurato, al resto provvede l'aikido, arte marziale che il professore illustra così: sfruttare la forza del nemico per fare quel che da solo non riesci a fare. Per esempio, sgombrare l'edificio dagli impiegati. La cronologia impazzisce, bisogna raccontare certi retroscena che ignoravamo. Si comincia 77 giorni prima dell'Ora Zero, si torna indietro a tre anni prima, si salta a meno 3 ore dell'attacco (grazie, scritte in sovrimpressione). Saper chiudere al momento giusto è un'arte poco praticata. Per incrudelire, hanno annunciato una "Casa di carta 4"". (Mariarosa Mancuso)
IL FOGLIO
"La Casa di carta" delude: meno ritmo e buchi nella trama
"Rintracciati per l'uso sconsiderato di un telefono satellitare. Ma no! Ma chi ci crede? Sono entrati nella Zecca Reale a Madrid, infagottati nelle tute rosse stile Guantánamo, i volti coperti dalle maschere con i baffi all'insù di Salvador Dali. Hanno stampato mucchi di denaro ("noi non rubiamo, siamo Robin Hood 2.0"). Hanno preso ostaggi, e sedotto l'ispettrice di polizia che seguiva il loro caso. Sono usciti con due miliardi e mezzo di euro in banconote non segnate (valgono bene qualche perdita umana, rubricata alla voce "danni collaterali"). Se li godono in posti esotici sconosciuti all'Interpol. Tutto benissimo, se non per un telefono satellitare comprato — sapremo poi — dai libici traditori. E usato con il più sciocco dei pretesti. C'entrano Tokyo e Rio, se servono altri dettagli. Produzione spagnola per la tv generalista (lo showrunner chiama Alex Pina) "La casa di carta" è la serie non in lingua inglese più vista su Netflix. Ha avuto successo ovunque, radunando scontenti, resistenti, arrabbiati con il sistema. La maschera di Salvador Dall ha sostituito nelle manifestazioni di protesta quella di Guy Fakes — dal film "V come vendetta", tratto dai fumetti di Alan Moore. Era difficile resistere alla tentazione di ricominciare — anche se la storia aveva completato il suo arco narrativo. Il capitale deve rendere, dopo un successo grandioso quanto inaspettato. In questo caso, i personaggi con nomi di città (all'inizio erano otto, gente che non aveva niente da perdere) e un colpo impossibile. Si ricomincia dal telefono satellitare, e quel che segue non è molto meglio. Almeno a giudicare dalle prime puntate di questa terza parte, che ne prevede otto. Già disponibili dopo un lancio che a Milano, in Piazza Affari, ha prestato al giustiziere con la maschera del surrealista spagnolo il dito eretto di Maurizio Cattelan. E quale potrebbe essere l'escalation, dopo la Zecca Reale di Spagna? Facile: le riserve auree che garantiscono il valore delle banconote medesime. Le prime due parti — rimontate da Netflix per avere episodi di 50 minuti, e non quasi-film di 75 — erano a presa rapida sullo spettatore, ma viste di seguito verso la fine avevano qualche buco nella trama. Meno ritmo, troppe complicazioni a danno della credibilità. Sarebbe stato saggio godersi il successo, e pensare ad altro. Cosa si può aggiungere a una rapina miliardaria che riesce, a un crimine che paga, perfino alle storie d'amore nate durante la forzata convivenza (nessuno si ritrova ricco ma solo e infelice, nel suo rifugio, quindi incline alle imprudenze). E dunque rieccoli, gli scolaretti agli ordini del Professore che scrive sulla lavagna "Benvenuti", come la prima volta. Spiega che le riserve stanno nei sotterranei, e che il sistema di sicurezza al primo allarme allaga il caveau, servirà un sommozzatore. Per entrare, serve una manovra diversiva: dirigibili con la faccia di Salvador Dall che sganciano banconote sulla folla madrilena. L'effetto è assicurato, al resto provvede l'aikido, arte marziale che il professore illustra così: sfruttare la forza del nemico per fare quel che da solo non riesci a fare. Per esempio, sgombrare l'edificio dagli impiegati. La cronologia impazzisce, bisogna raccontare certi retroscena che ignoravamo. Si comincia 77 giorni prima dell'Ora Zero, si torna indietro a tre anni prima, si salta a meno 3 ore dell'attacco (grazie, scritte in sovrimpressione). Saper chiudere al momento giusto è un'arte poco praticata. Per incrudelire, hanno annunciato una "Casa di carta 4"". (Mariarosa Mancuso)
mercoledì 24 luglio 2019
NEWS - Clamoroso al Cibali! La Rai ha sponsorizzato con uno speciale "La casa di carta" di Netflix (non per soldi ma per denaro)
Articolo tratto da "la Repubblica"
Una cosa così non si era vista mai. Una televisione pubblica, finanziata coi soldi dei cittadini, che dedica uno speciale in seconda serata per lanciare non uno dei suoi programmi di punta, bensì la più seguita serie (straniera) della concorrenza. E neppure un concorrente qualsiasi, bensì il colosso americano Netflix: la piattaforma streaming che con le sue produzioni e una compagna commerciale superaggressiva sta sottraendo share e pubblicità alle emittenti nazionali in tutto il mondo, Italia compresa. Possibile da guardare solo abbonandosi, cioè pagando. Alla faccia del canone che ora i 5S vorrebbero abolire (per rimettere soldi in tasca alle famiglie) e della creatività nostrana che si dice di voler valorizzare. La spericolata iniziativa è opera della cosiddetta Rai del cambiamento. La quale, non contenta di aver confezionato uno speciale di mezz'ora trasmesso l'altra sera su Rai 2 per reclamizzare la terza attesissima stagione de La casa di carta, ne ha affidato la conduzione al volto più noto del canale: Simona Ventura. E stata lei, dalle 23 alle 23.30, ad anticipare all'affezionato pubblico della tv di Stato storia e personaggi dell'avvincente banda di rapinatori che, sopravvissuta al colpo del secolo — violare la Zecca di Madrid per stampare 2 miliardi di euro perfettamente legali e sparire con l'ingente malloppo — prepara un'altra ambiziosissima impresa. Tutti sempre vestiti di rosso, con la maschera di Salvador Dalì a celarne le identità, il nome di una città assegnato in dote — Tokyo, Rio, Berlino, Mosca, Denver — e un personaggio, chiamato "il professore", a coordinare la squadra dall'esterno: tutti intervistati m seconda serata dalla Rai. Un traino formidabile per il titolo spagnolo, il più visto fra quelli in lingua non inglese, che per Netflix rappresenta una specie di gallina dalle uova d'oro. Disponibile però solo mettendo mano al portafogli sulla piattaforma che conta già 150 milioni di abbonati in 190 paesi: esattamente il modello che RaiPlay ambisce (in sedicesimo) a eguagliare. Ma cosa vuoi che sia la mission del servizio pubblico se ci si può guadagnare? E infatti Viale Mazzini ha firmato un accordo commerciale che frutterà la bellezza di 600 mila euro: 20 mila euro al minuto, calcolando la durata. Non finisce qui. Per lanciare la serie, Netflix ha investito molto sulla Rai. E l'emittente non si è fatta pregare. Non solo ha programmato la messa in onda di una serie di trailer incassando altri 400 mila euro. Ma per evitare che lo speciale passasse inosservato ha pure predisposto una batteria di spot per ricordare l'appuntamento di ieri sera. Quaranta secondi psichedelici con musica rock in sottofondo in cui si vedono i protagonisti togliersi la maschera e promettere: "Stiamo tornando e faremo le cose in grande". Per chiudere con la scritta in sovrimpressione: "Solo su Netflix dal 19 luglio". Cioè ieri, giorno dal quale La casa di carta è disponibile sulla piattaforma. Mai vista una tv che fa concorrenza a se stessa. Ormai specializzata nell'occupazione sistematica delle poltrone.
Articolo tratto da "la Repubblica"
Una cosa così non si era vista mai. Una televisione pubblica, finanziata coi soldi dei cittadini, che dedica uno speciale in seconda serata per lanciare non uno dei suoi programmi di punta, bensì la più seguita serie (straniera) della concorrenza. E neppure un concorrente qualsiasi, bensì il colosso americano Netflix: la piattaforma streaming che con le sue produzioni e una compagna commerciale superaggressiva sta sottraendo share e pubblicità alle emittenti nazionali in tutto il mondo, Italia compresa. Possibile da guardare solo abbonandosi, cioè pagando. Alla faccia del canone che ora i 5S vorrebbero abolire (per rimettere soldi in tasca alle famiglie) e della creatività nostrana che si dice di voler valorizzare. La spericolata iniziativa è opera della cosiddetta Rai del cambiamento. La quale, non contenta di aver confezionato uno speciale di mezz'ora trasmesso l'altra sera su Rai 2 per reclamizzare la terza attesissima stagione de La casa di carta, ne ha affidato la conduzione al volto più noto del canale: Simona Ventura. E stata lei, dalle 23 alle 23.30, ad anticipare all'affezionato pubblico della tv di Stato storia e personaggi dell'avvincente banda di rapinatori che, sopravvissuta al colpo del secolo — violare la Zecca di Madrid per stampare 2 miliardi di euro perfettamente legali e sparire con l'ingente malloppo — prepara un'altra ambiziosissima impresa. Tutti sempre vestiti di rosso, con la maschera di Salvador Dalì a celarne le identità, il nome di una città assegnato in dote — Tokyo, Rio, Berlino, Mosca, Denver — e un personaggio, chiamato "il professore", a coordinare la squadra dall'esterno: tutti intervistati m seconda serata dalla Rai. Un traino formidabile per il titolo spagnolo, il più visto fra quelli in lingua non inglese, che per Netflix rappresenta una specie di gallina dalle uova d'oro. Disponibile però solo mettendo mano al portafogli sulla piattaforma che conta già 150 milioni di abbonati in 190 paesi: esattamente il modello che RaiPlay ambisce (in sedicesimo) a eguagliare. Ma cosa vuoi che sia la mission del servizio pubblico se ci si può guadagnare? E infatti Viale Mazzini ha firmato un accordo commerciale che frutterà la bellezza di 600 mila euro: 20 mila euro al minuto, calcolando la durata. Non finisce qui. Per lanciare la serie, Netflix ha investito molto sulla Rai. E l'emittente non si è fatta pregare. Non solo ha programmato la messa in onda di una serie di trailer incassando altri 400 mila euro. Ma per evitare che lo speciale passasse inosservato ha pure predisposto una batteria di spot per ricordare l'appuntamento di ieri sera. Quaranta secondi psichedelici con musica rock in sottofondo in cui si vedono i protagonisti togliersi la maschera e promettere: "Stiamo tornando e faremo le cose in grande". Per chiudere con la scritta in sovrimpressione: "Solo su Netflix dal 19 luglio". Cioè ieri, giorno dal quale La casa di carta è disponibile sulla piattaforma. Mai vista una tv che fa concorrenza a se stessa. Ormai specializzata nell'occupazione sistematica delle poltrone.
venerdì 25 gennaio 2019
NEWS - Giù la maschera! La Fondazione Dalí mette sull'attenti "La Casa di carta"
News tratta da "Il Fatto Quotidiano"
"Stiamo procedendo a regolarizzare gli usi del diritto di immagine di Salvador Dalí". Con questo breve comunicato la Fondazione Gala-Salvador Dalí - fondata dallo stesso pittore nel 1983 con l'obiettivo di promuovere e difendere la sua eredità e la sua immagine - ha fatto sapere di aver messo sotto la lente d'ingrandimento La casa di carta, la serie tv i cui ladri utilizzano maschere con l'aspetto, i baffi egli occhi sporgenti del pittoresurrealista. Nel mirino ci sono anche tutte le maschere utilizzate per Carnevale o per Halloween. La fondazione di Figueres (Girona), pur ricordando di aver "assegnato la gestione dei diritti esclusivamente allo Stato spagnolo", osserva che "non è solo un problema economico. Qualsiasi persona che desideri esercitare o sfruttare uno di questi diritti deve avere l'autorizzazione preventiva della fondazione".
News tratta da "Il Fatto Quotidiano"
"Stiamo procedendo a regolarizzare gli usi del diritto di immagine di Salvador Dalí". Con questo breve comunicato la Fondazione Gala-Salvador Dalí - fondata dallo stesso pittore nel 1983 con l'obiettivo di promuovere e difendere la sua eredità e la sua immagine - ha fatto sapere di aver messo sotto la lente d'ingrandimento La casa di carta, la serie tv i cui ladri utilizzano maschere con l'aspetto, i baffi egli occhi sporgenti del pittoresurrealista. Nel mirino ci sono anche tutte le maschere utilizzate per Carnevale o per Halloween. La fondazione di Figueres (Girona), pur ricordando di aver "assegnato la gestione dei diritti esclusivamente allo Stato spagnolo", osserva che "non è solo un problema economico. Qualsiasi persona che desideri esercitare o sfruttare uno di questi diritti deve avere l'autorizzazione preventiva della fondazione".
domenica 6 gennaio 2019
venerdì 4 gennaio 2019
NEWS - Tutti pazzi per "La Casa di carta" a Firenze! Folla in delirio a caccia del "Professore" e di "Berlino" in Piazza Duomo
News tratta da "La Nazione"
Un giorno solo di riprese, ma è bastato per mandare in tilt piazza Duomo. Sono centinaia i fan de "La Casa di Carta" che si sono dati appuntamento in centro a Firenze per le riprese della terza stagione della fortunata serie Netflix. Un appuntamento che si svolge in un solo giorno, venerdì 4 gennaio, giornata peraltro freddissima ma che non ha scoraggiato i fan. Chicca per gli appassionati, la presenza di Alvaro Morte, che nella serie interpreta "Il Professore", l'ideatore del colpo alla zecca di Madrid che fa da sfondo all'intera serie. Con lui anche Pedro Alonso, che ne "La Casa di Carta" è Berlino. Proprio la scena che vede protagonisti il Professore e Berlino, scena che si svolge tra Battistero e cattedrale, ha catturato l'attenzione dei fan, che durante i ciak hanno fatto scattare a più riprese i loro smartphone. Per foto che adesso custodiranno gelosamente. La troupe ha iniziato a lavorare da poco dopo l'alba: macchine da presa, luci, teloni, tutto è stato approntato. Poi dalle 9.30 circa le prime riprese. Gli attori hanno cercato di scaldarsi come hanno potuto: tazze di caffé caldo e coperte sono state particolarmente utili nelle pause tra un ciak e l'altro. I fan arrivavano non solo da Firenze ma un po' da tutta Italia. E si erano coordinati attraverso i vari gruppi e pagine su Facebook. Era stato addirittura distribuito un tagliandino speciale che i veri fan si sono appuntati sul petto per riconoscersi tra la folla. La notizia delle riprese e i video dei fan hanno talmente invaso i social che in mattinata l'hashtag #lacasadicarta è prepotentemente entrato tra i trending topic. Nel pomeriggio la troupe si è spostata a piazzale Michelangelo. Anche qui c'era il pubblico delle grandi occasioni. Tanti gli appassionati che hanno seguito le riprese. Sul set anche una gru per le riprese dall'alto. Il meteo ha premiato la troupe: un suggestivo sole invernale baciava infatti Firenze. E dal piazzale gli scorci della città erano davvero suggestivi.
News tratta da "La Nazione"
Un giorno solo di riprese, ma è bastato per mandare in tilt piazza Duomo. Sono centinaia i fan de "La Casa di Carta" che si sono dati appuntamento in centro a Firenze per le riprese della terza stagione della fortunata serie Netflix. Un appuntamento che si svolge in un solo giorno, venerdì 4 gennaio, giornata peraltro freddissima ma che non ha scoraggiato i fan. Chicca per gli appassionati, la presenza di Alvaro Morte, che nella serie interpreta "Il Professore", l'ideatore del colpo alla zecca di Madrid che fa da sfondo all'intera serie. Con lui anche Pedro Alonso, che ne "La Casa di Carta" è Berlino. Proprio la scena che vede protagonisti il Professore e Berlino, scena che si svolge tra Battistero e cattedrale, ha catturato l'attenzione dei fan, che durante i ciak hanno fatto scattare a più riprese i loro smartphone. Per foto che adesso custodiranno gelosamente. La troupe ha iniziato a lavorare da poco dopo l'alba: macchine da presa, luci, teloni, tutto è stato approntato. Poi dalle 9.30 circa le prime riprese. Gli attori hanno cercato di scaldarsi come hanno potuto: tazze di caffé caldo e coperte sono state particolarmente utili nelle pause tra un ciak e l'altro. I fan arrivavano non solo da Firenze ma un po' da tutta Italia. E si erano coordinati attraverso i vari gruppi e pagine su Facebook. Era stato addirittura distribuito un tagliandino speciale che i veri fan si sono appuntati sul petto per riconoscersi tra la folla. La notizia delle riprese e i video dei fan hanno talmente invaso i social che in mattinata l'hashtag #lacasadicarta è prepotentemente entrato tra i trending topic. Nel pomeriggio la troupe si è spostata a piazzale Michelangelo. Anche qui c'era il pubblico delle grandi occasioni. Tanti gli appassionati che hanno seguito le riprese. Sul set anche una gru per le riprese dall'alto. Il meteo ha premiato la troupe: un suggestivo sole invernale baciava infatti Firenze. E dal piazzale gli scorci della città erano davvero suggestivi.
giovedì 3 gennaio 2019
NEWS - Achtung, compagni! Domani si gira "La Casa di carta" a Firenze (P.zza Duomo e Piazzale Michelangelo)
"La casa di carta" arriva a Firenze. La terza stagione de "La casa di carta" arriva su Netflix nel corso dell'anno e le riprese toccano l'Italia: domani, infatti, il set della serie spagnola sarà a Firenze. In mattinata, location in piazza del Duomo, più tardi in piazzale Michelangelo. "La casa di carta" è la serie non in lingua inglese più vista di sempre sulla piattaforma streaming e la prima produzione spagnola a vincere l'International Emmy Award. Netflix è già passata da Firenze in estate per il set del film d'azione "Six underground".

venerdì 23 novembre 2018
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
"Elite", il "Gossip Girl" spagnolo della generazione Netflix
"Le serie tv spagnole stanno vivendo una sorta di età dell'oro. Dopo il successo e l'interesse destato da «La casa di carta», oggi c'è un nuovo titolo sotto i riflettori: si tratta di «Elite», disponibile su Netflix da qualche settimana (tra i protagonisti ci sono diversi attori già visti alle prese con la celebre rapina alla zecca di stato). «Elite» è l'ultima manifestazione di un genere reso classico dalla tv americana, il teen drama: racconta la storia di un gruppo di liceali, figli di famiglie molto ricche. Frequentano una costosa scuola che ha la missione di formare i leader del futuro, dove i genitori li mandano senza badare a spese per sentirsi a posto con la coscienza. Il loro piccolo mondo fatto di privilegi, rituali condivisi e parecchia «stronzaggine», viene scosso quando tre ragazzi di umili origini, provenienti da una scuola pubblica, vengono ammessi grazie a una borsa di studio. Sono il «tamarro» Christian, il docile Samuel, e Nadia, di origine araba, costretta ad abbandonare il velo per entrare a scuola. I due mondi collidono, dando vita a dinamiche inaspettate che indirizzano il racconto verso una svolta crime. «Elite» dimostra di aver assimilato la lezione di serie come «The OC», «Gossip Girl» ma anche «13» nel mettere in scena le classiche meccaniche del teen drama, cioè il rapporto tra il gruppo dei pari, le storie d'amore spesso tormentate, l'insicurezza di chi sta cercando il proprio posto nel mondo, gli adulti spettatori quasi sempre incapaci di dare risposte educative. E, al contempo, di aver aggiunto a questi ingredienti consolidati una buona dose di soap (troppa?) e lo spirito della piattaforma Netflix, che permette più libertà espressiva della tv classica: alla sublimazione scelta dalle serie destinate alla tv tradizionale, preferisce un crudo realismo, mostrando senza mezzi termini i temi che agitano l'adolescenza di oggi (vedi la sieropositività di una delle giovani protagoniste)". (Aldo Grasso)
CORRIERE DELLA SERA
"Elite", il "Gossip Girl" spagnolo della generazione Netflix
"Le serie tv spagnole stanno vivendo una sorta di età dell'oro. Dopo il successo e l'interesse destato da «La casa di carta», oggi c'è un nuovo titolo sotto i riflettori: si tratta di «Elite», disponibile su Netflix da qualche settimana (tra i protagonisti ci sono diversi attori già visti alle prese con la celebre rapina alla zecca di stato). «Elite» è l'ultima manifestazione di un genere reso classico dalla tv americana, il teen drama: racconta la storia di un gruppo di liceali, figli di famiglie molto ricche. Frequentano una costosa scuola che ha la missione di formare i leader del futuro, dove i genitori li mandano senza badare a spese per sentirsi a posto con la coscienza. Il loro piccolo mondo fatto di privilegi, rituali condivisi e parecchia «stronzaggine», viene scosso quando tre ragazzi di umili origini, provenienti da una scuola pubblica, vengono ammessi grazie a una borsa di studio. Sono il «tamarro» Christian, il docile Samuel, e Nadia, di origine araba, costretta ad abbandonare il velo per entrare a scuola. I due mondi collidono, dando vita a dinamiche inaspettate che indirizzano il racconto verso una svolta crime. «Elite» dimostra di aver assimilato la lezione di serie come «The OC», «Gossip Girl» ma anche «13» nel mettere in scena le classiche meccaniche del teen drama, cioè il rapporto tra il gruppo dei pari, le storie d'amore spesso tormentate, l'insicurezza di chi sta cercando il proprio posto nel mondo, gli adulti spettatori quasi sempre incapaci di dare risposte educative. E, al contempo, di aver aggiunto a questi ingredienti consolidati una buona dose di soap (troppa?) e lo spirito della piattaforma Netflix, che permette più libertà espressiva della tv classica: alla sublimazione scelta dalle serie destinate alla tv tradizionale, preferisce un crudo realismo, mostrando senza mezzi termini i temi che agitano l'adolescenza di oggi (vedi la sieropositività di una delle giovani protagoniste)". (Aldo Grasso)
lunedì 23 aprile 2018
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL FOGLIO
I segreti e le ragioni di perché è cult "La casa di carta"
"Per la disastrosa rapina di "Prendi i soldi e scappa", Woody Allen si nasconde dietro il nasone, gli occhiali e i baffoni di Groucho Marx (va male perché il rapinatore passa al cassiere un biglietto, il cassiere legge "siete tutti sotto giro", il rapinatore insiste "sotto tiro, non giro" e non la smettono di accapigliarsi). Groucho Marx anche per i rapinatori pensionati di "Vivere alla grande" diretto da Martin Brest nel 1979 (erano stufi di stare ai giardinetti facendosi molestare dai bambini). Le maschere di quattro presidenti americani - Nixon, Reagan, Johnson, Carter - servono ai surfisti che assaltano le banche in "Point Break" di Kathryn Bigelow, anno 1991. Tute rosso-arancio e maschere di Salvador Dall con i baffi all'insù e l'occhio a palla (servirà in certe inquadrature) sono la divisa di otto rapinatori che dopo aver studiato il colpo per cinque mesi di irrompono nella zecca di stato spagnola. Sono le braccia, più o meno specializzate: dall'hacker allo scassinatore con fiamma ossidrica, ma servono anche la forza bruta e un maestro di cerimonie. La mente, chiamata il Professore, ha scelto otto persone che non avevano niente da perdere, li ha messi seduti davanti alla lavagna come scolaretti, ha imposto loro nomi di città e vietato le relazioni personali - e ora da fuori si muove come un regista alla prima con il pubblico. Fa anche altro, nella serie Netflix "La casa di carta", ma preferiamo non essere noi a svelarlo. Le maschere di Dali somigliano a quelle di Guy Fawkes, cospiratore inglese cattolico che nel 1605 tentò di far saltare in aria re Giacomo I con tutto il Parlamento. Riportato all'onore della modernità dal fumetto di Alan Moore e David Lloyd, è diventato un film di James McTeigue con il titolo "V come Vendetta" ("V per vendetta" è colpa del titolatore italiano che ha scordato le elementari). Da qui la lettura in chiave "indignados", contro la finanza internazionale, che della serie Netflix dà il Monde. I turchi vanno di paranoia: commentatori e politici vicini a Erdogan hanno visto già nel trailer messaggi - subliminali, sostengono - che incitano alla rivolta. Per i dietrologi nostrani interessati a intervenire nel dibattito senza darsi la pena di vedere la serie: a un certo punto intonano "Bella ciao". Deliri di interpretazione a parte, "La casa di carta" è un'avvincentissima serie su una rapina complicata, con presa d'ostaggi e una negoziatrice appena separata dal marito (malamente, per lui c'è un ordine restrittivo). Bottino stimato: 2 miliardi e 400 milioni di euro. Non vogliono i soldi che trovano nel caveau, li stampano al ritmo di 200 milioni al giorno - così tecnicamente non derubano nessuno. Poiché alla zecca lavorava un certo numero di impiegati, e c'era una scolaresca in visita - tra le allieve, la figlia dell'ambasciatore britannico - abbiamo abbastanza personaggi per rendere interessante la trama, scandita da continui colpi di scena. Netflix ha comprato la serie dalla rete televisiva spagnola Antena 3. la stessa che produce "Il segreto", soap opera quasi decennale in onda su Canale 5. Alvaro Morte che fa il Professore viene da quel vivaio, la bella Ursula Corberó (Tokyo) era in "Fisica o chimica". Dimostrano i miracoli che una buona idea e una buona scrittura riescono a compiere: il santo da pregare qui si chiama Alex Pina. Da una tv generalista a serie che fa scattare il passaparola su una piattaforma snob. E' bastato prendere i 15 episodi e farli diventare 22 con un'interruzione dopo le prime tredici, per far andare in crisi d'astinenza lo spettatore". (Mariarosa Mancuso)
IL FOGLIO
I segreti e le ragioni di perché è cult "La casa di carta"
"Per la disastrosa rapina di "Prendi i soldi e scappa", Woody Allen si nasconde dietro il nasone, gli occhiali e i baffoni di Groucho Marx (va male perché il rapinatore passa al cassiere un biglietto, il cassiere legge "siete tutti sotto giro", il rapinatore insiste "sotto tiro, non giro" e non la smettono di accapigliarsi). Groucho Marx anche per i rapinatori pensionati di "Vivere alla grande" diretto da Martin Brest nel 1979 (erano stufi di stare ai giardinetti facendosi molestare dai bambini). Le maschere di quattro presidenti americani - Nixon, Reagan, Johnson, Carter - servono ai surfisti che assaltano le banche in "Point Break" di Kathryn Bigelow, anno 1991. Tute rosso-arancio e maschere di Salvador Dall con i baffi all'insù e l'occhio a palla (servirà in certe inquadrature) sono la divisa di otto rapinatori che dopo aver studiato il colpo per cinque mesi di irrompono nella zecca di stato spagnola. Sono le braccia, più o meno specializzate: dall'hacker allo scassinatore con fiamma ossidrica, ma servono anche la forza bruta e un maestro di cerimonie. La mente, chiamata il Professore, ha scelto otto persone che non avevano niente da perdere, li ha messi seduti davanti alla lavagna come scolaretti, ha imposto loro nomi di città e vietato le relazioni personali - e ora da fuori si muove come un regista alla prima con il pubblico. Fa anche altro, nella serie Netflix "La casa di carta", ma preferiamo non essere noi a svelarlo. Le maschere di Dali somigliano a quelle di Guy Fawkes, cospiratore inglese cattolico che nel 1605 tentò di far saltare in aria re Giacomo I con tutto il Parlamento. Riportato all'onore della modernità dal fumetto di Alan Moore e David Lloyd, è diventato un film di James McTeigue con il titolo "V come Vendetta" ("V per vendetta" è colpa del titolatore italiano che ha scordato le elementari). Da qui la lettura in chiave "indignados", contro la finanza internazionale, che della serie Netflix dà il Monde. I turchi vanno di paranoia: commentatori e politici vicini a Erdogan hanno visto già nel trailer messaggi - subliminali, sostengono - che incitano alla rivolta. Per i dietrologi nostrani interessati a intervenire nel dibattito senza darsi la pena di vedere la serie: a un certo punto intonano "Bella ciao". Deliri di interpretazione a parte, "La casa di carta" è un'avvincentissima serie su una rapina complicata, con presa d'ostaggi e una negoziatrice appena separata dal marito (malamente, per lui c'è un ordine restrittivo). Bottino stimato: 2 miliardi e 400 milioni di euro. Non vogliono i soldi che trovano nel caveau, li stampano al ritmo di 200 milioni al giorno - così tecnicamente non derubano nessuno. Poiché alla zecca lavorava un certo numero di impiegati, e c'era una scolaresca in visita - tra le allieve, la figlia dell'ambasciatore britannico - abbiamo abbastanza personaggi per rendere interessante la trama, scandita da continui colpi di scena. Netflix ha comprato la serie dalla rete televisiva spagnola Antena 3. la stessa che produce "Il segreto", soap opera quasi decennale in onda su Canale 5. Alvaro Morte che fa il Professore viene da quel vivaio, la bella Ursula Corberó (Tokyo) era in "Fisica o chimica". Dimostrano i miracoli che una buona idea e una buona scrittura riescono a compiere: il santo da pregare qui si chiama Alex Pina. Da una tv generalista a serie che fa scattare il passaparola su una piattaforma snob. E' bastato prendere i 15 episodi e farli diventare 22 con un'interruzione dopo le prime tredici, per far andare in crisi d'astinenza lo spettatore". (Mariarosa Mancuso)
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