venerdì 11 giugno 2010

L'EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm dai giornali italiani e stranieri

CORRIERE DELLA SERA
Crisi dei telefilm: colpa della qualità o dei programmatori?
“Colpa del telefilm (ovvero del prodotto) o colpa del poco coraggio delle reti (ovvero di chi il prodotto deve promuovere e «vendere» in Italia)? Una cosa è senz'altro chiara: quella strepitosa «golden age» della serialità televisiva americana, che ha sfornato titoli eccezionali quali «House», «Lost», «24», «Grey' s Anatomy», «Csi», «Desperate Housewives» sembra essersi conclusa. L'atteso finale del cult «Lost», fra due settimane, sembra sancirlo simbolicamente. Nelle ultime stagioni il telefilm pare subire una battuta d'arresto. Lo ha mostrato, nel corso dell' ultimo Telefilm Festival di Milano concluso domenica, una ricerca realizzata dal Ce.R.T.A. dell'Università Cattolica (curata, in collaborazione con Geca Italia, da Massimo Scaglioni e Luca Barra). In poche stagioni il quadro della programmazione della serialità è molto mutato. Per quanto riguarda l' offerta, ancora nel 2007/08 i generi messi in onda in Italia erano piuttosto vari, e il «procedural» (il poliziesco) occupava poco più del 40% dello spazio del prime time. Oggi sembra resistere solo il «crime»: oltre il 66% dei titoli in onda in prima serata sono «procedural», e degli altri generi restano poche cose (i «medical» più forti e i «family drama» come «Desperate Housewives», però in crisi d' ascolti). In generale resistono i classici, titoli ideati prima dello sciopero. Dunque: prodotto meno buono o scarso coraggio delle reti? In parte entrambe le cose. Sul primo fronte, è vero che titoli davvero forti sono usciti solo sul versante dei polizieschi («Ncis Los Angeles»), oppure sono troppo «stretti», ovvero poco adatti al prime time generalista (si pensi al cult «Glee», in onda su Fox). Ma il calo degli ascolti della serialità nel prime time generalista (quantificabile nell'1,3% di share) si deve anche a qualche mossa maldestra dei nostri programmatori.”.
(Aldo Grasso, 11.05.2010)

THE OBSERVER MAGAZINE
Delle copertine me ne faccio un…Buffy!
“Partecipando a ‘Buffy’ ho imparato a non prendermela. Alyson Hannigan e Sarah Michelle Gellar parlavano sempre di copertine e io pensavo: quando una con me? Erano molto competitive, ma alla fine ho pensato che era un gioco che non portava da nessuna parte…era meglio lavorare che pensarci”.
(Anthony Head, 07.03.2010)

VARIETY
Alla larga dalla romantica Milano

“L’allure che accompagna Alyssa Milano viene smorzata dal gioco a quattro al centro di ‘Romantically Challenged’, una litania di due coppie fissate con i giochetti e i doppi sensi di sesso. Fin fall’inizio c’è confusione sui rapporti tra il quartetto, con poche gags efficaci e la necessità di dover dare ai quattro lo stesso spazio. Alyssa Milano è terrificante nel dar vita a una mamma single che agli inizi spara a zero contro gli incontri di una notte sola…Roba da far rimpiangere ‘Cougar Town’…”.
(Brian Lowry, 25.04.2010)

DAVIDE MAGGIO.IT
Il salame sugli occhi (e nelle orecchie)
“Al Telefilm Festival ospiti di ”nessun grido”, l’imbarazzo della scelta non era su quale telefilm vedere ma in quale negozio di Corso Vittorio Emanuele rifuggiarsi...n.d.r.: ecco bravo, “rifuggiati” in una profumeria del Corso a pittarti le unghie, che le grida per Zachary Levi e Morena Baccarin ancora riecheggiano all’Apollo, vah!)”.
(Mattia Buonocore, 11.05.2010)

IL GIORNALE
Per capire la politica, guarda i telefilm
“Oggi a raccontare i tempi ci sono i telefilm. La dicono lunga sul pasticcio della modernità, svelano i tic, insistono sulle debolezze, riprendono i vizi, mettono a copione le sconfitte. Ma raccontano anche come mai, o grazie a cosa, ogni tanto si vince. In ‘CSI’, chi deve, trionfa sempre. E’ l’America di Bush prima di Bush. L’America del controllo, la minaccia-garanzia ‘qualsiasi cosa farai, ovunque sarai, io ti troverò’. La scienza che tiene la società sotto controllo. ‘Grey’s Anatomy’ è l’America di Obama prima di Obama: cattiva, determinata, nasconde i suoi pregi ma alla fine è solidale e sentimentale. ‘Desperate Housewives’ è l’America di Clinton, quella dell’ipocrisia cortese. L’età vittoriana cent’anni dopo e mentre l’Impero sta andando a pezzi. ‘Dr. House’ sembra di sinistra ma in realtà è di destra. In realtà House è proprio Berlusconi. Ogni tanto aggira le regole per pragmatismo, convinto com’è di aver trovato la soluzione che gli altri stanno ancora cercando. Frega il traguardo e tutti lo perdonano perché è House. Sembra Obama ma è Berlusconi. ‘Lie to me’ è Veltroni (il povero Bersani non capirà mai chi mente a un better di ciglia e non verrà mai chiamato dalla CIA a risolvere nulla). Veltroni, sì, è l’amico di tutti, l’eroe da telefilm che viene chiamato a vendicare i buoni e i giusti. E’ convinto che il bene trionfi se si è buoni e che tutti siano lì ad aspettare di far passare avanti i giusti. ‘Shark’ è l’avvocato delle Libertà. Il professionista dell’individualismo e del senso dello Stato, il perfetto pidiellino. A volte adatta un po’ le regole ma gli obiettivi sono lodevoli. ‘Boston Legal’ è certa destra. Quelli che fanno i cattivi nel nome del bene. Ma poi cattivi non sono. Yuppie efficientissimi, borghesi stressati. ‘Lost’ è una comune degli anni Settanta. Gli anni del ‘famose’ per paura del futuro, gli anni del ‘disonora il padre’, gli anni del ‘non è mio il passato da cui vengo’. Sporchi, arruffati anche nell’anima, riottosi nei confronti delle regole, in lotta per la sopravvivenza. Con l’ignoto che ha l’unico vantaggio di rendere tutto relativo”.
(Valeria Braghieri, 10.05.2010)

TUTTOMILANO/LA REPUBBLICA
Il pazzo popolo dei telefilm
“Sono pazzi, quelli dei telefilm. Se fanno un sondaggio sulla serie preferita diciamo che vince ‘Lost’, poi arrivano ‘House’ e ‘Grey’s Anatomy’. E poi basta. Nel senso che a seguire non trovi uno a cui piaccia la stessa serie di un altro. Sono decine quelle belle, e non ci si raccapezza. Tu sei un impallinato tale da scaricarti quelle appena in onda in America e trovi uno al bar che ti magnifica quella poliziesca su Raidue la sera prima, che a occhio è passata sul satellite 5 anni fa e te ne sei scordato. Ma ha ragione lui, così come hanno ragione quelli che guardano solo i vampiri o ‘Gossip Girl’, quelli che hanno sentito il barista dell’autogrill che parlava della ‘Teenager americana’, o quelli che ritengono che ‘Huff’ (qualcuno conosce?) sia stato superiore a qualunque film di livello degli ultimi 10 anni. Per quelli che ‘Lost’ è un capolavoro e lo capiscono tutto (mentono, ovvio. Sulla seconda parte).Poi quelli che se l’ospite del Telefilm Festival è Morena Baccarin si presentano comunque anche se sono fermi a ‘I Ragazzi di Padre Tobia’ sperando di essere rapiti e che sia cattiva davvero. Poi quelli che sono d’accordo con certi grandi studiosi quando dicono ‘i telefilm migliori di oggi valgono Balzac’. Quelli che sanno benissimo dove andare a cercare su internet dove c’è tutto ma proprio tutto e prossimamente si guarderanno ‘Californication3’ sull’iPad mentre corrono sul tapis roulant. E poi i migliori nonché i più fortunati: quelli che se ti appassioni alle serie Usa, ci aggiungi un minimo di qualche tua passione (tipo il calcio), tutto, ma proprio tutto il resto della tv puoi saltarlo di netto e abbandonarlo al suo triste destino”.
(Antonio Dipollina, 06.05.2010)

giovedì 10 giugno 2010

NEWS - Sookie fino alla morte! La terza stagione di "True Blood" vi stenderà...
L'immagine è simbolica: Sookie (Anna Paquin) vi stenderà. La terza stagione di "True Blood" promette di stendervi come avviene nell'immagine-strip d'anticipazione del nuovo ciclo...Chi potrà resisterle???
L'EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm dai giornali italiani e stranieri

ANNOZERO
Caro Berlusconi...
"Caro Presidente del Consiglio, noi una serie come 'I Soprano' non la faremo mai. 'Lost'? Figuriamoci...Uno come 'Dr. House', con tutti quei problemi...Noi solo sante, carabinieri e puttane".
(Michele Santoro, 09.06.2010)

martedì 8 giugno 2010

GOSSIP - Smutandate pazze ai concerti di "Glee". Lea Michele e Heather Morris sollevano gli spiriti e le gonne
Se già i concerti del cast di "Glee" erano sold out, adesso c'è un motivo di più per mettersi in fila. Nell'ultima settimana Lea Michele e Heather Morris hanno mandato in visibilio il pubblico (maschile) fornendo esibizioni talmente effervescenti che le mosse sul palco hanno lasciato in negligè le bravissime interpreti. Non c'è che dire, meglio dare tutte se stesse in energia che badare alle apparenze ed avere paura degli scanda(G)lee...

lunedì 7 giugno 2010

LA VITA E' UNA COSA SERIAL - Telefilm, tituli zero
Altro che reintegro con tutti gli onori del transfuga Piero Marrazzo in Rai. Altro che pacchi milionari “scavicchiati” all’ora di cena con pianti e lacrime prodotti ad arte. Il vero Servizio Pubblico lo ha reso Raidue con la trasmissione quotidiana, da fine aprile, di “Lost by Night”: tutti gli episodi del cult di J.J. Abrams dalla puntata-pilota all’ultima della quinta stagione. Un modo, si suppone, di preparare i telespettatori al meglio per l’arrivo del sesto conclusivo ed attesissimo capitolo finale. Certo, l’orario – intorno alle 2 di notte, 2 episodi a botta – non è stato dei più affrontabili – roba da mettersi 4 maxi-cucchiaiate di Nesquik nel latte bollente la mattina dopo per riprendersi – ma l’intenzione era buona. Un pò’ meno lo è stata la promozione dell’iniziativa, da elogiare. Non che si pretendesse paginate sul “Corriere della Sera” delle esclusive a tutti i costi o su “La Repubblica” di Giovanni AngelValentini. Però ultimamente, nell’ultima stagione, i telefilm fanno meno notizia. Pensateci. Se siete lettori di quotidiani, soprattutto, quanti articoli sulle serie tv vi ricordate quest’anno? Tituli zero o giù di lì. Anche sullo stesso finalissimo di “Lost”, che smuove fans e dibattiti in tutto il mondo: pochi, quasi nessuno. Eppure è oggettivamente un evento: la serie più rivoluzionaria e misteriosa degli ultimi anni sta per chiudersi e, probabilmente, fornirà qualche risposta alle tante domande che rendono insonni i seguaci. Sicuramente si correrà al riparo alle ultime battute, cercando di assemblare le indiscrezioni e le ipotesi su come finirà. Diciamocelo: non che la Disney abbia fatto molto per aiutare i giornalisti, imponendo il clima di top-secret che un tempo poteva funzionare, suscitando ulteriore curiosità e caccia allo scoop. Vedi il caso di “Twin Peaks”, oggetto della rubrica del prossimo mese. Oggi non è più così: se non si riesce a scrivere che fine farà Sawyer, ci si getta a capofitto sul boom dei fatti/rifatti di “Ciao Darwin” o sui talenti minorenni di “Ti lascio o una canzone”…C’è molta più offerta di un tempo (non che sia per forza migliore, sia chiaro!). E i telefilm in quest’ultima stagione hanno fatto meno notizia. L’unico titolo di cui si sono occupati tutti i giornali – meritoriamente – è stato “Glee”, il suo rilancio del musical e la fila di guest-stars che bussano alla porta di Ryan Murphy per parteciparvi. Qualcuno (come il “Corsera”) si è avventurato su “Modern Family”, senza però vederlo come il capostipite del ritorno alla sit-com a “stelle e strisce”. Piuttosto ben coperti, mediaticamente, anche gli arrivi di “V” e di “Vampire Diaries” (questa volta contrapposti, rispettivamente, alla serie-madre degli anni ’80 e alla Vamp-Wave tra piccolo e grande schermo). Qualche ufficio stampa ha forzato la mano spargendo spoiler (come nel caso della pazzia del Dr. House), trovando sponda in compiacenti agenzia di stampa. Oltre ai succitati titoli, il nulla o quasi. Quello più preoccupante, trovo, è che si ricomincia a parlare di singoli titoli, non più di genere seriale, di filoni, di tendenze. Ribadisco: non che i telefilm di quest’anno fornissero fonti di notizie da apertura delle pagine degli Spettacoli. Tuttavia lo scollamento mi ricorda quando sui giornali si parlava ora del fenomeno “X-Files” (e via con i pareri di sociologi, ufologi, tuttologi sul fascino del “terzo tipo”), ora del successo di “ER” (vai col medico che chiosa sul realismo in corsia, della firma femminile di costume che spiega i motivi del sex-appeal di George Clooney…), ora del caso “Beverly Hills” (chi puntava sull’idolatria per i protagonisti culminata con la loro partecipazione ai Telegatti, chi sui genitori che guardavano il serial coi figli, chi sul fenomeno generazionale). Forse va di pari passo con la frammentizzazione dell’offerta, ma io lo vedo come un preoccupante passo indietro. (Articolo di Leo Damerini pubblicato su "Telefilm Magazine" di Giugno)

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