NEWS - "Lost" and never found! E' giusto cercare un erede a tutti i costi del serial di JJ Abrams? Un interessante post su "Linkiesta" scatena il dibattito (senza fine apparente) sulla pagina dell'Accademia dei Telefilm...E' bastato un post sulla pagina Facebook dell'
Accademia dei Telefilm per scatenare
un dibattitto senza fine apparente: è giusto cercare a tutti i costi l'erede di "
Lost"? Merito (o meglio causa) del disputarsi, un doppio ed interessante post di
Alessia Barbiero su "
Linkiesta" che, un pò provocatoriamente e un pò no, getta l'amo: sarebbe ancora un cult oggi "
Lost"? E' giusto cercare un erede a tutti i costi? Sono penalizzati i nuovi titoli di Abrams tipo "
Fringe" e "
Alcatraz"? E' stato davvero un capolavoro il serial di
JJ Abrams? "
Dexter" sarebbe potuto diventare uno stracult ancora più potente senza "
Lost" alle spalle? Insomma, tanti quesiti e tanti pareri, che suscitano discussione, repliche, contro-repliche, idee per nuovi quesiti e provocazioni...
In ordine cronologico, ecco di due interventi di
Alessia Barbiero su "
Linkiesta". Per seguire il dibattito scaturito, potete accedere/iscrivervi alla pagina Facebook dell'
Accademia dei Telefilm.
Okay, a qualche settimana di distanza mi trovo a dover
ritrattare la mia posizione su Alcatraz. La foga iniziale, quella legata all'immaginario potente di The Rock, si è allentata. Ora prevale un po' la delusione: dietro all'idea bella anche se non originale (l'abbiamo già detto, lo stampo di The 4400 è più che palese), la nuova serie di
JJ Abrams si struttura alla mo' di un normale procedural. Ogni puntata ha il suo ex carcerato da ritrovare e rinchiudere in gabbia. Di 'sto passo, sembra che a fare follie saranno solo le ultime puntate, quando magari si approfondirà un po' la questione del "perché?", "come mai?", "cosa è successo in realtà?". Insomma, quando si darà largo spazio al mistero. In Rete la serie è osannata e criticata a destra e a manca, un po' come è normale che sia: c'è lo zampino di Abrams e lui, dopo
Lost, lo si ama o lo si odia.
Dopo
Lost, appunto. Anche io più volte mi sono
slanciata nel nostalgico richiamo del serial dei sopravvissuti al disastro aereo. Anche io più volte ho sperato nell'arrivo di un degno erede, un po' orfana da quando Sawyer, Kate e Jack non mi fanno più compagnia. Razionalmente però mi rendo conto che questo continuo confronto è assurdo perché - qui lo dico e qui lo nego - Lost è tutto fuorché un capolavoro. Razionalmente, intendo. Arrivi alla fine di sei stagioni dannatamente intriganti e ti chiedi: "boh, ma ha senso?". Le critiche che sono piovute sul finale erano tutte più che legittime, smorzate se vuoi dalla passione smodata per questa serie che ci ha fatto sognare più delle altre. Il fumo nero, gli orsi che attraversano la foresta, il viaggio avanti e indietro nel tempo: insomma un calderone di quelli incredibili. Forse,
se Lost fosse arrivata oggi, così come arriva Alcatraz (ma solo per farne un esempio) non sarebbe durata sei stagioni, non avrebbe raggiunto audience così soddisfacenti. Perché rispetto a una decade fa il pubblico della televisione seriale è cambiato. Mi spiego: siamo sempre noi, a cui si aggiunge la nuova generazione, ma è un pubblico più esigente, più attento. E' - siamo - un pubblico che prestiamo caso alla sceneggiatura, alla trama che fila, alla caratterizzazione dei personaggi, alla fotografia, alla musica.
Insomma, forse l'erede di
Lost c'è, ce ne sono più di uno. Quella che manca è una serie rivoluzionaria, come fu a suo modo
Lost (nel creare quell'attaccamento alla TV seriale che prima non esisteva). Una serie suis generis, una vera novità. Impresa non facile, ma noi TV series addicted ci speriamo.
La Rete è bella perché è varia. La Rete è bella perché qui si discute, si critica, ci si arrabbia. Il
mio post dell'altro giorno, quello in cui asserivo un po' provocatoriamente un po' seriamente che oggi Lost non ci piacerebbe, ha suscitato un'interessante discussione su Facebook, all'interno di una pagina "in" per gli amanti delle serie TV, ovvero
Accademia dei Telefilm. Eccomi quindi a provare a spiegare il mio punto di vista, che come tale deve essere preso: un punto di vista.
Chi legge il mio blog da sempre sa che più di una volta mi sono trovata a citare Lost, a rivangare i bei tempi in cui guardavo l'opera maxima di
JJ Abrams e a essere un po' nostalgica di quel periodo. Perché
una serie così rivoluzionaria, dopo Lost non c'è ancora stata. Ci sono stati tanti che hanno provato a presentarsi come eredi, lo stesso Abrams ha tentato di bissare il suo successo, ma con miseri risultati. Miseri non tanto perché i prodotti non siano interessanti (
Fringe - ad esempio - va avanti da quattro stagioni e anche se di tanto in tanto è un po' troppo cervellotico e a tratti ridondante continua a mantenere un buon livello) ma perché non hanno minimamente ricoperto il gap che la fine di
Lost ha lasciato. Hanno provato a giocare con le stesse armi che hanno reso
Lost vincente (i grandi temi, i contrasti, la tecnica narrativa), ma senza esiti. Da questo punto di vista,
Lost è rivoluzionario. Ma non dico nulla di nuovo.
Che
Lost sia destinato a entrare nella storia è certo: è già parte della storia, come del resto fanno tutte le rivoluzioni. Il punto non è se annoverarlo o meno tra le serie che hanno cambiato il nostro rapporto con la televisione, su quello nessuno discute. Il punto è che a mente fredda, pensando oggi al prodotto finale, Lost non è un capolavoro. E, ribadisco, lo dico e lo nego perché razionalmente ne sono convinta, emotivamente io sono una di quelle che l'isola l'ha fatta sua. Però è oggettivo che sono tante le cose che "ci siamo fatti andare bene", perché "coinvolti" nella serie.
Non era una serie perfetta, quindi quel eh no, Lost non si tocca è inadeguato. Non era perfetta perché di tanto in tanto
riempiva la trama di parentesi non chiuse, di interrogativi aperti.
Lo stesso finale, con la chiusa esistenzialista, il misticismo che pervade la scena, il limbo in cui si trovano i personaggi che non hanno trovato altre amene vie di fuga (come Mr. Eko) o altri inferni (come Micheal) può piacere o non piacere, ma onestamente
non è originale. Nel momento in cui è diventato troppo complicato gestire un prodotto del genere si è puntato sulla più classica delle interpretazioni, il gioco eterno e irrisolto tra Bene o Male (che si può leggere con tutte le sue sfumature - fede e miscredenza, luce e buio e via dicendo).
Se Lost non ci fosse stato, otto anni fa, ci sarebbe stata un'altra serie del genere a prendere il sopravvento.
Lost è stata
una delle prime a fare della battaglia tra yin e yang il suo punto di forza, ma in quel periodo stavano nascendo altri prodotti che, a modo loro e completamente diversi, ruotavano su questi temi. Dexter, che nasce due anni dopo Lost, avrebbe potuto essere il
Lost di quella generazione (perché il tema della fede se è palese solo nell'ultima stagione, pervade da sempre l'universo di questa serie. Ma anche qui la fede è solo uno dei temi). Ma
Dexter è solo un esempio: il punto è che una decina di anni fa, il pubblico (noi, io) era pronto a una serie di questo tipo. Una serie che poteva lasciare tanti punti di domanda, che fosse confusionaria, che lasciasse un finale aperto alle interpretazioni, un finale di cui tanti hanno avuto bisogno di chiedere spiegazioni. Una serie che ci facesse vedere una realtà diversa, una serie introspettiva che mettesse a tacere il nostro bisogno di rendere tutto scientifico.
Oggi no. Un'altra serie di questo tipo, molto probabilmente, oggi la molleremmo alla fine della prima stagione. Ecco il succo del mio discorso:
cercare in modo così ossessivo un erede di Lost è da folli. Perché
un altro Lost oggi non lo vorremmo, oggi non lo apprezzeremmo. Vogliamo novità, quella novità che Lost 8 anni fa seppe dare, ma che oggi tuona così maledettamente retrò. E non è uno sminuire la serie, ma un modo per dire: ragazzi, andiamo avanti.