sabato 11 giugno 2016

PICCOLO GRANDE SCHERMO - Il film di "Battlestar Galactica" ha trovato la penna (al femminile)

News tratta da "Uproxx"
That long-promised Battlestar Galactica movie is taking a big step towards finally happening. Universal confirmed today via Variety that the writer of HBO’s WestworldLisa Joy, has been selected to pen the script for the upcoming big-screen adaptation of the acclaimed sci-fi franchise. And while it hasn’t been made official yet, the rumor is that they’re eyeing Francis Lawrence, director of the controversial Constantine film and decidedly less-controversial Hunger Games films, to direct.
Battlestar debuted on television in 1978 and spawned countless spinoffs across various mediums, including books, television, comics, and more. However, its recent popularity is largely due to the 2004 reboot of the show, one of the first great explicitly post-9/11 American television shows. Eschewing the original’s camp for intense political drama and philosophical commentary on what it means to be human, the show enjoyed a four-season run and critical acclaim, even if its finale ended up proving to be one of the most polarizing last episodes of all time.
X-Men franchise director Bryan Singer had been attached to direct the film previously, but is no longer associated with the production. Given the recent reception of his latest film, X-Men: Apocalypse, this could be a good thing. Lawrence’s Hunger Games films (he directed all but the first in the series) are critically acclaimed, especially the second installment, Catching Fire. With solid experience in directing dystopian science fiction, Lawrence will likely be a great fit for Battlestar‘s big franchise debut when it finally arrives.

venerdì 10 giugno 2016

NEWS - Clamoroso al Cibali! Netflix Italia rende disponibili (per errore?) le serie Sky per una notte...Alleanza in vista vs. Premium+Vivendi?

Articolo di Alessandro Gnocchi su "Il Giornale"
Notte tra lunedì e martedì, ore 24 e 30 circa. Gli insonni che hanno aperto l'applicazione di Netflix, la TV in streaming (visibile con abbonamento su computer, smartphone, tablet) si sono trovati davanti al paese di Bengodi. Nella schermata iniziale ecco apparire come per incanto una raffica delle migliori serie TV attualmente trasmesse da altre piattaforme. Si sarà chiesto il cliente assonnato di Netflix: sogno o son desto? Era desto. E ha potuto aggiungere alla propria playlist: Aquarius, American Horror Story, The Walking Dead, Homeland, Falling Skies, Blacklist, House of Cards, Teen Wolf. II meglio del meglio, del passato e del presente. Tutte serie oggi in onda su Sky, specie sui canali Fox, con un notevole gradimento del pubblico. Ma c'erano anche le novità originali ed esclusive di Netflix, non ancora diffuse come, ad esempio, la seconda stagione integrale di Dal tramonto all'alba, la serie d'ispirazione tarantinesca realizzata da Robert Rodriguez, già destinata al mercato italiano, ma non ancora uscita. Roba da stare svegli una settimana di fila per vedere almeno l'«indispensabile». Finito il quale ci sarebbero comunque le centinaia di film anch'essi apparsi nella notte magica. Pellicole non disponibili per l'utente italiano, spesso in lingua originale. Insomma, deve essere successo qualcosa forse per errore è finito on line il catalogo delle novità insieme a «brandelli» di quello americano. Torniamo alle serie: tutte le stagioni in lingua italiana, con riassunti puntata per puntata. Dopo circa un'ora di ricerche, gli insonni, ormai elettrizzati, avranno magari deciso di guardarsi le ultime tre stagioni di Falling Skies, iniziando subito e prendendo un paio di giorni di ferie. Un po' di fantascienza, prodotta da Steven Spielberg, sembrava adatta dopo la scoperta stellare. Pronti, via. Netflix si arena. Compare il messa o: il contenuto al momento non è disponibile, riprova più tardi o scegline un altro. Sotto un codice numerico che segnala problemi di accesso all'archivio. Chiudere o non chiudere? Cancellare e ricaricare l'applicazione o riprovare nella speranza che si sblocchi? Nell'incertezza, si chiude, si disinstalla, si riparte. Alla riapertura, è svanito l'incantesimo. Eccoci di nuovo di fronte al solito Netflix italiano, con i consueti contenuti. Quelli nuovi, che avevano fatto esultare gli utenti, sono scomparsi. Evaporati, anzi: rinchiusi, nei meandri dell'archivio inaccessibile. Non resta che andare a dormire colmi di rammarico. A questo punto, però, la mattina seguente, viene la curiosità. Di preciso, perché Netflix ha pronta per la pubblicazione metà catalogo delle serie TV in onda su Sky, la metà interessante, tra l'altro? Cosa bolle in pentola? La spiegazione tecnica sta nel fatto che nell'archivio di altri Paesi quelle serie sono disponibili e sono già predisposte in diverse lingue, italiano incluso, sottotitolate o meno. Ma quello apparso nella notte magica si direbbe, almeno in parte, proprio l'archivio italiano, come lascia supporre la presenza degli originali Netflix non ancora rilasciati (neppure altrove) ma già annunciati nel nostro Paese. Interpellati i responsabili di Netflix in Europa rispondono di «non aver riscontrato particolari anomalie» e che comunque queste serie potranno essere visibili in Italia quando saranno ridiscussi i diritti di trasmissione di ognuna. Del resto è un periodo di riposizionamento, alleanze, fusioni e innovazioni tecnologiche, come spiega l'altro articolo in questa pagina. E se gli insonni avessero assistito per errore al primo capitolo della futura guerra per la Tv in streaming, che si combatterà proprio sulle serie? Ci vorrebbe un mago per saperlo. Oppure un errore notturno.

giovedì 9 giugno 2016

NEWS - Netflix all'europea: la nuova Premium produrrà dalla nuova stagione 10 serie tv originali "di alta qualità". Possibile  sede in Germania (meno tasse)

Articolo tratto da "Il Sole 24 ore"
Si stringono i tempi per la nascita di un Netflix europeo. È almeno quanto sostiene il quotidiano francese «Le Figaro», secondo il quale il progetto potrebbe vedere la luce entro la fine dell'anno, con una piattaforma di video a richiesta in abbonamento (Svod) che avrebbe sede in Germania. A lanciare l'iniziativa di cui si è già parlato al momento dell'accordo con Mediaset sarebbe Vivendi, il gigante dell'entertainment guidato da Vincent Bolloré, principale azionista di Telecom Italia. Assieme, appunto, a Mediaset e forse agli spagnoli di Telefonica. I Paesi interessati, almeno in un primo tempo, sarebbero Germania, Francia, Italia e Spagna. Dal quartier generale di Vivendi non arriva altro se non il solito «no comment». Anche se fannonotare che forse è un po' presto per parlare concretamente di simili progetti, visto che l'operazione Mediaset è ancora in attesa del via libera delle autorità competenti, il quale non dovrebbe arrivare prima di fine settembre. Forse è presto per parlarne, ma certo l'idea è sul tappeto da tempo. Non solo da parte di Vivendi. Il problema, sostiene «Le Figaro», è evitare che la sede sia in Francia. Dove gli obblighi legati al finanziamento del cinema francese e alle quote di trasmissione di produzioni «made in France» rendono l'operazione più complessa e costosa. Perché in effetti non scegliere allora la Germania, dove Vivendi è già attiva nella Svod con Watchever. Quanto alla platea di utenti, si partirebbe dai 3oomila abbonati di quest'ultima, i 55omila circa di CanalPlay (sempre Vivendi) in Francia, i 600mila di Infmity (Mediaset) in Italia E magari anche il milione di Yomvi (Movistar , del gruppo Telefonica, di cui Vivendi ha l'1%) in Spagna. Certo siamo ancora lontani dai numeri di Netflix, ma sarebbe una importante base di partenza, che consentirebbe di immaginare la produzione di una decina di serie originali di alta qualità (e quindi ad alto costo) all'anno. D'altronde Vivendi sta già investendo pesantemente nell'acquisizione di quote di partecipazione in molte società di produzione europee.

martedì 7 giugno 2016

NEWS - "I personaggi LGBT lottano due volte, per l'amore e contro i pregiudizi". La "Lexa Pledge" conquista l'attenzione del "Corriere della Sera" 

Articolo tratto dal "Corriere della Sera" 
La televisione spesso si rivela per quella che è: uno specchio. E lo stesso fanno i numeri: leggerli non fa che restituire un’immagine molto chiara. Sono 18 mila i personaggi eterosessuali che compaiono nelle serie tv, appena 383 invece quelli appartenenti alla comunità Lgtb: e di questi ben 156 sono stati uccisi. Una sproporzione. Confermata anche da altre percentuali: l’89% delle serie tv non ha personaggi omo o bisessuali. E nell’11% rimanente solo il 16% delle storie si è concluso con un lieto fine. Ma qualcosa si muove e ora sotto la spinta della ribellione di molti fan, autori e produttori hanno promosso una raccolta firme (riuniti nel gruppo «Lgtb Fans Deserve Better», ossia meritano il meglio) stanchi di vedere la morte di personaggi televisivi gay e chiedono — con tanto di appello in un video che ricostruisce i numeri di questa discriminazione — che i personaggi che rappresentano la comunità Lgtb vengano trattati con più rispetto. Hanno redatto anche un impegno scritto in 7 punti il cui scopo è quello che «la comunità queer sia equamente rappresentata in tv». La goccia che ha fatto traboccare il vaso (e chi vuole evitare spoiler su The 100 non continui a leggere) è stata la morte di Lexa, la lesbica interpretata da Alycia Debnam-Carey nella serie che in Italia va in onda su Premium Action (la terza stagione inedita da settembre). Lexa era un personaggio chiave, fatto sparire di scena come è accaduto nel tempo a storici protagonisti paladini dei diritti arcobaleno: Marissa (Mischa Barton) in The O.C., Tara (Amber Benson) in Buffy l’ammazzavampiri, Tricia (Madeline Brewer) in Orange Is the New Black, Denise (Merritt Wever) in The Walking Dead.
Negli Stati Uniti la questione è diventata tema di dibattito. Tanto che il creatore di The 100 Jason Rothenberg ha dovuto fare pubblica ammenda: «Non c’è mai un’unanimità nelle scelte degli sceneggiatori di una serie. Ognuno sottopone la propria, ma poi tocca a me scegliere. Nel mondo del nostro telefilm nessuno è al sicuro e ogni personaggio, anche se apprezzato, può morire, in qualsiasi momento. Ci sono diverse ragioni per cui questa puntata è stata pensata in questo modo: pratiche (un’attrice lasciava lo show perché impegnata anche in Fear the Walking Dead), creative (è una storia sulla reincarnazione) e tematiche (è uno show sulla sopravvivenza). Nonostante le mie ragioni, scrivo e produco televisione per il mondo reale, dove esistono luoghi comuni negativi. E mi dispiace molto per non essermene pienamente reso conto. Sapendo ciò che so ora, la morte di Lexa sarebbe stata messa in scena diversamente». Leo Damerini, autore del Dizionario dei Telefilm (Garzanti), dà una lettura del fenomeno: «In generale i personaggi Lgtb devono lottare due volte: per il loro amore personale e contro i pregiudizi sociali. Hanno relazioni più tormentate, e spesso soccombono. C’è una visone sadica e molto pratica in questo da parte degli sceneggiatori americani: i loro tormenti appassionano il doppio, portano i telespettatori ad affezionarsi più rapidamente, sull’onda dei recenti movimenti che inneggiano alla parità, per poi celebrare funerali che diventano eventi epocali, perdite che colpiscono nel profondo. Perché non si perdono solo personaggi, ma più spesso bandiere e simboli».

Certo la prossima polemica sembra già vicina (e qui invece non legga chi vuole evitare spoiler su Grey’s Anatomy): la dottoressa lesbica Callie Torres (interpretata da Sara Ramirez) sembra pronta a lasciare dopo 10 anni la serie ideata da Shonda Rhimes. La dodicesima stagione vedrà infatti la sua uscita (come, non si sa ancora). L’attrice si prenderà una pausa (dunque in futuro potrebbe anche tornare) e all’origine della scelta c’è prosaicamente il fatto che le parti non hanno chiuso un nuovo accordo in vista della scadenza del contratto a giugno. In questo caso ragioni economiche, di fatto un’altra storia senza lieto fine.
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

lunedì 6 giugno 2016

NEWS - Diavolo d'un Kirkman! Dopo gli zombie di "TWD" lancia i demoni di "Outcast" (da stasera). "Nelle mie storie cerco l'umanità tra gli orrori quotidiani"

Intervista a Robert Kirkman tratta da "La Repubblica"
Degli angeli ciascuno è tremendo scriveva Rainer Maria Rilke nelle Elegie Duinesi. Figuriamoci i diavoli. Non risparmia nulla a riguardo la nuova serie di Robert Kirkman, Outcast, tratta come già The walking dead da un suo fumetto di grande successo: negli Usa il primo numero di Outcast ha venduto oltre centomila copie. Esempi unici di comics che in tempi brevissimi riescono ad arrivare sullo schermo e da lì diventare, è il caso di The walking dead. la serie più vista nella fascia d'età 18-49, con una media di 11 milioni di telespettatori a puntata. Outcast potrebbe persino superarla. Di certo nella prima puntata in onda stasera su Fox (canale 112 di Sky) in contemporanea con 129 paesi, non manca niente: voci inquietanti, levitazioni, testate contro il muro e un bambino ( posseduto) che viene preso a pugni, ma li restituisce anche, e con grande efficacia. Robert Kirkman da Los Angeles ci ha raccontato gli orrori che ci attendono. 
Qual è il film più spaventoso che le sia mai capitato di vedere? 
«Beh, forse è una cosa un po' strana ma direi che è stato 'La casa'. So che probabilmente non è il miglior film della storia e che se lo guardassi adesso probabilmente mi farebbe ridere ma quando lo vidi avevo solo dieci anni. I miei genitori avevano affittato il vhs ed erano convinti che fossi a dormire, invece io attirato dalle urla mi ero alzato e stavo dietro di loro che erano seduti sul divano... Non ho potuto dormire per settimane".
Per molti il film più spaventoso della storia è stato "L'esorcista". E adesso lei è in procinto di farci vedere proprio una nuova serie Tv, "Outcast", dedicata alla possessione demoniaca... 
"Volevo fare una storia sull'esorcismo e sulla possessione perché mi sembrava che fosse ricca di tematiche. Naturalmente 'L'esorcista' ha rappresentato la pietra di paragone, ma io volevo fare qualcosa di mai visto prima». 
Come già sa chi ha iniziato a leggere il fumetto che in Italia è arrivato all'ottava puntata...
«Si e no: come per The walking dead, fumetto e serie tv sono diversi. Sono due media differenti e certe cose impossibili per il fumetto funzionano benissimo per la tv...".
Lei ha creato un tipo di fruizione nuova nell'horror: dialoghi di qualità e analisi approfondita della natura umana...
"Tutti noi lottiamo. I protagonisti delle mie storie hanno a che fare con i nostri stessi problemi e credo sia proprio questo ciò che rende credibile l'incredibile. Questa quotidianità cerca di persistere anche tra gli orrori e credo che sia proprio questo che definisce la nostra "umanità". 
Lei è un ottimista o un pessimista? 
"Non saprei...Credo un po' di entrambi. Sono un ottimista nella vita familiaree un pessimista per quanto riguarda l'economia".
Crede nel demonio?
"Non lo so: lascio le porte aperte...Credo ci siano dei fenomeni con cui la gente ha a che fare che non sono del tutto spiegabili...".
George Romero considerava gli zombi dei suoi film una metafora contro il consumismo. Anche le sue opere si possono leggere in modo politico?
"Mi interessa raccontare storie che tengano la gente inchiodata. Questo non significa che non ci siano aspetti leggibili in maniera politica ma io non intendo essere predicatorio: la gente è libera di leggerle come vuole». 
Che cos'è un "Outcast", un "Reietto" nella traduzione italiana, per lei?
"È una condizione che ha a che fare con una serie di cose brutte che possono capitare a tutti, volontarie e involontarie che portano una persona ad allontanarsi dalla comunità: è quello che capita al protagonista di Outcast, accusato di aver picchiato la moglie anche se si scoprirà che non è esattamente così...".
Non le piacciono gli eroi tutto di un pezzo... 
«Le persone reali non sono tutte di un pezzo: hanno delle cadute ma possono rialzarsi, è come se il protagonista, Kyle Barnes, iniziasse un viaggio con lo scopo di combattere i demoni: ci riuscirà o no? L'importante è il viaggio e le cose che lo rendono interessante sono gli errori che si compiono.. 
"The walking dead" nasconde una lotta per sopravvivere. In questo difficile momento economico lei pensa che in America sia difficile riuscirci?
"Per un sacco di persone lo è e credo che questo sia il motivo per cui sia così popolare. Le cose stanno andando male e c'è una vera lotta oggi per riuscire a pagare l'affitto. The walking dead mostra anche l'incredibile capacità degli uomini di reagire alle avversità...".
Quando lei ha iniziato a fare fumetti l'ha tenuto nascosto alla sua famiglia...
"Si mi sono licenziato dal lavoro e non l'ho detto fino a che non sono riuscito a guadagnare abbastanza per vivere. Non volevo che i miei genitori si preoccupassero e quindi sì, ho mentito ma con le migliori intenzioni".
Cosa dice la sua famiglia del suo successo?  
"I miei figli e mia moglie sono contenti ma lei non legge fumetti e non guarda serie tv».
Prima zombie, poi demoni. Dopo "Outcast" arriveranno i vampiri? 
"(ride) Non lo so. In realtà credo che la prossima cosa che farò sarà qualcosa di completamente differente da tutto quello che ho fatto fino a questo momento...".

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