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lunedì 18 marzo 2019

NEWS - Achtung, compagni! Tra una settimana viene presentato lo streaming di Apple anti-Netflix e Amazon

Articolo tratto da "La Stampa"
L'invito è nero, lucido, con la silhouette della mela morsicata e le parole: «It's show time». È l'ora dello spettacolo: scocca il 25 marzo alle 10 del mattino, ora locale di Cupertino, California. Non sta scritto, né sull'invito né altrove, ma tutti sanno (o immaginano) che li, in quel giorno e quell'ora la Apple annuncerà il lancio della sua piattaforma di streaming, la sua Netflix, la «tv» che viaggia su Internet e che ciascuno può vedere quando vuole - in abbonamento - su smartphone, tablet, computer e televisori collegati alla Rete. Sarà quello il preciso momento in cui si scatenerà la guerra tra giganti dell'intrattenimento che cambierà definitivamente il modo in cui useremo i piccoli e grandi schermi. Bob Iger, il grande capo Disney impegnato in questi mesi a digerire il boccone da 66 miliardi 20th Century Fox, ha svelato tre giorni fa che Disney+, il servizio di streaming che lancerà negli Usa entro l'anno, «ospiterà l'intero archivio dei nostri film» dagli Anni 20 a oggi, e naturalmente le produzioni future. Quale famiglia al mondo potrà resistere a una piattaforma che permette di vedere (e rivedere, come piace ai bambini) Dumbo, Il re leone, Frozen, Biancaneve e La sirenetta ogni volta che lo si desidera sullo schermo di casa? Intanto Amazon, il colosso del commercio online, più grande Internet company al mondo, punta forte sulla sua divisione di intrattenimento in streaming, Amazon Prime Video. Al recente festival Sundance, specializzato in cinema e documentari di qualità, ha speso 41 milioni di dollari, più di ogni altro distributore, per acquisire film, soprattutto commedie adatte a un pubblico femminile. L'azienda fondata da Jeff Bezos, l'uomo più ricco del mondo, ha ingaggiato diverse star (Julia Roberts, Jon Hamm, Orlando Bloom) e molto si attende da Good Omens, mini-serie coprodotta con la Bbc in arrivo a fine maggio. Ora porterà la sfida anche sul terreno della tv più tradizionale (unscripted in televisonese), storie vere, talk show e intrattenimento non sceneggiato. 
Se a questi big aggiungiamo il gruppo Warner, che ha annunciato una discesa in campo prima della fine del 2019, e Netflix, che con i suoi 140 milioni di abbonati guida la graduatoria di un mercato globale che ha sostanzialmente inventato, abbiamo un quadro abbastanza completo dei partecipanti alla guerra. Netflix, tra l'altro, non si ferma mai: stringe accordi in giro per il mondo, lavora molto sull'animazione (esce Love Death e Robots, diretta da David Fincher, il regista di Fight Club), ha già un cavallo di razza pronto per la corsa al prossimo Oscar, The Irishman, regia di Martin Scorsese, con Robert DeNiro e Al Pacino, costato 200 milioni di dollari, che in autunno uscirà anche in sala e questa volta in maniera massiccia, non in pochi «selezionati» cinema come Roma. E l'Italia? Siamo troppo piccoli per avere un ruolo nella tv via web? Da noi oggi si vedono Netflix, Amazon e forse presto anche Apple, che sfrutterà il suo vantaggio competitivo più evidente, il miliardo e 300 milioni di dispositivi con il marchio della mela in funzione nel mondo. Poi c'è Now Tv, il braccio via streaming di Sky, che offre anche il calcio, interessante perché indica una delle possibili strade future per i canali che Rupert Murdoch ha venduto a Comcast; c'è DPlay di Discovery; RaiPlay della Rai, che vanta già buoni numeri, anche in occasioni apparentemente vintage come il Festival di Sanremo. Tim Vision, che offre serie premiatissime come Il racconto dell'ancella e KillingEve, produce Skam Italia che è un piccolo fenomeno. E ci sono Chili e Rakuten, che propongono un modello diverso, senza abbonamenti, un sistema paga-ciò-che-vedi dai possibili interessanti sviluppi. Un'altra domanda si impone: c'è spazio per tutti, o nel mondo ne resterà solo uno, come nel film Highlander? La storia insegna che il flusso di informazioni del web finisce per portare al monopolio: c'è un solo motore di ricerca, una sola enciclopedia online, un solo sito per vedere i video. E chi può essere interessato a pagare quattro o cinque abbonamenti per vedere i film, le serie e gli show che ama? L'unica certezza è che il panorama è in movimento. Tra un paio d'anni i nomi citati in questo articolo potrebbero essere cambiati, o non esistere del tutto, o essersi aggregati. Ma non si tornerà indietro, la nuova televisione - quella che permette a tutti di costruire e smontare il proprio palinsesto casalingo con un clic - entrerà nelle nostre vite e le cambierà più di quanto abbia fatto finora.

lunedì 25 febbraio 2019

NEWS - Achtung, compagni! La tv on line ha raggiunto quella satellitare ed è pronta al sorpasso in nome dell'"effetto Netflix"

Articolo tratto da "Affari&Finanza"
La corsa frenetica ai contenuti originali per saziare i divoratori di film e serie tv, la competizione sbilanciata e agguerrita tra gli operatori tradizionali e i colossi online, la ricerca affannosa del perfetto equilibrio tra quantità e qualità, l'apertura multiservizio del consumatore digitale e infine la difficile ma possibile riscossa dei piccoli player. Chi crede che la rivoluzione digitale si sia già abbattuta definitivamente sul mercato televisivo è ancora in tempo per rimettere in discussione le proprie convinzioni, se non altro perché non abbiamo ancora visto nulla. E ciò vale in modo specifico per il mercato televisivo italiano, uno degli ultimi a esser stato bagnato da questa rivoluzione a macchia d'olio. L'avanzata inarrestabile della televisione in streaming e on demand trainata dai giganti tecnologici, e in particolare da Netflix, è il fenomeno con la effe maiuscola degli ultimi anni. Basta anche solo osservare il profondo mutamento delle modalità di consumo di contenuti televisivi, ormai fruibili quando, come e dove vogliamo, per renderci conto di quanto stiano cambiando i paradigmi competitivi. A quanto pare siamo però solo in presenza delle prime avvisaglie di un vero e proprio tsunami digitale. Secondo il termometro del settore televisivo italiano contenuto nell'ultimo rapporto di ITMedia Consulting, che non a caso cita nel titolo un vero e proprio "effetto Netflix", la televisione online sta infatti sottraendo anno dopo anno utenti e mercato al digitale terrestre e alla pay-tv satellitare. Ed entro il 2020 l'offerta televisiva trasmessa in banda larga raggiungerà circa 8,5 milioni di abitazioni, cioè oltre 5 milioni in più di quelle raggiunte lo scorso anno, per un tasso di crescita media annua del 25%. Ciò significa che alla fine del prossimo anno i player della tv online (da Netflix ad Amazon, da Tim Vision a Chili, passando per la Now TV di Sky, Infinity e altri) arriveranno a contare il doppio degli abbonati satellitari conquistati da Sky dopo 15 anni di attività. Questa spinta cambierà anche gli equilibri delle modalità di accesso ai contenuti, segnando forse un punto di non ritorno: la tv a pagamento sorpasserà la tv gratuita come modalità primaria, salendo dal 42% delle famiglie italiane dello scorso anno al 55% entro il 2020. Si preannuncia un sorpasso storico anche all'interno della stessa famiglia dei contenuti pay, sempre in termini di penetrazione: entro il prossimo biennio, infatti, la televisione online diventerà il canale primario di accesso ai contenuti a pagamento, registrando così un fulmineo balzo dal terzo e ultimo posto alla prima posizione in tre anni. Insomma, siamo in presenza di un fenomeno di assoluto rilievo che tra l'altro si sta estendendo dai Millennials a ogni generazione.

«Il mercato italiano del video on demand è un mercato giovane ma ha già raggiunto un numero di utenti paragonabile a quello di Sky. E non è un risultato da poco se pensiamo che Mediaset Premium ha impiegato anni per conquistare la metà degli utenti della pay-tv rivale. Ecco perché ormai anche i broadcaster sono spinti a posizionarsi sul segmento online», sottolinea Augusto Preta, fondatore e ceo di ITMedia Consulting, contestando la riduzione del successo degli Over-the-top alla competitività dei prezzi degli abbonamenti mensili, in alcuni casi persino inferiori alla doppia cifra: «I fattori di successo di queste piattaforme non sono legati esclusivamente al prezzo, anche perché il prezzo stesso è in realtà la sintesi di una capacità più ampia di conquistare e fidelizzare il pubblico in maniera più efficace. Questa è la vera peculiarità di Amazon, Netfiix e degli altri big del video on demand che non hanno bisogno di investire grandi cifre sull'acquisizione di abbonati, come invece devono fare gli operatori tradizionali». Tra i vantaggi competitivi degli operatori online rientra anche la capacità di sfruttamento dei dati generati dagli spettatori online. Analizzando continuamente le scelte, i gusti e le preferenze degli utenti è infatti possibile suggerire il contenuto più adatto a ogni profilo. E soprattutto avere il polso della domanda: non proprio un aspetto secondario, specialmente quando si tratta di allocare il budget sulla creazione dei contenuti originali. Quest'ultimo punto interessa ovviamente pure gli operatori tradizionali, tanto che in questo senso va letta la recente stagione di fusioni e accordi: «Avere più utenti significa avere più dati, cioè conoscere meglio il proprio pubblico. La dimensione è un fattore fondamentale di competitività. I concorrenti diretti degli over-the-top sono i big, da Disney ad ATeT post fusione con Time Warner passando per la Sky acquisita da Comcast, perché hanno la capacità di unire un pubblico da centinaia di milioni di utenti. Del resto, non si può competere contro chi ha pianificato investimenti miliardari sui contenuti investendo 100 milioni».
Queste dinamiche stanno interessando anche il mercato televisivo italiano. Nel nostro Paese il segmento online sconta un ritardo non indifferente rispetto ad altri grandi Paesi europei: non a caso, rileva ITMedia Consulting, ancora non si assiste alla sottrazione di abbonati alle pay-tv che invece si sta verificando negli Usa o nel Regno Unito. I grandi broadcaster si stanno comunque attrezzando: ad esempio, Mediaset e Rai stanno puntando sulle partnership con gli operatori stranieri per costruire una dimensione più ampia di pubblico e offerta. E sembra esserci qualche margine di conquista anche per i piccoli operatori: «La predisposizione degli utenti online a sfruttare contemporaneamente più servizi in streaming e on demand gioca a favore dei player minori. Se prima era impossibile competere con i grandi, ora è difficile ma possibile, anche perché il mercato digitale è destinato a crescere ulteriormente. Almeno sulla carta, ci sono quindi opportunità di posizionamento per tutti. Credo però che sul lungo periodo la tendenza al consolidamento si farà sentire».

sabato 27 gennaio 2018

lunedì 15 gennaio 2018

NEWS - Tv, nel 2018 boom di coalizioni di network: chi non si allea è perduto. Tra Disney e Apple l'incognita Mediaset+Vivendi, tutti a insidiare o a corteggiare Netflix e Amazon. Leggi QUI

venerdì 29 dicembre 2017

NEWS - Fermi tutti (in tutti i sensi)! La tv generalista (free) in crisi: in calo sotto i 10 milioni di spettatori e pubblicità stagnante nonostante la Nazionale di calcio, Sanremo e i presunti pompini della Rodriguez nell'armadio. Crescono (di poco) i neo canali come Tv8 e Nove. E nel 2018 cresceranno le piattaforme on line tipo Netflix e le pay tv, dove i ricavi sono in crescita...
News tratta da "Il Sole 24 Ore"
C'è un dato fra quelli elaborati dallo Studio Frasi su base Auditel su cui occorre soffermarsi per analizzare il mercato tv in Italia nel 2017. L'ascolto totale di televisione da televisore è sceso nell'anno (i dati prendono a esame il periodo 1 gennaio-16 dicembre) del 2% nel giorno medio e del 3% in prime time. E così durante tutto il giorno la media dei telespettatori davanti al piccolo schermo è scesa a 9,84 milioni. Sotto 10 milioni: soglia critica, oltre la quale non si scendeva dal 2011. Preconizzare la morte della tv sta diventando sport sempre più diffuso, con una divisione anche abbastanza netta della platea fra apocalittici e fiduciosi in un futuro in cui il piccolo schermo- e tutta l'industria che sta dietro- dovrà comunque cambiare. Certo è che il segnale che traspare dai dati d'ascolto di un anno di televisione, elaborati per Il Sole 24 Ore dallo Studio Frasi, è inequivocabile nel tratteggiare i contorni di un comparto bloccato, con spostamenti di share di uno zero virgola, per le generaliste e per i neocanali. In questo quadro, due sole generaliste hanno il segno più. Sono le due ammiraglie- Rai1 e Canale5 - attorno alle quali i due editori hanno costruito un fortino, anche a spese delle proprie reti cadette come dimostra per certi versi (indipendentemente dal giudizio sul risultato considerato da più parti al di sotto delle aspettative) lo spostamento di Che Tempo che Fa da Rai 3 a Rai 1. I numeri comunque segnalano per la prima rete Rai una share del 16,7% nel giorno medio (immobile rispetto all'anno prima) e per Canale 5 una share al 15,8% cresciuta di 0,19 punti. Allo stesso modo in prima serata la share del 18,9% di Rai 1 è salita di 0,36 punti mentre quella di Canale 5 a1 15,4% è andata su di 0,38 punti.

Qui finiscono le belle notizie per la tv generaliste Anche perché, considerando la riduzione del parco spettatori, lo Studio Frasi indica un calo "reale" dell'1,75% nella audience di Rai 1 e dello 0,75% per Canale 5 nel giorno medio con -1,17% per Rai 1 e -0,64% per Canale 5 in prime time. A crescere - pur se con audience non paragonabili alle generaliste - sono invece i neocanali. Il 2017 è l'anno in cui Tv8 (Sky) conquista il primato in questo segmento grazie a un incremento di mezzo punto di share, che vale una crescita media del 32,6% e del 28% in prime time. Rispetto allo scorso anno Tv8 supera Real Time nel giorno medio e Iris in prime time. Altri canali registrano salite di rilievo come Paramount Channel (Viacom) che raddoppia i propri ascolti in prima serata o Nove (Discovery) che sale dalla nona alla quarta posizione in prime time e dalla nona alla quinta nel giorno media Bene anche Rai Yoyo, per bambini e senza pubblicità, seconda fra i neocanali. Tutto questo però avviene nel contesto di un mercato fermo quanto ad ascolti e pubblicità(che per Nielsen è addirittura calata del 2,9% nei primi dieci mesi dell'anno). Il che per certi versi potrebbe risultare anche paradossalevisto ilproliferare dell'offerta e i nuovi canali nati nel 2017: Sony Pictures Network ha lanciato sul 45 il canale Pop, per bambini, e Cine Sony (a155) sul mondo del cinema La multinazionale Usa Scripps ha dal canto suo lanciato Food Network sul 33. E ancora: De Agostini è partita sul 59 con il canale maschile Alpha, Viacom con il maschile Spike sul 49 e Mediaset ha acquisito il canale 20 (quello di ReteCapri) daTbs. Ascolti e pubblicità (con la tv che comunque nel 2016 valeva ancora la metà della torta degli investimenti pubblicitari comprensiva anche di Google e Facebook) non possono però che far suonare un campanello d'allarme nell'Italia del piccolo schermo in cui Festival di Sanremo e sport continuano a farla da padrone (si veda analisi a lato). Anche perché già ora, ma da qui in avanti sempre di più, analisti e osservatori sono concordi nel dire che la tv tradizionale dovrà fare i conti con la crescita della broadband tv e dei servizi in streaming. L'avanzata di Netflix e il battage su Amazon Prime Video sono sotto gli occhi di tutti. Mediaset (con Infinity) e Sky (con NowTv) si sono nel frattempo posizionati nel mercato dello Svod (in abbonamento) come anche Timvision. In Chili (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), attiva nel Tvod (si paga solo per ciò che si vede), Torino 1895 Investimenti, holding della famiglia Lavazza, ha investito 25 milioni. Truppe schierate. E i risultati si iniziano a vedere. L'ultimo rapporto It Media Consulting indica per il mercato tv un calo di ricavi. La pubblicità è prevista stabile a 3,175 miliardi, con il risultato che i ricavi da pay tv hanno superato quelli da spot. Tutto questo, spiega la società guidata da Augusto Preta, è però frutto prevalentemente della crescita della broadband tv e dei nuovi servizi in abbonamento in streaming, con oltre 2 milioni di utenti. Una Tv tanto diversa dalla cara, vecchia Tv.

giovedì 28 dicembre 2017

NEWS - Clamoroso al Cibali! I serial formato...espresso: Lavazza acquista il 25% di Chili e nel 2018 scende nell'arena delle serie tv al fianco di Sony, Paramount, Viacom e Warner. Oltre 11 milioni di euro per la promozione nel 2018
News tratta da "Il Sole 24 Ore"

"La piattaforma di videostreaming Chili come primo investimento della propria holding. Quella della famiglia Lavazza è evidentemente una scommessa che nulla ha a che fare con la storica produzione di caffè. Ma la fiche è di tutto rispetto: 25 milioni con cui è stato rilevato, a 155 euro per azione, il 24,95% di questa società fondata nel 2012, nata da una costola di Fastweb e attiva nel "Tvod": video on demand con formula basata su singoli acquisti e differente dallo "Svod", modalità in abbonamento scelta da Netflix, Infinity, Timvision, NowTv. Nessun commento da Lavazza se non la conferma che a investire è stata «una holding finanziaria riconducbile alla famiglia Lavazza». A fondare Chili fu, fra gli altri, Stefano Parisi. Con la discesa in politica - con "Energie per l'Italia", nel centrodestra - Parisi ha abbandonato le cariche pur rimanendo azionista all'interno di "Brace": veicolo dei fondatori e primo socio, ora con il 31,65%. Sempre in "Brace" ha quote Giorgio Tacchia, altro fondatore e ora presidente e ad. «Chili - spiega - è un progetto internazionale di cui si è potuto intravedere sino a oggi solo la parte in superficie. Da pura piattaforma siamo diventati un marketplace dell'intrattenimento. Sono molto felice che la famiglia Lavazza abbia creduto nel progetto, come altri investitori con grande esperienza internazionale». Fra questi ci sono 4 major-Sony (con il 2,96%), Paramount, e la controllante Viacom (4,1%); WarnerBros (4,17%)-entrate nel capitale nel 2016, oltre al direttore di Lvmh Antonio Belloni, al finanziere Francesco Trapani, alla famiglia Passera, a Negentropy (fondo basato a Londra), al fondo Antares di Stefano Romiti. Il bilancio ha sempre chiuso in rosso e il 2016 non ha fatto eccezione (-8,4 milioni). «Dopo tanti investimenti siamo entrati nella fase growth. I 7,1 milioni di ricavi del 2016 — precisa l'ad - sono raddoppiati nel 2017 e per il 2018 andranno sui 30 milioni». Il piano industriale prevede addirittura 300 milioni al 2022. Intanto nel 2018 «spenderemo 11,5 milioni in comunicazione» per far conoscere di più Chili in Uk, Germania, Austria e Polonia, dove il servizio è già attivo. Nel 2018 è quindi atteso il cambio di passo, sfruttando una peculiarità: in Chili si commercializzano non solo film e serie tv, ma anche oggetti e gadget. In più sul sito sono"cliccabili" trailer e anticipazioni di film non ancora sugli schermi con tutto ciò che consegue sul fronte dati. «Il nostro è un progetto di portata globale che mette al centro la profilazione dei clienti, né più e né meno di quanto fanno altri big mondiali. Siamo stati assistiti da Deutsche Bank Us nella ricerca di partner, riscontrando grande interesse». La famiglia Lavazza ci ha scommesso". 

lunedì 24 aprile 2017

NEWS - Achtung, compagni! Vodafone Tv fa sul serial

Articolo tratto da "Corriere Economia"
L' arena dei servizi video (spettacoli, film, serie tv, documentari, sport) in streaming si fa sempre più affollata. Dopo Sky con Now Tv, Mediaset con Infinity, Netfflix, Chili e Amazon Video per gli abbonati ad Amazon Prime, sono scesi in campo anche gli operatori telefonici. La prima è stata TIM con TIMvision corredato di set-top box basato su Android TV seguita da Vodafone con la sua Vodafone TV, da o disponibile in tutta Italia con dieci nuove partnership: da Sony Pictures Television e BBC Worldwide fino a 20th Century Fox, che sia, che si aggiungono agli accordi già siglati con Sky, Netflix e Chili. Sul fronte dei gestori telefonici l'offerta dl Vodafone si pone in concorrenza con quella di TIM, anche se l'ingresso di Fastweb è atteso a breve e Wind 3 sta cercando accordi con produttori di contenuti. Vodafone TV è dedicata ai clienti in fibra di Vodafone - la cui copertura è arrivata in 970 città italiane e raggiunge 12,4 milioni di famiglie e imprese - ed è sottoscrivibile presso 800 punti vendita e sul sito al costo di 10 euro ogni 4 settimane. L'offerta comprende Now Tv Intrattenimento e un ampio catalogo on demand con film, serie tv e documentari. Oltre a questo si hanno a disposizione ogni mese 14 nuovi film di Chili, di cui quattro prime visioni, e per i nuovi clienti sono inclusi anche 3 mesi del pacchetto Serie Tv di Now Tv. Attraverso la piattaforma è possibile accedere anche ai canali tradizionali del digitale terrestre e, grazie agli accordi con De Agostini, Viacom International Media Networks e Discovery Italia, sono disponibili le funzionalità avanzate, come la pausa, la registrazione dei programmi e la possibilità di rivedere quelli già andati in onda. Il set-top box è dato in comodato d'uso con 29 euro di contributo iniziale. 'Il nostro obiettivo è offrire il massimo della scelta e della qualità presente nel panorama italiano dei contenuti, dal cinema allo sport fino alle serie tv. Ad oggi gli asset ricercabili sono circa 35mila e, per fare un esempio, per la parte di cinema on demand abbiamo circa i1 95% dei titoli in italiano. Per noi la semplicità è un fattore critico di successo, per ampliare l'accesso ai contenuti a quella fetta importante di italiani - circa il 70% secondo le ricerche più aggiornate - che ancora non hanno accesso ai contenuti premium per barriere tecnologiche o di prezzo', afferma Quang Ngo Dinh, responsabile marketing consumer di Vodafone Italia, 'il concetto è quello della TV come la vuoi tu', ovvero la possibilità di aggiungere contenuti a seconda dalle preferenze del momento - dal calcio al cinema - in forma modulare, attivandoli anche per un determinato periodo, senza vincoli e a un prezzo conveniente, con la possibilità di pagare direttamente attraverso il conto telefonico". L'interfaccia di Vodafone TV è divisa in quattro sezioni: My TV dove sono presenti le registrazioni fatte e quelle programmate, i film preferiti e i noleggiati, Guida TV con l'elenco dei canali lineari, On Demand per i contenuti on demand e App per accedere direttamente ai ticket di Now TV, Netflix e Chili. I contenuti si possono vedere anche in mobilità, grazie all'app per smartphone e tablet, e la visione è permessa su un massimo di quattro dispositivi (due in contemporanea): per esempio la tv e lo smartphone.

mercoledì 19 aprile 2017

NEWS - Le serie tv on demand sono un miraggio per il 70% degli italiani. Tim e Vodafone all'attacco con produzione e integrazione per smuovere la situazione

Articolo tratto dal "Corriere della Sera"

La tv di domani sarà (anche) on demand, «à la carte», ma in Italia i numeri del consumo non lineare sono ancora limitati. A parte gli abbonati Sky — che sono poco più di 4 milioni e mezzo, di cui circa la metà con decoder connesso in rete — abituatisi alle novità tecnologiche, il resto del consumo segue ancora via tradizionali, e il mercato delle Over-theTop (i servizi in streaming con Netflix, Infinity, NowTV o Amazon) è ancora piuttosto ristretto. Un'arretratezza che prefigura, per il futuro prossimo, un auspicabile sviluppo. Guidato da chi? Ecco la vera domanda. I contenuti on demand e, soprattutto, quelli premium sono ancora un miraggio per il 70% delle famiglie italiane, oltre 16 milioni di case. Ed ecco perché in questi mesi si stanno affacciando con sempre maggiore forza sul mercato degli audiovisivi le delcos», le società di telecomunicazioni a cui siamo abituati a pensare per telefoni e telefonini. In particolare, Telecom col rilancio di TimVision sta puntando su un servizio che unifichi rete e contenuti, puntando su questi ultimi, produzioni originali ed esclusive per attrarre l'attenzione degli spettatori. Di questa settimana, invece, il definitivo lancio di Vodafone Tv, che passa dalla versione «in prova» al servizio commerciale per il bacino potenziale di case raggiunte dalle fibra, 11,7 milioni di famiglie in oltre 500 città. Se Tim sembra orientarsi sulla produzione (è la strategia di Netflix, che però la esercita sull'arena globale), Vodafone scommette tutto sull'integrazione: un'unica piattaforma che aggrega free e pay tv, grazie a molte partnership con reti e distributori (fra cui Sky, Discovery, Bbc, Chili...). Risultato: 35 mila titoli ricercabili, il 95% del cinema on demand in lingua italiana. Produzione e integrazione di contenuto riusciranno a modificare le abitudini degli spettatori italiani? 

lunedì 13 febbraio 2017

NEWS - Taca la Banda! Gli utenti della banda (ultra)larga aumentano per vedere le serie tv, anche se l'Italia rimane la Cenerentola d'Europa. Sorpresa: Chili cresce più di Netflix. Mediaset in stand-by, Amazon pronta a scendere in campo. Tra TimVision e Vodafone, attacca la banda anche Fastweb

News tratta da "Affari&Finanza"
Tutti in sala: Io spettacolo sta per cominciare, anzi i titoli di testa sono già sullo schermo. La tv on demand ha finalmente messo in moto la banda larga e soprattutto quella ultralarga, che significa fibra ottica. Gli utenti crescono, la domanda preme anche in Italia, risolvendo l'annoso dilemma se si debba prima costruire le nuove reti ultraveloci o aspettare il crescere dell'offerta. In numeri: oggi in Italia ci sono 1,7 milioni di utenti di video on demand. Sono utenti che guardano meno tv tradizionale, quella dei palinsesti e dei tasti del telecomando e che invece sempre più di frequente cercano quello che vogliono vedere su cataloghi online. 
Crescono non perché ci sia più 4K in giro o più smartphone o tavolette, ma perché ora sempre più film, serie tv, grandi eventi e sport arrivano con ottima qualità sui televisori di casa: siano smart tv, ossia tv a cui, oltre il cavo d'antenna si connette anche il cavo verso il modem a banda larga domestico (o un wi-fi) oppure grazie ai set-top-box, (più facile chiamarli decoder) che abilitano anche i vecchi apparecchi attraverso la porta Hdmi: da Timvision a Vodafone Tv, da Now.tv di Sky a Infintiy e, tra qualche mese, anche al nuovo decoder di Fastweb che sta ultimando i suoi trial tecnici per adattare alla rete italiana il decoder usato in Svizzera dalla sua controllante Swisscom. Un milione e 700 mila utenti che cresceranno rapidamente. "A fine 2019 ne stimiamo quasi 4,2 milioni", spiega Augusto Preta, direttore di ItMedia Consulting, che all'esplosione del Vod, il video on demand, in Europa e in Italia ha dedicato un rapporto uscito appena un paio di mesi fa. "L'Italia sta iniziando a recuperare il gap che la ha finora seperata da resto del mercato europeo: la nostra analisi infatti - continua Preta - stima che mentre l'Europa continuerà a crescere nei prossimi tre anni a tassi tra il 20% di quest'anno il 14% del 2019, i ricavi del settore in Italia aumenteranno del 72% quest'anno e di quasi il 55% tra tre anni". Che il mercato ci creda si vede nei fatti. All'estero, ovviamente, prima di tutto, con le ultime operazioni. Atet che acquisisce prima Direct Tv (la maggiore pay tv satellitare Usa) e poi Time Warner (anche se l'operazione deve ottenere anche ora il via libera dell'Antitrust Usa), a cui risponde Verizon con l'acquisizione di Yahoo. Ma anche in Italia, dove le cose si anno muovendo rapidamente. Telecom ha rilanciato Timvision, Vodafone lancia Vodafone Tv e Fastweb, come anticipato più sopra, sta rientrando nel settore da cui era uscito alcuni anni fa con lo spinoff di Chili Tv
Quanto a Vodafone, si sa della sua offerta, del valore di circa 10 euro al mese. I contenuti sono in via di definizione con potenziali alleati come Sky, Discovery, Viacom. Di certo ci sono già tra le opzioni Netflix e Chili, con pagamento a parte, ma con un'offerta iniziale che comprende sei mesi di Netflilx e 6 film di Chili. Per ora è in vendita in una trentina di negozi Vodafone ma si arriverà presto a regime. D'altra parte l'offerta del gruppo guidato da Aldo Bisio è legata a filo doppio allo sviluppo della rete ottica di Open Fiber, la joint venture Enel e Cdp con cui Vodafone ha un accordo operativo. Timvision, l'offerta di tv in streaming di Telecom Italia, è sugli scudi: presentando i conti del gruppo per il 2016, la scorsa settimana, l'ad Flavio Cattaneo ha detto chiaramente che è dai servizi a valore aggiunto sulla fibra, e in particolare dalla tv, che il gruppo si aspetta di tomare a veder crescere ricavi e margini. E si sta muovendo di conseguenza: accelera sulle nuove reti, con 120 mila nuove case passate ogni settimana, ha societarizzato Timvision, prima una divisione della capogruppo, ha firmato un accordo con Rai per venti film prodotti da RaiCinema in esclusiva. Una cosa, quest'ultima, che ha fatto anche storcere qualche naso a Viale Mazzini dove è stata da poco rinnovata l'offerta di RaiPlay, la catch-up tv, gratuita ma con pubblicità dove si può rivedere online e on demand la programmazione degli ultimi sette giorni, oltre le dirette streaming di tutti i dieci canali Rai. 
Se il fronte delle telco è in fermento, anche dall'altra parte, quella dell'offerta, ci sono movimenti. Broadcaster, major e produttori di contenuti hanno intuito che il momento è positivo e spingono sull'acceleratore. Con il risultato che il mercato, colpito da questo aumento di offerta, reagisce e cresce ed oggi gli utenti italiani possono scegliere in un panorama di una ventina di offerte diverse, tra abbonamenti e pay-per-view, tra cataloghi specializzati e anche motori di ricerca. I quasi 2 milioni di utenti italiani erano un miraggio solo dodici mesi fa. C'è che è un mercato in cui i protagonisti non si sbottonano e cifre ufficiali non ci sono. Si possono solo citare quelle che addetti ai lavori e operatori ammettono a mezza bocca. Secondo queste indiscrezioni il primo operatore sarebbe oggi Timvision, con circa 400 mila utenti, compresa però una quota di utenti registrati ma che non hanno ancora attivato il servizio. Cifre ad alta oscillazione quelle relative a Netflix che secondo alcune stime potrebbe avvicinarsi ai 400 mila utenti (compresi quelli nel periodo gratuito) e secondo altre valutazioni arriverebbe a malapena a 300 mila. Risultato non disprezzabile ma comunque sotto le attese (si parlava di un milione entro il primo anno, e Netflix è partita nell'ottobre 2015). A rallentare la corsa del gruppo di Reed Hastings sarebbero ancora una ridotta offerta di contenuti in italiano e la scarsa abitudine del pubblico nostrano ai film sottotitolati. Senza contare che i titoli di punta prodotti dal gruppo, a parure da House of Cards, in Italia sono stati acquistati dai concorrenti, Sky in testa. 
Chili vanta in Italia 650 mila utenti registrati, il 90% dei quali ha anche registrato un metodo di pagamento, e cresce di 20 mila nuove registrazioni al mese. Ma Chili ha un modello di business diverso dagli altri: niente abbonamento ma si paga volta per volta quello che si vede. Chili non ha un suo decoder ma si affida, come Netflix, d'altronde, alla presenza sui set-top-box degli altri, da Tim-vision a
Vodafone, alla presenza della sua icona nelle tv connesse di Samsung e Lg e alla possibilità di connettere il proprio smartphone o la propria tavoletta al televisore tramite le "chiavette" Hdmi come Chromecast di Google o Amazon Fire. Anche per Sky non si hanno numeri precisi. Sui 100 mila dovrebbero essere gli utenti che vedono l'intero bouquet della pay tv guidata da Andrea Zappia tramite la fibra ottica e con l'apposito decoder sviluppato da Sky con Telecom Italia per replicare tutte le funzionalità del ricevitore satellitare. Più del doppio, forse sui 250 mila, invece, gli utenti di Now.tv, la versione low cost" di Sky che viaggia esclusivamente via web. Situazione in stallo in casa Mediaset, viste le note vicende societarie: su Premium Online non ci sono numeri. E su Infinity, in pratica la Netflix del Biscione, film e serie tv, lanciata proprio anche per non lasciare strada libera a Netflix, si parla di una forbice compresa tra i 100 mila e i 200 mila utenti. E ancora indietro è Amazon Prime Video, che dal 14 dicembre scorso, giorno del lancio ufficiale, in Italia ma assieme ad altri 200 mercati, è praticamente appannaggio gratuito di tutti gli utenti di Amazon Prime. Amazon non rilascia numeri su quanti siano gli utenti in Italia e tanto meno su quante siano le eventuali attivazioni del servizio. L'utilizzo è comunque ridotto dalla esiguità del catalogo, per ora, con pochi film doppiati. Forse le cose miglioreranno in primavera, quando dovrebbe arrivare anche in Italia "Crisis in 6 Scenes" la serie tv firmata da Woody Allen. E poi c'è il resto: dalla Play Station Video di Sony, ad iTunes di Apple e Google Play, che non prevedendo pagamenti fissi ma acquisti a catalogo e sfuggono ancora di più ad ogni rilevazione, fino a portali come Mubi, Vimeo o l'italiana MyMovies che propongono selezioni mensili o settimanali di contenuti: una specie di ritorno a una forma di palinsesto.

mercoledì 31 agosto 2016

NEWS - La dura vita delle pay tv (in Italia e in Europa). Netflix chiude gli uffici in Francia e in Italia soli 110 mila abbonati dai 280 mila (comunque pochi) della promozione-lancio gratis. Il Bel Paese è la pecora nera del Vecchio Continente, dove c'è spazio per sopravvivere per una sola pay-tv. Eppure nel 2022 gli abbonati mondiali a pagamento saranno oltre 1 miliardo...

Articolo tratto da "Il Sole 24 ore"
La tv a pagamento è la tv del futuro. E' una profezia che da almeno 10 anni il mercato vaticina. Tablet, smartphone e tv che si collegano a internet hanno creato un pubblico sempre più parcelizzato che a ogni ora del giomo vuole vedere i suoi video preferiti. ll grosso di quei video sono il calcio, sport ormai globale e ormai traslocato dalla tv gratuita a quella a pagamento.Tutto vero: due anni fa nel mondo si contavano 900 rnilioni di abbonati alla pay-tv. Tra 6 anni ne1 2022, avranno superato quota 1 miliardo: 1,22 per la precisione (secondo uno studio di SNL Kagan). Una crescita esponenziale e un mercato emorme, ricchissimo; che fa gola. Ma l'Europa (e soprattutto l'Italia) sono lontani da questo Eldorado: nel Vecchio Continente la pay-tv langue e tutti gli operatori fanno fatica. Nel favoloso mondo della tv del futuro non è tutto oro quello che luccica. ll grosso della torta della pay-tv é lontano da qui: l'Asia, e in particolare la Cina, sono i mercati con il più alto numero di abbonati e di tassi di crescita. Ecco il paradosso dell'Europa: con ormai 40 anni di storia alle spalle (la prima pay-tv fu lanciata in Svizzera ne1 1982), a oggi le tv a pagamento contano solo 108 milioni di utenti e soprattutto non cresceranno: 117 milioni nel 2022. Un peso specifico basso, a livello globale (solo il 10% dell'audience stimata nel 2022), drogato peraltro dall'effetto distorsivo della media matematica: si va dall'Italia che è la pecora nera d'Europa, con una percentuale bassissima di abbonati alla pay-tv; alla saturazione di Svezia, Svizzera e Belgio dove praticamente ogni famiglia ha invece la pay-tv in casa (ma sono paesi con una popolazione bassa). Tutti continuano a ripetere che la strada dell'industria tv è sulla pay, che li si sono spostati i contenuti più pregiati (sport, film, reality show e fiction) e li è la torta più ricca del mercato. Sta di fatto, però, che tutte le piattaforme pay, in giro per l'Europa, soffrono: Canal+, la pay-tv di Vivendi che avrebbe dovuto andare in sposa con Mediaset Premium, è quasi in dissesto. I 6 canali pay di Vivendi da 4 anni perdono una montagna di soldi e hanno costi superiori ai ricavi (c'è un buco di 240 milioni già a livello di Mol). Un grosso squilibrio finanziario: a Vivendi la pay tv sul mercato domestico è costata finora la bellezza di 1,5 miliardi, senza un euro di utile. In Italia, invece, il mercato della pay-tv è cosi sottosviluppato che i duopoli non hanno mai funzionato. La storica Tele+, nata nel 1991 come costola di Canal+, e la concorrente Stream si sono fatte laguerra solo per finire entrambe sotto il cappello di Sky (nel 2003) che le ha di fatto salvate dal crac. Ma lo stesso colosso del magnate Rupert Murdoch ha il fiatone: da anni il numero di abbonati è fermo (a metà 2016 sono 4,74 milioni con una lieve imersione di tendenza dopo 5 anni di cali): nel paese non si riesce ad andare oltre un 25% di diffusione della pay-tv (dati di Reportlinker). In un mercato storicamente asfittico, anche Mediaset, nel 2008, è voluta scendere nell'arena della pay tv. Ma a otto anni dal debutto, Premium è in profondo rosso: mai chiuso un bilancio in utile (anche per il maxi-esborso dei diritti per la Champions League) e nel 2015 ha perso 85 milioni. Ancor peggio il 2016, dove a metà anno il rosso è di 60 milioni. La soluzione, dopo almeno due anni di rumors su possibili partner a partire da Al Jazeera fino alla stessa Sky, avrebbe dovuto essere il matrimonio con Vivendi, che però i francesi hanno ripudiato. La verità è che in Europa, c'è spazio per una sola pay-tv in ogni paese. Soprattutto in Italia, che è il fanalino di coda. E proprio su questa constatazione che le banche d'affari caldeggiavano una fusione tra Sky e Premium per riequilibrare un mercato troppo piccolo. Come se non bastasse sulla pay-tv in Europa sono calati pure gli stranieri. E' il caso di Netflix: canale sui
generis, solo via web (tablet o internet tv), ma pur sempre una pay-tv (in diretta concorrenza con altri come Chili Tv, la pay per view (si paga a singoli film e senza abbonamento) dell'ex Fastweb Stefano Parisi, oggi plenipotenziario di Forza Italia. Dopo il clamoroso successo negli Stati Uniti, con l'ormai celeberrima House of Cards, la piattaforma sbarcata in Europa con grandi proclami. Ma la musica non cambia; anche gli americani arrancano nel  Vecchio Continente: esdusa l'Inghilterra, dove conta 6 milioni di abbonati, in Europa Netflix continentale ha numeri lillipuziani. In Italia si stima abbia appena 280mila abbonati, dato di inizio 2016, peraltro gonfiato dalle promozioni: gli abbonati reali sarebbero 110mila. Briciole. E pochi giomi fa, l'addio alla Francia. Netffix chiude gli uffici di Parigi (ma continua a offrire i suoi fim e serie) e trasloca nei Paesi Bassi. La dura vita delle pay-tv.

venerdì 27 maggio 2016

NEWS - Matrimonio telefonato: Telecom porta all'altare Google per far crescere TimVision nella tv on demand 

Articolo tratto da "Il Sole 24 ore"
Fare un salto di qualità e guadagnare posizioni in un mercato – quello della tv on demand – sempre più affollato ma sempre più vivace. Per far questo Telecom si è scelta un compagno di viaggio non da poco: quella Google che con Youtube da tempo fa sentire la pressione sul mercato tv con i video free online e che nel 2017 partirà con un servizio tv online a pagamento: YouTube Unplugged. L’accordo fra Telecom e Big G ha per oggetto il nuovo decoder Timvision con sistema operativo Android Tv. In Europa l’ex monopolista tricolore è stato preceduto solo dalla francese Bouygues. A ogni modo l’azienda guidata dal presidente Giuseppe Recchi e dall’ad Flavio Cattaneo è fra le prime al mondo a mettere sul mercato un decoder Android Tv nato dalla collaborazione con Google. La presentazione ai dealer è avvenuta nei giorni scorsi, durante l’annuale convention della divisione consumer. Già da oggi è invece attesa la comunicazione ufficiale di una partnership che ha dato vita a un device ma che promette di dare il la anche anche a nuove possibilità di mercato. Sarà in commercio dal 15 giugno ed è “4K ready”. Nuovo decoder vuol dire nuovo
hardware in cui rientra anche un telecomando con microfono, il “vocal assistant”, per la ricerca di programmi e notizie. Basterà insomma pronunciare il termine “meteo”, per fare un esempio, per vedere comparire sullo schermo programmi tv, app e siti internet che parlano di meteo, un po’ come succede con le ricerche online su smartphone e tablet. Nuovo decoder però vuol dire anche una nuova interfaccia. E quindi: vetrina unica di contenuti video con proposizione di programmi più adatti al cliente. Qui si troverà l’offerta Timvision, ma anche quella dei partner visto che Telecom ha voluto puntare su una piattaforma aperta in modo da non escludere gli altri, da Mediaset Premium, a Netflix agli altri disposti a salire a bordo. L’interfaccia permetterà di visualizzare anche lo store di Google (video, notizie e, cosa tutt’altro che trascurabile, i giochi), oltre ad app o a Youtube. L’ex monopolista punta a rafforzarsi nel mercato tv ma anche a fare di Timvision una leva per aumentare le attivazioni in fibra cato tv on demand da una parte; dall’altra parte fare di Timvision sempre di più una leva per nuove attivazioni in fibra, «perché questo è il core business dell’azienda, al quale noi, con la nostra proposta e i nostri contenuti, siamo funzionali», spiega Daniela Biscarini, responsabile multimedia entertainment di Telecom. Sul primo punto la piattaforma on demand, basandosi su un modello a sottoscrizione (Svod), si trova a competere su un
mercato in cui in Italia sono presenti Netflix, Infinity (Mediaset), Skyonline, Chili Tv e Wuaki.tv (che però hanno un modello Tvod, in cui si paga solo per quel che si vede) e per certi versi anche Google Play o Apple tv

«Nell’ultimo anno – precisa Biscarini – abbiamo avuto più di un milione di clienti abilitati e più di 600mila attivi, con una crescita annua del 130% fra gli utilizzatori». In questo quadro in cui alla visione lineare si sta accostando una sempre maggiore visione on demand la possibilità di trasformare la tv di casa in una smart tv – e qui si parla di tutte le tv dotate di porta Hdmi, quindi non solo delle nuovissime – diventa un vantaggio competitivo, come un plus, che finora in realtà è emerso poco, è il traffico dati incluso per i video in mobilità. L’accordo Tim-Google ha come obiettivo evidente anche quella di aumentare la base clienti nella banda ultralarga. Su questo versante Telecom ha la leadership quanto a coperture (1.127 comuni) ed è seconda per quota di mercato (46% di Fastweb contro il 38% di Telecom Italia, il 15% di Vodafone e l’1% di Wind, secondo elaborazioni su dati degli operatori a fine 2015). Il nuovo decoder Timvision funzionerà solo su linea Tim. Risultato: per sfruttare le varie potenzialità, compreso il 4K, si cercherà di spingere sulle attivazioni in fibra.

lunedì 14 dicembre 2015

NEWS - Strategie e modalità della nuova Vodafone Tv, in Italia entro giugno (anche grazie a Netflix)

Articolo di Maria Elena Zanini su "Corriere Economia"
Nuovi scenari Anno 2016, Vodafone sbarca sulla piattaforma tv. L’obiettivo è quello di arrivare a fornire al cliente i migliori contenuti con la migliore rete. Oltre a convincere gli utenti a passare dall’Adsl alla fibra. Per questo Vodafone ha deciso di mettere allo studio una nuova tv che verrà lanciata sul mercato italiano verosimilmente entro giugno 2016. Si tratta di una piattaforma che funziona tramite un set top box, una sorta di decoder con un ingresso per la fibra e uno per il digitale su cui vengono caricati i vari contenuti in Hd in streaming. Quella di Vodafone non è la prima tv in Italia creata da un operatore telefonico. Telecom nel 2009 aveva lanciato sul mercato Cubovision che nel maggio del 2014 ha subito un processo di rebranding e rilancio diventando TIMvision. Tra i punti di forza dell’offerta targata Telecom, l’assenza di costi aggiuntivi legati al consumo di dati per chi ha un abbonamento Tim, dato che TIMvision è parte integrante del portafoglio 4G di Tim, cosa che Vodafone non offre. Da parte sua, Vodafone guidata in Italia da Aldo Bisio, può contare su una efficiente rete distributiva (è il primo operatore per copertura 4G) ed è presente con la fibra in oltre 140 città. Dietro il progetto della nuova tv c’è una strategia di accordi a livello nazionale e internazionale con i principali fornitori di contenuti televisivi fruibili sia a casa che in mobilità. Questo grazie agli investimenti lanciati per potenziare la rete: con il «piano Spring» il gruppo ha raddoppiato gli investimenti in Italia con 3,6 miliardi in due anni per lo sviluppo delle reti e servizi a banda ultra larga mobile e fissa. Vodafone dunque può mettere a disposizione dei fornitori connettività e rete distributiva molto efficienti. È stato questo uno degli elementi determinanti che hanno portato Netflix lo scorso settembre a stringere una partnership con Vodafone. L’arrivo in Italia della Internet tv di Reed Hastings, dunque, non ha spostato gli equilibri nel settore, anzi, lo ha rafforzato e ha creato nuove opportunità. Per il momento si tratta di offerte promozionali (riduzione del costo dell’abbonamento o periodi di prova gratis) legate a sottoscrizioni di servizi. Stesso sistema che caratterizza anche gli accordi di partnership stretti da Vodafone con Infinity, Sky Online, Mediaset Premium, Chili, la piattaforma italiana di video ondemand nata nel 2012 da uno spin off di Fastweb. Ma con il lancio ufficiale della Vodafone Tv (per il momento in fase di rodaggio) l’obiettivo è quello di riunire in un unico contenitore, il set top box per l’appunto, i contenuti offerti dai vari fornitori non più con sottoscrizione di servizi, ma con un piano unico studiato ad hoc. In corso ci sono trattative avanzate anche con i principali broadcaster tra cui Rai, Sky, Discovery e altri, in modo da fornire ai diversi segmenti di clientela la massima scelta. Anche TIMvision sarebbe in fase di trattative con Chili e con la Rai. La nuova intesa durerebbe fino al 2017 e dovrebbe portare alla coproduzione di miniserie ed alcune prime di film in anteprima. Per Vodafone, più che di accordi in esclusiva, si tratta di accaparrarsi i contenuti migliori da offrire poi sulla piattaforma. Il medesimo servizio verrà offerto anche nel Regno Unito dove dovrebbe sbarcare entro la f ine del suo attuale esercizio f inanziario, che termina il 31 marzo 2016. Al 30 settembre Vodafone, secondo i dati ufficiali, contava 4 milioni di clienti 4G e garantiva la copertura 4G a oltre il 92 % d ella popolazione, mentre per quanto riguarda i clienti in banda larga fissa sono arrivati a 1,9 milioni, con una crescita del 9% su un totale di 2,3 milioni di rete fissa. Ed è proprio qui che dovrebbe incidere l’arrivo della Vodafone Tv, per spingere ad una ulteriore integrazione fisso-mobile.

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