sabato 26 settembre 2015
GOSSIP - Game of Fashion: la Top Ten dei peggiori look agli Emmy Awards!
10. Laura Prepon ("OITNB")
9. January Jones ("Mad Men")
8. Amy Poehler ("Parks and Rec")
7. Taraji P. Henson ("Empire")
6. Claire Danes ("Homeland")
5. Morena Baccarin ("Gotham")
4. Taylor Schilling ("OITNB")
3. Tatiana Maslany ("Orphan Black")
2. Christina Hendricks ("Mad Men")
1. Maisie Williams ("GOT")
10. Laura Prepon ("OITNB")
9. January Jones ("Mad Men")
8. Amy Poehler ("Parks and Rec")
7. Taraji P. Henson ("Empire")
6. Claire Danes ("Homeland")
5. Morena Baccarin ("Gotham")
4. Taylor Schilling ("OITNB")
3. Tatiana Maslany ("Orphan Black")
2. Christina Hendricks ("Mad Men")
1. Maisie Williams ("GOT")
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Jon Hamm Will Reprise His #MadMen Role One More Time For #SpongeBobSquarePants.
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— TelefilmCult (@TelefilmCult) 25 Settembre 2015
venerdì 25 settembre 2015
PICCOLO GRANDE SCHERMO - Clamoroso al Cibali! Fox mette in cantiere il remake seriale di "A-Team": non più solo protagonisti maschili (del resto si sa, tira più un pelo di .... che la cresta di Baracus!)
News tratta da "Comingsoon.Net"+"Deadline"
Deadline brings word that 20th Century Fox is developing a modern take on the classic TV series The A-Team. Fast & Furious producer Chris Morgan will executive produce The A-Team remake series with Tawnia McKiernan, the daughter of original series creator Stephen J. Cannell. Albert Kim (“Sleepy Hollow,” “Nikita”) will script the latest adaptation of the material. The outlet reports that like the original series, the new show will focus on a team of special forces operatives framed for a crime they didn’t commit, and intent on bringing down the black-ops organization that set them up. In between clearing their name, however, the team will help others along the way. Unlike the original cast, the new series will include both male and female members among its ranks.
Originally created by Cannell and Frank Lupo, the series premiered in 1983 and went on to last for five seasons and 98 episodes. It starred George Peppard as Col. John “Hannibal” Smith, Dirk Benedict as Lieutenant Templeton “Faceman” Peck, Dwight Schultz as Captain “Howling Mad” Murdock, and Mr. T as B. A. Baracus.
A feature film remake was released in 2010 from director Joe Carnahan and featured Liam Neeson, Bradley Cooper, Sharlto Copley, and Quinton “Rampage” Jackson as the four main characters.
Deadline brings word that 20th Century Fox is developing a modern take on the classic TV series The A-Team. Fast & Furious producer Chris Morgan will executive produce The A-Team remake series with Tawnia McKiernan, the daughter of original series creator Stephen J. Cannell. Albert Kim (“Sleepy Hollow,” “Nikita”) will script the latest adaptation of the material. The outlet reports that like the original series, the new show will focus on a team of special forces operatives framed for a crime they didn’t commit, and intent on bringing down the black-ops organization that set them up. In between clearing their name, however, the team will help others along the way. Unlike the original cast, the new series will include both male and female members among its ranks.
Originally created by Cannell and Frank Lupo, the series premiered in 1983 and went on to last for five seasons and 98 episodes. It starred George Peppard as Col. John “Hannibal” Smith, Dirk Benedict as Lieutenant Templeton “Faceman” Peck, Dwight Schultz as Captain “Howling Mad” Murdock, and Mr. T as B. A. Baracus.
A feature film remake was released in 2010 from director Joe Carnahan and featured Liam Neeson, Bradley Cooper, Sharlto Copley, and Quinton “Rampage” Jackson as the four main characters.
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NEWS - La rete nell'"Aquarius"! Debutta il 14 ottobre su Sky Atlantic la serie su Charles Manson con David Duchovny: ma era tutta on line sul sito della NBC...
(ANSA) - MILANO - I crimini di Charles Manson, considerato uno dei serial killer piu' efferati della storia e, sullo sfondo, i movimenti giovanili e la cultura hippy della fine degli anni sessanta. Debuttera' il 14 ottobre e andra' in onda ogni mercoledi' alle 21.10 su Sky Atlantic Hd la serie tv 'Aquarius' ambientata nel 1967 in California (in realtà già disponibile free on line sul sito della NBC). Protagonisti l'ex detective di X-Files David Duchovny, ora nei panni dell'agente Sam Hodiak, e l'attore Gethin Anthony nel ruolo dell'omicida. Diventato famoso per la parte di Renly Baratheon in 'Games of Thrones', Gethin Anthony, l'altroieri a Milano per presentare il progetto ha raccontato: "Oltre all'aspetto emotivo, ci sono state molte sfide tecniche che ho dovuto affrontare, dall'imparare a suonare la chitarra, fino all'imitazione della voce e dell'accento di Charles Manson". Uno studio del personaggio che, spiega l'attore, "e' partito dalla lettura di libri, interviste, biografie e dall'ascolto ripetuto della sua voce". Ambientata, come ha raccontato Gethin Anthony in un'epoca di "grandi transizioni" quale e' la fine degli anni sessanta, la storia prende il via dalla scomparsa di alcune ragazze. Tra loro la sedicenne Emma (Emma Karn), figlia della ex fidanzata di Sam Hodiak, veterano della Seconda Guerra Mondiale e ora detective della omicidi di Los Angeles. Per le indagini Hodiak si servira' dell'aiuto di due colleghi, il piu' giovane e ribelle Brian Shafe (Grey Damon) e la detective Charmain Tully (Claire Holt). In un crescendo di violenza e follia, la storia racconta i due anni precedenti all'omicidio del 1969 che passo' alla storia, la strage compiuta presso la tenuta di Los Angeles dove, tra gli altri, uccise brutalmente anche l'attrice 26enne Sharon Tate, moglie, all'ottavo mese di gravidanza, del regista Roman Polanski. Del personaggio di Manson l'attore spiega: "Posso dire con certezza che non viene mai ritratto come un eroe. Non si puo' ignorare il fatto che fosse un personaggio carismatico, con una grande passione verso i suoi obiettivi. Ma - assicura - non viene esaltato come un eroe da imitare".
(ANSA) - MILANO - I crimini di Charles Manson, considerato uno dei serial killer piu' efferati della storia e, sullo sfondo, i movimenti giovanili e la cultura hippy della fine degli anni sessanta. Debuttera' il 14 ottobre e andra' in onda ogni mercoledi' alle 21.10 su Sky Atlantic Hd la serie tv 'Aquarius' ambientata nel 1967 in California (in realtà già disponibile free on line sul sito della NBC). Protagonisti l'ex detective di X-Files David Duchovny, ora nei panni dell'agente Sam Hodiak, e l'attore Gethin Anthony nel ruolo dell'omicida. Diventato famoso per la parte di Renly Baratheon in 'Games of Thrones', Gethin Anthony, l'altroieri a Milano per presentare il progetto ha raccontato: "Oltre all'aspetto emotivo, ci sono state molte sfide tecniche che ho dovuto affrontare, dall'imparare a suonare la chitarra, fino all'imitazione della voce e dell'accento di Charles Manson". Uno studio del personaggio che, spiega l'attore, "e' partito dalla lettura di libri, interviste, biografie e dall'ascolto ripetuto della sua voce". Ambientata, come ha raccontato Gethin Anthony in un'epoca di "grandi transizioni" quale e' la fine degli anni sessanta, la storia prende il via dalla scomparsa di alcune ragazze. Tra loro la sedicenne Emma (Emma Karn), figlia della ex fidanzata di Sam Hodiak, veterano della Seconda Guerra Mondiale e ora detective della omicidi di Los Angeles. Per le indagini Hodiak si servira' dell'aiuto di due colleghi, il piu' giovane e ribelle Brian Shafe (Grey Damon) e la detective Charmain Tully (Claire Holt). In un crescendo di violenza e follia, la storia racconta i due anni precedenti all'omicidio del 1969 che passo' alla storia, la strage compiuta presso la tenuta di Los Angeles dove, tra gli altri, uccise brutalmente anche l'attrice 26enne Sharon Tate, moglie, all'ottavo mese di gravidanza, del regista Roman Polanski. Del personaggio di Manson l'attore spiega: "Posso dire con certezza che non viene mai ritratto come un eroe. Non si puo' ignorare il fatto che fosse un personaggio carismatico, con una grande passione verso i suoi obiettivi. Ma - assicura - non viene esaltato come un eroe da imitare".
giovedì 24 settembre 2015
NEWS - Clamoroso al Cibali! La parodia di "Empire" di Jimmy Fallon fa quasi più ridere dell'originale...
mercoledì 23 settembre 2015
NEWS - Netflix, ci siamo! Le dritte per abbonarsi (o meno) in Italia: primo mese gratis (poi dagli 8 ai 12 euro al mese), serve wifi che funzi (il segnale si adegua alla connessione) e smart tv ultima generazione, con un abbonamento 5 adesioni diverse (in base ai gusti e membri della famiglia). "Non uccideremo la tv generalista, siamo complementari", dicono
Articolo di Antonio Dipollina su "La Repubblica"
Articolo di Antonio Dipollina su "La Repubblica"
A questa ipotesi della rivoluzione
televisiva loro non tengono affatto. Sono quelli di Netflix, colosso
mondiale della tv via Internet. Stanno
per sbarcare in Italia, data imprecisata ma nella seconda metà di
ottobre dovremmo esserci. I big dell’azienda arrivano ogni tanto da noi,
incontrano la stampa, ragguagliano, spiegano, fanno il punto. E da
ieri, per esempio, hanno speso un concetto preciso: «I nostri veri
avversari siamo noi stessi nella capacità di convincere il pubblico », e
soprattutto «siamo complementari alle altre pay-tv»: aggiungendo che
tutti loro dedicano soltanto l’1 per cento del tempo a valutare quel che
fa la concorrenza (qui Sky e Mediaset Premium, che offrono da tempo
servizi simili). Dietro,
in un angolo, c’è il poster della campagna pubblicitaria italiana e
dice “Tesoro, sono a casa”. Un’ode alla stabilità della famiglia visto
che chiunque, se ha Netflix, rimane a guardare tranquillo la tv senza
uscire in missioni a rischio. Forse. L’approccio,
insomma, sta diventando via via più prudente, e forse più razionale,
rispetto a certe premesse che volevano milioni e milioni di italiani
pronti da domani a buttare all’aria vecchia tv, vecchia pay-tv e tutto
quello che veniva a tiro. Complementari: forse così ha un senso,
sicuramente si capisce di più. Netflix è un catalogo, il catalogo è
questo. Niente
live, niente news, niente sport, niente talk-show. Il resto c’è tutto
(e detta così c’è quasi da correre ad abbonarsi). Netflix è la
produttrice di serie gioiello come House Of Cards , oppure Orange is The
New Black, ma in una fase acerba del cammino e quindi sono state
vendute alle pay-tv sul campo. Ma
vengono promesse serie prodotte in proprio e solo su Netflix in tempi
brevi (Narcos è un esempio), nulla si sa di produzioni italiane vere e
proprie che si mettano magari a fare concorrenza a prodotti come Gomorra
(all’ipotesi, circolata nei mesi scorsi, di una cosa su Mafia Capitale i
manager replicano: «Non sappiamo proprio cosa sia»): quindi c’è
soprattutto il catalogo. Sterminato, di film, serie tv anglosassoni,
cartoni animati di lusso, documentari al top della produzione mondiale. Vuoi
chiuderti due giorni in casa e guardare venti episodi di Breaking Bad?
Con loro è possibile ma soprattutto più semplice che con chiunque
altro. Agli incontri-stampa troneggia sul muro un tv gigante di
ultimissima generazione, dentro c’è la schermata principale con
l’offerta in sintesi e riquadri sgargianti e sembra francamente il
paradiso. A patto di passare il resto della propria vita a fare il
telespettatore. Ma ci sono anche vie di mezzo, nella vita medesima. Serve
internet, un discreto, preferibilmente buono, meglio se buonissimo,
collegamento in casa. Anche qui, toni rassicuranti dai manager: «Se
vedete youtube sul computer, allora vedrete anche Netflix». In
teoria un wifi all’altezza migliora le cose, anche se la ditta è
provvista di un marchingegno detto “streaming adattativo”: ovvero il
segnale si adegua alla banda di wifi che hai e fornisce il miglior
livello video per le tue possibilità. Poi serve una tv, le Smart Tv sono
fatte apposta, oppure con un cavo vi colleghi il computer. O sul
computer. O ancora via Chromecast, chiavetta evoluta che riceve il
segnale una volta innestata nel tv. O ancora le console dei giochi, il
lettore Blu-Ray, l’Apple Tv o anche lo smartphone . E chissà che altro,
in teoria è escluso dal servizio solo chi accende la tv col bottone, ha
perso il telecomando da anni tra i cuscini del divano e non lo trova
più. Più
che il quanto, vale il come. Ed è quello che differenzia Netflix dagli
analoghi servizi — Sky Go, Infinity, Sky On Line — della concorrenza.
Chi usa Spotify o servizi simili per la musica sa già come funziona. Nessun
abbonamento permanente, ci si attiva via Internet (un mese gratis di
prova) e poi via con tre modalità di abbonamento che sembrano
confermate: a 7,99 euro per il servizio in qualità standard e su un solo
dispositivo, 8,99 euro per il servizio in full hd e su due dispositivi,
11,99 euro per l’altissima qualità 4K — qualunque cosa sia — e su
quattro tv, o altro, diverse. Ci si dis-abbona quando si vuole, in tempo
reale. Ma
attenzione, Telecom e da ieri c’è anche l’annuncio di Vodafone
(“abbonamenti offerti con i piani 4G e Fibra”) offriranno Netflix con
offerte promozionali e probabilmente con qualche sconto importante. Ogni
abbonamento potrà avere cinque adesioni differenti — ovvero per i vari
membri della famiglia, per esempio — e personalizzati in base ai gusti: i
capi del servizio spiegano che da loro lavorano soprattutto centinaia
di ingegneri alle prese con gli algoritmi che suggeriscono titoli e
spunti in base ai gusti che hai dimostrato di avere nei primi giorni di
abbonamento. Quelli
di Netflix sono colossi veri a livello mondiale, hanno esportato la
streaming tv in parecchi Paesi ma il centro delle operazioni è assai
americano. L’impressione per ora è che si aggirino come marziani in una
terra sconosciuta e di fronte alle obiezioni sul Paese televisivo
italiano (che negli anni è diventato una sorta di installazione ideata
da un folle) ribattono tranquilli: che problema c’è? Per
esempio, su certi proclami del tipo «la tv generalista è morta e
sparirà in pochi anni» c’è da andarci molto cauti: in questa fase da noi
sta succedendo esattamente il contrario, le pay-tv si sono molto
appassionate ai canali in chiaro, ne hanno comprati, vi stanno
riversando parecchia produzione prima a pagamento: e soprattutto da anni
non scuciono un dato sugli abbonati paganti mentre ogni giorno vantano
gli ascolti dei programmi-top, ovvero il contrario della mission pay-tv. Magari
per Netflix tutto questo è un bene, ma la specificità italiana in campo
televisivo — e comunque la robusta concorrenza a base di SkyGo e
Infinity che esiste già sul campo — sarà complicata da domare. Per
tacere poi dell’ipotesi vagheggiata di ulteriori arrivi di servizi
simili in futuro, da Amazon a Apple, immaginando il pigro telespettatore
italiano pronto a scucire dieci euro al mese a chiunque prometta
meraviglie. Fantascienza,
meglio andarci piano e intanto parte Netflix. Puntando quindi
sull’ipotesi che il famoso slogan «siamo complementari» risulti alla
fine convincente e convinca soprattutto il pubblico pagante.
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NEWS - The last Bowie! Il Duca Bianco firma la sigla di "The Last Panthers"
(ANSA) - ROMA, 22 SET - Sigla firmata da David Bowie per The Last Panthers, la nuova serie crime europea in onda a novembre su Sky Atlantic Hd. Il pezzo, un brano originale, nato dall'intesa fra Bowie e il regista Johan Renck che si sono incontrati durante le riprese, accompagnera' i titoli di testa del programma. E' la prima volta in vent'anni che l'artista da' il proprio contributo componendo la colonna sonora di un film o di una produzione televisiva. "Volevo che fosse una delle icone musicali della mia giovinezza a scrivere il pezzo per la sigla iniziale, ma il destino ha messo sulla mia strada un vero e proprio Dio della musica", ha commentato Renck, regista di Bloodline, Breaking Bad, The Walking Dead, nonche' dei video di Madonna, New Order, Beyonce' e Lana Del Rey. "La reazione di Bowie e' stata positiva, ha mostrato partecipazione e curiosita' - ha aggiunto - Il pezzo che ci ha presentato incarnava ogni aspetto dei nostri personaggi e della serie stessa - dark, meditabondo, bello e sentimentale (nella migliore accezione del termine). Fin dall'inizio la sua persona mi ha ispirato e affascinato e sono stato letteralmente sopraffatto dalla sua generosita'. Ancora non riesco a capire come sia realmente accaduto...". La serie in sei episodi, una produzione paneuropea commissionata da Sky UK e dalla francese Canal+, si apre con uno spregiudicato furto di diamanti per poi immergersi nel cuore oscuro di un'Europa governata da una losca alleanza tra gangster e banchieri senza scrupoli. Gli interpreti sono Samantha Morton (una nomina agli Oscar e un Bafta), Tahar Rahim (due Cesar) la star croata Goran Bogdan e il due volte nominato agli Oscar e vincitore di 3 BAFTA e di un Golden Globe John Hurt. Girato tra Marsiglia, Belgrado, Montenegro e Londra, il serial e' una co-produzione della francese Haut et Court TV (The Returned) e dell'inglese Warp Films (This is England). In autunno sara' in onda anche in Francia su Canal+ e su Sky Atlantic oltre che in Italia nel Regno Unito, in Irlanda, in Germania ed in Austria.
(ANSA) - ROMA, 22 SET - Sigla firmata da David Bowie per The Last Panthers, la nuova serie crime europea in onda a novembre su Sky Atlantic Hd. Il pezzo, un brano originale, nato dall'intesa fra Bowie e il regista Johan Renck che si sono incontrati durante le riprese, accompagnera' i titoli di testa del programma. E' la prima volta in vent'anni che l'artista da' il proprio contributo componendo la colonna sonora di un film o di una produzione televisiva. "Volevo che fosse una delle icone musicali della mia giovinezza a scrivere il pezzo per la sigla iniziale, ma il destino ha messo sulla mia strada un vero e proprio Dio della musica", ha commentato Renck, regista di Bloodline, Breaking Bad, The Walking Dead, nonche' dei video di Madonna, New Order, Beyonce' e Lana Del Rey. "La reazione di Bowie e' stata positiva, ha mostrato partecipazione e curiosita' - ha aggiunto - Il pezzo che ci ha presentato incarnava ogni aspetto dei nostri personaggi e della serie stessa - dark, meditabondo, bello e sentimentale (nella migliore accezione del termine). Fin dall'inizio la sua persona mi ha ispirato e affascinato e sono stato letteralmente sopraffatto dalla sua generosita'. Ancora non riesco a capire come sia realmente accaduto...". La serie in sei episodi, una produzione paneuropea commissionata da Sky UK e dalla francese Canal+, si apre con uno spregiudicato furto di diamanti per poi immergersi nel cuore oscuro di un'Europa governata da una losca alleanza tra gangster e banchieri senza scrupoli. Gli interpreti sono Samantha Morton (una nomina agli Oscar e un Bafta), Tahar Rahim (due Cesar) la star croata Goran Bogdan e il due volte nominato agli Oscar e vincitore di 3 BAFTA e di un Golden Globe John Hurt. Girato tra Marsiglia, Belgrado, Montenegro e Londra, il serial e' una co-produzione della francese Haut et Court TV (The Returned) e dell'inglese Warp Films (This is England). In autunno sara' in onda anche in Francia su Canal+ e su Sky Atlantic oltre che in Italia nel Regno Unito, in Irlanda, in Germania ed in Austria.
martedì 22 settembre 2015
GOSSIP - Game of Fashion: la Top Ten dei migliori look agli Emmy Awards!
10. Kerry Washington ("Scandal")
9. Jaimie Alexander ("Blindspot")
8. Julie Bowen ("Modern Family")
5. Lady Gaga ("AHS Hotel")
2. Laverne Cox ("OITNB")
1. Sarah Paulson ("AHS")
10. Kerry Washington ("Scandal")
8. Julie Bowen ("Modern Family")
7. Aubrey Plaza ("Parks and Rec")
6. Emma Roberts ("AHS", "Scream Queens")5. Lady Gaga ("AHS Hotel")
4. Jessica Parè ("Mad Men")
3. Sarah Hyland ("Modern Family")2. Laverne Cox ("OITNB")
1. Sarah Paulson ("AHS")
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lunedì 21 settembre 2015
NEWS - Game of Emmys! Ecco come l'ultima edizione può aver cambiato/rimescolato le carte in tavola (la vittoria di un fantasy la dice lunga...)
Post di Brian Lowry su "Variety"
New voting system, infusion of new members, same old Emmys? In some respects, yes, but with a very significant – indeed, one might say dragon-sized – asterisk, in the outstanding drama award that went to the hugely popular but heretofore overlooked “Game of Thrones” representing a rare and welcome breakthrough for a genre series. Beyond capping a splendid and dominating night for HBO, the Television Academy finally recognized a fantasy epic that is, by any measure, no pretender to the throne — the series scooped a record-breaking 12 Emmy Awards this year.
Combine that with stellar and crowd-pleasing honors for Jon Hamm and Viola Davis in the lead drama categories, and Jeffrey Tambor on the comedy side, and Emmy organizers should wake up feeling pretty good (or at least relieved) by most of the choices, while leaving behind ample room for the inevitable griping about snubs.
The perception that the academy is old and fusty (just ask “Sons of Anarchy’s” Kurt Sutter, or “The Walking Dead” fans) hasn’t been helped in recent years by its consistent refusal to acknowledge programs in the sci-fi and fantasy realm, even with “Lost” winning a decade ago. And while there’s no way to know if procedural changes in the voting smoothed the way for “Thrones’” victory, the fact that the mega-hit finally made it over the wall – sweetened by its Sunday-night wins for directing, writing and Peter Dinklage – clearly seemed overdue.
For all that, much of the ceremony still felt in keeping with Emmy Awards past – that is, a few new faces thrown in with a plethora of familiar ones, including repeat winners and a few near category-wide sweeps.
The abundance of first-rate programs and performances gave voters a lot of ways to go without embarrassing themselves, although the parade of talent associated with HBO’s splendid miniseries “Olive Kitteridge” couldn’t help but come at the expense of some very worthy players, none more so than Mark Rylance (“Wolf Hall”) and Queen Latifah (“Bessie”).
As for variety series, “The Daily Show’s” sweep of program, directing and writing honors was an appropriate valedictory sendoff for Jon Stewart’s tenure, balanced by a newly introduced sketch award to Comedy Central’s “Inside Amy Schumer.” Like a lot of categories Sunday, the real shame was that David Letterman couldn’t share in the glory.
Certainly, the comedy voting exhibited some of the academy’s more hallowed tendencies, returning to repeat winner Tony Hale and perennial favorites Allison Janney and Julia Louis-Dreyfus, who should have the steps to the Nokia Theater stage memorized. That’s not to say they didn’t deserve more hardware, only that repeat awards can’t help but feel a trifle deflating excitement-wise with so many admirable contenders. (Even switching from comedy to drama couldn’t stop “Orange Is the New Black’s” Uzo Aduba).
If “Modern Family’s” best-comedy run had to come to an end, “Veep” – which had what was likely its best season – felt like a much safer choice to swing the axe than “Transparent,” which would have represented an enormous coup for Amazon’s fledgling original-series efforts. As it was, the streaming service didn’t exactly settle, earning awards for series creator Jill Soloway and Tambor, perhaps the clearest-cut acting selection in a night filled with races that could have reasonably gone in different directions.
After all the buzz about greater diversity at this year’s awards, the
academy also delivered on that score, with Davis’ overpowering work in
“How to Get Away With Murder” marking a milestone for African-American
actresses, joined by Aduba and Regina King, who made the most of a
relatively small role in ABC’s “American Crime.”
In terms of the amended rules, the big change involved dispensing with Blue Ribbon panels, which as conducted shrank the voting pool but insured that those who choose, say, best TV movie actually watched all the candidates. Instead, the selections were opened up to the entire membership, making the process more democratic on its face. What nobody can know, of course, is how many of those members cast ballots based on reputation, in much the way people check off Superior Court judges and school board members on election day.
Still, even if the Emmys turned into one big popularity contest, “Thrones” – a landmark drama – can finally enjoy a feast where no one gets killed, and most of the right folks won. While there’s no such thing as an awards show now that’s going to satisfy everyone in our fragmented media landscape, when was the last time the Television Academy – or just about any large group that votes on stuff – could say that?
Post di Brian Lowry su "Variety"
New voting system, infusion of new members, same old Emmys? In some respects, yes, but with a very significant – indeed, one might say dragon-sized – asterisk, in the outstanding drama award that went to the hugely popular but heretofore overlooked “Game of Thrones” representing a rare and welcome breakthrough for a genre series. Beyond capping a splendid and dominating night for HBO, the Television Academy finally recognized a fantasy epic that is, by any measure, no pretender to the throne — the series scooped a record-breaking 12 Emmy Awards this year.
Combine that with stellar and crowd-pleasing honors for Jon Hamm and Viola Davis in the lead drama categories, and Jeffrey Tambor on the comedy side, and Emmy organizers should wake up feeling pretty good (or at least relieved) by most of the choices, while leaving behind ample room for the inevitable griping about snubs.
The perception that the academy is old and fusty (just ask “Sons of Anarchy’s” Kurt Sutter, or “The Walking Dead” fans) hasn’t been helped in recent years by its consistent refusal to acknowledge programs in the sci-fi and fantasy realm, even with “Lost” winning a decade ago. And while there’s no way to know if procedural changes in the voting smoothed the way for “Thrones’” victory, the fact that the mega-hit finally made it over the wall – sweetened by its Sunday-night wins for directing, writing and Peter Dinklage – clearly seemed overdue.
For all that, much of the ceremony still felt in keeping with Emmy Awards past – that is, a few new faces thrown in with a plethora of familiar ones, including repeat winners and a few near category-wide sweeps.
The abundance of first-rate programs and performances gave voters a lot of ways to go without embarrassing themselves, although the parade of talent associated with HBO’s splendid miniseries “Olive Kitteridge” couldn’t help but come at the expense of some very worthy players, none more so than Mark Rylance (“Wolf Hall”) and Queen Latifah (“Bessie”).
As for variety series, “The Daily Show’s” sweep of program, directing and writing honors was an appropriate valedictory sendoff for Jon Stewart’s tenure, balanced by a newly introduced sketch award to Comedy Central’s “Inside Amy Schumer.” Like a lot of categories Sunday, the real shame was that David Letterman couldn’t share in the glory.
Certainly, the comedy voting exhibited some of the academy’s more hallowed tendencies, returning to repeat winner Tony Hale and perennial favorites Allison Janney and Julia Louis-Dreyfus, who should have the steps to the Nokia Theater stage memorized. That’s not to say they didn’t deserve more hardware, only that repeat awards can’t help but feel a trifle deflating excitement-wise with so many admirable contenders. (Even switching from comedy to drama couldn’t stop “Orange Is the New Black’s” Uzo Aduba).
If “Modern Family’s” best-comedy run had to come to an end, “Veep” – which had what was likely its best season – felt like a much safer choice to swing the axe than “Transparent,” which would have represented an enormous coup for Amazon’s fledgling original-series efforts. As it was, the streaming service didn’t exactly settle, earning awards for series creator Jill Soloway and Tambor, perhaps the clearest-cut acting selection in a night filled with races that could have reasonably gone in different directions.
In terms of the amended rules, the big change involved dispensing with Blue Ribbon panels, which as conducted shrank the voting pool but insured that those who choose, say, best TV movie actually watched all the candidates. Instead, the selections were opened up to the entire membership, making the process more democratic on its face. What nobody can know, of course, is how many of those members cast ballots based on reputation, in much the way people check off Superior Court judges and school board members on election day.
Still, even if the Emmys turned into one big popularity contest, “Thrones” – a landmark drama – can finally enjoy a feast where no one gets killed, and most of the right folks won. While there’s no such thing as an awards show now that’s going to satisfy everyone in our fragmented media landscape, when was the last time the Television Academy – or just about any large group that votes on stuff – could say that?
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Uzo Aduba,
Veep,
Viola Davis
Tutti i vincitori degli #Emmys2015.
http://t.co/Qy8NfEiGJX
#Emmys
— AccademiaTelefilm (@AcademyTelefilm) 21 Settembre 2015
A parte la miniserie #OliveKitteridge, mai una così equa distribuzione tra i titoli seriali negli ultimi anni.
#Emmys2015 #Emmys
— Leo Damerini (@LeoDamerini) 21 Settembre 2015
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