venerdì 30 novembre 2018

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

AVVENIRE
L'inaccettabile nichilismo di "Baby"
"Non è stato facile per chi scrive arrivare alla fine della proiezione (riservata alla stampa) delle prime due puntate di Baby senza provare un senso di ribellione. Non tanto perché la nuova serie disponibile su Netflix da venerdì 30 novembre (prodotta da Fabula Pictures e diretta da Andrea De Sica e Anna Negri) ha preso spunto dagli sconvolgenti fatti accaduti a Roma qualche anno fa e battezzati dai giornali come il caso delle baby squillo dei Parioli. Quello che proprio non ha convinto la sottoscritta, non solo come giornalista ma soprattutto come madre di un figlio adolescente, è stata la voluta parzialità del racconto. Di una storia che, forse, si proponeva di raccontare gli adolescenti di oggi e che invece ha finito per tracciame un ritratto assolutamente incompleto, in certi momenti persino fastidioso. La storia di Baby si svolge ai Parioli: «Se hai sedici anni e vivi nel quartiere più bello di Roma sei fortunata» dice Chiara (Benedetta Porcaroli), una delle giovani protagoniste della serie all'inizio della prima puntata. Ma bastano pochi minuti per capire che quella fortuna è solo illusoria: la ragazzina, come tutti i coetanei della prestigiosa scuola che frequenta, è sola. Terribilmente sola, figlia di una famiglia in decomposizione nella quale i genitori si dichiarano separati in casa («Lo facciamo per te»), salvo fare ciascuno i propri comodi, a volte proprio sotto lo sguardo sconcertato della figlia. Non va meglio ai suoi amici, che poi tanto amid non sono visto che il valore dell'amicizia qui non è nemmeno abbozzato, come del resto qualsiasi altro valore: Ludovica (Alice Pagani) vive con una madre fragile e instabile che con la figlia condivide lo smalto, le cene con i fidanzati di passaggio e poco altro; e Damiano (Riccardo Mandolini) è cresciuto nella periferia romana del Quarticciolo ma, a causa della morte della madre, è costretto a vivere ai Parioli con il padre ambasciatore e la di lui moglie, lacerato tra due mondi diametralmente opposti nei quali fa fatica a riconoscersi. In questa riproduzione (volutamente?) stereotipata, dove non c'è nemmeno un solo personaggio positivo, non mancano naturalmente il sesso facile per sfuggire alla noia, che non richiede alcun coinvolgimento affettivo ed emotivo; la droga altrettanto facile visto che a scuola si spacciano canne e cocaina; i locali da frequentare fino a notte fonda E, dulcis in fundo, la prostituzione. Il teorema alla base di Baby è, tutto sommato, chiaro e, per certi versi, persino condivisibile: se hai sedici anni e una famiglia che non si occupa dite se non in apparenza, il rischio è quello di diventare un adolescente sbandato alla mercé del primo disgraziato che passa Un paio di cose, però, non convincono. La prima è, come dicevamo, la parzialità del racconto: il mondo degli adolescenti è, per fortuna, più ricco e variegato di quello proposto da Baby ma la serie non lo mostra, dando l'impressione che i sedicenni di oggi, almeno quelli benestanti e abitanti in una grande città, siano tutti così. La seconda è che non c'è traccia di un benché minimo giudizio su comportamenti francamente discutibili. Nessuno ha particolari nostalgie della tv pedagogica di un tempo ma è inaccettabile sentir dire dagli autori di Baby che «il nostro primo obiettivo è stato quello di non giudicare i personaggi» o che «non vogliamo filtri paternalistici o moralistici. Sarà il pubblico a trarne le conseguenze» davanti a ragazzini e ragazzine che si drogano e considerano il sesso poco più di un passatempo perché significa non riconoscere la responsabilità che ci si assume quando si fa televisione. Soprattutto una televisione come Netflix che ha nel suo Dna proprio il pubblico giovane. Autori e protagonisti di Baby da questo orecchio, però, non ci sentono: «Questa serie ha l'obiettivo di mettere il pubblico in condizione di farsi delle domande e non di trovare le risposte» ribadisce Benedetta Porcaroli mentre Isabella Aguilar si spinge a generalizzare: «In questa serie abbiamo messo anche tanto di noi, delle nostre esperienze personali. Siamo stati tutti sedicenni allo stesso modo. Non c'è nichilismo né denuncia sociale». Se non è nichilismo Baby c'è da chiedersi cosa lo sia". (Tiziana Lupi)

giovedì 29 novembre 2018

NEWS - Achtung, compagni! Le piattaforme di streaming tipo Netflix e Amazon verso il pareggio con la pay tv (Sky): raddoppiati gli abbonamenti in un solo anno!
News tratta da "Il Sole 24 ore"
Manca poco al pareggio con i numeri della pay tv tradizionale. Qui gli abbonamenti in Italia si sono storicamente attestati attorno ai 6,5 milioni fra Sky e Mediaset Premium. Oggi le piattaforme di videostreaming arrivano a superare i 5 milioni. E il trend fa pensare al livello della pay come a un muro che sta per crollare. Del resto, l'impennata del video on demand è fuori discussione, anche in un Paese come l'Italia in cui ci si dibatte nelle sabbie mobili di una digitalizzazione che se da una parte mostra segnali di miglioramento come indicato dall'aumento dell'ultrabroadband (si veda Il Sole 24 Ore), dall'altra ha evidentemente enormi margini di crescita. A mettere in fila inumeri dell'avanzata anche in Italia di Netflix, Amazon Prime Video e delle altre piattaforme di videostreaming è EY con uno studio che tra gli sponsor ha Sky, Mediaset, Discovery, Vodafone. E i risultati lasciano poco spazio a dubbi: gli abbonamenti in Italia alle piattaforme di videostreaming a pagamento - EY cita Netflix, Amazon Prime Video, Timvision, Now Tv (Sky), Infinity (Mediaset), Eurosport Player - sono passati da 2,3 a 5,2 milioni. E tutto in un anno, fra giugno 2017 e giugno 2018. Numeri sui singoli operatori non ne sono forniti, ma a giudicare dalle indiscrezioni di mercato a farla da padrona è Netflix, in Italia da 3 anni. «Questi dati - spiega Fabrizio Pascale, Telco, Media e Technology Med Leader di EY- delineano un mercato dei servizi videostreaming in espansione, sia sul fronte dei servizi free offerti dai broadcaster televisivi sia a pagamento. Le crescite più importanti arrivano, però, dalle piattaforme pay che, a metà 2018, contavano oltre i 5 milioni di abbonati, più che raddoppiati nell'ultimo anno». Oltre al numero degli abbonamenti c'è anche da guardare al computo totale degli utenti (in famiglia a usufruire delle piattaforme può essere più di uno). In questo caso si passa da 4,3 a 8,3 milioni di utenti con un numero di sottoscrittori unici (che possono avere anche più di un abbonamento) pari a 4 milioni. EY nella sua indagine va poi anche oltre il video on demand "a pagamento" unendo i dati della parte free comprensiva di player come Youtube, Raiplay, Mediaset Play. E così, considerando chi «nell'ultima settimana ha guardato contenuti video attraverso Internet della durata di almeno 10 minuti», gli utenti free sono saliti in un anno da 17,6 a 20,9 milioni. ll che, considerando che utenti free e pay possono in parte coincidere, segnala 23,8 milioni di italiani che guardano video on demand: il 68% degli utenti internet totali. Tutte cifre, insomma, che fotografano anche per l'Italia quella che è una tendenza mondiale messa nero su bianco da diversi studi e istituti di ricerca. ITMedia Consulting, ad esempio, prevede che i ricavi totali del settore Vod (video on demand) nell'Europa occidentale aumenteranno rispetto ai 6,26 miliardi di euro del 2018, superando gli 8,8 miliardi nel 2021, con una crescita media annua, pur in un mercato prossimo alla maturità, ancora a doppia cifra: del 12 per cento. Dal Vod arriverà così un quarto dei ricavi del mercato payTv. L'Italia ha numeri ben più bassi rispetto ad altri Paesi d'Europa. Ma il trend è impetuoso. E così, stando sempre al rapporto"Video on Demand in Europe: 2018-2021", guardando al totale del video on demand - e dunque non solo Svod (servizi con abbonamento), ma anche Tvod (quello in cui si pagano le singole transazioni, erede dell'ormai scomparso home video) che non è stato considerato da EY- lapenetrazione sul totale dell'Europa Occidentale è del 26,6% in Uk, del 19,4% in Germania e del 4,6% in Italia che salirà all'8,3% nel 2021. Chiaro che con questi numeri il campanello d'allarme sia risuonato forte fra i player "tradizionali". La pay tv ad esempio, che ha prezzi per gli utenti più alti rispetto al Vod, sta cercando di trovare le migliori contromisure. In Italia anche il mondo del cinema ha alzato i toni e un decreto nei giorni scorsi ha stabilito che forme di incentivazione perle opere cinematografiche potranno esserci solo per quelle pellicole che non sceglieranno di approdare su piattaforme di videostreaming contemporaneamente alle sale. A livello mondiale Disney ha deciso di sottrarre a Netflix i propri film e le serie tv nel 2019, puntando su un proprio servizio che si chiamerà Disney+. E ancora: nel 2012 Ted Sarandos, chief content officer di Netflix, dichiarò che «l'obiettivo è diventare Hbo più velocemente di quanto Hbo possa diventare Netflix». Frase che poteva apparire sibillina allora, ma non certo oggi visto che la ATeT che ha acquisito la Time Warner punta, sempre per il 2019, a un servizio di streaming con i contenuti della"madre" di Game of Thrones. C'è poi il capitolo della lotta fra le stesse piattaforme: Amazon Prime Video sta crescendo e Walmart è pronta a entrare sul mercato. Intanto Netflix cresce e investe miliardi in contenuti lasciando però negli investitori il dubbio sulla sostenibilità del business a fronte di un indebitamento crescente. Che vincano o meno le Cassandre, è comunque certo che indietro non si torna.

mercoledì 28 novembre 2018

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

CORRIERE DELLA SERA
Con "L'amica geniale" le serie tv superano i libri da cui sono tratte
"L'amica geniale, il caso editoriale della «misteriosa» Elena Ferrante, è ora una serie tv che racchiude i quattro libri dove si narra la storia di Lila e Lenù, prima bambine, poi adolescenti, seguite tra le quinte di un rione miserabile della periferia napoletana e, in seguito, pedinate nell'intreccio polifonico della vita adulta. Tra digressioni fascinose, anse maestose e realiste, deviazioni fulminee, veniamo irresistibilmente catturati da una narrazione che possiede, insieme, una prodigiosa potenza pittorica (irriproducibile dalla parola) e un'attenzione ai battiti più riposti: Lenù Greco (Margherita Mazzucco) e Lila Cerullo (Gaia Girace) sono le migliori amiche e le peggiori nemiche. L'una è il doppio dell'altra, ma anche il suo opposto, la sua parte mancante. Prodotta da Hbo-Rai Fiction con Wildside, Fandango e Timvision, la serie diretta da Saverio Costanzo, che firma anche la sceneggiatura con Laura Paolucci, Francesco Piccolo ed Elena Ferrante (chiunque essa sia), è trasmessa dai Rai1 (il martedì, ore 21.25), e resa disponibile sulle piattaforme di Timvision e Raiplay. La fiction italiana ha finalmente raggiunto quel grado di maturità che da tempo auspicavamo? Si, la violenza, la tragicità, l'amicizia, l'ironia, la rabbia, lo stupore, i sentimenti tutti che qui contrappuntano questo dramma delle emozioni affondano nella concretezza delle cose, per essere poi riscattati da una scrittura sontuosa che libera i personaggi dal determinismo che incombe sulle loro «vite minuscole». Con nitore formale, come solo Rossellini sapeva fare, caricando di pensieri imperscrutabili, metafisici le figure neorealiste che entravano nel suo obiettivo. Che strano, in Romanzo criminale, in Gomorra, in L'amica geniale l'uso diffuso del dialetto non preclude una distribuzione internazionale. E poi, mistero dei misteri, le serie sono più belle dei libri da cui sono tratte". (Aldo Grasso

martedì 27 novembre 2018

NEWS - Hulk, che Toro! Anche il supereroe dalla pelle verde diventerà una serie tv!

News tratta da "Uproxx"
Guillermo del Toro may have taken home several trophies at this year’s Academy Awards ceremony for his film The Shape of Water, but that hasn’t stopped him from planning his next steps. These include a Pinocchio stop-motion musical for Netflix and an adaptation of the popular young adult horror series Scary Stories to Tell in the Dark. But what about his long-gestating-in-development-hell take on H.P. Lovecraft’s At the Mountains of Madness? Or his version of the Pacific Rim sequel?These, along with many, many other projects, have been collecting dust on Del Toro’s shelves for years. And yes, this sucks, but it’s also part of the filmmaking process, so the Mexican director, producer and screenwriters shared the titles of his unproduced screenplays in a series of tweets on Monday. “SCREENPLAYS I have developed, fully written or co-written that have gone unproduced (so far),” the thread began. They include the aforementioned At the Mountains of Madness and Pacific Rim 2, as well as Justice League Dark, Beauty and the Beast, Fantastic Voyage and a Hulk TV pilot.

lunedì 26 novembre 2018

NEWS - Clamoroso al Cibali! Ecco perché: 1) il sesso nelle serie tv non sarà più lo stesso 2) HBO non sarà più la stessa 3) i tempi di produzione seriali non saranno più gli stessi (forse)
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