News: #ABC Renews ‘Grey’s Anatomy,’ ‘Scandal’ and ‘How To Get Away With Murder’ for New Seasons.https://t.co/9Ykw0gxtYY via @variety
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sabato 11 febbraio 2017
venerdì 10 febbraio 2017
giovedì 9 febbraio 2017
News: #Amazon Boards TV Crime Series From Nicolas Winding Refn (EXCLUSIVE).https://t.co/Euaa9fY7NE via @variety
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L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL FOGLIO
Basta un foulard per innamorarsi di "Legion"
"Giusto contrappasso, visti il sussiego e la serietà — oltre alla quantità — con cui arrivano sugli schermi. D'accordo, c'è stato un momento in cui i vendicatori mascherati raccontavano qualcosa del mondo, e un altro in cui i registi sfoderavano idee brillanti. Tempo scaduto: appena arriva qualcosa di originale, per esempio il mercenario parolaio "Deadpool" di Tim Miller, spunta una candidatura ai Golden Globe. L'ultimo Batman è un pupazzetto Lego (nel film "Lego Batman" di Chris McKay, esce giovedì prossimo). Vive in rancorosa solitudine mangiando aragosta e sfoggiando gli addominali (nove, l'uomo pipistrello ne ha uno più del dovuto). Superman organizza feste nel suo nascondiglio e non lo invita mai. Affidata alle cure di Noah Hawley — showrunner della serie "Fargo": finora due stagioni che rendono omaggio ai fratelli Coen con grande originalità — la metamorfosi del supereroe chiamato Legion è ancora più clamorosa. La serie è partita negli Usa (per gli spettatori italiani sarà su Fox dal 13 febbraio). Il protagonista è imparentato con gli X-Men: suo padre Charles Xavier, colui che nell'universo Marvel riunisce e protegge i mutanti, lo ha avuto in Israele da una sopravvissuta all'Olocausto. Tutti i supereroi sono ebrei, non solo le supereroine Masada e Sabra — lo sostiene Simcha Weinstein nel suo saggio "Up Up and Oy Vey: How Jewish History, Culture and Values Shaped The Comic Book Superhero". Legion è più ebreo degli altri. Vi diranno "Personalità multipla", e vi verrà la voglia di scappare (come è venuta a noi, anche perché eravamo reduci, con danni, dal "Split" di M. Night Shyamalan). Restate, almeno fino a quando compare il Clockworks Psichiatric Hospital. "A Clockworks Orange" — un'arancia a orologeria — era il titolo del romanzo scritto nel 1962 da Anthony Burgess (lo scrittore ha sempre odiato "Arancia meccanica", il film diretto Stanley Kubrick dieci anni dopo). Segno che Noah Hawley non ha visto solo serie tv, e neppure soltanto film dei fratelli Coen. Segno che l'orizzonte si allarga — perlomeno — ai condizionamenti e al libero arbitrio. Legion nasce con il nome di David Haller. Lo vediamo nelle prime scene moccioso in culla e poi bambinetto e poi adolescente, mentre cominciano a manifestarsi i superpoteri che ne faranno un reietto e un ricercato. L'ospedale psichiatrico fornisce ai ricoverati felpe arancione Guantanamo (solo un po' sbiadito, devono essere i troppi lavaggi). Ritroviamo la classica scena manicomiale, gente catatonica o agitatissima attorno al nuovo paziente, in un'edizione a metà tra l'hipster e il retrò. Ammiriamo il lavoro dello scenografo, del direttore della fotografia, del costumista che spengono i colori e li illividiscono (i supereroi di solito hanno tute fiammanti in colori saturi). Il giovane David ha già capito come funziona il Comma 22 psichiatrico: "Se dico sto bene' pensano che sono matto; se dico sono matto' aumentano il dosaggio delle medicine". I supereroi hanno di solito il volto mascherato. Qui godiamo ogni sfumatura sul volto di Dan Stevens (era Matthew in "Downton Abbey": lasciò la serie perché voleva provare ruoli diversi, lo fecero morire in un incidente d'auto), già candidato al titolo di schizofrenico più sexy mai visto su uno schermo. Soprattutto quando si innamora di Syd (di cognome le hanno messo Barrett, come il fondatore dei Pink Floyd che lasciò nel 1968 il gruppo perché fuori di testa). Lei non vuole essere toccata. Si tengono per mano afferrando le estremità dello stesso foulard. Basta per innamorarsi della serie". (Mariarosa Mancuso)
IL FOGLIO
Basta un foulard per innamorarsi di "Legion"
"Giusto contrappasso, visti il sussiego e la serietà — oltre alla quantità — con cui arrivano sugli schermi. D'accordo, c'è stato un momento in cui i vendicatori mascherati raccontavano qualcosa del mondo, e un altro in cui i registi sfoderavano idee brillanti. Tempo scaduto: appena arriva qualcosa di originale, per esempio il mercenario parolaio "Deadpool" di Tim Miller, spunta una candidatura ai Golden Globe. L'ultimo Batman è un pupazzetto Lego (nel film "Lego Batman" di Chris McKay, esce giovedì prossimo). Vive in rancorosa solitudine mangiando aragosta e sfoggiando gli addominali (nove, l'uomo pipistrello ne ha uno più del dovuto). Superman organizza feste nel suo nascondiglio e non lo invita mai. Affidata alle cure di Noah Hawley — showrunner della serie "Fargo": finora due stagioni che rendono omaggio ai fratelli Coen con grande originalità — la metamorfosi del supereroe chiamato Legion è ancora più clamorosa. La serie è partita negli Usa (per gli spettatori italiani sarà su Fox dal 13 febbraio). Il protagonista è imparentato con gli X-Men: suo padre Charles Xavier, colui che nell'universo Marvel riunisce e protegge i mutanti, lo ha avuto in Israele da una sopravvissuta all'Olocausto. Tutti i supereroi sono ebrei, non solo le supereroine Masada e Sabra — lo sostiene Simcha Weinstein nel suo saggio "Up Up and Oy Vey: How Jewish History, Culture and Values Shaped The Comic Book Superhero". Legion è più ebreo degli altri. Vi diranno "Personalità multipla", e vi verrà la voglia di scappare (come è venuta a noi, anche perché eravamo reduci, con danni, dal "Split" di M. Night Shyamalan). Restate, almeno fino a quando compare il Clockworks Psichiatric Hospital. "A Clockworks Orange" — un'arancia a orologeria — era il titolo del romanzo scritto nel 1962 da Anthony Burgess (lo scrittore ha sempre odiato "Arancia meccanica", il film diretto Stanley Kubrick dieci anni dopo). Segno che Noah Hawley non ha visto solo serie tv, e neppure soltanto film dei fratelli Coen. Segno che l'orizzonte si allarga — perlomeno — ai condizionamenti e al libero arbitrio. Legion nasce con il nome di David Haller. Lo vediamo nelle prime scene moccioso in culla e poi bambinetto e poi adolescente, mentre cominciano a manifestarsi i superpoteri che ne faranno un reietto e un ricercato. L'ospedale psichiatrico fornisce ai ricoverati felpe arancione Guantanamo (solo un po' sbiadito, devono essere i troppi lavaggi). Ritroviamo la classica scena manicomiale, gente catatonica o agitatissima attorno al nuovo paziente, in un'edizione a metà tra l'hipster e il retrò. Ammiriamo il lavoro dello scenografo, del direttore della fotografia, del costumista che spengono i colori e li illividiscono (i supereroi di solito hanno tute fiammanti in colori saturi). Il giovane David ha già capito come funziona il Comma 22 psichiatrico: "Se dico sto bene' pensano che sono matto; se dico sono matto' aumentano il dosaggio delle medicine". I supereroi hanno di solito il volto mascherato. Qui godiamo ogni sfumatura sul volto di Dan Stevens (era Matthew in "Downton Abbey": lasciò la serie perché voleva provare ruoli diversi, lo fecero morire in un incidente d'auto), già candidato al titolo di schizofrenico più sexy mai visto su uno schermo. Soprattutto quando si innamora di Syd (di cognome le hanno messo Barrett, come il fondatore dei Pink Floyd che lasciò nel 1968 il gruppo perché fuori di testa). Lei non vuole essere toccata. Si tengono per mano afferrando le estremità dello stesso foulard. Basta per innamorarsi della serie". (Mariarosa Mancuso)
mercoledì 8 febbraio 2017
News: #TheBigBangTheory Star Johnny Galecki’s #LivingBiblically Pilot Ordered at #CBS.https://t.co/P2Gzabv0Ki via @variety #TBBT
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martedì 7 febbraio 2017
L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
"Roadies", sfortunata storia per iniziati del backstage
"Durante i preparativi per il concerto della Staton-House Band, Kelly Ann annuncia alla squadra che lascerà il lavoro per andare a frequentare una scuola di cinema a New York. Reg, un consulente finanziario mandato dalla direzione, creerà terrore. Mentre comunica un po' goffamente ai ragazzi che sono necessari tagli alle spese, Kelly Ann lo attacca pesantemente. Intanto Bill e Shell battibeccano di continuo, come fanno certi innamorati. Questi alcuni spunti narrativi di una serie che prometteva molto, ma che non è riuscita a mantenere le tante attese. Sto parlando di 'Roadies' creata da Cameron Crowe (il suo 'Almost Famous' resta un capolavoro) e coprodotta con un altro mito, J.J. Abrams. Purtroppo gli ascolti sono stati poco lusinghieri e Showtime ha deciso di cancellare dopo una sola stagione la comedy-drama (Premium Stories, lunedì, 21.15). Un vero peccato, forse la serie è per iniziati, scritta per chi ama la musica «dal di dentro». Roadies racconta il backstage di un tour musicale attraverso l'intreccio di storie personali. I «roadies» sono gli addetti al lavori, quelli che da noi portano sul retro della t-shirt la scritta staff: percorrono migliaia di km all'anno, in perenne trasloco da una città all'altra, devono in poco tempo montare palco e attrezzature sonore, spesso sono costretti a sopportarsi (non è gente facile), specie quando il «posto di lavoro» diventa una seconda famiglia. Eppure il pilot, Life is a Carnival, è interessante, sorretto anche da una colonna sonora molto sofisticata. Il lavoro frenetico, la precarietà, la strada, una vita in perenne fuga. A Kelly Ann, Cameron Crowe ha assegnato il compito più impegnativo: incarnare la «filosofia» dei roadies. Da cinefila, ha preparato un piccolo film dove ha raccolto le scene più famose della storia del cinema che hanno per soggetto una fuga. Come diceva Jimi Hendrix, «se sono libero è perché sono sempre in fuga»". (Aldo Grasso)
CORRIERE DELLA SERA
"Roadies", sfortunata storia per iniziati del backstage
"Durante i preparativi per il concerto della Staton-House Band, Kelly Ann annuncia alla squadra che lascerà il lavoro per andare a frequentare una scuola di cinema a New York. Reg, un consulente finanziario mandato dalla direzione, creerà terrore. Mentre comunica un po' goffamente ai ragazzi che sono necessari tagli alle spese, Kelly Ann lo attacca pesantemente. Intanto Bill e Shell battibeccano di continuo, come fanno certi innamorati. Questi alcuni spunti narrativi di una serie che prometteva molto, ma che non è riuscita a mantenere le tante attese. Sto parlando di 'Roadies' creata da Cameron Crowe (il suo 'Almost Famous' resta un capolavoro) e coprodotta con un altro mito, J.J. Abrams. Purtroppo gli ascolti sono stati poco lusinghieri e Showtime ha deciso di cancellare dopo una sola stagione la comedy-drama (Premium Stories, lunedì, 21.15). Un vero peccato, forse la serie è per iniziati, scritta per chi ama la musica «dal di dentro». Roadies racconta il backstage di un tour musicale attraverso l'intreccio di storie personali. I «roadies» sono gli addetti al lavori, quelli che da noi portano sul retro della t-shirt la scritta staff: percorrono migliaia di km all'anno, in perenne trasloco da una città all'altra, devono in poco tempo montare palco e attrezzature sonore, spesso sono costretti a sopportarsi (non è gente facile), specie quando il «posto di lavoro» diventa una seconda famiglia. Eppure il pilot, Life is a Carnival, è interessante, sorretto anche da una colonna sonora molto sofisticata. Il lavoro frenetico, la precarietà, la strada, una vita in perenne fuga. A Kelly Ann, Cameron Crowe ha assegnato il compito più impegnativo: incarnare la «filosofia» dei roadies. Da cinefila, ha preparato un piccolo film dove ha raccolto le scene più famose della storia del cinema che hanno per soggetto una fuga. Come diceva Jimi Hendrix, «se sono libero è perché sono sempre in fuga»". (Aldo Grasso)
lunedì 6 febbraio 2017
NEWS - Gone "Girls"! Addio alla serie tv cult dove "la gente fatica a distinguere i personaggi e le attrici che li interpretano" (Lena Dunham dixit)
The cast of Girls gets dressed up ahead of the final season in this new cover story for The Hollywood Reporter.
Stars Lena Dunham, Allison Williams, Jemima Kirke, Adam Driver, Zosia Mamet, Alex Karpovsky, and Andrew Rannells opened up to the mag:
Lena on Adam: ”Look, Adam is something unusual that Hollywood was waiting for, and he has ‘movie star’ written all over his face in both an old-fashioned and a modern way. But I do think that — and I experience it, too — it can be harder for people to separate female TV characters from the actors playing them.
Allison on not wanting to do nudity: “So instead, they bent me over a counter with someone’s face to my butt. [Marnie's music partner and love interest Desi performs analingus during season four.] It’s funny because my character actually had the vast majority of sex on the show, but it just doesn’t stick to me. People are like,’ ‘So you’ve never had sex in the show, have you?’ I’m like, what do I have to do? I’ve literally had someone in my butt.”‘(Laughs.) And with that scene, the headlines were all, ‘Brian Williams’ daughter gets her salad tossed.’ Well, no, not to reveal too much, but that is definitely not something I’m interested in, and it’s definitely never happened to me in real life. But the media often decides when to believe us as characters and when to just portray us as ourselves.
Adam on getting cast: “I was doing a play at the time, so I was feeling very self-righteous. I thought that that was what I should be doing, and TV was for evil people, and I didn’t want to be part of any system or corporation. (Laughs.) But because it was HBO, it seemed different. And then the writing was so good, and I thought it would be fun to play someone who does these things that are morally questionable.”
The cast of Girls gets dressed up ahead of the final season in this new cover story for The Hollywood Reporter.
Stars Lena Dunham, Allison Williams, Jemima Kirke, Adam Driver, Zosia Mamet, Alex Karpovsky, and Andrew Rannells opened up to the mag:
Lena on Adam: ”Look, Adam is something unusual that Hollywood was waiting for, and he has ‘movie star’ written all over his face in both an old-fashioned and a modern way. But I do think that — and I experience it, too — it can be harder for people to separate female TV characters from the actors playing them.
Allison on not wanting to do nudity: “So instead, they bent me over a counter with someone’s face to my butt. [Marnie's music partner and love interest Desi performs analingus during season four.] It’s funny because my character actually had the vast majority of sex on the show, but it just doesn’t stick to me. People are like,’ ‘So you’ve never had sex in the show, have you?’ I’m like, what do I have to do? I’ve literally had someone in my butt.”‘(Laughs.) And with that scene, the headlines were all, ‘Brian Williams’ daughter gets her salad tossed.’ Well, no, not to reveal too much, but that is definitely not something I’m interested in, and it’s definitely never happened to me in real life. But the media often decides when to believe us as characters and when to just portray us as ourselves.
Adam on getting cast: “I was doing a play at the time, so I was feeling very self-righteous. I thought that that was what I should be doing, and TV was for evil people, and I didn’t want to be part of any system or corporation. (Laughs.) But because it was HBO, it seemed different. And then the writing was so good, and I thought it would be fun to play someone who does these things that are morally questionable.”
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