sabato 11 luglio 2009

NEWS - Il flop di "90210", senza l'aura di "Beverly Hills". Il parere di Aldo Grasso
"Il più celebre codice postale della serialità americana, «90210», è diventato il terzo spin off tratto da «Beverly Hills, 90210» dopo «Melrose Place» e «Models Inc.». Ideato da Rob Thomas racconta le vicende quotidiane della famiglia Wilson (padre, madre, figlia e figlio adottivo), trasferitasi da poco a Beverly Hills, California, dopo che il capofamiglia, Harrison, ha accettato l' incarico di preside del West Beverly High. Accanto a loro, della vecchia serie ritroveremo Kelly Taylor (Jenny Garth) ora consulente scolastico della West Beverly High, Brenda Walsh (una Shannen Doherty ormai donna fatta) divenuta nel frattempo attrice di teatro e Nat, il proprietario del Pich Pit. Anche «Beverly Hills 90210», creato da Darren Star, raccontava le vicende di un' altra famiglia, la Walsh, trasferitasi per il lavoro del padre dalla provinciale Minneapolis in uno dei quartieri più prestigiosi di Los Angeles (Joi, Mediaset Premium, striscia quotidiana). La visione comparata delle due serie, resa possibile dalla convergenza dell' attuale offerta televisiva, è piena di sorprese. Dopo circa vent' anni, la prima cosa che colpisce è il cambio di ritmo: sequenze più brevi, dialoghi più serrati. Il classico «teen», sull' esempio di «Gossip girl» strizza l' occhio alla soap. La qualità fotografica è più accurata, però... Però manca quell' aura che faceva di «Beverly Hills» il luogo ideale della riflessione adolescenziale. Manca la figurazione del «gruppo», la cui coesione è basata su un profondo legame di amicizia e un forte senso di appartenenza generazionale. Perciò, pur esistendo dei personaggi principali, era il gruppo dei pari, con dinamiche interne, il centro della rappresentazione, e costituiva una vera famiglia parallela rispetto al nucleo familiare. Solo così si spiega lo scarso successo ottenuto da «90210»".
(Aldo Grasso, "Corriere della Sera")

venerdì 10 luglio 2009

PICCOLO GRANDE SCHERMO - Aiuto, lasciatelo affogare! L'idea di portare "Baywatch" al cinema prende forma ma la scrive uno che non ha mai visto la serie e vuol farla diventare una commedia tipo "Scuola di polizia"...
Articolo tratto da Corriere.it
Due settimane fa ci sono stati dei cambi nei vertici della Paramount, John Lesher e Brad Weston, rispettivamente il capo del gruppo e il presidente della produzione sono stati rimossi dai rispettivi incarichi. La motivazione risiede nell'andamento dei cinque film prodotti nel 2008 dalla Paramount: "Star Trek", "Il curioso caso di Benjamin Button", "The love guru", "Dance flick" ed "Immagina" che, solo il primo è stato un blockbuster, il secondo ha fatto un piccolo incasso ma gli ultimi tre sono stati dei flop per la società. Uno dei primi progetti che, Adam Goodman, il nuovo capo della produzione, ha deciso di accelerare la realizzazione, è il film per il grande schermo di "Baywatch", che si è portato con se dalla Dreamworks. La Paramount ha assunto Jeremy Garelich ("Ti odio, ti lascio, ti...") per riscrivere la sceneggiatura e per dirigere la pellicola. Nel 2005 la Dreamworks aveva acquistato i diritti della serie ed era stato realizzato uno script scritto da Jay Scherick e David Ronn, ma era risultato troppo ricco di scene d'azione. Garelick, che ha fatto una scrittura non accreditata in "Una notte da Leoni", ha avuto il compito di riscrivere la sceneggiatura e, sebbene non abbia mai visto lo show di "Baywatch", ha pensato che ci fosse la possibilità per trasformarlo in una commedia. "Penso di modellare il film su pellicole simili a 'Scuola di polizia' o 'Stripes', un plotone di svitati, delle commedie che ho amato crescendo. Invece di provare a rifarne il tono, ho pensato che sarebbe stato più facile scrivere il primo atto per spiegare chi sono questi personaggi". La storia racconterà di due improbabili candidati come bagnini di salvataggio che cercheranno di essere ammessi, circondati da molte ragazze in costume, numerose tanto quanto erano nella serie televisiva".

giovedì 9 luglio 2009


GOSSIP/PICCOLO GRANDE SCHERMO - Che Bell bikini! L'ex interprete di "Veronica Mars" si candida ad essere la Miss 2 pezzi dell'estate con "Couples Retreat"
Non passa giorno che quell'olimpionica di Kristen Bell ("Veronica Mars", "Heroes") appaia sui siti specializzati con tanto di bikini incorporato (foto sopra il titolo). Ma non solo: l'attrice lo sfoggia anche nel suo prossimo film "Couples Retreat" (foto in alto), insieme a Kristin Davis ("Sex and the City") e Malin Ackerman ("The Comeback"), anche se in quel caso sembra più un due pezzi di lingerie che un bikini a tutti gli effetti. Che si stia preparando per la prossima edizione de "L'Isola dei famosi"? O delle Olimpiadi di nuoto? O che stia mettendosi in forma per interpretare "Buffy" al cinema, visto l'esito parziale del Sondaggio di Telefilm Cult che la vede nettamente in testa tra le possibili candidate?

Vedi il trailer di "Couples Retreat"

mercoledì 8 luglio 2009

LA VITA E' UNA COSA SERIAL - Carradine, il cyber-funerale di Facebook manda ko i media
Ci sono notizie e notizie. Quelle che colpiscono nel profondo l'immaginario collettivo, quelle da prima pagina "per forza", quelle da insabbiare. Tra le prime, la morte di David Carradine in un hotel a Bangkok, dove l'ex indimenticato interprete di "Kung Fu" e icona rilanciata da "Kill Bill" di Tarantino si trovava per girare un (ultimo) film. Personalmente sono cresciuto con gli insegnamenti televisivi del monaco shaolin Chang Caine in un orecchio e Deejay Television nell'altro. Prima di Caine avevo avuto modo di apprezzare il piccolo schermo dagli occhi a mandorla in un'altra serie - ancora più pulp - qual era "Samurai", dove il protagonista e il figlio carrozzellato a rimorchio massacravano senza pietà chiunque gli si parasse di fronte, senza quasi proferir verbo. Un pò quello che facevo io appena presa la patente, a chi mi tagliava la strada alla guida del mio maggiolone cabriolet. Con Caine s'insidiava un principio di morale zen che struggeva il protagonista - più che altro con i flashback dei suoi trascorsi glabri nel ritiro shaolin - dopo aver consumato vendetta (o giustizia) di spada. Carradine, era perfetto. Imperturbabile ma espressivo. Non come Eastwood, che "sa recitare i due modi: col cappello e senza". Bucava lo schermo. Così come lo ha bucato nel bianco e nero sgranato di "Kill Bill", quando irrompe nella scena madre (madre in tutti i sensi!) in cui Bill incontra la sposa incinta interpretata da Uma Thurman fuori dalla chiesa dove la futura vendicatrice in tuta gialla si sta per sposare (con un altro). Quella sequenza prima del massacro è a mio avviso un capolavoro, con tanto di omaggio alla filosofia di "Kung Fu" (Carradine-Bill soffia nello stesso flauto della serie tv del 1972). Il tutto per dire che la scomparsa dell'attore ha scioccato più d'uno - oltre che per il mistero dell'accaduto nelle prime ore riguardo al suicidio - e Facebook, più che i portali di grande informazione, ne è stato la prova. Nel giro di poche ore la notizia si è impossessata dello status-casella "a cosa stai pensando?", mentre le agenzie di stampa e le home-page dei grandi quotidiani si affannavano di capire come si erano svolti i fatti, rimandando al giorno successivo (sulla copia cartacea) o in tarda serata il commento sulla scomparsa dell'attore. Il TG5 della sera stessa, tanto per dire, evitava clamorosamente di dare la notizia (ma annunciava in pompa magna il contratto in esclusiva di Bonolis fino al 2011!). Tuttavia il "vuoto" lasciato da Carradine negli animi di molti si respirava già dal social network, che ormai è la vera Piazza mediatica che fa da termometro degli umori, gioie e delusioni della società, civile o incivile che sia. E che in questo caso ha celebrato un cyber-funerale sentito, da prima pagina se si dovessero misurare i "contatti" e i commenti personali. Sembrava che fosse scomparso un parente, in taluni casi. E' emerso un humus popolare che si smarca dalle scalette dei telegiornali, che viene prima del discorso sull'Islam di Obama, degli appelli politici prima delle elezioni europee, dell'emergenza inquinamento a Ischia (con tutto il rispetto per gli ischitani). E' un battito emozionale, talvolta poco politically correct, senza ipocrisia, ancor più forte quando tocca qualcuno dei personaggi (ancor prima delle persone) che ti hanno accompagnato giorno dopo giorno, puntata dopo puntata. Sono cresciuti con te. Personalmente ho raggiunto l'apice con la scomparsa di Leroy Johnson (pardon, Gene Anthony Ray) di "Saranno Famosi", finito male qualche anno fa: prima di morire, era stato arrestato per aver rubato una bottiglia di vino alla SMA di Via Padova a Milano. Prima che la sete, l'aveva tradito la "Fame" che lo ha reso popolare e immortale ai nostri occhi. Prima dell'avvento di Facebook e dell'Esselunga. (Articolo di Leo Damerini pubblicato su "Telefilm Magazine" di Luglio)

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