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martedì 16 aprile 2019

NEWS - Netflix, missione Italia! La società americana investe 200 milioni di euro per i prossimi 3 anni in produzioni made in Italy (ma Moccia anche no, dai...). Al momento però solo la soprannaturale "Curon" è originale e non "tratta da"

News tratta da "Italia Oggi"
Duecento milioni di euro per le produzioni italiane nei prossimi tre anni: è l'investimento deciso da Netflix, il gigante del video streaming on demand, che in questo modo moltiplicherà i contenuti made in Italy e destinati anche al resto del mondo grazie alla propria piattaforma. La società guidata da Reed Hastings ha iniziato a produrre in Italia nel 2015, con Suburra, serie originale realizzata insieme con Cattleya e Rai Fiction di cui è stata annunciata la terza stagione, poi si sono succedute altre produzioni e diverse sono in lavorazione attualmente. Lo scorso anno, ha fatto sapere Netfiix, quasi 50 mila persone, contando cast e altro personale, hanno lavorato su produzioni originali e co-produzioni Netflix in Europa, e di queste circa 9 mila in Italia. «La comunità creativa italiana è molto ammirata in tutto il mondo per la qualità delle sue storie e per le sue capacità produttive», ha commentato Kelly Luegenbiehl, vice president of International Originals per Europa, Medio Oriente ed Africa. «E stato emozionante vedere show italiani e realizzati in Italia come Suburra - La Serie e Baby e film come Sulla mia pelle, raggiungere una platea globale. Questo investimento ci consentirà di realizzare un numero maggiore di produzioni qui in Italia, che ci auguriamo il pubblico globale apprezzerà, e ci consentirà anche di supportare in modo più ampio la comunità creativa italiana». Oltre alle produzioni, infatti, dovrebbero esserci altre iniziative che saranno dettagliate in seguito dal momento che Netflix è già in contatto con le associazioni del settore. Per Francesco Rutelli, presidente dell'Anice., «investimenti duraturi e in partnership con produttori originari italiani, sia per film che serie tv, porteranno effetti positivi nel nostro paese», mentre Giancarlo Leone, presidente dell'Apa (Associazione produttori audiovisivi), ha parlato di un annuncio «di grande importanza per l'intero settore dell'audiovisivo italiano». «Siamo certi», ha aggiunto Leone, «che i rafforzati rapporti tra i produttori indipendenti nazionali e Netflix contribuiranno ad una presenza sempre più significativa del servizio in Italia e ad una vetrina di successo internazionale per le produzioni italiane nel mondo, oltre che ad una ulteriore crescita dell'intera filiera creativa nel mercato globale». La notizia dell'investimento arriva poche ore prima del rilascio dei dati del primo trimestre, che dovrebbero vedere gli abbonati a livello globale arrivare a quota 150 milioni. Le stime della società parlavano di ulteriori 9 milioni di abbonati paganti attesi nei tre mesi, oltre a 8 milioni nel primo mese di test gratuito. La maggior parte dei nuovi abbonati, 1'80% circa, arriva dai mercati internazionali dove Netflix sta appunto investendo parecchio in termini di contenuti. Fra le ultime serie, per esempio, ci sono produzioni turche, polacche e del bacino mediorientale, per non parlare dell'hub produttivo aperto in Spagna. L'investimento in contenuti originali europei è stato di 1 miliardo di dollari lo scorso anno. Fra i progetti già annunciati o in lavorazione per quest'anno in Italia ci sono Luna Nera (Fandango), Curon (Indiana Productions); l'adattamento di Tre metri sopra il cielo di Moccia (Cattleya) e quello di Winx Club, oltre all'acquisizione dei diritti audiovisivi del libro Fedeltà di Marco Missiroli.

martedì 26 febbraio 2019

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
"Suburra" 2, il cuore di Roma ancora più nero
"Un'ambientazione, se possibile, ancora più nera e cupa di quella cui eravamo abituati. Il lancio della seconda stagione di Suburra (Netflix) ci consegna una Roma in cui il lato oscuro del crimine, del malaffare e delle relazioni tra i protagonisti s'impone come cifra dominante del racconto. Dal litorale di Ostia, le vicende si spostano progressivamente dentro le mura della città, imprimendo alla serie un crescendo di tensione, di azione, ma anche di complicazioni narrative. Le trame delle famiglie Adami, Anacleti e Marchilli s'intrecciano tra loro, così come i disegni di Samurai (Francesco Acquaroli) e Sara Monaschi (Claudia Gerini), revisore contabile per conto del Vaticano. Il secondo atto di Suburra lavora principalmente per accumulo: i traffici criminali, infatti, s'inseriscono in uno scenario in cui emergono alcuni temi tipici del recente crime all'italiana, quali i legami con la politica (le vicende si svolgono nel pieno della campagna elettorale per il sindaco e il rinnovo del Consiglio comunale di Roma), l'opacità del sistema religioso, l'ascesa — contrastata e contraddittoria — del potere femminile, i fenomeni d'attualità come la gestione dei migranti e i conseguenti business illeciti che la circondano. In questo senso, Suburra si colloca a metà tra Romanzo Criminale (la «presa» di Roma e quel «sto a svoltà» di Aureliano) e Gomorra, pur senza la stessa qualità di scrittura. L'operazione di Netflix riesce tuttavia a costruire un brand potente e riconoscibile, autonomo dai prodotti cui s'ispira, che rielabora le esperienze editoriali precedenti (il romanzo, il film) articolando in tutta la sua crudezza un «mondo di mezzo» romano tragico ma tremendamente reale, reso ancora più impeccabile dalla regia di Andrea Molaioli (almeno nei primi episodi) e nel quale spicca l'interpretazione di Alessandro Borghi". (Aldo Grasso)

giovedì 21 febbraio 2019

NEWS - Sinti chi parla! Torna "Suburra" e lo vedono anche in Vietnam!

News tratta da "Italia Oggi"
Netflix scommette sull'Italia: per la presentazione della seconda stagione di Suburra, prima produzione italiana della società fondata da Reed Hastings e Marc Randolph e operante nella distribuzione via Internet di film, serie televisive e altri contenuti d'intrattenimento, nella capitale è arrivata Kelly Luegenbiehl, vice president of international original series for Europe and Africa del colosso mondiale dell'intrattenimento via streaming: «Per Netflix Suburra è una serie molto speciale. Per noi è stato un vero dono poter lavorare con persone di altissimo livello come quelle coinvolte in questa serie. E' stata una bella sorpresa la reazione del pubblico internazionale a questa serie, inizialmente concepita per il pubblico romano o italiano al massimo. Invece Suburra ha grandi fan negli Usa, in Germania e addirittura in Vietnam».

lunedì 3 dicembre 2018

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

CORRIERE DELLA SERA
Le ingenuità e gli stereotipi di "Baby"

"'Per noi la vita è semplice, vogliamo sentirci onnipotenti, divertirci e fare cazzate. E se non riusciamo a farlo alla luce del giorno ci rifugiamo in qualcosa che è solo nostro. La cosa bella è avere una vita segreta...». Adolescenti inquieti e genitori egocentrici, perdizione e rispettabilità borghese, Parioli e borgate: liberamente ispirata alla vicenda delle «baby-squillo» minorenni che segnò la «Roma bene» nel 2013, la serie «Baby» (Netflix) se ne discosta ampiamente, senza troppo cedere alla pressione della cronaca. Dopo «Suburra», il colosso globale dello streaming conferma la Capitale come ambientazione privilegiata per le proprie produzioni locali italiane; una Roma di nuovo scandagliata nei suoi bassifondi morali, ma osservata stavolta nei suoi spazi urbani più elitari e distintivi e mediata tramite un universo giovanile a rischio d'implosione. A raccontare la storia dell'amicizia tra Chiara (Benedetta Porcaroli) e Ludovica (Alice Pagani), delle loro frequentazioni pericolose e della loro solitudine familiare, così diversa ma in fondo simile (il formalismo di genitori «separati in casa» nel caso di Chiara, l'assenza del padre e la presenza di una madre assalita da patologie adolescenziali nel caso di Ludovica), è la scrittura del collettivo Grams, un insieme di giovani autori romani, pressoché coetanei dei protagonisti della serie, e forse proprio per questo titolati a imprimere agli snodi della trama scarti un po' ingenui e a forzare i diversi piani di conflitto e di contrapposizione con soluzioni stereotipate (o prese a prestito dal nuovi §cenaci del teen trama, tipo la serie spagnola Elite). L'operazione va, tuttavia, nella direzione di immaginare anche un pubblico largo. II cast attinge dai giovani attori di Braccialetti rossi ad adulti come Pandolfi, Isabella Ferrari, Calabresi". (Aldo Grasso)

sabato 22 settembre 2018

NEWS - Anteprima! Patrick Dempsey avvistato a Roma per girare "Devils" con Alessandro Borghi!
News tratta da "Il Messaggero"
La cosa che ha apprezzato di più? Le trofie coni funghi porcini e le erbette», racconta uno dei camerieri che ha servito l'altra sera l'affascinante Patrick Dempsey, a Roma per girare una nuova serie televisiva dal titolo Devils, prodotta dalla Lux Vide. Proprio l'ad della società di produzione Luca Bernabei ha voluto invitare a cena il cast per dare loro di benvenuto nella capitale. Siamo nel ristorante di un noto hotel vicino piazza del Popolo, dove insieme a Dempsey sedevano anche gli altri attori, da Alessandro Borghi, apprezzatissimo nel ruolo di Stefano Cucchi nel film "Sulla mia pelle" a Laia Costa, attrice spagnola di Barcellona, giunta con un cappottino color rosso mattone, camicetta bianca e senza un filo di trucco, come la collega tedesca Pia Mechler e l'olandese Sallie Harmsen, vestita con un pantalone leggero arancione, espadrillas e magliettina. C'erano anche gli attori inglesi Malochi Kirby, Paul Chowdhry, Harry Michell, tutti molto casual. Per loro, oltre alle trofie tanto apprezzate da Dempsey, 52 anni, diventato famoso in tutto il mondo per la serie cult Grey's Anatomy, dove lui interpretava il neurochirurgo Derek Shehperd, lo chef aveva preparato anche delle "milanesine" di filetto di vitello con fagiolini e crema di patate all'olio di oliva e per dessert un trionfo di gelati misti, un'altra golosità che tutti gli ospiti hanno apprezzato, anche se consumato con tanti piccoli assaggi. «Sono sempre a dieta questi attori», ha commentato un vicino di tavolo, che intanto mangiava un più calorico tiramisù. La serie Devils è tratta dal romanzo del finanziere Guido Maria Brera, marito di Caterina Balivo e papà dei loro due bimbi e sarà trasmessa da Sky, le riprese saranno tra Roma e Londra per 24 settimane, in tutto dieci episodi sul mondo della finanza e su spietati trading manager. La regia è di Nick Hurran e Jan Michelini, regista anche di Don Matteo, serie sempre prodotta dalla Lux. L'attore americano di origine irlandese Patrick Dempsey è molto amato in Italia, è spesso ospite della trasmissione C'è Posta per te di Maria De Filippi, dove era stato sei mesi fa. Appena finita la cena, dopo una stretta di mano con Bernabei, si è concesso con tanto di sorriso a chi si trovava in hotel e non si è voluto far sfuggire l'occasione di una foto ricordo con uno dei sex symbol mondiali del cinema. L'aveva fatto anche mentre usciva dall'aereo, appena atterrato a Roma da Los Angeles, mercoledì scorso con due fan, e sicuramente non sarà l'ultimo selfie durante il suo soggiorno romano.

martedì 14 agosto 2018

lunedì 13 agosto 2018

NEWS - Quei Diavoli di Sky! Ingaggiano Patrick Dempsey nella co-produzione con Lux Vide di una serie tv sugli intrighi della finanza dove tra gli autori compare Daniele Cesarano, capo della fiction di Mediaset (!)
Sky Italia e Lux Vide annunciano la serie originale, Diavoli, le cui riprese inizieranno a fine settembre con il primo ciak battuto a Londra. La serie in 10 episodi, basata sull’omonimo best seller (ed. Rizzoli) di Guido Maria Brera, una eccezionale storia di finanza, potere e disinganni, sarà co-finanziata e distribuita a livello internazionale da Sky Vision ed è realizzata in collaborazione con Orange StudioIl cast di livello internazionale avrà come protagonisti il due volte nominato ai Golden Globes Patrick Dempsey, noto al pubblico mondiale per l’iconica interpretazione di Derek Shepherd in Grey’s Anatomy, e Alessandro Borghi, tra i talenti italiani più cristallini degli ultimi anni, apprezzato da pubblico e critica per le sue interpretazioni in Non essere cattivo, Suburra, Fortunata e The PlaceInsieme a loro Laia Costa (Victoria), Malachi Kirby (Radici), Paul Chowdhry (Swinging with the Finkels), Pia Mechler(Everything Is Wonderful), Harry Michell (Chubby Funny) e Sallie Harmsen (Blade Runner 2049). Diavoli sarà ambientata nella sede londinese di una grande banca americana, dove lo spregiudicato Head of Trading, Massimo Ruggero (Alessandro Borghi) è stato accolto dall’Italia e cresciuto nel mondo finanziario da Dominic Morgan (Patrick Dempsey), CEO della banca. Quando finisce per ritrovarsi coinvolto in una guerra finanziaria intercontinentale che colpisce l’Europa, dovrà scegliere se allearsi con il suo mentore oppure combatterlo. Alla regia di questo nuovo progetto internazionale ci sarà l’inglese Nick Hurran, nome legato a serie tv di grande successo: Sherlock (per cui è stato nominato agli Emmy), Doctor Who, Fortitude, Altered Carbon, The Prisoners. A Hurran è affidata anche la supervisione artistica della serie. Lo affiancherà nel team di regia l’italiano Jan Michelini (I Medici). Il team di scrittura include Alessandro Sermoneta, Mario Ruggeri, Elena Bucaccio, Guido Maria Brera, Chris Lunt, Michael Walker, Ben Harris, Daniele Cesarano, Ezio Abate e Barbara Petronio.
Nils Hartmann, Direttore Produzioni Originali di Sky Italia, ha dichiarato: «Quando, più di 10 anni fa, Sky ha dato il via alle prime produzioni originali ci siamo dati una mission: non percorrere territori già battuti e continuare ad innovare. Nell’annunciare questo nuovo progetto ci sono la consapevolezza e l’entusiasmo di star andando, ancora, in quella direzione. E di farlo con a bordo un cast internazionale di registi, guidato da Nick Hurran, e interpreti davvero straordinari che metterà insieme, tra gli altri, Patrick Dempsey, un nome che ha fatto la storia della serialità negli USA, qui in un ruolo nuovo e sorprendente, e Alessandro Borghi, attore italiano tra i più talentuosi e versatili, che siamo orgogliosi di avere con noi. Un progetto ambizioso, nato dall’avvincente romanzo di un altro talento italiano, Guido Maria Brera, che segna il debutto per Sky in un genere rarissimo in Italia, il financial thriller, e inaugura la collaborazione con Lux Vide, brand di grandi successi italiani e internazionali con cui siamo orgogliosi di intraprendere questo viaggio». 
Luca Bernabei, Amministratore Delegato di Lux Vide, ha commentato: «Un tempo la finanza riguardava alcune persone ricche che avevano il capitale per “giocare” in borsa; ora la finanza si impadronisce delle vite di tutti noi e le cambia profondamente rendendoci in molti più poveri e alcuni privilegiati molto più ricchi. Questo mi ha colpito dello splendido romanzo di Guido Maria Brera I Diavoli che racconta i segreti dei nuovi padroni del mondo: i signori della finanza. Lux è orgogliosa di produrre con Sky Italia e con la distribuzione internazionale di Sky Vision questa nuova avvincentissima serie che racconterà le storie di uomini e donne che lavorano nei mercati finanziari non più per guadagnare soldi ma per diventare i padroni del mondo. Questa è la straordinarietà del racconto che ha colpito Sky Italia, spingendo il team Original Productions guidato da Nils Hartmann e affiancato da Sonia Rovai, a lavorare accanto al team Lux guidato da Sara Melodia per sviluppare delle sceneggiature assolutamente trasgressive e innovative. La bellezza dei copioni ha coinvolto prima un grande regista come Nick Hurran, affiancato da Jan Michelini, e poi grandi attori come Patrick Dempsey e il nostro Alessandro Borghi. Diavoli sarà la prima serie al mondo che svelerà i segreti dei nuovi padroni del mondo con storie avvincenti perché anche loro sono uomini anche se si comportano come dei».
Moreyba Bidessie, Scripted Acquisitions Manager di Sky Vision, ha aggiunto: «Questa serie sarà la prima produzione originale targata Sky Italia ad essere co-finanziata e distribuita a livello internazionale da Sky Vision, a riprova del costante impegno nel creare prodotti televisivi di primo ordine, a cui Sky Vision è orgogliosa di dare il proprio contributo. Diavoli è un irresistibile mix di atmosfere thriller e complotti, un racconto di come la seduzione del potere è in grado di intaccare e corrompere anche il più forte dei legami».
Le riprese di Diavoli – serie girata in inglese – inizieranno a fine settembre e si svolgeranno tra Londra e Roma per una durata complessiva di 24 settimane. La serie sarà trasmessa prossimamente in Italia su Sky e distribuita a livello internazionale da Sky Vision.

venerdì 13 aprile 2018

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
IL FOGLIO
"Il Cacciatore", modello seriale da esportazione che vince Cannes
"Non chiamatela fiction, per carità. Non chiamatela fiction: gli sceneggiatori, i registi, gli attori e i produttori hanno fatto del loro meglio per prendere le distanze. E non confondersi con la caterva di prodotti audiovisivi che sembrano fatti apposta per offrire materiale alla serie "Boris" (peraltro, l'unico esperimento riuscito di sit-com italiana, prima di "La linea verticale" diretto da Mattia Torre con Valerio Mastandrea). Non chiamatela fiction, per ripagare gli sforzi e per un motivo anche più nobile: solo in Italia — santino dopo santino, storia edificante dopo storia edificante — siamo riusciti a umiliare una nobile parola che altrove distingue le storie inventate dalle storie che non lo sono. Senza impegnarsi minimamente sulla qualità delle medesime. "La fiction è sugli stereotipi, la serie è sull'umanità", annuncia l'attore Francesco Montanari, appunto il "Cacciatore di mafiosi" (era il titolo dell'autobiografia di Alfonso Sabella, il magistrato del pool antimafia servito da traccia per il personaggio di Saverio Barone). Per interposti produttori, sceneggiatori e registi — le dodici puntate sono dirette da Stefano Lodovichi e Davide Marengo, premiato con il Flaiano nel 2011 per la terza stagione di "Boris", e al cinema applaudito per "Notturno bus"—vuol dire che "Il cacciatore" guarda a modelli internazionali. Oltre che alle serie italiane da esportazione: da "Romanzo criminale" (Francesco Montanari era il Libanese) a "Gomorra" e "Suburra". Viene citato Dante, in dialetto siciliano — il commissario Montalbano ha fornito un corso accelerato, neanche l'ombra dei sottotitoli — già nella prima puntata (la "selva oscura" va assai di moda, serve anche per il titolo dell'ultimo romanzo di Nicole Krauss, ex signora Jonathan Safran Foer, appena uscito da Guanda). Siamo nel 1993, dopo le stragi di Capaci e di Via d'Amelio, morto Giovanni Falcone e morto Paolo Borsellino. Chi già vorrebbe obiettare — "ma sempre mafia?" — prenda atto che le storie mafiose stanno all'Italia come il western sta agli Stati Uniti: una miniera inesauribile, troppo ricca per lasciarla sfruttare solo dai registi americani con il cognome italiano. "La piovra" ha aperto la strada, e l'ha lastricata di repliche. "Il cacciatore" va in onda su RaiDue dal 14 marzo scorso (con anteprima online su Raiplay, modalità già sperimentata con "La linea verticale"). Sulla via dell'esportazione, si è guadagnata la vittoria in concorso a Canneseries, prima edizione del Festival francese dedicato alle serie, dal 4 all'11 aprile. Sulla via del successo critico, viene celebrata da un articolo sul Post di Luca Sofri e uno su Wired. Non la chiameremo "fiction" (badando bene a non farci sentire fuori dall'Italia, dove la parola resta nobile). Abbiamo notato la fotografia non sciatta, le scritte in sovrimpressione che chiariscono allo spettatore chi è Giovanni Brusca e chi Leoluca Bagarella, e a quanto ammonta lo score dei rispettivi omicidi. Abbiamo notato il barile di acido, la violenza in montaggio alternato, l'autista Paolo Briguglia che deve mantenere la famiglia e altri lavori per chi è stato in galera non ce ne sono, il giovane che prova a fregarsene delle regole imposte dalla vecchia guardia, il magazzino-mattatoio. Alla voce "umanità contro stereotipi" arriva qualche interno bagnato di luce calda, con famiglia mafiosa che si scambia tenerezze (si pub far meglio). Da parte sua, il cacciatore di mafiosi è sempre rigido e compreso nella sua missione da compiere. Anche quando, da copione, dovrebbe scherzare". (Mariarosa Mancuso)

venerdì 6 aprile 2018

NEWS - Ultima ora! Per contrastare l'accordo Sky-Mediaset (+ Netflix), la Rai si allea con Amazon: le produzioni italiane visibili in streaming (sarebbe stato meglio il contrario...)

News tratta da "Il Sole 24 Ore"
A qualche giorno dall'intesa Sky-Mediaset e dall'annuncio della partnership Sky-Netflix, anche la tv pubblica batte un colpo. Fedele all'idea che "content is king", la Rai sigla una partnership con Amazon per far transitare contenuti di cinema (anche in prima tv), serie e contenuti per bambini sulla piattaforma video del colosso di Seattle. «Grazie a questo accordo - si legge nella nota di Amazon- Prime Video portai grandi contenuti locali a tutti i clienti in Italia che potranno guardare, ad esempio, tra gli altri, I Medici, Rocco Schiavone e Il Cacciatore, tre serie che saranno rese disponibili poco dopo la fine della messa in onda sui canali Rai». A queste si aggiungono altre serie e produzioni di Rai Cinema fra cui Ammore e Malavita, recente vincitore di cinque David di Donatello o i due film della saga Smetto quando voglio. Tutte fiche che la Rai mette sul tavolo di un'intesa che rientra nei fatti in una strategia che vede Viale Mazzini dialogare da tempo con il mondo degli Over The Top. Come con Amazon, un accordo Rai lo aveva già stretto l'anno scorso con Timvision. Altra partnership con Netflix, per la distribuzione di contenuti e per la serie Tv Suburra: prima coproduzione italiana tra Netflix, Rai e Cattleya disponibile per gli abbonati e poi in chiaro sulla Tv di Stato nel 2019. Per gli Ott il vantaggio è evidentemente quello di avere a disposizione contenuti attrattivi per gli abbonati, da unire a tutta una serie di produzioni originali su cui stanno investendo miliardi di dollari. Dal canto suo la Rai che pure ha la sua piattaforma Rai Play, gratuita - può contare proprio su quelle entrate garantite dal suo ruolo di content provider. Lato Amazon, Prime Video sta turbando i sonni di molti player del mercato tv e dei contenuti pay. Il gigante dell'e-commerce, del resto, sta diversificando a livello mondiale (dalla sanità, al mondo dei pagamenti) con tutto ciò che consegue in termini di messa a sistema dei propri servizifra cui, appunto, l'offerta video. Che infatti è compresa nell'abbonamento Prime con il quale a 36 euro l'anno (04,99 euro al mese) i sottoscrittori italiani possono, fra le varie cose, ricevere prodotti senza costi aggiuntivi in 1 giorno in oltre 6mila comuni. Per quanto riguarda gli altri Paesi gli abbonamenti costano 69 euro in Germania; 49 in Francia; 19,95 in Spagna e79 sterline inUk. InUsa il costo è di 99 dollari. E lì Amazon a fatto incursione anche nei diritti tv dello sport (Nfl e tennis).

lunedì 5 marzo 2018

NEWS - Clamoroso al Cibali! La rivoluzione, oltre che alle urne, esplode in tv: tra un paio di anni Netflix visibile su Sky! E intanto oggi Mediaset perde 4 punti in Borsa dopo le elezioni e l'accordo con Vivendi appare lontanissimo (Amazon: adesso o scegli con chi allearti o fai la fine del PD...)

Articolo tratto dal "Corriere della Sera"
Per gli appassionati di serie tv, decidere a quale piattaforma abbonarsi è complesso. Chi ama le trame condite da intrighi criminali deve scegliere tra Narcos o Gomorra. Chi preferisce il fantasy o le narrazioni futuristiche sa che non potrà avere sia Black Mirror sia Game of Thrones. La frammentazione dei contenuti on demand è un problema che si risolve solo iscrivendosi (perlomeno) a quelle che in Italia sono più note e offrono un ampio catalogo: Netflix e Sky. Senza contare la crescente realtà di Amazon Prime Video. O le altre che si preparano a scendere in campo, come Disney, che ha annunciato l'arrivo di una sua piattaforma. Sopravvivere in un mondo sempre più affollato come quello dello streaming, proponendo contenuti migliori, o servizi più funzionali, non è facile. Lo sanno bene i due più agguerriti giocatori del panorama europeo, che hanno finito per stipulare un'alleanza. Ed ecco quindi l'accordo di due giorni fa: il nuovo box Sky Q, lanciato a novembre, ospiterà anche Netflix. Una partnership che diventerà realtà in tutta Europa nel giro di due anni e permetterà (finalmente) di avere una sola iscrizione per (la maggior parte di) serie tv, film e documentari. «E una soluzione di continuità — spiega al Corriere Maria Ferreras, vicepresidente dell'area Business Development per Europa, Medio Oriente e Africa di Netflix —. Chi ha entrambi gli abbonamenti, potrà scegliere di unirli e pagare un unico conto». Aggiunge che si tratta della «prima volta che decidiamo di unire il nostro catalogo a quello di una emittente televisiva e l'accordo si estende anche al servizio streaming di Sky, NowTv». Una vittoria per entrambi? Sicuramente lo è per Netflix, che sta investendo molto — guadagnando ancora poco — nella crescita della sua utenza nel mondo, pari oggi a u7 milioni di persone. Non rivela il numero di iscritti in Italia, ma l'osservatorio Ey a ottobre ne aveva stimati circa 800mila. Mentre Sky nel nostro Paese a fine novembre aveva quasi 5 milioni di abbonati. Un ben più folto gruppo di potenziali utenti che, con questo accordo, Netflix riuscirà in parte a intercettare. Per la partenza non c'è ancora una data precisa: i primi Paesi saranno Regno Unito e Irlanda, «entro la fine di quest'anno — aggiunge Ferreras — poi amplieremo ad altri, inclusa l'Italia. E un mercato molto importante per noi». Anche sul lato delle produzioni: «Stiamo lavorando alla terza serie originale italiana: Baby, dopo Suburra e First team: Juventus». Titoli che compariranno, a breve, anche sul box di ultima generazione di Sky. Una piattaforma che integra la trasmissione via satellite a quella via internet e porta sullo stesso piano i canali tradizionali e l'on demand, lo schermo del televisore e quello dei dispositivi mobili. Per Sky l'abbattimento di frontiere tra la tv e lo smartphone è l'occasione di rilancio di un servizio ancora troppo ancorato alla fruizione tradizionale. Per la società fondata da Reed Hastings, l'approdo (anche) sui piccoli schermi che ancora regnano nella case della maggior parte degli europei, soprattutto degli italiani, è un punto di (ri)partenza in un altro senso. Nata come servizio di streaming online, si è proposta come alternativa nuova e giovane. Poi l'ambizione di farsi un nome anche come casa di produzione: «Nella tecnologia — spiega la manager spagnola — stanno le nostre fondamenta, ma oggi la creazione di contenuti originali è diventato un altro nostro marchio di garanzia». Ed estendere il servizio anche su altre piattaforme, con altri mezzi, non può che giovare.

venerdì 22 dicembre 2017

NEWS - Netflix, un 2017 da incorniciare! Nonostante la concorrenza sempre più agguerrita la piattaforma on demand è al top delle serie tv, delle critiche e della popolarità.
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mercoledì 20 dicembre 2017

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri
CORRIERE DELLA SERA
Netflix, consuntivo di anno tra alti (Usa) e a corrente alternata (Europa)
"Il semi-vuoto dicembrino che riserva la tv generalista è una buona occasione per dedicarsi alle serie originali di Netflix. Com'è noto, una delle strategie della piattaforma è stata quella di affiancare al ricco catalogo internazionale anche delle produzioni locali, per accompagnare il lancio nei diversi Paesi in cui il servizio è sbarcato. E il caso per esempio di «Suburra», la prima serie italiana, e di altre serie originali made in Europe presentate nei mesi scorsi. Netflix ha fatto grande rumore con i suoi titoli più celebri e riusciti, serie di alto prestigio nate in America e ispirate alla tradizione della serialità Usa più raffinata e complessa. Con l'Europa è stato un percorso più tortuoso, tra prodotti molto convincenti (vedi «The Crown») e altri più incerti, come «Marseille», prima serie francese dalle alte ambizioni ma dagli esiti più che incerti. Stesso ragionamento vale per «Le ragazze del centralino» («Las chicas del cable»), la prima serie originale spagnola che tornerà a breve con la sua seconda stagione. Nel 1928, quattro ragazze vengono assunte come operatrici della Compagnia dei Telefoni, primo gruppo telefonico nazionale: oltre alle vicissitudini lavorative, al tema della modernità che s'impone anche attraverso nuovi mezzi di comunicazione, si raccontano le loro vicende private, i tormenti sentimentali, il passato che non passa, sullo sfondo di un contesto sociale lontano dal garantire alle donne la piena possibilità di realizzare le proprie ambizioni. La serie sorprende per la sua lontananza dagli standard Netflix: è una specie di soap da tv generalista, tutta colpi di scena, effetti patinati, dialoghi «basic». In America, Netflix ha avuto buon gioco a tarare i suoi obiettivi sul modello delle serie più complesse e di alto livello. In Europa, un simile modello (a parte rare eccezioni) non è ancora la norma: più difficile dunque prendere le misure e realizzare prodotto di qualità". (Aldo Grasso)

mercoledì 18 ottobre 2017

lunedì 16 ottobre 2017

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

"Rivista Studio"
Perché "Suburra" non piace a tutti?
"In poco più di una settimana, Netflix ha sconquassato il mondo della serialità italiana, dico serialità perché lì la parola fiction è vietata. Fino ad ora. Adesso ci si trova Don Matteo e altra roba di produzione Rai, e sui social è venuto giù un pieno: non paghiamo 9,99 euro al mese (la tariffa aumenterà) per vedere Terence Hill in HD! È il grande equivoco di una piattaforma digitale nata a fortissima caratterizzazione social: per molti utenti non dev’essere un network che offre contenuti a una platea sempre più vasta (se no uno il network cosa lo apre a fare), ma un luogo di riconoscibilità individuale, dove ognuno deve trovare ciò che parla solo a lui. Da qui viene anche la frase che ultimamente si sente ripetere più spesso: «Su Netflix non c’è niente». Esaurite in poche sere le due-tre cose che interessano a te, il resto è come se non esistesse. Ma si aprirebbe un discorso troppo lungo. Torniamo alla settimana decisiva di cui sopra. È appena esplosa la bomba Don Matteo ed ecco che arriva Suburra, la prima serie italiana che Netflix ha proprio deciso di produrre, pensa te. All’ultima Mostra di Venezia, dove sono stati presentati i primi due episodi, si è assistito al primo caso di oggetto non identificato, fatto da cinematografari romani ma pensato per un bacino che si spinge ben oltre Roma Nord: i numeri di Netflix dicono più di 100 milioni di abbonati nel mondo. Faceva un certo effetto ricevere comunicati stampa dove leggevi nomi come Claudia Gerini e Michele Placido da parte di grossi PR internazionali. I giornalisti italiani in cerca dei soliti amici da buffet ci sono rimasti malissimo: e mo come facciamo? Con chi parliamo? La serie è piaciuta. Agli italiani, che sentivano l’attenzione della stampa internazionale, non si può vivere del resto di solo Sorrentino. E pure agli stranieri, che hanno ritrovato nel nuovo prodotto l’unico cinema (e Tv) ultimamente esportato oltre confine: Romanzo criminale, Gomorra e, sì, Sorrentino. Ora che Suburra è a disposizione di tutti, a certi critici incrociati alla festa veneziana non piace più (l’open bar gentilmente offerto da Netflix è ormai un lontano ricordo), la stampa storce un po’ il naso, sul pubblico non esistono dati di share, si intuiscono reazioni opposte ma è giusto così, il tempo di guardarla in pochi giorni e poi il solito ritornello: «Su Netflix non c’è niente». Il dato interessante è un altro. Per la sua prima produzione italiana, Netflix ha puntato sul nuovo immaginario che ormai riconosciamo (e in cui ci riconosciamo) anche noialtri: Suburra sembra Romanzo criminale, sì; sembra Gomorra, sì. E grazie al cazzo (scusate). Stavolta Stefano Sollima non figura tra i registi, stava girando il sequel di Sicario di Denis Villeneuve, a sua volta impegnato con quel piccolo film che è Blade Runner 2049: non mi sembra una cattiva promozione per nessuno dei due. Ma è proprio con Sollima, autore principale delle versioni televisive di Romanzo criminale e Gomorra, che è partita questa idea di nuovo racconto popolare, pop e paraculo, locale e globale, con «dramatic instinct and visual verve» (dalla recensione di Screen a Suburra il film). Poi è venuto l’imprescindibile innesto sorrentiniano, nella prima sequenza della serie c’è ovviamente un prete, non ce ne libereremo mai, ma ormai siamo persino disposti ad accettarlo. Racconto popolare, dicevo. I miei amici di Facebook si lamentano delle didascalie “Roma centro” sopra le inquadrature del cupolone di San Pietro: certo, c’avete ragione, ma forse non sono messe a caso. Né sono messi a caso gli spiegoni di Mafia Capitale for dummies, i siparietti coatti a Ostia Lido per chi Ostia Lido non sa cosa sia, le coincidenze forzate tra ammore e malavita, tra borgatari e vescovi, tra consiglieri comunali e tesorieri vaticani. Non sono un fan né di Suburra né di House of Cards, per dire, ma di quest’ultima siete arrivati alla quinta stagione senza lamentarvi troppo, e dire che era diventato inguardabile già all’inizio della seconda. Vi anticipo: non sto mettendo a confronto Alessandro Borghi con Kevin Spacey. È che siamo così, dolcemente esterofili: quando guardiamo le cose nostre non ci va bene mai, vogliono avere ragione sia quelli che «c’è troppa poca monnezza per essere Roma» sia quelli che «dà una pessima immagine del nostro Paese», (ancora) non va bene Don Matteo ma non va bene manco una cosa girata meglio, scritta meglio, recitata meglio (io vedo un casting semplice semplice come quello dei tre protagonisti Borghi-Ferrara-Valdarnini e mi sembra comunque miracoloso) e che però vuole continuare ad essere popolare, appunto. No: il vostro sogno è passare da Don Matteo a The Wire nel giro di una stagione, anzi mezza, una stagione intera è troppo. Poi c’è un altro problema. E cioè che il racconto popolare ce lo scriviamo da soli tutti i giorni da anni, dunque la finzione, seppur verosimile, ci lascia sempre e comunque insoddisfatti. Con un sindaco (pardon: una sindaca) come Virginia Raggi che scrive tutti i giorni sceneggiature degne di un film di Dino Risi, quelle delle serie non saranno mai all’altezza. Lo capisco, succede anche a me. Eravamo l’unico Paese al mondo in cui gli stand-up dell’attualità politica andavano più veloci del loro possibile adattamento cinematografico, meno male che oggi di là è arrivato Trump. Di fronte a Virgy contro l’Atac, per citare giusto uno dei format di maggior successo, nessuno showrunner potrà mai inventare qualcosa di meglio". (Mattia Carzaniga)

martedì 10 ottobre 2017

NEWS - Clamoroso al Cibali! 'Gomorra' e 'Suburra' parlano inglese: la società che li produce, Cattleya, comprata dagli inglesi di 'Downton Abbey'. Leggi QUI

sabato 7 ottobre 2017

L'EDICOLA DI LOU - Stralci, cover e commenti sui telefilm dai media italiani e stranieri

LA REPUBBLICA
Sfondiamoci di "Suburra", ci si rivede lunedì!
"Uscita di venerdì, è di quelle da nuove modalità di fruizione. C'è il weekend davanti e su Netftix, da ieri appunto, ci sono i dieci episodi di Suburra. Chi può e ci tiene parecchio può chiudersi in casa e ripresentarsi lunedì. Ma non è tutto qui, visto che il momento è a suo modo storico: Suburra. La sede è la prima produzione italiana di Netflix (ma ci sono anche Cattleya e Rai Action). È stata presentata al Festival di Venezia (con le ovvie alzate di sopracciglio del cinema ufficiale) e, per via della medesima produzione (Cattleya) e del contraltare romano a quello di Napoli, è il lato Capitale di Gomorra. Rispetto al film di due anni fa - diretto da Stefano Sollima e tratto dal libro di Giancarlo De Cataldo e Carlo Boni i - siamo in epoca appena precedente. Quindi è un prequel, l'impianto resta (Roma e i suoi poteri criminal intrecciati con politica, Vatican , ecc.), cambiano quasi tutti gli attori, quelli di richiamo sono Claudia Gerini e Filippo Nigro, i registi sono Michele Placido (i primi due episodi), Andrea Motaioli e Giuseppe Capotondi. Si rispetta lo spirito incalzante da serie tv: thriller, con fasi ultrapalpitanti, e storie classiche a base soprattutto di giovani che vogliono prendere il posto dei padri cambiando (ma rie sono capaci?) l'impianto criminate di Roma e forse del mondo e renderlo ancora più redditizio, cinico, senza il minimo riguardo. L'inizio è devastante, senza sconti: il protagonista di una gigantesca serata orgiastica si rivela essere un altissimo prelato. Da k ricatti a tutti e tutti sono violenti mentre diventa indistinguibile il grumo sanguinolento su cui convergono i borgatari, i politici con gli appalti, i preti con le loro finanze, i Sinti che vogliono spazio. E il centro rimane il terzetto di virgulti (Numero 8, Spadino e Lele), appartenenti a razze diverse ma uniti da un destino cl cui conoscono solo i codici di base, quasi animaleschi. Suburra, quindi, per un salto in avanti nelle mike riflessioni sul futuro di cinema e serie tv, ma anche con la scorciatoia, facile quanto appagante, di una storia che ti travolge e che diventa naturale seguire fino in fondo. Ci si vede lunedì. (Antonio Dipollina)

lunedì 6 marzo 2017

NEWS - "Netflix sempre di più!". Il guru Reed Hastings dixit e aggiunge: "binge-watching a manetta con i nuovi contenuti in arrivo. Le serie a cadenza settimanale non sono il nostro focus, colpa degli accordi con le emittenti. Mediaset, Vivendi o Sky? Non ci preoccupano, loro sono sulla tv, noi su Internet..." (come a dire, Infinity e Sky Go ci fanno una pippa!)

Intervista tratta dal "Corriere della Sera"
Reed Hastings, classe 1960, è un signore che prima noleggiava dvd. Adesso produce e distribuisce serie tv e film online. E ha appena vinto un Oscar. È quello che ce l'ha fatta, con Netflix, nella delicata transizione dal mercato delle copie fisiche a quello delle copie digitali: 93 milioni di persone (lo) pagano una decina di euro al mese per vedere contenuti in un contesto, Internet, che li aveva abituati al tutto gratis (e pirata). Se del futuro dell'economia digitale non c'è certezza, quantomeno lui non sembra doversi inventare il presente. Ne è consapevole. Ci risponde asciutto e sornione accoccolato sul divano della scenografica dimora allestita per accogliere la stampa accorsa a Barcellona per il Mobile World Congress. La statuetta assegnata al corto «White Helmets» è solo un primo passo? Siete pronti ad aggredire l'industria della produzione cinematografica? «Non se la mette in senso negativo. Andiamo a dare un contributo, a portare più soldi, nuove pellicole e nuovi show». Chi potrebbe aggredire voi, invece, è Facebook: sembra intenzionato a puntare sulla creazione di contenuti video originali. Diventerà un rivale? «Non credo sia probabile a breve termine. E per ora Facebook o YouTube sono attivi nella raccolta pubblicitaria destinata ai video. Noi non ospitiamo spot e non abbiamo intenzione di farlo in futuro, vogliamo continuare a offrire un'esperienza simile a quella del cinema: l'immersione totale nei contenuti senza alcuna interruzione». Noi spettatori, però, abbiamo un numero limitato di ore da dedicare alle varie piattaforme. App come anche Snapchat, che si distingue per il tempo trascorso dagli utenti a sfogliare i video, non possono non essere considerate concorrenti diretti. «Certo, qualsiasi cosa sia coinvolgente e divertente è un nostro rivale. La televisione tradizionale rimane però in cima alla lista: ha ancora un sacco di spettatori». Siete diventati famosi per aver introdotto le scorpacciate di tutte le puntate di una serle in una volta sola. Adesso avete iniziato a proporre anche programmazioni settimanali. Il «binge watching» non è più sostenibile? «Fa riferimento alla possibilità che le persone si abbonino per periodi limitati e solo per vedere le loro serie preferite? Quest'anno abbiamo prodotto migliaia di ore di contenuti originali e nuovi. A breve ne avremo così tanti che chiunque vorrà essere sempre abbonato. Le poche trasmissioni a cadenza settimanale si devono ad accordi con le emittenti: non è il nostro focus e non abbiamo intenzione di incrementarle». Fattore chiave per assicurarsi la fedeltà degli spettatori è e sarà sempre di più la selezione. Avete iniziato a ospitare corsi per rimanere in forma. «Sì, è un esperimento per capire cosa può piacere alle persone». Possiamo aspettarci video in diretta? Lo sport? «No. Lo sport è molto ben coperto dalla tv tradizionale. Rimaniamo su film e serie tv, anche perché i diritti dei match costano moltissimo». Tornando all'Italia, conferma l'obiettivo di raggiungere un terzo delle case nei prossimi 5 anni? «Confermo. Stiamo facendo ottimi progressi e siamo soddisfatti della collaborazione con la Rai per Suburra». Non teme le mosse di Mediaset-Vivendi o Sky? «Vedremo cosa accadrà (si riferisce alla stretta di mano italo-francese, ndr), di sicuro c'è che loro sono una costola delle tv mentre noi siamo focalizzati su Internet. Non mi preoccupo, non ci tocca un eventuale fusione». La sua serie preferita? The Crown: c'è la storia, c'è Churchill. E sorprendente».

venerdì 30 dicembre 2016

NEWS - Achtung, compagni! Ecco le serie tv più attese del 2017 in Italia

Articolo tratto da "La Stampa"
Se il 2015 è stato l'anno del lancio, il 2016 è stato l'anno del successo. Non si conoscono i numeri - non sono stati diffusi - ma Netflix è riuscita a ritagliarsi un posto al sole anche in Italia, stravolgendo il mercato. Ed è solo l'inizio. La produzione e la distribuzione delle serie tv è aumentata. Anche la Rai ha dovuto mettersi al passo: prima, un anno fa, con Non uccidere, esperimento riuscito a metà; poi, quest'inverno, con I Medici, kolossal magari criticabile dal punto di vista qualitativo ma non da quello quantitativo, e Rocco Schiavone. Sky non è rimasta a guardare e ha prodotto una delle «serie tv più attese del 2017» negli Stati Uniti, parola di Time: The Young Pope. Insomma: le serie tv, da futuro sono diventate realtà. Sono il nuovo modo di raccontare storie nell'audiovisivo.
E l'anno prossimo sarà così, ugualmente: si produce tanto, si produce anche con più attenzione. Innanzitutto, portando avanti serie di successo: il 2 gennaio, distribuita da Netflix, arriverà la quarta stagione di Sherlock, un episodio a settimana in contemporanea con il Regno Unito; poi toccherà a Twin Peaks di David Lynch con la nuova stagione, in Italia distribuita in primavera da Sky; e quindi a Il Trono di Spade, a Gomorra 3, arrivo previsto in autunno, alla terza stagione di Fargo e alle nuove puntate di House of Cards, sempre mandate in onda da Sky.
Non mancheranno le novità. Tra le serie più attese, vanno sicuramente segnalate Taboo di e con Tom Hardy, che qui in Italia non ha ancora una data d'uscita né un canale; Roadies, creata da Cameron Crowe e ispirata al suo film Quasi famosi, dal 30 gennaio su Mediaset Premium; Una serie di sfortunati eventi, ispirata ai libri di Lemony Snicket, che farà il suo esordio su Netflix il 13 gennaio; Legion, serie tv sui mutanti della Marvel che andrà in onda a febbraio su Fox; Big Little Lies, con Nicole Kidman, che farà il suo esordio il 13 marzo su Sky Atlantic; Iron Fist, nuova serie originale Netflix su uno dei supereroi di Casa Marvel, il quarto (su quattro) dei «Difensori», rilasciata il 17 marzo; e le due nuove produzioni di Sky Europa: Riviera e Britannia. E questa è solo la prima metà del 2017.
In cantiere ci sono tantissimi progetti, alcuni ancora in corso di scrittura, altri arrivati quasi alla fine della lavorazione. C'è la chiacchierata serie tv ispirata alla saga letteraria de L'amica geniale di Elena Ferrante, che verrà prodotta da Wildside (e di cui, a oggi, ancora non si conosce il broadcaster). C'è 1993, il sequel di 1992, con Stefano Accorsi e Miriam Leone, che dovrebbe andare in onda nella prima metà del 2017; c'è In Treatment, di cui solo pochi giorni fa è stato annunciato il nuovo cast (insieme a Sergio Castellitto, anche Giovanna Mezzogiorno e Giulia Michelini). E poi c'è Suburra, la prima produzione originale di Netflix in Italia: non sarà un sequel del film diretto da Sollima, ma nel cast sono stati confermati alcuni degli attori che abbiamo già visto al cinema, come Alessandro Borghi.
Non bisogna dimenticare che, a partire da dicembre di quest'anno, in Italia è arrivata anche Amazon Video, con le sue serie originali: a oggi, non sono state ancora rese disponibili Crisis in Six Scenes di Woody Allen, o Fleabag. La sensazione, comunque, è che anche il mercato italiano - con tutte le sue limitazioni, e i suoi rallentamenti - si stia sempre più avvicinando a quello internazionale. Buona parte del merito va riconosciuta a Sky, che in questi anni, in una progressione piuttosto veloce, è diventata leader delle produzioni made in Italy di qualità; e pure alla direzione della Rai, che ha stretto più di un accordo con Netflix per la diffusione delle proprie serie.

mercoledì 16 dicembre 2015

NEWS - E' la legge della sopravvivenza, bellezza! In tv se non vuoi essere un "Walking Dead" ti devi alleare (anche con Netflix)...

Articolo di Maria Elena Zanini per "Corriere Economia"
Cinquantacinque canali digitali gratis nel Regno Unito, 35 in Spagna e 28 in Francia. La Germania merita un discorso a parte dato che il conteggio è più complesso con canali satellitari in chiaro a livello nazionale e regionale inclusi in diverse combinazioni di offerte. Ma è in Italia il numero più alto: circa un centinaio di canali che offrono in ogni momento i contenuti più disparati, rendendo il mercato per le tv, da quelle tradizionali a quelle pay e online, uno dei più competitivi e attrattivi. Nonostante si parli di «morte della televisione» ormai da tempo, il pericolo è sempre stato scongiurato proprio grazie alla capacità dei media di rinnovarsi per riuscire a fronteggiare i nuovi competitor smart. Anzi, l’arrivo di nuovi protagonisti, come per esempio Netflix che ha debuttato a ottobre in Italia, più che mettere in crisi il mercato nostrano e internazionale, sta creando non poco fermento. La sfida non è sul piano del marketing. Netflix e Amazon Prime Instant Video, che nel Regno Unito hanno complessivamente oltre 4 milioni di iscritti, non investono in pubblicità per affermarsi. E al momento non ci sono dati che dimostrino che i consumatori inglesi prediligano Netflix o Amazon rispetto a servizi di pay tv più costosi, come ad esempio Sky che ha 12 milioni di iscritti, o Now-TV, il servizio di streaming low-cost di Sky. La sfida semmai è sui contenuti e, di conseguenza, sulle produzioni. Per fare un confronto, basta semplicemente dire che Netflix ha prodotto serie ormai cult come House of Cards e Orange is the new black. E, come del resto Amazon, ha una disponibilità di cassa tale da poter non solo produrre, ma pagare anche per i diritti di produzioni altrui, battendo le emittenti tradizionali come la Bbc che recentemente ha dovuto rinunciare a una serie su Elisabetta II perché «semplicemente non c’erano i soldi», ha commentato Danny Cohen, fino al mese scorso direttore della televisione della Bbc. Negli ultimi anni, sempre nel Regno Unito, il costo dei diritti per i migliori spettacoli (serie tv, ma non solo), è aumentato del 30-50%. Il che ha portato, tra le conseguenze, che le emittenti stanno investendo molto di più in programmi loro, cercando anche accordi di coproduzione per diluirne i costi. Una delle motivazioni che aveva spinto Sky lo scorso anno a portare nella sua galassia anche le pay tv Sky di Italia e Germania era stata proprio la volontà di dare maggior forza al mercato dei contenuti. Una sorta di alleanza per riuscire a rimanere competitivi in un mercato in continua evoluzione. Maggiore sarà il respiro internazionale dunque, maggiori saranno i vantaggi. Altra questione che si sono trovate ad affrontare le emittenti, è se produrre contenuti anche o addirittura esclusivamente per Netflix o altre tv online. È il caso della Rai che tramite Rai Cinema ha prodotto con Cattleya la serie Suburra, dieci episodi che debutteranno su Netflix nel 2017 in tutti i Paesi in cui la tv creata dal californiano Reed Hastings è presente. Un progetto, quello della Rai, che si inserisce nella piccola rivoluzione che sta portando avanti il direttore generale Antonio Campo dall’Orto che, durante un’audizione in Vigilanza, lo scorso mese, aveva chiarito che la Rai non aveva intenzione di «comprare diritti di prodotti stranieri», piuttosto l’intenzione è quella di valorizzare ciò che la Rai ha già, a livello di prodotti e contenuti su cui in alcuni casi possiede diritti, in altri li ha in condivisione. Una mole di 17mila contratti in tutto. Chi ha deciso di puntare sui contenuti nuovi già da qualche tempo è Sky che ha prodotto serie come Romanzo criminale e Gomorra (prodotta assieme a Cattleya, Fandango, che aveva prodotto anche il film, La7 e la tedesca Beta Film) uno dei pochi prodotti originali italiani che ha riscosso un enorme successo anche a livello mondiale. E che debutterà negli Stati Uniti grazie a Weinstein Company che ha acquistato i diritti per la trasmissione. E ora si prepara a lanciare le due ultime produzioni seriali The Young Pope (scritta e diretta dal premio Oscar Paolo Sorrentino, lanciata da Sky Italia e diventata coproduzione Sky, Hbo, Canal+) e Diabolik con le scenografie curate dal premio Oscar Dante Ferretti, anche questa lanciata da Sky Italia, ora produzione gruppo Sky. Per un investimento complessivo, in Italia, di 40 milioni di euro. 
Un modello produzione-distribuzione simile a quello dell’americana Hbo, l’emittente televisiva statunitense che ha prodotto alcune tra le serie tv più famose al mondo come Sex and the City e Game of Thrones. Per Mediaset, che con la tv online Infinity fa diretta concorrenza a Netflix, il discorso è più complesso dal momento che nella galassia Mediaset rientrano i canali generalisti, digitali e la pay tv Mediaset Premium, oltre a web e radio. Tutte piattaforme che possono essere «nutrite» dai contenuti direttamente prodotti dal gruppo tra mite la casa produttrice Taodue e distribuiti da Medusa. Ma Mediaset ha deciso di «sperimentare» nuove forme di coproduzione, come ha fatto ultimamente con il cartone animato Il piccolo principe, diretto da Mark Osborne, di cui ha acquistato il 100% dei diritti per l’Italia. Il film quindi passerà esclusivamente nelle televisioni Mediaset, dopo essere stato messo a disposizione dei clienti Infinity.

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