Articolo di Maria Elena Zanini per "Corriere Economia"
Cinquantacinque canali digitali gratis nel Regno Unito, 35 in Spagna e 28 in Francia. La Germania merita un discorso a parte dato che il conteggio è più complesso con canali satellitari in chiaro a livello nazionale e regionale inclusi in diverse combinazioni di offerte. Ma è in Italia il numero più alto: circa un centinaio di canali che offrono in ogni momento i contenuti più disparati, rendendo il mercato per le tv, da quelle tradizionali a quelle pay e online, uno dei più competitivi e attrattivi. Nonostante si parli di «morte della televisione» ormai da tempo, il pericolo è sempre stato scongiurato proprio grazie alla capacità dei media di rinnovarsi per riuscire a fronteggiare i nuovi competitor smart. Anzi, l’arrivo di nuovi protagonisti, come per esempio Netflix che ha debuttato a ottobre in Italia, più che mettere in crisi il mercato nostrano e internazionale, sta creando non poco fermento. La sfida non è sul piano del marketing. Netflix e Amazon Prime Instant Video, che nel Regno Unito hanno complessivamente oltre 4 milioni di iscritti, non investono in pubblicità per affermarsi. E al momento non ci sono dati che dimostrino che i consumatori inglesi prediligano Netflix o Amazon rispetto a servizi di pay tv più costosi, come ad esempio Sky che ha 12 milioni di iscritti, o Now-TV, il servizio di streaming low-cost di Sky. La sfida semmai è sui contenuti e, di conseguenza, sulle produzioni. Per fare un confronto, basta semplicemente dire che Netflix ha prodotto serie ormai cult come House of Cards e Orange is the new black. E, come del resto Amazon, ha una disponibilità di cassa tale da poter non solo produrre, ma pagare anche per i diritti di produzioni altrui, battendo le emittenti tradizionali come la Bbc che recentemente ha dovuto rinunciare a una serie su Elisabetta II perché «semplicemente non c’erano i soldi», ha commentato Danny Cohen, fino al mese scorso direttore della televisione della Bbc. Negli ultimi anni, sempre nel Regno Unito, il costo dei diritti per i migliori spettacoli (serie tv, ma non solo), è aumentato del 30-50%. Il che ha portato, tra le conseguenze, che le emittenti stanno investendo molto di più in programmi loro, cercando anche accordi di coproduzione per diluirne i costi. Una delle motivazioni che aveva spinto Sky lo scorso anno a portare nella sua galassia anche le pay tv Sky di Italia e Germania era stata proprio la volontà di dare maggior forza al mercato dei contenuti. Una sorta di alleanza per riuscire a rimanere competitivi in un mercato in continua evoluzione. Maggiore sarà il respiro internazionale dunque, maggiori saranno i vantaggi. Altra questione che si sono trovate ad affrontare le emittenti, è se produrre contenuti anche o addirittura esclusivamente per Netflix o altre tv online. È il caso della Rai che tramite Rai Cinema ha prodotto con Cattleya la serie Suburra, dieci episodi che debutteranno su Netflix nel 2017 in tutti i Paesi in cui la tv creata dal californiano Reed Hastings è presente. Un progetto, quello della Rai, che si inserisce nella piccola rivoluzione che sta portando avanti il direttore generale Antonio Campo dall’Orto che, durante un’audizione in Vigilanza, lo scorso mese, aveva chiarito che la Rai non aveva intenzione di «comprare diritti di prodotti stranieri», piuttosto l’intenzione è quella di valorizzare ciò che la Rai ha già, a livello di prodotti e contenuti su cui in alcuni casi possiede diritti, in altri li ha in condivisione. Una mole di 17mila contratti in tutto. Chi ha deciso di puntare sui contenuti nuovi già da qualche tempo è Sky che ha prodotto serie come Romanzo criminale e Gomorra (prodotta assieme a Cattleya, Fandango, che aveva prodotto anche il film, La7 e la tedesca Beta Film) uno dei pochi prodotti originali italiani che ha riscosso un enorme successo anche a livello mondiale. E che debutterà negli Stati Uniti grazie a Weinstein Company che ha acquistato i diritti per la trasmissione. E ora si prepara a lanciare le due ultime produzioni seriali The Young Pope (scritta e diretta dal premio Oscar Paolo Sorrentino, lanciata da Sky Italia e diventata coproduzione Sky, Hbo, Canal+) e Diabolik con le scenografie curate dal premio Oscar Dante Ferretti, anche questa lanciata da Sky Italia, ora produzione gruppo Sky. Per un investimento complessivo, in Italia, di 40 milioni di euro.
Un modello produzione-distribuzione simile a quello dell’americana Hbo, l’emittente televisiva statunitense che ha prodotto alcune tra le serie tv più famose al mondo come Sex and the City e Game of Thrones. Per Mediaset, che con la tv online Infinity fa diretta concorrenza a Netflix, il discorso è più complesso dal momento che nella galassia Mediaset rientrano i canali generalisti, digitali e la pay tv Mediaset Premium, oltre a web e radio. Tutte piattaforme che possono essere «nutrite» dai contenuti direttamente prodotti dal gruppo tra mite la casa produttrice Taodue e distribuiti da Medusa. Ma Mediaset ha deciso di «sperimentare» nuove forme di coproduzione, come ha fatto ultimamente con il cartone animato Il piccolo principe, diretto da Mark Osborne, di cui ha acquistato il 100% dei diritti per l’Italia. Il film quindi passerà esclusivamente nelle televisioni Mediaset, dopo essere stato messo a disposizione dei clienti Infinity.
Nessun commento:
Posta un commento